Disco d’esordio su Deathwish per Harm Wülf, il progetto solista di George Hirsch, più noto come cantante della band punk hardcore americana Blacklisted.
Nove tracce di folk rock acustico che non possono rimandare a Death in June, Sol Invictus ed alla corrente new wave europea che spopolò negli anni ’80. Scegliendo un nome apertamente provocatorio (come provocatori furono moltissimi atteggiamenti legati alla new wave di quegli anni), George si fa fotografare di schiena seduto ad un pianoforte indossando una maschera di testa di volpe al contrario, oppure seduto sotto ad un graffito recante la scritta “home of the brave, land of the free” a fianco di una enorme bandiera americana. Il suo impegno musicale sottoforma di denuncia sociale non rimante confinato ai palchi punk-hardcore, ma trova una nuova valvola di sfogo ne controversi atteggiamenti che prendono il nome di Harm Wülf.Voce cupa, corroborante e ovattata, chitarre acustiche coinvolte in giri ossessivi ed atmosfere tra le più tenebrose che si possano immaginare, There’s Honey in the Soil so We Wait for the Till è un album che parla di morte, di amore e fatica. Un album spettrale ed invernale, introspettivo ed enigmatico. Astral oblivion, per esempio, non dà tregua nella sua irrequietezza e nella sua inamovibile tristezza. È una canzone d’amore tre le più belle che abbia mai ascoltato.When old becomes new non ha praticamente suoni se si escludono piccoli e motivanti arpeggi di chitarra: suona come uno spoken word per lande desolate o per odore di sigarette prima di andare a dormire. Spectrum blues, già apparsa come singolo in formato digitale agli inizi del 2013, ha i violini e ripete “down, down, down” mentre i violini suonano: devo aggiungere altro?
Harm Wülf sostiene ci sia del miele nel terreno, e che bisogni aspettare ad arare. Ma aspettare cosa, in fin dei conti? Nelle sue canzoni troviamo lotta, rabbia, premonizione e City of Philadelphia. Grazie a There’s Honey in the Soil so We Wait for the Till ci dimostra come l’amarezza non sia che una sostanzialità passeggera, premonitrice di ciò che più caldamente aspettiamo.
E una volta ascoltato questo disco non se ne potrà più fare a meno, di aspettare.
Ah, dimenticavo: grafiche eccellenti, come d'altronde insegna la scuola Bannoniana targata Deathwish. Andrea Vecchio
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