14 febbraio 2011

Questa sera il commento in diretta alle canzoni del Festival











La sciabordate Antonella (voto 2) non sa fare di meglio che portare sul palco la figlioletta (e dire che i bambini non andrebbero strumentalizzati). Una bella marketta pro Jovanotti e il passaggio del testimone è compiuto. Incomincia la liturgia...


GIUSY FERRERI - IL MARE IMMENSO Un brano senza nè arte nè parte, lei tenta la carta dell'abigliamento dark e gotico, ma prima dovrebbe imparare a camminare ed eliminare la voce da travone. Usandola per cantare invece che per emettere versi. Nulla di nuovo. (voto 6)


LUCA BARBAROSSA + RAQUEL DEL ROSARIO - FINO IN FONDO Duetto banale che si appiccica come le mani sudate di Morandi. Triste che l'elemento degno di nota sia la signora Alonso. (voto 3)


ROBERTO VECCHIONI - CHIAMAMI ANCORA AMORE -Una ballad in pieno stile Vecchioni che si appella ai contenuti, invitando a scrivere, leggere, pensare e declamare... Un po' mesta la melodia per una platea così vasta. (voto 7)


ANNA TATANGELO - BASTARDO - Proporre una canzone migliore di "Essere una donna" non era certo impresa ardua. La pessima impronta autorale di D'Alessio è inconfondibile, ma la musica risolleva un brano dal testo imbarazzante. Lodevole il tentativo "femminista", anche se poco riuscito. (voto 5)


LA CRUS - IO CONFESSO - Giovanardi affronta un brano non entusiasmante ispirato ai primi Anni '60, con la presenza del soprano di Morricone Susanna Rigacci. Una malinconica melodia nella speranza di far rivivere un amore già vissuto. Non sentivamo il bisogno di un loro ritorno, questo episodio interlocutorio non brilla in una lunga carriera alla quale nulla si aggiunge. (voto 5)

MAX PEZZALI - IL MIO SECONDO TEMPO - Finalmente un brano orecchiabile. Pop e fresco, avrebbe dovuto segnare la "rinascita" di Pezzali, con una positiva riflessione sul rimettersi in gioco a 40 anni. In realtà il secondo tempo di Max è identico al primo. La sua rinascita passerà forse dall'acquisto dei tanti passaggi radiofonici, non certo dalla bontà del brano portato all'Ariston. (voro 6 1/2)


I PRESENTATORI (fino a qui) - Belen ed Elisabetta (voto 4, poi vedremo), quando gli sponsor chiamano, Mamma Rai risponde. Sarebbe meglio tacesero e mostrassero le tette. Stop. Alla fine sono pagate per quello. Luca non fa ridere nessuno (voto 3). Paolo, came back to Armenia (voto 2,5)! Morandi (voto 2) trasuda vecchiaia. E' pure peggio della Clerici.


DAVIDE VAN DE SFROOS - YANEZ - Mi duole dirlo ma il pupillo del Carroccio (il giornale della Lega della mia città gli dedicava addirittura un'intervista a tutta pagina) ha portato una canzone ottima. E si sa, Sanremo e la politica vanno a braccetto (triste presagio dei tempi che stiamo vivendo). In dialetto comasco Davide canta le gesta di un Sandokan locale invecchiato, a ritmo di folk, con trombe squillanti e ottima musicalità. (voto 8)


ANNA OXA - LA MIA ANIMA D'UOMO - Anna sembra un X-Man, è impegnata ad urlare e a cercare una vocalità che non le appartiene. Il brano non è poi nemmeno male, anche se confesso che non sono riuscito a coglierne appieno il significato. (voto 6 1/2)


Gli AUTORI dei testi dei presentatori (voto ZERO) ... e pensare che sono pagati profumatamente per fare un lavoro che chiunque meriterebbe più di loro...


TRICARICO - TRE COLORI - Tricarico non si rassegna a cercarsi un lavoro degno di questo nome. E' un minus habens della musica, nel senso che è assai meno dotato della media cantanti della nostra bella Italia, a cui inneggia in questo brano. Che senso ha che la critica gli attribuisca tutte queste lodi immeritate. Quelli che sanno tutto (ora vado a leggermi cosa dicono i giornalisti che "contano") gli daranno minimo 8... per me è un tre. (voto 3)


EMMA + MODA' - ARRIVERA' - Mi domando come mai Emma non riveli il suo cognome, Marrone... L'etichetta impone un'accoppiata tra l'amica di Maria (Emma) e il fenomeno radiofonico degli ultimi tempi (Modà), il risultato è un brano kitsch che ha il solo pregio dell'orecchiabilità. Incarna perfettamente il nostro tempo (di merda)... Nel quale un gruppo privo di ogni spessore diventa una delle poche cose "nuove" che riesce a vendere qualche copia e ad essere "passato" in radio. Di questo passo meglio i soliti noti Vasco&Liga. (voto 5)


LUCA MADONIA + FRANCO BATTIATO - L'ALIENO - Il cameo finale di Battiato è la nota positiva di un brano che avrebbe potuto tranquillamente essere dei La Crus. Madonia resterà alienato nella sicilianità del suo pubblico, che questa ballata interessante ma non esaltante non riuscirà più di tanto ad ampliare. (voto 7)


PATTY PRAVO - IL VENTO E LE ROSE - Una vocalità a dir poco stentata non fa salire il pathos per un brano dal velato contenuto erotico. Qualcuno suona alla porta di casa... ma la curiosità di cosa potrà mai succedere oltre lo stipite, di questi tempi, è sottile come le sopracciglia di Nicoletta. (voto 5)


NATHALIE - VIVO SOSPESA - Non avevo mai ascoltato, nè visto, questa brava e bella ragazza reduce dall'ultimo X-Factor. La strada intrapresa è la stessa di Giusy Ferreri, anche se c'è un tentativo apprezzabile di cantautorato, una sorta di marcia in più. Il brano mi sembra interessante, una sorta di diario non originalissimo, ma comunque efficace. (voto 7)


ALBANO - AMANDA E' LIBERA - Come ampiamente annunciato ecco una ballata che esce dal seminato e tratta temi sociali, la storia di una prostituta nigeriana sfruttata. Ci sono note etniche, un briciolo di pizzica... e l'immancabile acuto finale che strappa almeno un applauso. Viva le gioie della tradizione. (voto 6)


Grazie a tutti dei commenti - peccato che il livello delle canzoni sia stato così basso - Ora su Radio Rai parlano della Pro Vercelli (chissà cosa centra). Ora tocca ai giovani, confinati loro malgrado a tarda ora...

i giudizi (visto che qualcuno lo chiede)
sono di Roberto Conti

10 febbraio 2011

'Ascolti emergenti' di febbraio (seconda parte)

Malvachimica - Dipende dai giorni ***
Tre elementi compongono la Malvachimica. Tre ventenni dalla provincia toscana all’esordio discografico con l’ep Dipende dai giorni. Un acquerello a tinte forti, sospeso tra speranze e verità. Cinque istantanee cantate con grinta e talento, canzoni "vere" e "sentite" da non lasciarsele sfuggire. Si parte con Malcomune che mi ha subito ricordato i Tre allegri ragazzi morti, poi si prosegue con Parlo alle allodole, malinconica e struggente, con un bel crescendo chitarristico, poi si prosegue con I vigneti, quasi folk, con un testo govanile, un brano fresco e decisamente pop. Poi Lo zio d’America, svolta verso sonorità rock e più cupe. Infine L’isola, molto ritmata, mi ha ricordato qualcosa tipo Eroi del silencio o Timoria. Davvero interessante questo esordio dei Malvachimica mischia generi diversi con una discreta dose di originalità. Marco Colombo


Emblema - Keep out from me **
I prolifici Emblema danno alle stampe il quarto disco in quattro anni. Questa volta scelgono brani in inglese, a metà strada tra tendenze alternative e retrogusti vintage. Si tratta di un album tendelzialmente rock che strizza l’occhio ai mitici seventies ma che mantiene comunque una sua originalità di fondo. Da rilevare l'imponente muro sonoro di chitarre, anche se in qualche passaggio non mancano episodi più easylistening e orecchiabili. Tra i miei pezzi preferiti Trashing smashing e A step ahead. Marco Colombo


San La Muerte - San la muerte ***
San la muerte è il nuovo side project di Leo Pari e Renzo Fiaschetti, un disco registrato quasi interamente in presa diretta tra Los Angeles e Roma. Album rock e country allo stesso tempo fortemente influenzato dal tema del viaggio e dalle desolate lande americane. Anche il nome rievoca un santo, non accettato dalla chiesa, venerato nel centroamerica da tutti coloro che cercano di crearsi una vita al di fuori dall'illegalità (contrabbandieri, puttane e quant'altro). “Lungo la frontiera si strotola perdendosi all’orizzonte la strada dei mercanti di anime. Trattano carne da macello senza udirne i lamenti. La vita che resta si racchiude in un canto”, ci piace questa frase che riassume lo spirito on the road di questo album cantato in italiano, interessante, ma forse un tantino monotematico. Marco Colombo


Mirror Man - Stelle di ruggine **/
Leonardo (voce e chitarra), Luca (batteria), Paolo (basso) e Stefano (armonica) formano i Mirror Man, band che propone sonorità che attingono a per stessa ammissione del gruppo a riferimenti che vanno da Tom Waits a Tim Burton, da Kurt Weil a David Bowie fino a Nick Cave. I testi sono però in italiano. Scarna, antivirtuosistica, la musica dei Mirror Man vorrebbe essere densa di sensazioni, disseminata dei segni espressionisti estratti dal cilindro di un cabarettista tragico. Così si definiscono nella nota di presentazione, descrizione che in parte condividiamo ascoltando il disco, terzo della band. I testi trattano temi diversi: la solitudine, la lontananza, l’amore, la morte, il sogno... Meritano un ascolto, pur non brillando nella lista del mio gradimento personale. Marco Colombo


Vanderlei - L’inesatto ***
Il biglietto da visita dei bolognesi Vanderlei è sicuramente, per quanto riguarda questo loro lavoro uscito il 22 ottobre dello scorso anno, la produzione artistica di Paolo Benvegnù. L’inesatto esce a due anni del primo lavoro della band, l’ep 1234. E’ un album molto particolare ed originale sospeso tra sonorità rock e post-rock. A tratti oscuro e di difficile ascolto, rappresenta sicuramente qualcosa di ricercato nel panorama indie italiano. Composto da nove canzoni che saltellano tra giochi amorosi, esaltazione dei sensi e consapevoli debolezze. “Un album volutamente fuori dal tempo e dalle mode musicali” - come si precisa in una nota - che dà il la a una nuova e (forse) promettente carriera. Personalmente mi è piaciuta molto Pittori, emozionante e intensa, Santissimo dubbio con una chitarra davvero molto bella sia come "parte" che come suono, questa canzone mi ha ricordato i primi Liftiba. Marco Colombo

Daniele Fortunato - Ad occhi chiusi ***
Casi strani della vita: ascolto centinaia di cd di artisti sparsi per l’Italia e non mi accorgo di validi artisti locali. E’ il caso di Daniele Fortunato ascoltato per caso a Novara una sera fredda di dicembre. Ed è stato colpo di fulmine poichè Daniele, con la sua chitarra acustica e la sua voce acuta, ha infilato tre pezzi uno più bello dell’altro. Ecco quindi che mi sono premurato di acquistareil suo ep Ad occhi chiusi. L'ascolto mi ha confermato le emozioni di quellaserata. La musica è sospesa tra il pop-rock del pezzo Voci, con un bel tiro e un testo che culmina nella romanticissima frase: “... di notte stringo forte le tue mani, solo al pensierto tu, lo sai che freddo c'è, ti va se ti telefono domani, Tu dove sei....Tu dove sei...”. Si prosegue poi con la bella Ad occhi chiusi, con un dolce pianoforte e la vocalità di Daniele che si fa più intima per raccontare “se ad occhi chiusi si può amare, si può amare ancora un po’...”; si prosegue con Vedrai, molto smart e leggera, canzoni quelle di Fortunato che fanno della trama acustica e dell'amore, di cui parlano la maggior parte dei testi, i propri capisaldi. Infine il brano di chiusura, che è anche il mio preferito, Il pianto delle note, terribilmente intimo e romantico. Una bella scoperta quella del cantatuore novarese che merita tre *. Marco Colombo

9 febbraio 2011

Addio ai White Stripes, autori del 'po-po-po' tormentone dei Mondiali 2006

Si sono sciolti gli White Stripes, il gruppo rock statunitense che aveva conquistato la ribalta con la hit Seven nation army, diventato un gettonatissimo coro da stadio. Lo ha annunciato la stessa band, che ha spiegato di voler mantenere "quanto di bello e unico nel gruppo e di mantenerlo intatto".Jack White e la sua ex moglie Meg White, che non avevano più pubblicato album né tenuto concerti dal 2007, hanno annunciato sul loro sito internet la fine della loro avventura comune, cominciata nel 1997 a Detroit (Michigan, nord degli Stati Uniti).
"Gli White Stripes desiderano annunciare oggi che il gruppo è ufficialmente sciolto, che non pubblicherà più nuovi album e non darà più concerti", ha dichiarato la band, "La ragione non è una divergenza artistica o la mancanza di voglia di continuare, né un problema di salute, visto che Meg e Jack stanno molto bene e sono in piena forma". Il loro brano più famoso, Seven Nation Army, fu adottato dai tifosi della Roma e da quelli della nazionale poi, diventando il motivo di sottofondo della fantastica cavalcata degli azzurri alla vittoria nel mondiale del 2006 in Germania. Nel comunicato, la band ha spiegato di essersi sciolta "per migliaia di ragioni, ma soprattutto per mantenere quanto di bello e unico nel gruppo e mantenerlo intatto". Il gruppo di "garage", che produceva un rock al contempo rudimentale e molto efficace, ha firmato sei album studio, fra i quali "White Blood Cells" (2001), "Elephant" (2003) e "Icky Thump" (2007). Gli White Stripes hanno conquistato cinque Grammy Awards nel corso della loro carriera e hanno venduto quasi sei milioni di album. Personalmente non ne sentiremo la mancanza. g.oc.

8 febbraio 2011

Arezzo wave (ormai altrove da anni) fugge in Puglia, nuova california della musica popolare. Vendola: "Non è uno scippo"

Dopo aver girato per anni diverse città della Toscana, la 25ma edizione di "Italia Wave Love Festival" (ex "Arezzo Wave", ormai il brand era quello) arriverà dal 14 al 17 luglio a Lecce, per una quattro giorni di musica e cultura. "Non è stato uno scippo a danno della Toscana", ha voluto però precisare il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, durante la presentazione dell'evento, tenutasi nella sede romana della Regione, "ma piuttosto un'occasione data al celebre festival di trovare nuova linfa vitale e rigenerarsi attraverso sinergie con un territorio diverso".
"Ambedue le realtà si sono avvicinate attraverso un dialogo che poi è sfociato in una proficua organizzazione", ha precisato l'assessore regionale alla Cultura Silvia Godelli, riferendosi alle istituzioni locali e agli organizzatori. E il direttore artistico del Festival Mauro Valente ha aggiunto: "Abbiamo scelto la Puglia perché in questa regione abbiamo trovato competenze che in Italia sono rare. L'attenzione che la Puglia dà alla cultura è in controtendenza rispetto alle politiche nazionali. Basti pensare che, al contrario di quello che succede nelle altre nazioni europee, nel nostro Paese non c'è neanche una legge per aiutare in modo organico la musica popolare. Ci siamo accorti, paradossalmente, che più si va al sud, più si ci avvicina all'Europa".
In passato, ha raccontato Valente, "abbiamo avuto degli attriti con il Comune di Arezzo, cosa che ci ha portato a lasciare quella location che però ci era molto cara". E per quanto riguarda il futuro della manifestazione, il direttore del festival ha affermato: "Il nostro interesse per il territorio pugliese va ben oltre i quattro giorni di luglio, abbiamo intenzione di piantare dei semi in questa Regione e speriamo presto di raccogliere i frutti". r.co.

'Ascolti emergenti' di febbraio, prima parte

Natan Rondelli - In a soundless land ****
Le dieci tracce di quest'album vanno gustate, una per una, sprofondati in una comoda poltrona, gli occhi chiusi e la mente sgombra: saranno i deliziosi acquerelli sonori di Natan a costruire dal nulla un mondo fatato in cui perdersi e vagare col naso all'insù per una quarantina di minuti.
In realtà è facile che la cognizione razionale del tempo venga meno quando si seguono i sentieri di mattoni gialli e si sorvolano i tetti a bordo di un drago gentile. Una volta atterrati e tornati nella propria stanza si proverà l'impulso di ripartire subito, il viaggio è stato troppo breve e ancora tante sono le cose da scoprire e i personaggi da conoscere nella soundless land di Natan.
Ci sono i Pink Floyd e le loro atmosfere rarefatte, i ritmi contenuti e le articolate armonie che, risolvendo, aprono la via a un'altra dimensione; ma c'è anche il rock duro e puro a spartirsi la torta, insieme ai vistosi schizzi di blues dei glissando discendenti piazzati qua e là a confondere piacevolmente le idee. Come per l'immortale quartetto di Londra, la base ritmica è molto semplice, regolare, quadrata, assume la funzione di punto di riferimento, di àncora, di una sorta di griglia, di corpo nudo da vestire e rivestire di pregiati veli e tessuti.
Fino alla settima traccia: Frivolous parte con un incalzante tempo dispari dal suono grave, che porta alla mente una danza africana, a cui si sovrappongono subito un breve e ritmato giro di chitarra e gli accenti del basso. La linea vocale richiama vagamente situazioni country, I am a man of constant sorrow ha dei tratti in comune col brano in questione, che pure si avvale di fulminei ed entusiasmanti inserti di hammond e synth. Troppo presto giunge il finale che, dopo un passaggio di eterea sospensione, riprende l'incipit per qualche battuta, tuffandosi quindi in un crescendo che lascia sperare in una ripresa del pezzo ma ne segna invece la definitiva chiusura.
Riecheggiano in varie occasioni sonorità classiche della storia del rock, complice il sapiente uso (mai abuso) dell'hammond, dai Doors ai Jethro Tull fino ai R.E.M., mentre si intravedono sullo sfondo i profili di Vedder e Staley nell'"aspirante singolo" Way out e nel conclusivo accenno di ballata When it's going to end.
Tra i miei personali brani favoriti è Too clever, con i suoi futuristici e spaziali arpeggi di tastiere, reiterati ossessivamente sullo sfondo, e la calda voce dalla melodia che rapisce. A proposito di reiterazione, che dire di Freed rock e del campanaccio ipnotico che puntella i quarti, complice di un sound oscuro, quasi disperato, spia di fobie sotterranee?
Ḕ possibile, nonché vivamente consigliato, ascoltare l'intero album a questo indirizzo: http://natanrondelli.it/the-music. Luca Manni

Eit - Meccanismi ****
Il progetto musicale degli Eit nasce a Carrara dall’unione di musicisti provenienti da differenti esperienze artistiche. La band è composta da Gabriele Grassi, Alessio Iardella, Matteo Nerbi, Gianluca Prezzemoli e Simone Rossi. Il gruppo si forma nel 2008 e per due anni si dedica alla realizzazione di brani inediti. Nel 2010 incomincia l'attività live a supporto del disco nel frattempo realizzato, Meccanismi, presentato al Mei di Faenza. Sospesi tra pop e rock cantautorale, gli Eit presentano un’originalità incredibile che non trova, a mio parere, nessuna altra band simile nel panorama musicale italiano. I testi sono allo stesso tempo impegnati e poetici: le parole sono sempre molto appropriate ed esprimono alla perfezione immagini e momenti. L’album ha una buona produzione artistica ed ottimi suoni. Tra i pezzi che mi sono piaciuti di più, L’entrata in scena con chitarre molto presenti e rock, Seduttrice qualunquista, brano che muove critica ai mezzi di informazione, con un sound classico, piano e voce, che mi ha ricordato qualcosa di Andrea Chimenti data la sua leggerezza ed eleganza; Da te a me, incantevole, poetica e malinconica allo stesso tempo. Nel disco si susseguono canzoni pop e ballad di grande stile compositivo con un crescendo davvero emozionante: L’odio ha un testo anch esso molto evocativo e ottime aperture di chitarra. Tutto l'ascolto si caratterizza per la buona intensità e l'originalità compositiva che mi ha davvero emozionato. Marco Colombo

The Jackie O’s Farm - Sandland **/
Non smette di stupirci la Foreas con i suoi gioielli. Pur avendo l’aspetto tipico da boy band, ovvero fisico atletico, immagine patinata, stile cool e sorrisi smaglianti, i Jackie O’s Farm sono dei veri musicisti, suonano dell’ottimo alternative rock all'americana. Registrato allo West link studio di Pisa con la produzione artistica di Alessandro Sportelli e la collaborazione di Marco Capozzi, chitarra acustica e cori per il brano Wide awake, l’album strizza l’occhio a quel rock Anni '90 che ha visto tra i suoi protagonisti gruppi made in Usa diversi tra cui spiccano di certo i Pavement. Tra i brani che mi sono piaciuti di più Killer in love, che fa riferimento ad un romanzo di Luis Sepúlveda, Diario di un killer sentimentale. Anche il titolo del disco Sandland è una citazione che attinge ad antichi proverbi sahariani. Il disco è interessante e merita un ascolto. Marco Colombo

Telesplash - Bar Milano ***
Solari, simpatici e pure belli. Il gruppo aretino Telesplash torna con un nuovo disco dopo l'ep Forever Together che aveva catturato l'attenzione degli addetti ai lavori per il suo suono "festaiolo" ispirato a Beach Boys e Beatles.
A novembre 2010 è uscito Bar Milano, loro primo album, cantato interamente in italiano.
Bar Milano è il luogo dove le storie di tutti i giorni diventano raggi di sole, dove è bello ritrovarsi sospesi in una rara leggerezza, dove la vita di provincia regala stimoli inaspettati e l'amore si vive senza tempo. Con l'ironia sottile e l’invidiabile capacità di non prendersi troppo sul serio, la formazione al suo debutto su lunga distanza porta il suo mondo nei cuori di tutti, raccontandolo con le parole più semplici in un coloratissimo immaginario sixties. Anche noi di Asap condividiamo a pieno queste parole tratte dalla loro presentazione. Li avevamo già recensiti molto positivamente per il loro ep Forever togheter. Anche questo secondo lavoro presenta episodi interessanti come L’aurora di ispirazione Oasis, Giulia fresco power pop radiofonico, Gli stimoli anch’essa molto pop e di facile ascolto. Marco Colombo

7 febbraio 2011

Quei meravigliosi Anni Ottanta... dopo 10 anni riecco i Roxette

Dopo 25 anni dal loro debutto e 10 dal loro ultimo album, i Roxette tornano il 15 febbraio con il nuovo album Charm school. I dodici brani inediti saranno anticipati dal singolo She’s got nothing on (but the radio), brano scritto l’autunno scorso e attualmente in rotazione radiofonica. Il duo pop svedese è formato da Marie Fredriksson e Per Gessle, le probabilità di un nuovo loro album erano minime da quando a Marie Fredriksson nell’autunno del 2002 venne diagnosticato un tumore al cervello. Marie, però, è riuscita a sconfiggere la malattia, e nel 2009 i pezzi dei Roxette cominciarono gradualmente a tornare insieme. Per prima cosa Marie Fredriksson e Per Gessle salirono sul palco per suonare It must have been love e The look durante il “party Crasher” tour di Per ad Amsterdam. E prima ancora che i fan se ne potessero rendere conto, i Roxette hanno fatto un ritorno completo come headliner durante il «Night of the Proms» tour davanti a più di 600mila spettatori in Olanda, Belgio e Germania. «Allora abbiamo iniziato a pensare di progettare un possibile nuovo album, un album che avrebbe catturato tutto il buono di Roxette, ma fosse nello stesso tempo proiettato in avanti», dice Per Gessle. Detto fatto. Durante il tour le stanze d’hotel della band vengono trasformate in studio di registrazione, dove una nuova serie di canzoni prende forma.Tornati in Svezia, il lavoro continua durante la primavera e l’autunno del 2010. Come quando la band registrava nei lontani tempi d’oro, anche questa volta ci sono tante canzoni tra cui scegliere. La ballata romantica In my own way, per esempio, è una perla anni ’80, quando la fama internazionale era ancora solo un sogno. «Per me l’inzio è sempre stato scrivere canzoni per la voce di Marie. Lei ha la capacità di farti credere ogni parola che canta, e per questo fa diventare realtà le storie. Come autore di canzoni è un dono farne parte», racconta Gessle. g.oc.

1 febbraio 2011

Fotoracconto - Ministri @ Koko club

Meraviglioso concerto dei Ministri venerdì scorso (28 gennaio) al Koko club di Castelletto Cervo. Dopo il set di un ottimo gruppo spalla che mi ha colpito con la personalissima cover di Mio fratello è figlio unico (il nome non è pervenuto purtroppo, non essendo scritto sulle locandine) ecco entrare i Ministri con le "nuove giacche d'ordinanza.
Già dopo poche canzoni il pubblico si scalda e parte, sulle note di Bevo, un bel pogo che continuerà per tutto il set. Davide Auteliano, frontman della band, in più occasioni rimarca lo stupore per l'accoglienza ricevuta: "Mi domando come fate a radunarvi così in tanti in questo posto sperduto in mezzo alle campagne"... L'atmosfera si scalda sempre più e i tentennamenti vocali dell'avvio sono presto superati. In mezzo al pubblico ballo, pogo e mi diverto molto. Un ragazzo (ovviamente che non conosco) addirittura decide di prendermi in spalla per farmi vedere il concerto da un'altra prospettiva... poi farò altrettanto con significativi dolori di schiena del giorno seguente... (l'età avanza, ndr).
Nel concerto vengono eseguite canzoni sia dell'ultimo disco, Fuori, sia del vecchio repertorio della band milanese. Devo dire che non avrei mai immaginato un live così bello e ricco di energia: in altre occasioni i Ministri non mi avevano coinvolto fino a questo punto e, ascoltando il disco, mi sarei atteso un set più "pacato" e cantautorale. Dopo il bis, un finale psichedelico e tiratissomo, all'insegna del pogo: Auteliano ringrazia i suoi compagni di palco: Federico Dragona, inesauribile alla chitarra (e anche autore dei testi), Michele Esposito, alla batteria, e il "Ministro aggiunto" F. Punto, prezioso supporto alla chitarra, tastiere ed effetti. Poi si butta (come peraltro aveva già fatto in precedenza) tra il pubblico facendo stage diving e chiedendo di essere "trasportato" fino al mixer (che si trova - per chi non è pratico del locale - abbastanza distante, sotto il soppalco)... a quel punto decide però di arrampicarsi sul soppalco, a tre metri di altezza, e di rigettarsi, poco dopo, di sotto per tornare, sempre sollevato dal pubblico, fino al palco. Il Koko è in estasi e continua ad applaudire. Dopo il concerto, tra il pubblico ci si abbraccia, sudatissimi, ci si bacia e ci si stringe la mano. Devo dire che in centinaia di concerti una atmosfera così non mi era mai capitata. Grazie ai Ministri, grazie al Koko e anche al suo pubblico, senza il quale cotanta serata -in mezzo al nulla della campagna - non sarebbe mai successa.
Roberto Conti foto di Fabrizio Molteni