30 dicembre 2009

Ancora qualche consiglio dai dischi del 2009

Porcupine Tree - The Incident
Spiazzare e stupire chi ascolta. Probabilmente è questo l'intento numero uno dei Porcupine Tree, band di riferimento degli Anni Novanta che suo malgrado ha ottnuto l'etichetta di portare la pesante eredità del Pink Floyd. I riconosciuti maestri del prog-pop artistico, si cimentano in un doppio album, The Incident: il primo cd contiene la title-track che si rivela essere un’unica suite divisa in quindici parti, il secondo risulta invece composto da "sole" quattro tracce. Il sound dei Porcupine Tree non si discosta troppo dall’ultimo lavoro, è invece piuttosto diverso l’approccio alla costruzione dei brani. La lunga suite è un artificio già noto e ripescato da una decina di anni fa, era infatti stata proposta in Voyager 34 del 2000. Anche il secondo disco, con il brano Flicker e i suoi 20 minuti di durata, fa consigliare questo lavoro ad un ascoltatore già preparato, che sapendo bene a cosa va incontro, potrebbe irrobistire l'amore per una band che non ha bisogno di ulteriori elogi, invece di disamorarsene in fretta, come potrebbe accadere ad un neofita.

Zen circus - Andate tutti affanculo
Nella copertina gli Zen circus davanti al cosiddetto Colosseo quadrato (monumento abusatissimo anche nei video musicali, all'Eur a Roma) invitano ad andare tutti in quel posto... Il titolo è una chiara dichiarazione di intenti? Agli ascoltatori l'ardua sentenza... La band toscana con questo bel disco si conferma una delle più interessanti realtà di inizio secolo. Il trio sembra fatto apposta per suonare ad una di quelle belle feste dell'unità che c'erano una volta, in Emilia o in Toscana, mica qui dove viviamo noi, che le feste dell'unità non ci sono mai state... La loro musica affonda le mani in un folk da osteria non scontato, mischiato a vene punk e a tanta voglia di suonare che trasuda da ogni nota. Gli Zen circus in questo apprezzabile disco parlano di storie di sconfitta, rancore, felicità, pochezza. Una sorta di compilation da anti-oratorio (la definizione l'ho attinta da un'altra recensione, ma mi piaceva moltissimo) fatta da testi immediati ma non scontati, e da musiche potenti e coinvolgenti ballate.

Mario Venuti - Recidivo
Il nuovo cd di Mario Venuti, Recidivo, ha dignità di parola tra i dischi usciti nel 2009. Venuti ha un suo pubblico, che ancora una volta apprezzerà la proposta di Mario, un interessante viaggio musicale volto all'esplorazione dei sentimenti. Un viaggio che parte della Sicilia, la terra natìa di Mario, sempre ben presente nei riferimenti all'interno del disco, tocca Londra e Milano, città tra le quali questo lavoro è stato registrato. I riferimenti alla Sicilia e a Catania, tornano anche nelle collaborazioni, di cui il disco è ricco: oltre a quella con Cesare Cremonini, in Un cuore giovane, infatti, sono presenti anche quella con Carmen Consoli, in La vita come viene, e con Franco Battiato, che dà vita alla suggestiva Spleen#132. Catania e la riviera del Ciclope in questa fine 2009 tornano protagonisti e Venuti dice la propria a voce alta.

Giuliano Dottori - Temporali e rivoluzioni
Se volete farvi un regalo da ascoltare in quelle giornate un po' buie che segnano la fine dell'anno, scegliete Temporali e rivoluzioni, il secondo disco di Giuliano Dottori. Cantautore raffinato in grado di toccare le corde dei sentimenti come pochi altri. Il suo esordio nel 2007 con l'album Lucida è stato uno splendido inizio, poi le esperienze come chitarrista con gli Amor Fou e AtleticoDefina hanno affinato la maturità di un artista che dimostra con questo nuovo lavoro di essere in grado di camminare con gambe solide. Testi amari e a tratti disincantati, morbide ballate e brani più rabbiosi segnano un disco piacevole nella sua intierezza. Tra i brani da segnalare di sicuro Catene e gioie fragili e quell'Inno nazionale del mio isolato che ho personalmente interpretato come una sorta di dedica alla cosiddetta scena musicale indipendente italiana, con un'invito a non prendersi troppo sul serio...

a cura di Roberto Conti e Giovanna Oceania

'Ascolti emergenti' di dicembre, parte seconda

(am) – Soundtrack ****
Se non sapessi nulla degli (am), probabilmente li additerei come l'ennesimo frutto dei gelidi inverni islandesi, complici le parentesi nel nome che fanno tanto Sigur Ròs e i titoli delle canzoni conditi da Ø estemporanee. Italianissimo è invece questo duo composto da Michele Ducci e Alessandro Degli Angioli, che con questo soundtrack, pubblicato in free download per Musicaoltranza, ci offre una versione riveduta e corretta dei primi Mùm (naif.super) mista ai Radiohead di Amnesiac (my_super8), il tutto valorizzato da un'eccellente capacità compositiva e dalla particolare cura riservata agli arrangiamenti, nonostante sappia tutto lontanamente di già sentito. I due riescono comunque a preservare una forte personalità e a piazzare anche un pezzo (_N ovella_) che meriterebbe un featuring Trent Reznor. Da ascoltare sdraiati nella neve. Fabio Gasparini


Le Mal D'archive – La Chanson De Mai ***/
Decisamente allettante è la proposta sonora dei napoletani Le Mal D'Archive, progetto gravitante attorno a Pasquale Napolitano e Felice Acierno: loro folle proposito è intersecare musica elettronica glitch/sperimentale da un lato e chanson tradizionale di matrice battistiana dall'altro, cavandosela con una certa classe. Avremo dunque dolci melodie di chitarra acustica e voce disturbate da sottili clips à la Alva Noto, sax preparati e noise a bassa fedeltà, che destrutturano la canzone cantautorale classica in un unico magma sonoro indistinto e urticante, probabilmente ostico ma di sicuro fascino. Fabio Gasparini

29 dicembre 2009

'Ascolti emergenti' di dicembre, parte prima

Il pan del diavolo - Sono all'osso ****
Uscirà il prossimo 15 gennaio l'atteso disco d'esordio di Il pan del diavolo. Sono all'osso è un disco che ribolle di musica del passato, ispirata dagli atteggiamenti di eroi del rock and roll e della canzone italiana come Ghigo Agosti e Celentano, Luigi Tenco o Fred Buscaglione. Folk, rock n roll e canzone d'autore: questo al servizio del mondo assurdo creato dalle liriche di Alessandro Alosi, l'ideatore di questo progetto musicale. Tutto può succedere ed ogni canzone è un racconto perfetto in sè. A volte è uno stornello (Scarpette a punta), a volte una manciata di parole ripetute e ossessive come una fitta al petto (Bomba nel cuore). In questo album non mancano richiami anche a progetti più recenti della musica italiana come Marta sui tubi (Università, ma anche molte altre), Lombrosoo I Cosi (Ciriaco). Scritto e suonato da Il Pan del Diavolo (Pietro Alessandro Alosi e Gianluca Bartolo). Unici ospiti all'interno del disco sono The Zen Circus: Ufo al basso acustico, Karim alla batteria minimale, Andrea Appino alla chitarra elettrica e voce di in Bomba nel cuore. Sono all'osso è stato registrato nella sala A delle Officine Meccaniche di Milano, è stato prodotto da Fabio Rizzo e infine mixato su nastro insieme al produttore americano JD Foster (Calexico, Marc Ribot, Capossela). Giovanna Oceania

Corde oblique - The stones of Naples ***
Il progetto dei Corde oblique ruota attorno alla figura del musicista napoletano Riccardo Principe che propone un folk raffinato e molto worldmusic. Molto belle anche le voci delle varie interpreti femminili che si alternano nei brani di questo lavoro. L'internazionalità del progetto è suffragata anche dal fatto che dal 1999 al 2009 Riccardo ha avuto l’onore di vedere i suoi brani inseriti in diverse compilation e suonare in giro per l’Europa con musicisti del calibro dei Bauhaus.
Tra i miei pezzi preferiti La città dagli occhi neri, con quella chiatarra davvero evocativa e un bel testo, The quality of silence, con quel fraseggio tra pianoforte e chitarra e Dal castello di Avella, davvero romantica. Un disco molto lontano dai tradizionali ascolti pop e rock, ma sicuramente ben suonato. Marco Colombo

Humus - Popular greggio ***
Davvero splendido questo lavoro degli Humus, dalla provincia modenese, che ci propongono un bel folk contaminato che va a toccare anche altri ambiti musicali di contaminazione popolare. Questo Popular greggio, autoprodotto e realizzato con la direzione artistica di Tiziano Popoli è davvero un bel disco, tanto che ha ottenuto importanti riconoscimenti, entrando nella rosa dei finalisti della Targa tenco come miglior opera prima: soprattutto i testi, poetici ed impegnati allo stesso tempo, contribuiscono ad arricchire ulteriormente canzoni dai suoni raffinati, colti, che riportano ad anni passati ed ad atmosfere magiche. Tra i brani che mi hanno emozionato di più ci sono Oggi, con quella bambina che dice “L’amore quanto è bello”, Quando vado via, molto malinconica, e la Ballata del grosso Bankiere, molto ritmata e divertente. Un disco riuscito ed originale che dimostra come anche con mezzi limitati possa essere realizzato un lavoro eccellente e come l'humus possa avere così la sua rivincita. Marco Colombo

Emblema - Mare senza Isole **
Un rock all’italiana con forse qualche influenza oltre confine, questo è il nuovo disco degli Emblema. Mi hanno ricordato qualcosa tra Ligabue, Il Nucleo e i romani Velvet.
Sicuramente ben suonato, i testi di Mare senza isole, non mi sono parsi particolarmente incisivi, pur facendosi rispettare. Tra gli episodi più particolari sicuramente il pezzo in inglese, Switch on overdrive, con la chitarra acustica che mi ha ricordato qualcosa anni '80. AAA è molto ironica nel testo che parla dei prodotti del Centro commerciale. Certo non stiamo ascoltando un capolavoro nè dal punto di vista creativo nè dell’originalità dei suoni, ma comunque godibile nell’ascolto. Marco Colombo

Max De Aloe - Apnea ***
Segnaliamo questo nuovo lavoro di Max De Aloe, armonicista jazz che insieme al pianista americano Bill Carrothers ha appena pubblicato Apnea, disco molto particolare ispirato ai racconti di Murakami Haruki. Il disco è molto intimo e suggestivo, anche perchè realizzato in duo, ed è caratterizzato dal suono molto particolare dell'armonica. Non è un disco semplice, richiede attenzione ma merita di essere ascoltato... http://www.myspace.com/maxdealoe. g.oc.

23 dicembre 2009

Vi facciamo gli auguri con gli Eux autres e Another Christmas at home

Vi facciamo i nostri migliori auguri di natale con il video Another Christmas at home degli Eux autres che proprio in questi giorni presentano la loro musica al pubblico italiano.




Eux Autres fanno musica pop. La band nasce da Nicholas e Heather Larimer, fratello e sorella
originari di Omaha ma ormai residenti a San Francisco. Heather suona la batteria, Nicholas la chitarra ed entrambi cantano. Nel 2008, alla formazione originale, si è aggiunto un terzo elemento, Yoshi Nakamoto (The Aislers Set, Still Flyin’) alla batteria, in modo che Heather si concentrasse maggiormente sulla voce.
I brani degli Eux Autres sono spesso stati definiti come “divertenti” ma, anche se apparentemente può sembrare così, i testi sono ricchi di forti osservazioni e feroci frecciatine. La maggior parte delle loro canzoni parlano di storia militare, essere fatti nel modo sbagliato o sport.
Purtroppo gli Eux Autres sono gli unici ad accorgersene.
La band suona come la canzone d’amore che Doug Martsch (Built to Spill), non corrisposto, avrebbe ipoteticamente scritto a Francoise Hardy (cantante e attrice francese diventata famosa negli anni ’60). Il risultato è un pop anni ’60 che incontrata l’indie rock anni ’90, senza però suonare come nessuno dei due.
Gli Eux Autres scelgono il periodo natalizio per sbarcare anche in Italia con il loro singolo dal
titolo Another Christmas at home, già scaricabile dal sito BandCamp.com all’indirizzo http://
euxautres.bandcamp.com/. Il singolo è disponibile anche in 7” online dal sito http://www.euxautres.com/. g.oc.

21 dicembre 2009

Ecco i nomi del Festivallo di Sanremo: prepariamo il catino...

Da qualche giorno sono usciti i nomi dei big del prossimo festival di Sanremo, che -lo ricordiamo- sarà condotto dalla sciabordante Antonella Clerici. Si preannunciano tempi bui (anzi buissimi) per la musica festivaliera. Tra fuoriusciti da reality, cantanti "imprestati" alla tv, et similia, ai professionisti del settore non restano che le briciole. I dischi poi si venderanno anche e gli ascolti andranno bene... ma per rivedere qualcosa di decente probabilmente dovremmo attendere che cada il Governo.
Il popolo dei televisivi
Morgan: l'ultima volta all'Ariston portò L'assenzio coi Bluvertigo, dubito si ripeterà tanta grazia per lo spocchioso giudice di Xfactor
Noemi: cocca di Morgan, ha il placet della Mannoia che si è prestata per raiofonico duetto
Marco: Mengoni è il cognome del vincitore di Xfactor di quest'anno, scommetto che non lo sapevate
Valerio Scanu: direttamente da Amici, ecco un altro effemminato amico di Maria
Pupo+Emanuele Filiberto+Luca Canonici: non bastava l'esperienza fallimentare dello scorso anno con Belli e Yousson N'Dour... Pupo ci ritenta con il principe e il tenore
Enrico Ruggeri: sarà apprezzatissimo dal pubblico di Italia 1, dove per lungo tempo ci ha ammorbato con trasmissioni discutibili
Le gioie della tradizione
Irene Fornaciari+Nomadi: la figlia di Zucchero riuscirà a svecchiare il polpettone dei Nomadi, vedremo?
Toto Cutugno: dalla campagna una capatina al Festival ci sta
Simone Cristicchi: Non ne comprendo la consistenza
Fabrizio Moro: Ormai lo vediamo giusto all'Ariston, chissà per quanto?
Povia: la speranza di non sentir parlare di lui per un anno è infranta. Dopo i bambini che fanno ohhh, il piccione che fa trr e le avventure dell'omosex pentito Luca, quest'anno "l'amato" Povia ci delizierà con un brano che parte con una lettera di Eluana Englaro... seguiranno polemiche e conseguente visibilità
L'effimero dialetto
Nino d'Angelo
: la polemica sul dialetto è svanita in un secondo, nulla di nuovo sotto il sole o di "padano" con Nino
Promesse
Malika Ayane: incrociamo le dita, se avesse un pezzo ok potrebbe essere una rinfrescante sorpresa
Sonhora
: chi non ha un idolo tra i televisivi può optare per la versione maschile di Paola e Chiara, i vocalizzi sono analoghi. Infondo poteva andarci peggio se avessero chiamato gli Zero Assoluto
Arisa: ha giocato la carta del look, avesse anche un bel pezzo, ormai è bruciata...
Cantanti propriamente detti
Irene Grandi: forse è il meglio che passa il convento, con una canzone di Bianconi dei Baustelle la Grandi rischia addirittura di passare per l'alternativa della comitiva. Dopo la clamorosa esclusione qualche anno fa di Bruci la città, se il pezzo fosse decente potrebbe anche vincere!
Esclusi
Nel plotone degli esclusi citiamo qualcuno che avrebbe potuto dire la sua, su tutti Carmen Consoli e Paola Turci (con un pezzo di Nada) probabilmente ritenute troppo vicine all'opposizione, Asia Argento (che magari potrebbe tornare nella serata dei duetti insieme all'ex Morgan) e Simona Molinari, ottima lo scorso anno, che si era riproposta con una canzone sull'Abruzzo. Silurati anche i Lost, boyband creata di Mtv, avviata verso un probabile declino che segue quello dell'emittente che li ha generati. Svanito nel nulla l'annunciato trio D'Alessio, Daniele, Ranieri (non ne sentiremo la mancanza) e il clone paterno Cristiano De Andrè. Ko anche Spagna (rediviva con una discutibile raccolta di canzoni dei cartoni animati) e i Matia Bazar, tutti nomi di cui si vociferava alla vigilia.
Chiusa la porta ad Alessandra Amoroso (magari avrebbe duettato con Morandi, brrr)... altri Amici di Maria e reduci di Xfactor potrebbero rientrare dalla finestra, passando per il diabolico tritarifiuti SanremoLab e approdando alle Nuove proposte.

a cura di Roberto Conti e Giovanna Oceania

17 dicembre 2009

Cadò di Natale - Marco Notari regala un pezzo inedito

Per Natale Marco Notari regala un brano inedito. Amsterdam 76 è una canzone che risale alle session di Babele (Artes-EMI), il concept album del cantautore piemontese uscito a novembre 2008. Il brano racconta la fuga di Cristiano e Lucia, i due protagonisti dell’album, verso la città olandese, ed è stato inserito come inedito nella ristampa in vinile a tiratura limitata di Babele (999 copie), uscita il 7 novembre scorso, che contiene inoltre il romanzo breve Babele:noir scritto dallo stesso Marco Notari e tredici tavole realizzate da alcuni tra i migliori illustratori italiani. Amsterdam 76 sarà disponibile in free download in esclusiva su www.losthighways.it dal 18 al 31 dicembre. g.oc.

16 dicembre 2009

Julian Plenti live@Milano

Magazzini Generali - 12 Dicembre 2009 - L'unica data italiana di Julian Plenti, nome dietro al quale si nasconde il progetto solista di Paul Banks, frontman degli Interpol, si è tenuta ai Magazzini Generali lo scorso sabato. Il concerto viene aperto dai newyorkesi I'm in You che riescono ad entusiasmare il pubblico con un buon post punk d'impatto e molto coinvolgente, preparando insomma il terreno per una serata molto interessante. All'ingresso di Paul Banks e della sua band il pubblico non numerosissimo ma sicuramente affezionato al genere è in delirio e a ragione: chi ha avuto modo di ascoltare gli Interpol sa bene quanto talento si nasconda dietro questo cantante un pò timido che soprattutto sul palco sa dare grandi emozioni. L'atmosfera che si crea è quindi ben conosciuta ai fans degli Interpol presenti: la voce profonda e decisa di Banks riesce ad emozionare e coinvolgere con facilità, unita ad un ottimo arrangiamento dei brani eseguiti e alla bravura dei musicisti che lo accompagnano. I brani si susseguono con continuità, d'altronde l'album uscito lo scorso luglio intitolato Julian Plenti is... Skyscraper è omogeneo e ben strutturato con interessanti spunti creativi che dimostrano il coraggio di Banks nel debuttare come solista. Insomma non si tratta di una prevedibile appendice alla musica degli Interpol ma di un lavoro a sè stante che ha molto da dire. Unwind, Only if you run e Skyscraper sono le canzoni meglio riuscite dell'album probabilmente, e che la band riproduce stupendamente anche dal vivo. C'è spazio anche per due interessanti cover: Into the white dei Pixies e Horse with no name degli America. A chiudere il concerto il secondo singolo estratto dall'album, Games for days. Un concerto che rende giustizia ad un ottimo album insomma, ed una fantastica parentesi tra l'ultimo album degli Interpol ed il prossimo.
Diana Debord

Altre foto del concerto sono disponibili sul sito www.debored.it

15 dicembre 2009

Andrea Chimenti, avvisaglie di un ritorno

A febbraio 2010 uscirà un nuovo singolo di Andrea Chimenti che accompagnerà la ristampa in vinile in tiratura limitata di 300 copie de L’albero pazzo (Soffici Dischi/Audioglobe). Esce inoltre in questi giorni l’album del progetto musicale Fijeri (Goodfellas), in cui Andrea Chimenti è ospite con il brano Ad cchi chiusi. Con lui suonano Gavin Harrison alla batteria, Richard Barbieri (Porcupine Tree, Japan, Rain Tree Crow, David Sylvian) alle tastiere, Mick Karn al basso, Nicola Alesini al sax, Nicola Lori alla chitarra elettrica e Stefano Panunzi alle tastiere. Capostipite della scena rock italiana con i Moda negli anni 80, Chimenti dovrebbe tornare ad inizio 2010 anche con un album di inediti e con un relativo tour promozionale. Giovanna Oceania

14 dicembre 2009

Carmen Masola, da Novara, è la Susan Boyle italiana. Alla faccia dell'originalità


Anche Novara ha la sua eroina da reality, si chiama Carmen Masola ed ha debuttato sabato scorso nella puntata zero di “Italia’s got talent”, nuova trasmissione di Canale 5 ispirata a un format già andato in onda in Inghilterra e molto simile anche al più celebre XFactor, recentemente terminato su RaiDue. Lo spettacolo è stato reso famoso in tutto il mondo dalla partecipazione di Susan Boyle, attempata signora dalle insospettabili doti canore che è ormai una star internazionale (negli Stati Uniti e in Gran Bretagna il suo disco è in vetta alle hit). La favola del brutto anatroccolo è stata al centro anche della prima puntata di "Italia's got talent", con l'apparizione sul palco della 38enne Carmen Masola, già ribattezzata la Susan Boyle italiana. Una riproduzione forse anche troppo simile all'originale: Carmen ha letteralmente incantato con la sua straordinaria voce i giurati (Rudy Zerbi della Sony Italia già volto noto di ‘Amici’, Gerry Scotti e Maria De Filippi) e il pubblico, la sua storia ha contribuito a renderla immediatamente un personaggio amato, la corporatura imponente e un’immagine lontana dai canoni televisivi tradizionali, oltre alle difficoltà nel seguire la sua passione, la musica, l’hanno resa da subito un’eroina del piccolo schermo. Carmen ha dichiarato in trasmissione di avere lavorato nella grande distribuzione, di aver assistito anziani in una casa di riposo e di aver gestito un’edicola senza successo. Ora la grande occasione di mettere in mostra il suo talento in televisione, anche se già possiamo immaginare che il format tv farà leva oltre che sulla voce sulla storia personale di Carmen, sulla sua corpulenza e sul fatto che la nostra concittadina non sia propriamente una soubrette televisiva, anzi... ma la totale mancanza di originaità nbei format tv questo impone...
Nella puntata di sabato scorso si è esibita cantando “Casta Diva”, celebre aria della “Norma” di Vincenzo Bellini, ottenendo il passaggio alla fase successiva del programma. Carmen è nata a Novara il 23 marzo 1971. Discendente da parte del nonno paterno dalla famiglia che annovera tra i suoi membri il musicista e compositore Gaetano Donizetti. Dopo aver conseguito la maturità alle Magistrali, ha iniziato, con passione e con tanti sacrifici, come ha raccontato in trasmissione, a studiare canto al conservatorio Cantelli di Novara, seguita dalla docente Stella Silva, continuando poi con lezioni private. Ha fatto parte inizialmente come corista e poi in qualità di solista della corale polifonica “Libera musica”. Nel 1991 entra nella corale di Trecate “San Gregorio Magno”, sotto la direzione del maestro Mauro Trombetta. Nel 1995 diventa solista del coro dell’istituto musicale Brera di Novara.
Roberto Conti

12 dicembre 2009

Perfetta mestizia: i Litfiba tornano insieme ($)


Il buon Elio aveva anche dedicato loro una canzone, se ne parlava da tempo ed è successo: è ufficiale la reunion della coppia Ghigo Renzulli e Piero Pelù. Dopo la separazione del 1999 i Litfiba tornano insieme per quattro concerti. Nel 1999 si separarono dopo un tour di enorme successo che conclusero stando sullo stesso palco ma senza nemmeno rivolgersi la parola... Erano i tempi del successo di Il mio corpo che cambia. Poi le carriere soliste: Ghigo, tenutario del 'marchio' Litfiba con un clone di Piero a cantare, nemmeno così male, ma con un'eredità troppo pesante da sopportare. Pelù solista non ha avuto sorte troppo migliore tra "tori lochi" e altri effimeri successi durati un momento o poco più, anche lui non ha lasciato il segno. Ora il duo si è riavvicinato, prima dal punto di vista umano, e poi anche da quello professionale ($). Il progetto attuale prevede quattro concerti e (al momento) nessuna traccia di dischi o altre operazioni nostalgia. Queste le date: il 13 aprile 2010 a Milano, 16 Firenze, 19 Roma, 21 Acireale. Roberto Conti

Coldplay, per il nuovo disco scelgono una chiesa sconsacrata


Diamo spazio volentieri a questa notizia tratta da ColdplayZone, uno dei siti italiani dedicati alla band, che riporta indiscrezioni sul nuovo disco in arrivo nel 2010 che la band sta registrano in una chiesa sconsacrata a nord di Londra

Questa mattina il giornale inglese The Sun ha pubblicato una notizia relativa al quinto album che i Coldplay hanno in progetto. Stando a quanto comunicato dal magazine anglosassone, la band sarebbe già al lavoro sul nuovo lp in una chiesa diroccata, situata a nord di Londra. Il tutto nonostante l'ultima data del Viva la vida tour risalga solo a qualche mese fa, ovvero lo scorso settembre. Con loro, come avevamo anticipato in altre precedenti news, il produttore Brian Eno, che avrebbe trovato una nuova coraggiosa direzione per la band.Chris Martin e soci, inoltre, hanno elaborato un progetto per poter registrare una sessione acustica nel luogo di culto, il quale appare agli occhi del giornalista che ha redatto l'articolo 'alquanto inquietante'. Il nuovo lavoro del complesso inglese si baserebbe quindi su sonorità acustiche, leggere e piuttosto essenziali. Si prospetta quindi un notevole cambiamento di passo rispetto ai tempi della Bakery, luogo in cui è maturata la sonorità del gruppo degli ultimi anni. Dice una fonte: 'La band ha intenzione di andare avanti con il suo lavoro. I ragazzi sono stati in vena di scrivere le nuove canzoni e si sentono più creativi che mai. Chris voleva registrare mentre erano in tour, ma era davvero troppo presto. Hanno questa etica di lavoro: quando le cose vanno bene, vogliono continuare a farle come meglio possibile. Jonny si è lanciato sul nuovo album' (nonostante si sia sposato il mese scorso), 'così come tutti i ragazzi. I risultati sono davvero entusiasmanti finora. Chris è determinato nel non essere visto come un enorme mostro del rock commerciale, che si muove semplicemente per riempire gli stadi e incassare soldi. Questo è il piano per tenerli ancora vicini ai fans'.L'obiettivo della band è quello di pubblicare l'album entro il prossimo anno, molto prima di quanto ognuno di noi (ma soprattutto alla EMI, la loro attuale casa discografica) potesse aspettarsi. Il gruppo infatti ha in previsione l'ultima pubblicazione con la casa discografica prima di avviare una partnership altrove, il che causerà molto scalpore. I Coldplay testeranno le nuove canzoni dal vivo entro i primi mesi del 2010, invitando i loro amici e i loro collaboratori più intimi in questo 'speciale' luogo di preghiera. Dopo aver registrato live nella chiesa, la band sarà in tour, soprattutto in luoghi di piccola portata per fare ascoltare ai fans i frutti del nuovo lavoro.
http://www.coldplayzone.it

10 dicembre 2009

A Natale cosa regalo? 12 dischi (in 30 parole) per fare un figurone con chiunque

Natale è alle porte. Oddio cosa regalo? Ecco qualche idea per fare contenti parenti e amici, spendendo relativamente poco e facendo la felicità delle sopravvissute etichette musicali.
Ecco quindi 25 parole per descrivere i dischi da regalare, la maggior parte dei quali li potete addirittura trovare nel ristretto catalogo di titoli presenti addirittura nei centri commerciali...

Per Mammà
Facile è il nuovo disco di Mina. Non aggiunge nulla alla sterminata discografia della grandiosa interprete italiana, ma piacerà a Mammà (non alla mia che di musica non ne ascolta) che si è sciroppata per tutto l'anno la sua voce nella pubblicità della Barilla e ora, almeno, la sentirà cantare.

Per Papà
Sting, If on a Winter's Night. Disco fondamentalmente tedioso, ma di sicuro effetto sotto l'albero. Il titolo ispirato a Calvino per 12 cover dedicate all'inverno, tra caròle e poemi antichi che inneggiano a valori spirituali pre-cristiani, più due brani autografi che proseguono nell'intento di disco strenna natalizio.

Per la vecchia zia
Se le volete davvero male, ripescate il disco di canzoni natalizie di Irene Grandi dello scorso anno. Se non conoscesse Irene e voleste avere un suo bacio in fronte e sentirvi dire "grazie, lo desideravo tanto" optate per Andrea Bocelli, My Christmas, il più classico e maestoso album natalizio, con duetti di calibro internazionale.

Per la collegha fighetta che di musica non capisce una mazza
Beyoncé, I Am...Sasha Fierce è orecchiabile e orribilmente pop. Lo potrà sentire in auto, a casa... ma non a lavoro dove glielo vieterete accuratamente con un amorevole biglietto di auguri.

Se non sai dove sbattere la testa
Norah Jones, The Fall: la vellutata Norah prende la chitarra e cresce come autrice poprock. Il nome è noto ai più, ma la sua musica sfugge. Se non sappiamo moltissimo sui gusti di chi ascolterà possiamo azzardare questo disco.

Avventurarsi nel piacere della scoperta
Franco Battiato, Inneres Auge: come trasformare un album di best dovuto per contratto, in un'opera da ascoltare. Tre inediti: l'ottima title-track ormai nota, feroce invettiva contro il potere; l'intrigante U' cuntu in siciliano; una cover di De André, Inverno. E poi, nuove versioni di pezzi apparentemente minori, da riscoprire.

Giovani promesse che non deluderanno
My Awesome mixtape, How could a village turn into a town. E' un disco bello e ballabile. Fresco e non sa di 'già sentito'. Mi sembrano ottimi motivi per puntare su di loro.

Mi piacerebbe ricevere
Marlene Kuntz, Cercavamo il silenzio: i cuneesi Marlene hanno il loro primo live, teatrale, con la produzione artistica di Gianni Maroccolo. Non più noise ma sempre nella loro inconfondibile dimensione alternativa, anche da intimisti come qui si rivelano.

Io regalerei
Moltheni, Ingrediente novus: Umberto Giardini riarrangia i suoi brani più significativi per i dieci anni di carriera. Un gioiello da non perdere e da gustare anche con un dvd che propone un concerto elettrico ed uno acustico.

Regali di cattivo gusto
Cristiano De André De André canta De André: Da ascoltare nel ricordo del padre, il disco di Cristiano è una riproposta evitabilissima, in cd e dvd.

Il meno peggio da reality & co.
Giusy Ferrery con Fotografie propone un album di cover, scelte un po' da Tiziano Ferro, e un po' da lei. Il povero Nick Drake è tradotto in 'La magia è la mia amante', ma fra Capossela e Benvegnù, il singolo scelto è la banale 'Il cielo è sempre più blu' di Rino Gaetano... Scelta ovvia, come è ovvio che questo disco sia una marketta natalizia.

Classico e di buon gusto
Bob Dylan Christmas in the heart: imperdibile disco di canzoni natalizie 'gracchiate' dall'inconfondibile voce di Bob Dylan. Per un Natale meravigliosamente rock, almeno nello spirito.


a cura di Roberto Conti

9 dicembre 2009

Intervista - Artemista

Abbiamo intervistato gli Artemista lo scorso 5 dicembre in occasione del loro live al Rock&Roll Arena, in provincia di Novara.

Quando nasce il progetto Artemista, come si è sviluppato in questi anni?
Marco: Il progetto nasce nel 2002, l’esigenza iniziale era quella di costituire un gruppo, di esprimere le nostre emozioni e senzazioni con la musica. Abbiamo fin dall’inizio scritto pezzi nostri poichè era quello che volevamo per poterci esprimere al meglio, poi c'è stata un'evoluzione molto naturale, anche con alcuni cambi di formazione, sino ad arrivare alla 'forma' attuale (che comprende quattro elementi: Fabio alla voce, Marco al basso, Umberto alle chitarre e Matteo alla batteria), stabile da un anno e mezzo. Questa è la nostra storia molto in breve.

Domanda per chi non vi conosce. Quali sono le vostre influenze musicali ed il vostro background?
Marco: Per quanto mi riguarda ascolto un po’ di tutto ma ultimamente mi piacciono molto sonorità che non rientrano in quello che facciamo, tipo Sigur Ros e Portishead, la scena un po’ trip pop. Poi sono comunque un grande fan dei Beatles ..”
Matteo: Io, probabilmente, sono quello musicalmente il più “cattivello”: sono l’ultimo arrivato e nonostante alcuni dei nostri nuovi pezzi abbiano una connotazione anche dance, io li suono nella mia maniera, con un’attitudine da rocker pesante, perchè io arrivo dal mondo dell’heavy metal. Mi sono dedicato al progetto Artemista senza pensare neanche io, all’inizio, di poterci riuscire così bene.
Fabio: Anche io ascolto un po’ di tutto perchè se la musica è bella non ci sono problemi a sentire qualunque cosa. Le mie preferenza vanno comunque al rock e al crossover, ed ultimamente mi sto approciando molto alla musica elettronica tipo Massive Attack.
Umberto: Anche io scolto un po’ di tutto e premetto appunto che il nome Artemista deriva appunto dal nostro tentativo di mischiare generi diversi. Come chitarristi mi piacciono personaggi un po' sperimentali, come The Edge, Matthew Bellamy, piuttosto che musicisti più tecnici come Steve Vai.

Rispetto ai primi pezzi che avevo ascoltato degli Artemista, ho notato una sorta di svolta diciamo elettronica. Mi sbaglio?
Fabio: Sicuramente c'è stata una maturazione che ognuno di noi musicalmente ha avuto, e anche i molti live suonati insieme hanno contribuito a far crescere la band.
Per il discorso dell’uso dell’ elettronica volevo sottolineare che noi diamo sempre la priorità al suonato, l’eletttronica è quella ciliegina sulla torta che va ad arricchire il risultato finale, ampliando.
Umberto: Si tratta anche di una scelta legata alla nostra volgia di sperimentare. Noi cerchiamo dare appunto quel tocco di modernità dato dall'elettronica, anche per proporre qualcosa di diverso rispetto alle band che propongono un rock suonato con una formazione base per così dire tradizionale.

Per la creazione della musica e dei testi, che tipo di lavoro fate?
Marco: Quasi sempre arriva prima la musica e poi il testo. La musica può nascere dallo spunto di ognuno di noi in saletta, o a casa. Spesso i testi li scrive Fabio e ultimamente mi sto cimentando anche io con la scrittura. infine la parte elettronica è l’ultima fase, il completamento della canzone, insomma.

Come è nata e come si è svolta la registrazione dei nuovi pezzi?
Marco: Abbiamo lavorato con Gionata Bettini dei Deasonika perchè abbiamo aperto proprio un loro concerto in questo locale, quando si chiamava ancora Le piccole iene. Lo abbiamo conosciuto: a lui piaceva come suonavamo e a noi piaceva come lavorava lui... Da lì è nato il tutto...

E quindi la registrazione come è andata?
Marco: In realtà noi con lui abbiamo lavorato da un arrangiamento della parte elettronica, perchè la registrazione vera e propria l’abbiamo realizzata presso lo studio di Diego Cattaneo, con cui collaboriamo da anni trovandoci in grande sintonia.

E’ prevista l’uscita anche di un album nuovo?
Fabio: Al momento abbiamo prodotto un EP, poichè fare un album ha costi non indifferenti e l’idea è quella di sondare per capire se questi quattro pezzi che al momento ci rappresentano di più possono incontrare anche il gusto di qualche produttore che ci dia una mano concreta nella realizzazione di un nuovo lavoro discografico.

Cosa pensate della scena musicale novarese?
Marco: La scena Novarese sta producendo un sacco di gruppi interessanti.
Matteo: La scena è viva... ci sono delle valide realtà
Umberto: E' viva, ma per il seguito che ha lascia un poco a desiderare...
Fabio: Il problema è che a Novara non ci sono assolutamente spazi per suonare!
Matteo: Bisognerebbe anche allargare il discorso alla scena musicale italiana poichè ci sono oramai poche possibilità per tutti, a causa della crisi. Non lavorano i grandi artisti, figurati noi della scena indie.

Date a chi legge questa intervista una buona motivazione per ascoltare la musica degli Artemista?
Matteo: Non lo dico solo perchè ci suono, ma è musica sincera, dietro a cui c'è un grande lavoro.
Umberto: Perchè è musica che viene dal cuore... A noi piace un sacco suonare e credo si percepisca, ascoltandoci, il nostro desiderio di arrivare da qualche parte. E poi, nel nostro piccolo, abbiamo fatto dell’umiltà la nostra forza e abbiamo anche la piccola presunzione di dire che forse la nostra musica potrebbe essere qualcosa di nuovo nel panorama italiano.

Ascoltandovi e cercando di trovare qualche paragone con altri gruppi "nostrani", mi sono venute (non maledicetemi) in mente band tipo i Finley. Forse vi accomuna la freschezza giovanile e il bell'aspetto? Visto che ascoltandovi dal vivo mi accorgo che la musica è molto diversa.
(risata generale)... in coro: Sì, non guasta la bella presenza....
Matteo: Penso di parlare anche a nome di tutto il gruppo nel dire che siamo contenti che non hai trovato facilmente un gruppo a cui paragonarci... Questo ci fa enormemente piacere.

Prossimi live?
Fabio: Il 13 dicembre saremo a Torino al Fabrik per il concorso "Emergenze", poi ci fermeremo un attimo poichè abbiamo in programma di registrare un videoclip, ma non possiamo dire niente poichè è ancora tutto da organizzare... Mentre per l’album è ancora troppo presto per fare programmi. Molto è legato al fatto di trovare qualcuno che ci possa dare una mano a produrlo, anche se sarebbe già pronto. Abbiamo molto materiale.

Intervista di Marco Colombo

8 dicembre 2009

Ecco Nesli e la seconda parte del suo 'testamento'

Anticipato dal singolo Non tornerò, il 13 novembre scorso, è arrivato il nuovo lavoro di Francesco Nesli Tarducci: Fragile - Nesliving vol.2 è il quinto disco della giovane carriera di Nesli, ma nonostante questo il disco viene presentato, già nella prima traccia, come un testamento dell'artista. Fragile è un disco di 12 tracce per 43 minuti di playing idealmente diviso in due parti: la prima "In guerra", composta da sette tracce, e la seconda "In amore", in cui scorrono cinque brani. Un chiaro segnale di quello che è l'animo di un artista ricco di contenuti, che in questo disco dimostra di avere molto da dire in una piena maturità artistica e compositiva, agevolata dalla produzione di Big Fish e Marco Zangirolami.
Sul disco lo stesso Nesli (che per chi ancora non lo sapesse è il fratello di Fabri Fibra, perfortuna-purtroppo è un'etichetta che si porterà dietro) ha dichiarato: "L'ho intitolato Fragile, perché è la mia vera natura, è la natura di tutti dietro la maschera. Ho scelto di essere persona e non personaggio, ho scelto di non farmi schiacciare dal peso della falsità, almeno nei confronti della musica. La storia siamo noi... Di questo parlo, parole che danno un peso ai giorni. Dodici canzoni che descrivono l’emotività nei confronti del mondo, di quello che accade, intorno e di quanto sia fragile la strada che percorriamo alla ricerca del sogno”. Roberto Conti

5 dicembre 2009

Il Mei di Faenza con gli occhi di un turista

Mirko Dadich è uno dei ragazzi che si è aggiudicato due dei biglietti per il Mei di Faenza messi in palio dal nostro sito. Ci ha raccontato una sua impressione del grande carrozzone del Meeting delle etichette indipendenti


Mi ritrovo nel piazzale del MEI saturato da migliaia di note disparate. I gruppi si susseguono in finestre ben precise, scandite da cronometri esigenti: gli artisti sono tanti e il tempo ovviamente è tiranno. Gli stand espongono riviste, dischi, strumenti, ma io fatico a distinguere tra basso e chitarra. Di musica mi intendo ben poco e non ho la competenza per fare recensioni: mi sento fuori posto. Fisso la brochure con gli eventi come farebbe un turista smarrito.
Girovagando tra le tende, assisto per caso all’esibizione di una band di Formia, accompagnata da una pittrice che esegue un dipinto sul palco. Un tipo di esibizione che mi era già capitato di vedere altrove questa estate.
Mi sono domandato: come mai gruppi differenti, di provenienza e generi diversi, giungono alla stessa conclusione? Abbinare musica live e pittura. Perché?
Ho pensato ad un bisogno impellente, all’esigenza generale di rendere più ampia l’esperienza dal vivo abbinando due sfere sensoriali diverse. Creando una sinestesia. Fondere due linguaggi che non sono solamente contorno l’uno all’altro, non sono cornici ma partner nell’evocazione di immagini mentali.
Un modello in controtendenza a quello imposto dalla pubblicità che macina melodie come supporto alle immagini commerciali. Il brano è servo, utile per imprimere e richiamare alla memoria il prodotto. Il continuo bombardamento esaurisce la musica. La processione continua di news, jingle, mode, protagonisti gettati in faccia in un amalgama indistinto, dal quale è difficile districarsi. In un mondo in cui vogliamo essere intrattenuti ad una velocità eccessiva e a qualunque costo, il nostro problema si riduce ad una totale incapacità di concentrazione. I sensi sfiniti non reggono che una manciata di minuti poi hanno bisogno di un nuovo stimolo, un altro lampo sullo schermo, l’ennesimo idolo. Noi tutti, assuefatti da un surplus di dati che non hanno collegamento, che di fatto ci distolgono dal seguire una narrazione. Il flusso narrativo è negato. L’accostamento di pittura e musica sembra poterci avvicinare ad un’idea di trama, di svolgimento perché ci costringe ad essere selettivi, riabituandoci all’apprendimento. È un esempio di multimedialità positiva che strizza l’occhio alle performance degli anni ’60.


“È il sistema che produce il tipo di musica.” Manuel Agnelli MEI 2009

2 dicembre 2009

Dave Matthews Band – Big whiskey and the groo grux king

Qualcuno ha detto che il dolore è ‘terapeutico’. Che, cioè, può fungere da detonatore per dare il meglio di sé, per ‘tirar fuori’ tutto quello che abbiamo in modo da esorcizzare un lutto, di metabolizzarlo. Forse è davvero così, e questa potrebbe essere una possibile chiave di lettura per approcciare al meglio quest’ultima fatica della Dave Matthews Band.
Il dolore è quello per la scomparsa del sassofonista ed arrangiatore Leroi Moore (deceduto nell’estate del 2008 a causa delle complicazioni sorte in seguito ad un incidente stradale…); la sua scomparsa come ‘molla’ per ripartire quindi, con in sottofondo (e omaggiato anche sulla copertina del cd) l’ombra dell’amico scomparso a fare da guida.
Avevamo lasciato la Dave Matthews Band (jam band di fama internazionale e autrice di tre ottimi dischi negli anni 90’s culminati nel bellissimo Before these crowded streets del 1998 ma poco nota al grande pubblico di casa nostra) alle poco esaltanti prove in studio degli ultimi anni, con un paio di dischi (Busted Stuff, Stand Up..) oggettivamente privi di ispirazione e che vedevano la band alle prese con una preoccupante stasi creativa., sfociata in album incolori e tutto sommato prescindibili. Il ritrovarli quindi, a distanza di cinque anni dall’ultimo lavoro, in ottima forma è una piacevolissima sorpresa, anche se resa ‘amara’ dalle considerazioni di cui sopra.
L’album si apre con ‘Grux’, breve improvvisazione jazzistica al sax del compianto Leroi Moore, supportato degnamente dal buon Carter Beauford; l’opener è da subito un segno tangibile che questo per la dmb non è un disco qualsiasi (anche il titolo dell’album del resto si riferisce esplicitamente all’amico scomparso, dal momento che Groo Grux era il suo ‘nickname’ all’interno della band)..
Si prosegue con Shake me like a monkey, di fatto il primo ‘vero’ brano in scaletta, pezzo magari non trascendentale ma trascinante il giusto, e che traccia le coordinate dell’intero disco.
Da segnalare ‘Alligator Pie’, un (riuscito) ‘divertissement’ piuttosto atipico per la dmb alle prese con territori non convenzionali - con tanto di banjo! - e caratterizzata da un andamento curioso, vicino al background musicale di un certo Tom Waits. Brani più canonici risultano essere l’esplosiva, arrembante ‘Why I am’ con un carter Beauford in stato di grazia, e ‘Time bomb’, pezzo a due facce che pare scritto dai Pearl Jam… dall’intro acustica, al modo in cui entra il cantato (qui simile come non mai al timbro tipico di Eddie Vedder..) entrambe decisamente apprezzabili.
Le vere chicche dell’album tuttavia risiedono nella solare (a dispetto delle liriche pessimistiche e di deriva ambientalista) ‘Dive in’ ; la bellissima, suadente ballata ‘Lying in the hands of God’ e – soprattutto - nell’energica “Squirm”, traccia caratterizzata da superbi arrangiamenti orchestrarli e che richiama da vicino le atmosfere del loro capolavoro ‘Before these crowded streets’, con tanto di finale ‘arabeggiante’ in calando.
Diciamocela tutta: Big Whiskey... è con ogni probabilità il disco più ‘accessibile’ ed immediato della dmb; non tutti i pezzi del puzzle sono però al loro posto (brani come Seven o la conclusiva You and me sono assolutamente anonimi, per non dire inutili) e mancano quella compattezza d’insieme e quella varietà di scrittura che caratterizzavano il succitato Crowded Streets. Così come, probabilmente, non ci sono nemmeno quei colpi da ko che rispondono al nome di ‘Two Step’, ‘Warehouse’, ‘Ants Marching’, ‘The Stone’.. tutti titoli entrati a far parte della storia del gruppo. Ma per quanto mi riguarda, vale la pena di sciropparsi un loro disco anche fosse solo per sentir suonare quel mostro di Carter Beauford autentico fuoriclasse dello strumento, batterista straordinario quanto essenziale: ogni passaggio merita attenzione, mai due battute uguali, mai sopra le righe…. uno stile sempre elegante e personalissimo (dovuto anche al suo essere ambidestro, probabilmente) che ne fanno a modesto parere di chi scrive un batterista con pochi eguali nel panorama odierno.
Nota a margine: è opinione diffusa, almeno a sentire i ‘detrattori’ della band, che la dmb sia, per definizione, una band da palco, che solo nella dimensione live riesce a dare il meglio di sé, mentre su disco quella carica ‘animale’ rimane inesplosa, con il risultato di suonare un po’ ‘freddini’ ed accademici. Il discorso ha sicuramente un fondamento di verità, inutile negarlo. Ma quando ci sono le songs , e in questo disco indubbiamente ci sono, il risultato è sicuramente degno di nota.
‘Big whiskey...’ segna quindi un graditissimo ritorno, per quanto mi riguarda. Ora non mi resta che riuscire a vederli in azione dal vivo; a quanto pare, pochi mesi di pazienza ancora…
Luca Rancati

29 novembre 2009

Live - Gossip live a Milano

MILANO PALASHARP, 23 NOVEMBRE 2009 - Unica data italiana per una delle band più cool del momento. Originariamente previsto all’Alcatraz, il concerto dei Gossip è stato spostato al Palasharp per la grande richiesta di biglietti.
Smodata e pirotecnica la front woman Beth Ditto oscura con la sua mole reale e carismatica il resto del gruppo (chitarra, basso e batteria).
Irriverente e oltraggiosa, lesbica dichiarata e militante, ostentatamente obesa, Beth Ditto non si riparmia e per un’ora e mezzo infiamma un pubblico in delirio e scatena il suo corpaccione con l’eleganza di una farfalla. La presenza è imponente, la voce fantastica: potrebbe cantare qualunque cosa saltellando tra tutte le tonalità (poco sfruttate quelle basse).
Il concerto si apre con Dimestore diamond e Pop goes the world, da Music for men uscito nel giugno scorso, e proprio sull’ultimo lavoro si basa in gran parte l’intero concerto.
Esaltazione collettiva per Heavy cross, il loro brano più conosciuto e gran finale con Standing in the way of control, altro hit di tre anni fa. Ottime le cover: Psyco Killer dei Talking heads e What’s love di Tina Turner. La Ditto, tempo fa, ha provocatoriamente dichiarato di essersi nutrita di scoiattoli, cacciati nei boschi del nord degli Usa, nei periodi più cupi della sua vita. Beh la “dieta dello scoiattolo” senz’altro fa ingrassare, ma l’energia che fornisce è ampiamente ripagante. Mauro Carosio

22 novembre 2009

La musica di Moltheni ha un nuovo ingrediente. Riarrangiati tutti i pezzi della raccolta che segna 10 anni di carriera

Da un paio di giorni sul sito di XL si può ascoltare in anteprima Ingrediente novus, la raccolta che festeggia i dieci anni di carriera di Moltheni. Il disco uscirà nei negozi tra una settimana il 27 novembre. Si tratta di un cofanetto che contiene una selezione dei brani più rappresentativi tratti dai sei dischi che in questi anni ci ha regalato Umberto Giardini, due inediti e molto materiale video, tra live, clip e il documentario ‘Il frutto del fiume’ che lo stesso Moltheni ha realizzato.
Anche se il mercato del ricordo è floridissimo, questa non è un’operazione commerciale, ma un occasione per Moltheni di guardarsi indietro, di fare il punto della situazione, e di dare una nuova veste a quelle canzoni che hanno nel bene e nel male segnato la sua carriera. Ingrediente novus può essere letto come un autoritratto generazionale, come immagine di un manipolo di persone che dieci anni fa hanno scoperto la musica di Moltheni con In centro all’orgoglio o con Il circuito affascinante e da quel momento non l’ha più lasciata, prendendo possesso di sé, del proprio posto nel mondo con una colonna sonora di intima poesia, sempre in bilico tra la gioia e il terrore di far spegnere quel fuoco; ma questo cofanetto può anche essere interpretato come una possibilità di scoperta: le immagini del passato e del presente si sovrappongono e quanti si sono persi dieci anni nei quali Moltheni ha vissuto in una sorta di clandestinità musicale, potranno colmare questa ‘lacuna’, mi riferisco anche a quei giornalisti e critici che invece di affollare le giurie dei Premi che contano, dovrebbero ascoltare con più attenzione quello che di buono c’è in giro…
Ripercorrere i brani di questa ‘colonna sonora’ con un nuovo arrangiamento, per me, ha un sapore dolce-amaro: da una parte c’è il nuovo, un incedere sapiente ed equilibrato di arrangiamenti maestosi e vividi, dall’altra c’è la dimensione del ricordo, ma non è un ricordo a tutti i costi, qui non stiamo parlando della ricostruzione degli eventi della discografia moltheniana, ma della riappropriazione del loro valore.
Qualche parola sulle canzoni. Gli inediti sono Petalo, un brano da tempo proposto dal vivo che a quanto pare sarebbe dovuto essere il singolo di Forma mentis, il disco mai pubblicato di Moltheni: in questa nuova versione il brano è un’ariosa ballata che parla dei temi più tradizionali dello stile Giardini, l’amore e il rimpianto sono raccontati con visioni che trasformano la donna in un petalo che non ha profumo e l’uomo in un essere nauseante come un chewingum digiuno.
Poi c’è Per carità di stato, l’altro inedito: in questo caso siamo di fronte ad una canzone che descrive la mestizia in cui si trova la nostra povera patria… “che affonda, impedisce a chi vuol fare e poi… finisce in un Tg al tasto 4 del mio telecomando”, come chiosa lo stesso Umberto, con voce dolente.
I brani ripescati da Natura in replay sono riproposti in chiave dolcissima, Nutriente sembra una leggera ninnananna, In centro all’orgoglio è cantata in duetto con la brava Ilenia Volpe, Un desiderio innocuo trova nel nuovo arrangiamento piena compiutezza rispetto alla magrezza musicale del disco d’esordio.
C’è spazio anche per una nuova versione di Suprema che si spinge ancora più a fondo nel toccare le corde dei sentimenti, E poi vienimi a dire… vede il flauto di un ispirato Mauro Pagani (il disco è stato registrato presso le sue Officine meccaniche), La fine della discografia italiana, in chiusura di disco, non è altro che una versione strumentale di Eternamente nell’illusione di te… Speriamo non sia anche il preludio alla fine della discografia moltheniana, in giro ci sono anche questi rumors, che naturalmente ci auguriamo non trovino fondamento.
L’unico di cui non parlo volentieri è Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica) che a mio avviso rovina, cantandola, Zona monumentale. Brondi è così sopravvalutato che ogni parola in più detta finirebbe per portare acqua ad un mulino che altrimenti sarebbe arido. Al di là del suo bel disco di esordio non credo ci sia molto altro da dire, la sua interpretazione, per quanto efficace nel rendere la rabbia del brano, si commenta da sola.
Bravo Umberto, non hai mai guardato in faccia a nessuno e non sei stato compiacente, mai! Nemmeno questa volta! Roberto Conti

20 novembre 2009

Samuele Bersani - Manifesto abusivo

Dopo tre anni ritorna uno dei più grandi cantauori, Samuele Bersani, con Manifesto abusivo. Appena ho ascoltato la prima traccia dell'album, intitolata Un periodo pieno di sorprese, mi sono detto: “Ah, questa è una bella sorpresa”, nel senso che questa canzone si allontana un po’ dagli schemi di Samuele.
E' un pezzo splendido, ma forse è stata messa in apertura proprio per disorientare l’ascoltatore.
Già con il secondo brano, Pesce d’aprile mi sono ritrovato con il Bersani che conoscevo e amo e che fa della parola qualcosa di meraviglioso e giocoso. Si prosegue con Lato proibito, a celebrare ricordi per sfociare in queste splendide parole “Non dimentico che una notte dal letto son caduto e nel sogno io stavo volando da orizzonte a orizzonte, mantenuto da un vento e da un coraggio che a terra finora non ho avuto….”
Poi la mia preferita, A Bologna, romantica e cruda nello stesso tempo: “A Bologna è comodo avere poteri speciali per schivare le armi da taglio e la merda dei cani”; celebra la città in cui Samuele vive e arrivare a cantare “Non ci sono angeli sul cornicione ma telecamere anti-intrusione”.
Seguono Robinson Crusoe, Ferragosto (composta con Sergio Cammariere) e Manifesto abusivo tre pezzi assai diversi tra di loro ma ugualmente belli. Ragno, di Angelo Conte, è molto molto divertente ed ironica: Samuele dialoga con un ragno (angelo Conte appunto) in una specie di romanesco che poco si addice al cantautore bolognese, ma dall'effetto esilarante. Fuori dal tuo riparo è forse il prano più poetico del disco, con le parole a farla da padrone: “Credevo che l’amore fondato sulla telepatia fosse una dimensione incompatibile con la mia aria indurita da cinico, da moderno San Tommaso. Quanti chili di carata per trovare un minuscolo cioccolatino? Quanti petali restano sul fiore sopravvissuto al centro del giardino?”.
Infine la malinconica 16:9, dolcissima.
Bravo Samuele. Un gran bel disco dove la diversità tra un brano e l’altro, la diversità anche dei suoni e degli arrangiamenti, mi ha emozionato tanto. Non vedo l’ora di dirglielo di persona.
Marco Colombo

19 novembre 2009

Parole come pallottole: il nuovo disco del Teatro degli orrori fa infuriare la Lega con il remake del Padre nostro

Il Padre Nostro riveduto e corretto, Majakovskij in chiave rock, la tragedia di Ken Saro Wiwa: parole come pallottole, poesia a mano armata, testi che scavano il quotidiano e interrogano le coscienze. Un carrarmato rock applicato alla musica d'autore, così si presenta A sangue freddo il nuovo disco del Teatro degli orrori. Un disco sonico e potente, dove le sonorità che hanno portato in dote i componenti della band, tutti con all'attivo importanti esperienze nel panorama rock indipendente, si mescolano con i "contenuti" e i testi al vetriolo. Proprio i testi diventano l'anello non più mancante che congiunge gli anni di cultura del cantautorato con il rock più intransigente e vero del belpaese. A sangue freddo è un disco come non se ne sentono da tanto tempo: non 'militante', ma 'politico' fino in fondo, attento alle contraddizioni sociali dell'italia di oggi. Il populismo, la deriva autoritaria, l'individualismo, lo smarrimento giovanile, le solitudini di chi non si riconosce nella comunità, le ingiustizie palesi e quelle nascoste nella privatezza delle persone, vengono evocate a volte con crudezza, con dolcezza e malinconia in altre. Tutto questo, già nel disco, viene supportato da un imponente impatto sonoro, che diventa un vero evento spettacolar-teatrale nella trasposizione live potentissima e di sicuro impatto. Provare per credere, Capovilla e soci non vi deluderanno. Roberto Conti



Proponiamo il servizio di Paolo Calia, pubblicato sul Gazzettino di Treviso (in prima pagina, il 18 novembre), che si occupa di come parte della politica della cittadina veneta sia insorta contro il Padre nostro in chiave rock del Teatro degli orrori


In Veneto Lega e Udc insorgono contro il gruppo musicale che vuole riproporre la preghiera in chiave rock: «Così dissacrate il Padre nostro»
Stiffoni: «Potessi, lo impedirei», Caner: «Cattivo gusto», Galzignato: «Scarsa fantasia»

«Braccia rubate all’agricoltura». Il senatore leghista Piergiorgio Stiffoni liquida così la rock-band Il Teatro degli Orrori. La notizia del loro ultimo brano Padre nostro, una parafrasi della preghiera più importante del cristianesimo, ha sollevato le reazioni irritate e decise. Il mondo della politica, almeno la parte che in questi si è schierata a difesa del crocifisso, è insorto solo all’idea che un altro simbolo religioso potesse essere messo in discussione. E poco importa se in questo caso la vicenda è diversa in quanto non si tratta di sentenze, provocazioni politiche o altro. Ma semplicemente di musica, anche se mischiata alla provocazione. Musica che, venerdì sera, salirà sul palco del New Age con tutta la sua forza dissacrante.
«Ma quale provocazione -ironizza Stiffoni- sarebbe meglio se quella gente andasse a lavorare nei campi. Se stiamo qui a parlare di simili ciofeche vuol proprio dire che siamo caduti molto in basso. Sarebbe il caso di iniziare a riprendere in mano la buona musica, non quella di questi rocchettari. Una cosa è certa: un concerto del genere non verrà mai sponsorizzato da nessuna nostra amministrazione. Non possiamo impedire che si svolga in un locale privato. Ma del resto nei locali privati si pratica anche lo scambio delle coppie...».
Per Federico Caner, consigliere regionale leghista, una canzone in salsa rock che vuole riscrivere il Padre nostro è una cosa “assurda”. «Il concerto non lo si può impedire, ma per me sarebbe meglio se non si facesse o se quella canzone non venisse interpretata. Indipendentemente che uno sia credente o meno, bisognerebbe avere rispetto del sentimento religioso. Spero che tutto questo susciti una reazione non solo dal mondo cattolico, ma anche in chi cattolico non è. Un po’ come è accaduto con le famose vignette contro l’Islam di qualche anno fa: insorsero non solo i musulmani, ma anche tutti gli altri. Qui è la stessa cosa. Non bisogna essere integralisti, ma avere un minimo di buon gusto».
Per Gianna Galzignato, segretario provinciale dell’Udc, la canzone del “Teatro degli Orrori” è semplicemente fuori luogo. «Se vuole essere una provocazione, non riesco a capire quale sia il fine -afferma- inoltre denota scarsa fantasia da parte dell’autore che avrebbe potuto fare la sua denuncia utilizzando mille altre parole. La preghiera più alta del cristianesimo, anzi “la preghiera” per eccellenza, meriterebbe più rispetto».


L'assessore alla Comunicazione di Roncade: «Non c’è nulladi blasfemo»
«Sinceramente in quella canzone non ci vedo nulla di così blasfemo». Chiara Tullio, assessore alla comunicazione istituzionale di Roncade, si sorprende un po’ per tutto il polverone sollevato dalla canzone sul Padre Nostro del gruppo “Teatro degli Orrori”. «Considerare blasfemi quei versi è una questione soggettiva -continua- ma da amministratore di un comune non vedo gli estremi per annullare il concerto o impedire che quella canzone venga cantata. Diverso è il discorso che riguarda il cantante Sizzla (rapper, il cui concerto è stato annullato dal gestore del New Age, lo stesso locale dove si esibirà il “Teatro degli Orrori” ndr): la polemica era giustificata dall’arrivo di molte lettere e mail contro la sua esibizione per via di alcuni testi ritenuti omofobi. Ma qui il discorso è diverso. Forse c’è della provocazione, ma non possiamo andare a sindacare su tutto quello che viene programmato al New Age. Se i gruppi che si esibiscono tengono comportamenti normali, non si può dire niente».


L'autore, Pierpaolo Capovilla: «È un urlo contro le ingiustizie della società»
Una preghiera in chiave rock. Oggi. Il Padre nostro. Il Teatro degli Orrori, rock band italiana, ha riscritto il Padre Nostro nell’album A sangue freddo, che la band proporrà a Treviso venerdì alle 22 al New Age di Roncade. Una canzone dal testo intenso, contro le ingiustizie e i mali della società moderna, che inizia con le parole della preghiera cristiana. Pierpaolo Capovilla, leader della band, spiega il significato del suo brano.
Come nasce l'idea di rivisitare il Padre nostro?
«È un tentativo di secolarizzazione della preghiera, un grido di giustizia, in un mondo dominato dalla rapina e dalla guerra. La rapina, ovvero lo stupro dell'ambiente e delle moltitudini che vi vivono. La guerra, come stato d'eccezione divenuto regola costante. Quando preghiamo, chiediamo al Padreterno di venirci in soccorso. Il Padre nostro rivisitato da Il Teatro degli Orrori nulla chiede a Dio, ma lo invita a non perdonare. Non c'è bestemmia né blasfemia, in questa canzone, ma disperazione e amorevolezza».
"Non soltanto Dio non governa il mondo ma neppure io posso farci niente": cosa voleva esprimere?
«Secondo la dottrina agostiniana del libero arbitrio Dio non governa il mondo, ci ha lasciati liberi di scegliere. Quasi sempre, scegliamo il male nelle sue più terribili vesti. L'individuo, di fronte alle ingiustizie, si sente impotente, preferisce delegare ogni decisione: è il problema del rapporto fra società civile e politica. Dovremmo imparare a ripartire da noi stessi, nella famiglia, con gli amici, nel lavoro: non distogliere lo sguardo di fronte agli abusi. Essere uomini e donne veri, cittadini coscienti, coscientemente democratici».
La musica rock come grido contro i mali della società: solo condanna o anche speranza?
«Un grido di disperazione sottende sempre il desiderio, imperioso in questo caso, di riscatto ed emancipazione. Sono convinto che veniamo al mondo per cambiarlo, non per lasciarlo quello schifo che è».



Noi riteniamo che la polemica sia, come spesso succede sterile e aridissima. La canzone a mio avviso non è nè blasfema nè irrispettosa della sensibilità cattolica, anzi è probabilmente una delle più riuscite dell'intero disco del Teatro degli orrori. Al di là delle parole dei giornali, vi proponiamo di ascoltare il brano 'incriminato' e di dirci la vostra. r.co.



18 novembre 2009

'Ascolti emergenti' di novembre

My awesome mixtape - How could a villege turn into a town *****
Inusuale, ballabile, primaverile. Con questi aggettivi descriverei Haw could a villege turn into a town, il nuovo disco dei bolognesi My awesome mixtape. La band da tempo viene accreditata come rivelazione e in Europa sembrano già essersi accorti di loro a dimostrare dal loro lungo e importante tour che ha toccato diversi Paesi e festival.
Il loro primo lavoro My lonely and sad waterloo li aveva caratterizzati per l'approccio fresco e spensierato, con quella hit danzereccia come Me and my washing machine impossibile da dimenticare, e furbamente riproposta anche in Haw could a villege turn into a town.
Ma questo disco ha moltissime altre frecce al proprio arco e segna una maturazione della band, giovanissima ma pienamente consapevole delle proprie potenzialità. Da un approccio "collettivistico" dove al frontman Maolo Torregiani si affiancavano di volta in volta amici e guest, la band ha assunto una struttura definitiva con Andrea Mancin, Alessandro Scagliarini, Federico Spadoni, Andrea Suriani. Ne hanno risentito in parte anche le sonorità, c'è più spazio per gli strumenti veri: archi, fiati, batterie, e un po' meno elettronica lo-fi. Il tutto senza perdere in freschezza e immediatezza, ma focalizzando l'attenzione sulle canzoni. Canzoni che fanno venire voglia di alzare il volume al massimo e di ballare, anche se i tanti buonissimi episodi del disco (My moon, Hearts to land di cui proponiamo il videoclip uscito in questi giorni in rotazione sulla home page di Asap, solo per citarne alcuni) non raggiungono per orecchiabilità Me and my washing machine, che resta il brano più rappresentativo di una band giovanissima ma su cui sarebbe bene scommettere. Roberto Conti


Torpedo - Terrastation ***/
Davvero interessante questo album della band Romana dei Torpedo. Mi hanno ricordato fin da subito i primi Subsonica, proponendo nelle loro sonorità un mix tra reggae e dub, con incursioni elettroniche e spruzzate classic punk, ma con un’originalità tutta loro molto interessante.
Anche i suoni sono ricercati e belli. Nell'album Terrastation ci sono anche importanti collaborazioni tra cui lo scrittore Stefano Benni, per esempio, che ha scritto il testo della bonus track La musica nel sangue, Papa Vaigo degli Africa Unite, e ancora Lee “Scratch” Perry, i newyorkesi Dujeous, i JunglaBeat, Sandokan e Sandro Travarelli della Banda Bassotti.
E’ sicuramente un lavoro che presenta molte sfaccettature ed influenze: tra i brani meglio riusciti troviamo il ritmo reggae di Alto voltaggio e i sentori ska di Sempre la stessa musica e Terrastation, più elettronica . Roma nun fa la stupida stasera è invece un omaggio della band ad una canzone storica di Claudio Villa. Marco Colombo

November 7 - Angel **
I November 7 una band formata da Anna Maria Cozza alla voce, dal polistrumentista Stèphane Geiger e dal drummer Gil Reber. Questo ep, registrato da Stephane Geiger, si apre con il brano Angel che dà appunto il nome anche all’ep: è una canzone dai richiami "quasi fotocopia" al pezzo dei Massive Attack.. guarda caso anche questo dal titolo Angel, alla faccia dell'originalità.
Mi è piaciuta subito la voce della cantante Anna Maria Cozza, ma questo gruppo propone un gothic metal che assomiglia troppo a cose già sentite e quindi nel complesso non hi ha entusiasmato particolarmente, nonostante sia ben suonato e ben prodotto. Tra le altre canzoni mi è piaciuta anche Falling down, con un bel piano e degli ottimi sinth, restando in attesa di un album tutto loro. Marco Colombo

Telespash - Forever togheter ***
Gli Aretini Telesplash ci catapultano nel classico sound anni 60 inglese, strizzando l’occhio anche al più moderno brit pop. Tra i pezzi meglio riusciti sicuramente Baby don’t go, fresca e che ti entra subito nella testa, che mi ha ricordato i fantastici sixties e i Beatles che amo davvero tanto.
Anche Cause it’s true è davvero un bel pezzo più vicino a sonorità moderne del new brit pop stile dei Blur. Suonato molto bene, è un album che nonostante strizzi l'occhio ai mitici anni 60 sicuramente potrà piacere anche ad un pubblico più giovane. Ancora una bella produzione dell’etichetta di Daniele Landi, la Foreas. Marco Colombo

La distanza - Tudine **
Nello space dei La Distanza vengono citate tra le influenze musicali, band che vanno dai Verdena ai Radiohead, dai Mogway ai Massive Attack, dai Sigur Ros ai Muse... ma appena è partito il primo brano Tudine a me sono venuti in mente solamente i nostri Verdena e sinceramente anche negli altri cinque brani la somiglianza si è dimostrata notevole, soprattutto nel cantato.
Il rock di questo quartetto pescarese purtroppo mi ha ricordato solo i tre più noti Bergamaschi, ma questo non è certo un difetto in senso assoluto essendo i Verdena un gruppo validissimo, tra i miei preferiti. I testi sono un poco poveri a mio parere... e tutti parlano di amori finiti male: Puoi anche sparire e Asja gli episodi più riusciti che meritano di essere citati all'interno dell'ep. Marco Colombo

17 novembre 2009

A Brunori Sas va il Premio Ciampi

Dario Brunori alias Brunori Sas si è aggiudicato il Premio Ciampi 2009 come miglior esordio dell'anno. Questo progetto colpisce per come riesca ad attingere con grande dovizia dal meglio e dal peggio di quello che la musica italiana ha offerto in questi anni: da Rino Gaetano a Graziani, da Ciampi a Santercole, con una punta di Daniele Silvestri e di neo urlatori e con un look retrò furbetto che farebbe impallidire la già smorta Arisa. Le sue canzoni sono ironiche e propongono sonorità decisamente retrò (con tanto di corista ondeggiante), che rimandano alla vita semplice della provincia di Cosenza, al calcio o a Padre Pio, ai temi più vicini alla gente 'comune' insomma... forse sarà questo il motivo che ha convinto la giuria del Premio ad attribuirgli l'ambito riconoscimento.
Roberto Conti

Gurda un video di presentazione di Brunori Sas

16 novembre 2009

Sanremo è specchio dei tempi: il dialetto nel regolamento ha il placet del Carroccio e c'è la sciabordante Antonella che conduce...

E' di un paio di giorni fa la notizia che il dialetto è stato introdotto da regolamento nel Festival di Sanremo 2010. La notizia ha fatto, e fa, scalpore, non tanto per la possibile presenza delle canzonette cantate nelle "lingue" regionali, cosa che accade da sepmpre con episodi fin troppo frequenti, vedi i pezzi in Napoletano, ma per la necessità di una tale specifica nell'articolo 6 del regolamento.
Ma di cosa ci stupiamo? Si sa che il Festival è specchio della società e dei tempi che viviamo, e anche della politica: quindi il dialetto, tanto caro alla Lega, non è altro che un strumento per far finire Sanremo in prima pagina (con una non notizia, naturalmente) e per far infuriare le redazioni dei giornali. Apprendiamo infatti, dal blog di Marinella Venegoni, che di Sanremo si occupa da anni per La Stampa, che l'altro giorno la notizia del dialetto è stata "spacciata" come anteprima sia al Corriere della sera sia a Repubblica, che l'hanno sventolata in prima pagina entrambi, credendola un'anteprima esclusiva.
Apriti nuvoloso cielo sanremese! Questo scherzetto ha scatenato le ire dei giornali 'esclusi' dalla soffiata, ma anche del quotidiano milanese e di quello romano ignari compagni di anteprima, verso la Goigest, l'ufficio stampa che si occupa della 60a edizione della kermesse.
Bene, il caso mediatico è stato creato e l'obiettivo ancora una volta raggiunto a discapito delle canzoni, come sempre.
A febbraio a condurre ci sarà la sciabordante Antonella Clarici che sarà probabilmente affiancata da importanti spalle maschili che si alterneranno di sera in sera. Della musica poco si sa per il momento. Ci saranno presenze importanti dei talent show, ci sarà la solita sfida al 'massacro' di SanremoLab, ma dei big ancora poco o nulla è dato sapere...
Roberto Conti

2 novembre 2009

Syd Barret omaggiato e (re)interpretato in un tributo

Esce per Octopus Records questa lodevolissima raccolta che vede varie band della scena indipendente rielaborare la musica di Syd Barrett. I brani proposti sono quasi sempre reinterpretazioni piuttosto distanti dagli originali, come Terrapin degli Atari in bilico tra sussurri e elettronica, diversissima dall'originale. Nella compilation possiamo ascoltare i Fuh trasformare una Long gone originariamente sommessa in un pezzo molto tirato e musicalmente ardito, i Gasparazzo cimentarsi con una versione reggae di Love you, o ancora i Super elastic bubble plastic ritagliare una efficacissima Dominoes su un tappeto noise. Ottime le interpretazioni dei Baby Blue che si cimentano in una versione garage di Dark globe, di Vanproof (Baby lemonade), Entrofobesse (She took a long cold look) e Filippo e Francesco Gatti (Golden hair), capaci di trasfigurare completamente i brani passati sotto setaccio. Più vicine alle versioni originali paiono invece It is obvious di Moltheni e Love song dei Roses King Castles.
Oltre alle formazioni citate sono presenti nella compilation anche Mesmerico (No good trying), Low-fi (No man's land), Mad hatters project (Octopus), From tropics with love (Rats), Jennifer Gentle (Opel). In un disco che impone un giudizio più che positivo, visto come si arrischia a maneggiare materiale ampiamente interiorizzato senza scadere nel ridicolo e anzi aggiungendo classe a un canzoniere di per sé già geniale. Quest'ultimo raccolta di spaccati musicali inaspettatamente malleabile, tanto da non temere nemmeno attualizzazioni lontane anni luce dallo stile originale del suo autore. Giovanna Oceania

Intervista a Il Disordine delle Cose


Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Marco Manzella e con gli altri componenti del Disordine delle cose, in occasione del concerto a Novara di qualche tempo fa per la presentazione del loro disco appena uscito.

Allora, possiamo cominciare....prima domanda: da dove deriva il vostro nome? È legato a qualcosa in particolare?
Marco Manzella: Inizialmente il progetto era solo mio come solista... in realtà non si trattava di un vero e proprio progetto, avevo solo inciso tre canzoni ed il titolo dell'Ep era Il Disordine delle Cose e quindi poi quando ho deciso di non andare avanti da solo, perchè non mi piace lavorare da solo, ho chiamato i miei migliori amici musicisti per proseguire l’avventura e non sapendo come chiamare la nuova formazione ci siamo chiesti perchè non chiamarla come il titlo dell Ep.

Ma tu lo hai preso da qualche parte (il nome, ndr)?
Marco Manzella: No... è un nome che ci si addice... in primis al sottoscritto e quindi era un comune denominatore per tutti quanti. In fondo abbiamo tutti questa vita un po’ disordinata che comunque ci piace perchè la consideriamo "un’alternativa alla banalità".

Come sono nate le collaborazioni, nel disco sono presenti tantissimi ospiti?
(vedi recensione del cd)
Marco Manzella: Noi siamo dentro al circuito indipendente da tanti anni e quindi abbiamo coltivato delle amicizie. Artisti come Perturbazione, Marta sui Tubi, li abbiamo visti crescere e noi siamo in qualche modo cresciuti con loro. Si sono resi molto disponibili a collaborare con noi e hanno creduto nel nostro progetto musicale.

Chi si occupa della stesura dei testi, e anche degli arrangiamenti?
Marco Manzella: I testi per la maggior parte li ho scritti io ma alla fine la mia scrittura passa al vaglio di tutti quanti e almeno quattro testi dell'album non sono scritti da me: uno è stato scritto da Vinicio Vinago, due da Luca Schiuma. Per quanto riguarda gli arrangiamenti, li curiamo un po’ tutti anche se ci appoggiamo tantissimo al pianoforte di Luca.

Tornando a Luca e Vinicio, cantano anche loro nel disco. Mi chiedevo appunto da dove venisse questa scelta multipla, di cui peraltro mi complimento del risultato?
Luca Schiuma: Per quanto mi riguarda la colpa è di Marco (Manzella) che mi ha spinto "all'interpretazione cantata". Sono contento del risultato....
Marco Manzella: Il motivo principale è che li hanno scritti loro quei pezzi, quindi a me piace l'idea che fossero coloro che hanno scritto il brano a fornirne un'interpretazione. La migliore interpretazione insomma è quella dell'autore...

Sui testi ho notato che affrontate temi diversi: da cosa prendete spunto?
Marco Manzella: Da esperienze di vita: ad esempio anche il pezzo l’Idiota che fa venire in mente un personaggio politico noto...

E' la caricatura sull’album che vi tradisce...
(risate generali)
Marco Manzella: Eh sì, è vero. Però quel disegno di personaggi ne reppresenta almeno tre... Ci ispiriamo a quello che sentiamo in certi momenti, a volte viene prima la musica e poi il testo, altre volte è il contrario, ma in tutti e due i casi dipende molto dal 'momento' che stiamo attraversando.

Mi potete raccontare qualcosa circa il vostro progetto di abbinare musica e fotografia durante i live?
Marco Manzella: E' un’idea nata dal fatto che noi vogliamo fare molti concerti e vogliamo dare spazio ad un’altra forma di arte oltre alla musica, cercando di fornire allo spettatore un aiuto per capire meglio la musica anche attraverso la fotografia e viceversa.

Il disco è uscito per l’etichetta dei Marta sui Tubi “Tamburi Usati”. Mi potete dire qualcosa circa la nascita di questa produzione di Giovanni e Carmelo?
Marco Manzella: Anche in questo caso eravamo molto indecisi su quale etichetta fare affidamento e mentre registravamo il disco, Carmelo che ha anche suonato nel disco è venuto due giorni con noi a Torino e alla fine lui stesso ci ha proposto di essere proprio la prima produzione della loro neonata etichetta. Per noi è stata una grande soddisfazione.

Ascoltando il disco si sente l’influenza di questi gruppi (Marta sui tubi e Perturbazione, ndr). I vostri ascolti al momento che cosa comprendono, oltre a queste ottime band della scena indipendente?
Marco Manzella: Noi ascoltiamo un po’ di tutto.
Luca Schiuma: Io mi sono fermato al 1976!! (risate generali)
Marco Manzella: Penso che la cosa più bella di questo progetto sia il fatto che gli altri non riescono ad etichettarci, e questo appunto è dovuto al fatto che arriviamo tutti da esperienze simili ma nello stesso tempo anche eterogenee: quindi c'è chi di noi è orientato più sul prog, chi più su pop e il rock. Spaziamo da Tenco e Ciampi fino ai Mogwai o ai Mew, o altro ancora, e secondo me questo un po’ nel disco si sente. Ci sono poi dei denominatori comuni come i Beatles e la musica italiana indipendente, questo è naturale.

A me il disco è piaciuto molto e anche io ti confermo che siete difficilmente etichettabili... quindi adesso sono molto curioso di ascoltare un nuovo lavoro del Disordine...
Marco Manzella: Stiamo lavorando già a qualcosa, ma è ancora troppo presto poichè adesso siamo impegnati con un lungo tour per la promozione del disco... e quindi è ancora presto per parlare veramente di un nuovo album. Ce lo vietiamo perchè se dovessimo cominciare a richiuderci in una stanza a scrivere, verrebbero fuori troppi pezzi e non avremmo più tempo per il tour al quale teniamo molto. L'intro che sentirai questa sera però è una cosa nuova...

Anche il packaging è molto interessante ed originale, come l’avete pensato?
Marco Manzella: Fortunatamente nel gruppo ognuno si occupa di qualcosa e in questo caso è stato il nostro chitarrista Emanule Sarri che essendo un grafico ha prodotto questo piccolo capolavoro che contiente il cd, anche i disegni li ha fatti lui.
Intervista di Marco Colombo