28 dicembre 2010
Le cattive abitudini dei Massimo Volume, rock in presa diretta sul tempo
20 dicembre 2010
Sanremo 2011 - Ecco i 14 "big" scelti da Morandi &co.
Franco Battiato cercherà di far volare il concittadino Luca Madonia con ("L'alieno"). Non sentivamo affatto la mancanza invece di band come i La Crus che tornaranno dopo lo scioglimento di qualche tempo fa con "Io confesso", così come di Luca Barbarossa che insieme a Raquel Del Rosario, la ex moglie di Alonso, proporrà il brano "Fino in fondo".
Raschando ancora il barile troviamo Tricarico con "3 colori" e la rediviva Anna Oxa con "La mia anima d'uomo"in cerca di vaste platee.
Seguendo il filone dialettal/padano ecco Davide Van De Sfroos con "Yanez" che soppianta il consueto rappresentante della musica napoletana di solito presente ad ogni edizione. Diamo una chances a Max Pezzali ("Il mio secondo tempo") e speriamo che non tradisca le attese un altro dei big attesissimi, Roberto Vecchioni ("Chiamami ancora amore").
La kermesse canora nella città dei fiori si svolgerà dal 15 al 19 febbraio 2011, e sarà condotta da Gianni Morandi insieme a Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis e Luca e Paolo. Ancora sconosciuti i nomi dei super-ospiti. Tra gli esclusi i Subsonica, il cui nome era dato per certo fino a un paio di giorni fa... r.co.
19 dicembre 2010
'Ascolti emergenti' di dicembre, terza parte
Ho ascoltato con interesse questo EP dei Lenula, band che nasce a Villa Castelli (Brindisi) e che inizia la sua attività nell’ottobre del 2007 partecipando a numerosi concerti in locali e manifestazioni pugliesi.
I loro autori di riferimento, talvolta ancora presenti nei loro concerti con originali omaggi, sono stati Paolo Conte, Tom Waits, Fred Buscaglione, The Doors, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, e queste influenze direi che si sentono in tutto il lavoro. Mischiano così del blues e dello swing ad un rock più cupo grazie anche alla voce calda del cantante. Lenula è un fiore selvatico e selvatico definirei anche questo trio. Marco Colombo
Lilith - Note a margine ***
Dopo 10 anni di attività e a ben quattro anni dal pecedente album Una diversa abilità, tornano i Lilith con Note a margine, registrato da Manuel Volpe al Red House Recording di Senigallia.
Questo album mi è piaciuto poichè spazia da sonorità rock a suoni decisamente più melodici e pop, con testi anche molto originali ed intensi. Anche la scrittura cantautorale è davvero originale e mi ha ricordato qualcosa del migliore cantautorato. Tra le mie preferite Città visibili, molto romantica parlando di città come Milano; La prossima generazione, bellissima con quel ritornello “La bellezza non si crea ma si distrugge/ più di un bene è un lascito” , dove la voce di Emanuele Principi raggiunge note alte e intense: Nido curiosamente mi ha ricordato gli Interpol; M-theory molto ritmata e incalzante. Un altro brano La notte che... comincia in sordina e poi sfocia in un ritornello davvero intenso con chitarre presenti ed un testo romaticissimo; la mia preferita As-Sumut vede l’incedere sapiente delle chitarre e la voce che sa davvero emozionare.
Davvero un gran bel disco, vario e originale, ben suonato. Marco Colombo
Juta - Running through hoops *****
Delicatissime impronte lasciate sulla neve e subito ricoperte da candidi fiocchi. Paesaggi sterminati dove il brugo è sferzato dal vento, poi all'improvviso ecco un bosco, con un rapace che maestoso e silente vola tra le conifere ai piedi di una montagna. Queste immagini descrivono a meraviglia il disco di esordio di Juta, Running through hoops.
Il disco, inciso in Canada da Howard Bilerman, già batterista degli Arcade Fire e musicista e collaboratore per Thee Silver Mount Zion, Basia Bulat, Gospeed You! Black Emperor e Vic Chesnutt, ha suscitato paragoni ai lavori di Cat Power, Mazzy Star e Beth Gibbons dalla stampa tedesca e belga. Dietro a questo progetto italo-canadese troviamo Pietro Canali (già al piano wurlitzer con Moltheni), Barbara Adly, Ettore Formicone, Dario Mazzucco e Pierluigi Aielli. I punti di forza di questo lavoro sono lo splendido fraseggio tra la delicatezza vocale di Barbara e i morbidissimi tappeti sonori disegnati dalla musica: un dialogo continuo che chiama in causa anche l'ambiente come componente aggiuntivo della band. L'immaginazione vola in territori sconfinati e selvaggi, come in Marigold o nella suggestiva Neon lights.
Il folk si mescola ad una dolcezza dei suoni e del cantato in inglese, rimanda per certi versi ad una dimensione onirica. Un sogno che vorremmo non finisse (come Spoon river) mai e che al suo epilogo ci fa risvegliare ristorati. Un esordio folgorante che piacerà a molti, dai fan dei Sigur Ròs o di Bjork a quanti desiderano una splendida colonna sonora per fare l'amore. Roberto Conti
I Loschi - Se ti va ***
Bello, solare e molto beat questo ep della band novarese I Loschi. Sembra di tornare indietro alle sonorità degli anni in cui i Fab Four spopolavano in tutto il mondo. Il mio pezzo preferito è Se ti va, che dà anche il titolo all’ep, con quel ritornello che ti entra subito in testa.
Jerry Mantovani e Andrea Quaglia arrivando da una band di tributo ai Beatles hanno imparato bene al meglio le sonorità tipiche del quartetto britannico. Il primo brano mi ha fatto venire in mente i primi Fab Four così come anche E non mi dire che. I testi semplici e diretti richiamano proprio quei fantastici anni '60: il tema dell’amore la fa naturalmente da padrone.
Anche chitarristicamente parlando, questo lavoro è suonato e prodotto con molta cura, non ci resta che attendere magari un intero album de I Loschi per sognare ancora che sia tornato anche in Italia quel beat che ha fatto ballare i nostri genitori! Marco Colombo
My own rush - Sogno italiano ***
Dopo più di un assaggio delle loro potenzialità musicali, i Mor arrivano finalmente al primo album propriamente detto, Sogno italiano. Si tratta di un disco composito, dove la band novarese si toglie più di una soddisfazione dicendo la propria su tanti temi come la precarietà sociale, il lavoro, i privilegi dei parlamentari, l'arrivismo delle cosiddette groupies...
Si tratta di un album sfaccettato e fin troppo ricco, in cui si colgono varie anime ed un genere che è tutto tranne che univoco. La prima parte del disco, più "impegnata" tuttavia, è abbastanza pesante e un po' noiosa: l'intro Ho provato guardarmi dentro ma ho preferito restarne fuori è evitabile. La seconda traccia Sogno italiano, che dà il titolo al disco, ha arrangiamenti di chitarra poco originali e dal sapore impropriamente hard rock, stessa cosa per Figlio del mio tempo dove anche la parte vocale poteva essere migliore. Evitabilissime le frasi campionate, anche di personaggi noti (da Sgarbi al commendator "Zampetti") presenti qua e là in tutto il disco. Dopo le note dolenti passiamo ai pregi: tutto il disco è pervaso da un velo ironico che dà merito alla band di non prendersi troppo sul serio e di suonare per il piacere di farlo, con la giusta consapevolezza, e non tanto per intercettare un dato target di pubblico.
La seconda parte dell'album, più punk e scanzonata, si lascia decisamente preferire, con una sequenza Una vita da onorevole/Canto per dispetto/Dad is calling out con un tiro davvero invidiabile. Credo che sia questa la direzione in cui la band riesce ad esprimere al meglio le proprie potenzialità, con sonorità più godibili e ballabili. Interessante anche Milano di notte e Dolce Polly, meno Sixteen (Miss Backstage) dove si potevano trovare altre parole per raccontare la storia di tante ragazzine smaniose di ingurgitare peni di musicisti. Roberto Conti
16 dicembre 2010
Il doppio ritorno dei Verdena: ecco il tour di "Wow" e un'anticipazione musicale
Atteso nei negozi per il prossimo 18 gennaio Wow (Universal) segna a tre anni di distanza dall'ultimo disco, Requiem, il ritorno dei Verdena: tre anni trascorsi in sala di registrazione, ai piedi del monte Misma, nelle montagne bergamasche, nel loro Henhouse Studio. L'attesa dei fan è cresciuta molto in questi ultimi mesi ed ora viene "lenita" da un'anteprima, la canzone Razzi, arpia, inferno e fiamme (sotto il videoclip lanciato ieri su Youtube) che anticipa il contenuto del doppio disco, che sarà composto da ben 27 tracce. Il tour partirà il 26 gennaio 2011, queste le date confermate da DNA Concerti. r.co.
SHOW CASE
14/01 Live @ Patchanka, Milano
18/01 Fnac Milano
19/01 Fnac Genova
21/01 Fnac Torino
CONCERTI
26/01 - Roma Circolo degli Artisti
27/01 – Roma - Circolo degli Artisti
28/01 – Pescara - PalaElettra2
29/01 – Marghera (Ve) - Rivolta
04/02 - Rimini - Velvet
05/02 - Bari - Demodè
11/02 - Cortemaggiore (PC) - Fillmore
12/02 – Livorno - The Cage Theatre
18/02 - Reggio Emilia - Tunnel
19/02 – Milano - Alcatraz
25/02 – Bologna - Locomotiv
26/02 - Wohlen (CH) Wohlen AG
04/03 – Torino - Hiroshima
05/03 – Ravenna - Bronson
12/03 – Brescia - Latte+
18/03 - Firenze - Viper
19/03 - Perugia - Urban
06/05 – Palermo - I Candelai
07/05 - Catania - Mercati Generali
7 dicembre 2010
Gaga decapita una Barbie a morsi in stile Ozzy Osbourne, successo a Milano per l'icona pop
Fare un elenco delle canzoni sarebbe scontato (ed inutile ai fini di una recensione di Lady Gaga, ndr), state passate in rassegna un po’ tutte le tracce di The fame monster, ma quello che ha reso lo show veramente unico è stato l’averne fatto non una semplice rappresentazione di canzoni, ma uno spettacolo simile ad un’opera teatrale dei tempi più moderni e irriverenti.
Il tutto viene diviso in quattro atti: la città, la metropolitana, la foresta e il mostro, ovviamente distinguibili dai cambi d’abito, di scenografia e di immagini sugli schermi. Alcune veramente forti, molto in stile Gaga, non a caso curati dalla Haus of Gaga, come l’interlude fra il primo e il secondo atto: il più trash ma anche il più bello, in cui Millie Brown vomita liquido verde su miss Gaga, che poi addenta un cuore di bue. Molto fetish ma con un suo perché.
Gaga parlato molto di sé, della sua infanzia, dell’emarginazione a scuola e del significato del "Monster ball" come quel luogo dove tutti possiamo essere liberi, possiamo essere ciò che vogliamo, dove non importano i soldi che si hanno in tasca, da dove si venga o il proprio orientamento sessuale.
Nel momento in cui una fan – una di quelle un po’ matte che piangono dall’inizio alla fine senza motivo – le lancia una Barbie a sua immagine e somiglianza sul palco, Gaga si affretta a recuperarla. Inizialmente la star è un po’ incerta sul da farsi, finchè non decide di mettersi la bambola in bocca (avrebbe potuto scegliere anche altri orifizi, ndr) cercando di mangiarla, non mancando di sottolineare come le Barbie rappresentino ciò che lei odia di sé stessa. Comunque, ha fatto notare, aveva delle belle scarpe!
Non sono ovviamente mancate le urla "patriottiche", quando ha spiaccicato qualche parola in italiano, richiamando le origini parlemitane del nonno Giuseppe e della nonna Angelina, a cui ha dedicato il momento migliore del concerto che esprimeva il top della sua voce, quando si è accompagnata con un pianoforte… in fiamme. E' da ricordare anche, in tema di italianità, la stretta parentela di Germanotta con Cristiano Malgioglio.
Insomma, si potrebbe andare avanti all’infinito a raccontare gli aneddoti, il look by Armani (potremmo dire in alcuni momenti un po’ in stile Rettore in epoca Brivido divino), le caricature e le esagerazioni di quest’artista, però credo che rappresentino in grande quello che tutti noi, piccoli mostri o no, siamo. Da segnalare, in conclusione, la sconvolgente e inaspettata la bravura vocale di Gaga: ha dimostrato di essere una cantante e una musicista vera.
E in ultimo, non possiamo dimenticarci di coloro che sono stati un po’ i “fluffers” del concerto, i Semi-precious weapons che hanno aperto il live cercando di "corrompere" il pubblico pronunciando il nome dell’unica vera signora della serata anche un po’ a caso. Francesca Ronzio
6 dicembre 2010
Il ruggito di Carmen tra le ninna nanne. Un bilancio del post reality con il soprano novarese
Non mi aspettavo di fare un disco, quando ho fatto il programma volevo semplicemente trovare un lavoro nell’ambito del canto lirico. L’idea del disco è venuta alla Capitol/Sony, l’etichetta che lo ha prodotto, che probabilmente ha voluto sfruttare il traino del programma. Lo abbiamo realizzato in una settimana, a Bologna, nello studio di Celso Valli, uno dei più importanti produttori italiani. Ha arrangiato per me alcune famose arie d'opera e popolarissimi brani classici. Con Celso Valli e il suo staff ho lavorato bene e mi sono sentita a casa, non ho avuto alcun timore in sala di registrazione, solo un momento di commozione particolare cantando l'Adagio di Albinoni, perché in quell'attimo ho pensato di dedicarlo a mia nonna che non è più vicina a me.
Tra le arie contenute nell'album, ci sono anche ''Casta Diva'' dalla 'Norma' di Bellini, ''Vissi d'arte'' da 'Tosca' di Puccini, ''Habanera'' da 'Carmen' di Bizet, ''O mio babbino caro'' da 'Gianni Schicchi' di Puccini, e popolarissimi brani classici come ''Adagio in Sol minore'' di Albinoni, ''Ave Maria'' di Schubert e ''Concerto di Aranjuez'' di Rodrigo. Il disco però non ha dato i risultati sperati, vuoi per l’uscita a ridosso del periodo estivo, vuoi per la promozione che è stata deludente. L’album inoltre non è completamente lirico, una scelta che non ha fatto breccia nell’attento e critico pubblico di settore. Il disco in più di un’occasione include suoni pop lontani dalla tradizione d’orchestra, anche se il punto di partenza sono le arie liriche più note. Una commistione di intenti, con qualche compromesso. Il successo discografico, per ora, rimane solo un sogno, anche perché il disco non è stato proposto all’estero, là dove l’attenzione ad un progetto come il mio poteva essere maggiore.
Hai mantenuto un rapporto con la tv e contatti con i tuoi “scopritori” artistici (Rudy Zerbi della Sony Italia già volto noto di ‘Amici’, Gerry Scotti e Maria De Filippi, furono i giudici che nel talent trasmesso da Canale 5 puntarono su Carmen)?
Purtroppo no. Maria e Gerry ho potuto conoscerli per pochi minuti solo a margine delle puntate del programma. Con Rudy, invece, ho avuto modo di lavorare per la realizzazione del disco: è una persona di grande umanità a cui devo molto. Mi spiace non poter ringraziare personalmente Gerry e Maria per l’opportunità che mi hanno dato, ma purtroppo, paradossalmente, nonostante sia in qualche modo stata “creata” dalla tv, non so come contattarli, né come fargli avere il mio ringraziamento. L’esperienza televisiva è stata comunque positiva, mi sono confrontata con tante persone di talento, desiderose di mettersi alla prova e di partecipare più che di vincere. Anche i conduttori Geppi Cucciari e Simone Annichiarico ci sono stati vicini, lui in particolar modo ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio, lei seppur più distante e formale è veramente una persona dall’umorismo straordinario.
In tv sei riuscita a far piangere Gerry Scotti, erano lacrime solo di facciata?
Anche lui ha fatto piangere me! Ero riuscita a trattenere l’emozione, poi quando l’ho visto piangere sono crollata. Essere arrivata al suo cuore è un gran traguardo. Perché cantare significa comunicare le proprie emozioni… vorrei essere riuscita a comunicare qualcosa con la musica, al di là della mia storia personale.
Ti paragonano spesso a Susan Boyle, cosa pensi in proposito?
Non mi piace molto come paragone, anche perché lei ha una bella voce ma non ha studiato. Io è da diciassette anni che studio canto lirico, con il maestro Vittorio Rosetto a Vercelli. Susan Boyle però ha venduto più di 400 mila copie di dischi solo nella prima settimana con il suo “I Dreamed a Dream”, per questo la invidio molto. Io non sono riuscita nemmeno a far sapere ai fan che mi hanno votata al televoto che ho fatto un disco. Senza promozione, senza un agente e con una serie di vincoli discografici imposti dall’etichetta le difficoltà sono davvero tante. Nonostante questo su Facebook i fan mi scrivono numerosi e anche il semplice passaparola qualcosa fa muovere, anche se con grande lentezza.
Riesci a cantare maggiormente nei teatri?
Qualcosa si sta muovendo, ma molto poco. Ripeto, senza un agente o senza un supporto a livello di contatti le difficoltà sono numerose: molti non mi chiamano perché pensano che abbia un cachet elevato, ma io sono molto disponibile, la mia aspirazione principale è il teatro, ma non nego che mi sono state proposte serate nei locali, soprattutto al sud, dove il pubblico mi ha accolto con favore. Non mi interessa il grande evento se poi resta isolato, preferisco riuscire a lavorare con continuità, in una dimensione che mi realizzi a livello artistico e personale, anche se più distante dalle luci della ribalta.
E a livello locale, come sei stata accolta dopo il reality?
A dire il vero non è cambiato nulla. Qui a Granozzo il sindaco mi ha consegnato una targa, io avrei forse preferito fare sentire qualche canzone ai miei concittadini, che sono e restano piuttosto freddi. Non parliamo di Novara, dove ho vissuto per vent’anni, nessuno nemmeno lì sembra essersi accorto di nulla, eppure credo che una persona che in qualche modo è riuscita a mettersi in luce potesse rappresentare un vanto ed una occasione di promozione per la città, più che per me in prima persona. A Novara gli spazi per la cultura vengono, a mio modo di vedere, mal sfruttati: sono pochi e non hanno programmazioni lungimiranti.
Quando e come hai cominciato a cantare?
Ho sempre cantato. Cantavo la domenica in chiesa, da piccolina. Poi ho cominciato a entrare in una corale polifonica e in varie altre corali, facendo di tanto in tanto delle piccole comparse a teatro, ma sempre tutto a livello amatoriale. Dopodiché sono entrata in conservatorio, ma con uno strumento: volevo imparare a suonare la chitarra, ma non c’era posto e così ho cominciato con l’arpa. Dopo due anni però sono passata al canto.
Ho fatto parte inizialmente come corista e poi in qualità di solista della corale polifonica “Libera musica”, nel 1991 sono entrata nella corale di Trecate “San Gregorio Magno”, sotto la direzione del maestro Mauro Trombetta, poi nel 1995 nel coro dell’istituto musicale Brera di Novara dove sono restata per tre anni, infine all'Amadeus Kammerchor di Trecate, diretto dal maestro Gianmario Cavallaro.
Come mai pensi di aver faticato così tanto ad avere successo nell’ambito del teatro lirico?
Per motivi fisici, perché da quando la lirica è arrivata in tv non si guarda più solo alla voce, ma anche all’aspetto fisico. Ora qualcosa si sta muovendo, di recente ho fatto un’audizione a Torre del Lago, dove mi hanno inviato il bando della loro prestigiosa accademia. Sto mettendo da parte anche i soldi per alcuni provini in America, lì ci sono delle agenzie liriche importanti, mi piacerebbe mettermi alla prova in un contesto estero.
Cosa ti è rimasto di tutti i sacrifici che hai dovuto affrontare per studiare canto?
I sacrifici hanno aiutato, perché innanzitutto ti insegnano a non arrenderti e in secondo luogo a stare con i piedi per terra.
In più di un’intervista hai dichiarato di voler acquistare, con i soldi del disco, un camper per spostarti insieme ai tuoi gatti, ci sei riuscita?
Diciamo che il titolo del cd, al momento, sta avendo un auspicio negativo: non è affatto facile vivere d’arte. Il camper non l’ho acquistato, per il momento.
Svelaci qualche segreto di Carmen nel privato, hai qualche hobby o qualche attitudine particolare?
Sono una ragazza normalissima. Accanto alla passione per la musica, c’è quella per gli animali: i miei gatti Lady Macbeth e Newt; la mia famiglia; poi da qualche tempo mi sono avvicinata ai balli rinascimentali e con le spade, faccio parte della Compagnia della Vergine che propone rievocazioni storiche di questo tipo. Se posso non mi tiro indietro per la beneficenza e il volontariato: a gennaio stiamo organizzando un concerto a Trecate a favore dei ragazzi down, qualche giorno fa ho cantato a Piacenza in un contesto sempre benefico, sono stata davvero lieta di farlo. Una curiosità che vi rivelo “in esclusiva” è farvi salire sulla mia automobile: io la chiamo “peluches mobile”… è piena di pupazzetti, dai quali non mi voglio assolutamente separare, nonostante i miei se ne vergognino e mi implorino di toglierli.
(pubblicata anche sul Corriere di Novara del 4/12/2010)
5 dicembre 2010
'Ascolti emergenti' di dicembre (seconda parte)
Scopri cosa c’ è di male è l’esordio dei Noesia band dell’undergroung torinese.
Prodotto da Nino Azzarà (Mambassa, Petrol) si presenta fin da subito come un album originale e creativo scritto dal cantante chitarrista Stefano Ferrari. L’album poi mischia un’attitudine rock come nei brani Trasformi in me e Fiele a momenti più pop come il singolo Cenere. Curiosa la presenza in Verlaine del Fender Rhodes di Marco Notari. Il mio pezzo preferito è Colore, decisamente ipnotico. Marco Colombo
Andrea Sigona torna con un album sentito a un anno di distanza dal precedente Passaggi, che racchiude tutta l’esperienza maturata in 15 anni di carriera. Il genere cantautorale, che oscilla dal folk rock al blues, si mantiene solido e non prevede alcuna innovazione stilistica. Le canzoni sono piacevoli e sempre molto orecchiabili, ma non si discostano da arrangiamenti a cui il nostro orecchio è senza dubbio abituato. I testi in italiano vogliono narrare spaccati di società e storia e lo fanno in modo diretto e semplice. Talvolta risultano però ingombranti, poichè proposti da una voce sempre in primo piano, che può togliere spazio alla parte strumentale ed è un peccato perchè quest’ultima è ben suonata. Santi e deliquenti è quindi un disco appassionato e personale, che forse non risulterà precursore di nulla, ma che conferma lo stile già consolidato del cantautore. I fan di Andrea Sigona non rimarranno certo delusi. Un album che vorremmo definire con le stesse parlole dell’ autore: “Voglio vederlo in faccia questo mondo. Scambiare quatto chiacchiere per le piazze. Bere qualcosa insieme a voi che siete la bellezza e raccontarci le storie… le ultime. Voglio vederlo in faccia questo pianeta e specchiarmi con il riflesso dei vostri sorrisi. Questa grande palla che ci guarda dal cielo coi suoi scazzi quotidiani ma ancora in piedi... Voglio ancora stupirmi degli occhi della gente tutto sommato ancora buoni e generosi capaci ancora di regalare un sorriso e parlare di pace”. m.co.
Il male è un concept Album mixato e registrato da Fabrizio Chiapello al Transeuropa di Torino. E' un ritorno sofferto alle nostre origini più dure e sincere. Gli Albedo danno voce ad un popolo sommerso che non cavalca il rancore e la rabbia, ma che, fondamentalmente, riesce ormai a riconoscere ed esorcizzare il male che lo affligge: incontri fugaci nelle metropoli, una tv brutta e brutale, rapporti che cadono a pezzi, fricchettoni molesti, assassini con manie di protagonismo. Anche se non vogliamo, il male è comunque parte delle nostre vite. Se qualcuno vuole identificare questo album con un genere, altro non è che puro e concreto rock: riconoscere il fallimento del sistema cercando un'alternativa personale partendo dalle piccole cose... forse quelle dimenticate o ingurgitate da una società che ha paura di vedere i propri mali. g.oc.
Lo avevamo già recensito noi di Asap, Michele Nucciotti che ora si ripresenta con questo ep, dove reinterpreta suoi pezzi già pubblicati con solo un nuovo inedito, Viaggio nello spazio.
Che dire: anche l’ altra volta ci era piaciuto molto, sospeso tra pop ed elettronica e con una voce davvero molto particolare e che mette molta malinconia.
Anche i testi sono decisamente poetici, con richiami al sentimento della lontanza e della sofferenza. I vecchi pezzi sono stati reinterpretati in maniera originale e hanno così acquisito una nuova veste. Confermiamo le tre *. m.co.
1 dicembre 2010
'Ascolti emergenti' di dicembre
I Khorakhanè sono una band folk-rock che presenta questo album dal titolo L'esploratore. Esplorano davvero i quattro musici che hanno nel loro curriculum una serie di premi importanti tra cui spiccano tanto per citarne alcuni, il secondo premio della critica, nella sezione Giovani, al 57° Festival di Sanremo o il premio MEI come miglior gruppo Indie pop nel 2007. Effettivamente i brani sono molto creativi e mischiano appunto sonorità tipicamente folk al pop e al rock. I testi non sono mai banali ma sempre impegnati sul fronte delle tematiche sociali. Mi sono piaciute in particolare la title track L’esploratore e Non ho scordato. Marco Colombo
Ruben - Il rogo della vespa ***Uscirà il prossimo 21 gennaio nei negozi su etichetta Vrec il nuovo album del cantautore veronese Ruben intitolato Il Rogo della vespa. L’album è già in anteprima su iTunes. Scritto, interpretato e prodotto dallo stesso Ruben, Il rogo della vespa ha coinvolto numerosi artisti a cominciare dal violinista Michele Gazich (già con Massimo Bubola), Pippo Guarnera all'hammond, Carmelo Leotta al basso e Carlo Poddighe alle chitarre; Veronica Marchi, Francesca Dragoni dei Petramante, Laura Facci e John Mario duettano rispettivamente nei brani Controluce, Schiuma, Scirocco e Letto. Il disco è stato stampato in tiratura limitata con un particolare meccanismo di quadricromia con sfumature dorate. Un modo originale di festeggiare il decimo anniversario di carriera di Ruben. In questo periodo l’artista veronese ha avuto modo di realizzare 4 album. Nel contempo ha prodotto i progetti “Verona Aid” (2005) e “Misciumeret: parole e musiche per ricordare la Shoah” (2009). g.oc.
Suite Solaire - L'equilibrista ***
I Suite Solaire sono una band Novarese che ho avuto il piacere di ascoltare come gruppo open dei Tre Allegri Ragazzi Morti a Bellinzago. Sul palco a galvanizzare la platea c’è un front man molto interessante, Paolo Baragioli, voce e flauto del gruppo che non si sottrae ad essere molto comunicativo. Bravi anche Francesco Pasqua alla chitarra, Salvatore Matrone al basso ed un giovanissimo Riccardo Panigati alla batteria "Tamburo" con una personalità da Rocker scafato.
L’ep si apre con L’equlibrista pezzo con un bel tiro quasi dance, con un testo che parla appunto di come a volte ci si sente a camminare sulla corda sospesi in bilico; il secondo pezzo Un bisogno di realtà si apre con sottofondo le parole di Martin Luther King e poi il flauto di Paolo. Qui passiamo invece ad un pop rock con un testo impegnato; poi la mia canzone preferita: Nella pausa di un momento, pezzo davvero che ti rimane in testa, che "spaccherebbe" in radio.
Infine un pezzo pop dal testo molto piacevole: La zanzara che paragona le nostre risaie al mare.
Davvero interessante questo ep. Un plauso al bassista, Salvatore Matrone, autore sia dei testi che della musica. Marco Colombo
Violassenzio - Andrà tutto bene **/
La band ferrarese Violassenzio è formata da Fabio Cipollini (chiatarra e voce), Luca Bonato (basso e voce), Enrico Cipollini (chiatarra, pianoforte e synth) e Luca Lanzoni (batteria).
Presentano l’album Andrà tutto bene, strutturalmente rock, ma con qualche puntatina come si legge dalla bio anche nella psichedelia, con suoni sempre abbastanza distorti e buoni arrangiamenti.
Anche i testi spaziano dalle tematiche del singolo individuo fino a temi più collettivi. A me in particolare sono piaciuti i brani La Luna è un inganno, fischia il mondo e Jimmy è qui. Tuttavia l'album, nel suo complesso, non mi ha convinto pienamente poichè spazia tra troppi generi senza troppa convinzione. Marco Colombo
10 novembre 2010
Le luci della centrale elettrica - Per ora noi la chiameremo felicità
Per non bissare Canzoni da spiaggia deturpata sarebbe stato opportuno lavorare per sottrazione, abbinando alle collaudate doti di scrittura di Vasco Brondi momenti musicali che le valorizzassero ancora di più, magari con episodi di ipnosi sonora a mio avviso azzeccatissimi.
Non è che nel ripetersi ci sia poi qualcosa di così negativo, ma l'attesa che circondava questo disco ci consente di parlare di un mezzo flop. Per fare un accostamento letterario, con le debite proporzioni, è come se Paolo Giordano scrivesse un sequel di "La solitudine dei numeri primi" fotocopia del suo best seller d'esordio: la critica se lo mangerebbe...
Roberto Conti
2 novembre 2010
'Ascolti emergenti' di novembre, prima parte
I testi sono abbastanza impegnati con un occhio di riguardo ai rapporti umani. Tra i pezzi che mi sono piaciuti di più Sam molto dura con delle belle chitarre che poi sfociano in un'apertura sul ritornello e poi Load stile Porcupine Tree. Raw mi ha invece ricordato nella chitarra acustica addirittura gli italiani Marta sui Tubi nel brano Vecchi difetti. Due stelle bastano perchè si tratta di "cose" già sentite. Marco Colombo
Alessandro Carbonetti, un pazzo o un genio? Decidetelo voi....
Sul suo myspace la biografia riporta poche informazioni: “Alessandro Carbonetti nasce a Roma nell'estate torrida del 1986. Nell'estate torrida del 2009 registra questo disco. D'estate sono sempre di buon umore”. Nelle influenze leggiamo: “E sulle stuoie, tra salsedine e pastoie/Tra la disco e le sue noie/Il pelo e le sue figlie/Sarò un Cristo mediatico/Che plana sulle spiagge”.
Carbonetti, romano, classe 1986, inzia a scrivere prima dei venti anni. Un suo brano viene selezionato nella rassegna “Un punto per i sogni” e stampato in un cd patrocinato dal Comune di Roma. Decide di raccogliere in questo disco autoprodotto le canzoni che più lo hanno rappresentato in questo periodo di scrittura. Il risultato è La tregua della piramide, un disco composito, molto variegato, che ha la pretesa di accompagnare l’ascoltatore in un percorso musicale e umano. Davvero una bella pretesa: personalmente ho deciso di "amare" questo disco perchè difficilmente si trovano artisti di una tale originalità.
Passiamo da brani molto intimi come Le Isole ed Evapora stile Luci della Centrale Elettrica a pezzi dall’originalità incredibile come Giuseppe e Maria, dissacrante e attuale. A voi l'ascolto del testo. Un bel 4 stelle da parte mia. Marco Colombo
A oltre quattro anni dal precedente “Falene”, disco considerato all’unanimità dalla critica uno dei migliori dischi degli ultimi anni in Italia, Onorato propone dieci nuovi brani evocativi in questo nuovo sangue bianco (titolo rigorosamente in minuscolo così come il suo nome scritto con la "g" minuscola e la "c" maiuscola) tra cui i singoli "Sasha" e "L'illusione di Salvezza" oltre a diversi adattamenti poetici estratti dalle liriche di Anna Lamberti-Bocconi ("Il Carnevale dei Morti"), Else Lascker-Schuler ("Else Lied") e Paola De Benedictis ("Io Ti Battezzo").
Registrato in cinque studi diversi tra Piemonte, Veneto e Lombardia, sangue bianco vede la partecipazione di oltre 25 musicisti sotto la direzione artistica dello stesso Onorato. g.oc.
Giovanni Santese, in arte Non Giovanni è un cantautore bolognese di cui ascoltiamo questo Ep intitolato “Walking”, umile e originale lavoro composto da da quattro pezzi che mischiano un pop cantautorale più classico con qualche variazione di elettronica “povera”, attraverso un multieffetto per la voce, e con l'accompagnamento della sola chitarra. Il disco si apre con “L’Orlando Innamorato” alla De Gregori che Non Giovanni nel booklet definisce canzone ingenura ed allegara, poi “Non sarà mica la fine del mondo”, “Giornata Strana” e la title track anche essi brani semplici, cantati con una vocalità pulita. Per Walking l’autore spiega che rappresenta un piccolo manifesto, un ritorno alla natura. Ho apprezzato questo lavoro essenziale proprio per la sua veste spoglia. A volte l’essenziale è più importante di tutto quello che ci sta intorno. Marco Colombo
Ristampato il disco d'esordio dei Baustelle "Sussidiario illustrato della giovinezza"
Ecco una dichiarazione di Bianconi: "Se ascolto Sussidiario oggi trovo tante piccole imperfezioni, ma mi rendo anche conto che facemmo davvero un buon lavoro. Merito del produttore Amerigo Verardi, che seppe trarre il meglio da noi, e valorizzò canzoni, suono e arrangiamenti. Merito di Roberto Trinci, Paolo Corsi e Paolo Bedini, figure importanti, che scommisero su questa stramba banda di provinciali: senza il loro fegato il disco non sarebbe mai stato fatto. Merito di Francesco, Fabrizio, Claudio, Rachele, Mirko e Michele. Che riuscirono a mettere d´accordo, in una raccolta di canzoni, quello che all´epoca pareva impossibile coniugare: "La Voce del Padrone" di Battiato (ascoltata da piccoli sul mangianastri) con David Bowie, i Beach Boys con "Je t´aime moi non plus", il Korg Ms20 con Mina e Alberto Lupo. Sarà pure un album che oggi faccio fatica ad ascoltare, ma devo ammettere che un disco così, nel rock italiano prima di allora, ragazzi, forse non c´era mai stato". g.oc.
1 novembre 2010
Pop italiano: le mosse prenatalizie di Negramaro, Malyka e Paola&Chiara
I Negramaro tornano in radio con Sing-hiozzo, il primo singolo estratto dal nuovo album Casa 69. Disponibile anche in download su iTunes, il singolo in radio precede l`uscita del nuovo progetto prevista per il 16 novembre su etichetta Sugar, a tre anni di distanza dall’ultimo album di inediti. Un ritorno con un brano dal sapore puramente rock che offre la cifra dell’ispirazione e delle atmosfere che animano l’album registrato in Canada negli storici studi Metalworks di Toronto con David Bottrill (già collaboratore, tra gli altri, di Placebo, Muse, Tool, David Bowie e David Sylvian). «Ho un vuoto d’aria nella gola/ e non riesco a di...e non riesco a dire/ se quel che manca è la parola ormai, aiutami a capi... aiutami a capire/ è un singhiozzo di pensieri che non mi fa parla...che non mi fa parlare» recita il brano in cui chitarre elettriche e pianoforte si incrociano con la voce di Giuliano Sangiorgi, autore della musica e del testo del brano, in cui il singhiozzo, che strozza le parole e non permette di comunicare, è il linguaggio dell’individualismo e del cinismo dei giorni nostri. g.oc.
Per la prima volta in assoluto la copertina di un cd italiano sarà in 3D (così recita il comunicato stampa anche se a me risulta che già i Verdena con Solo un grande sasso abbiano tentato l'esperimento, senza occhialini allegati però): si tratta del nuovo disco di inediti di Paola&Chiara, in uscita il 9 novembre in tutti i negozi di dischi. Milleluci si prepara a diventare un album unico in quanto risulta essere il primo progetto italiano contraddistinto da una copertina con un’immagine in 3D. Il disco, al quale sono allegati anche gli appositi occhialini, uscirà in versione limitata e numerata.Anticipato dai singoli Pioggia d’estate (ai vertici delle classifiche di iTunes per tutta l’estate) e Milleluci (che ha esordito direttamente al numero 1 della classifica di iTunes, attualmente in rotazione radiofonica), il nuovo progetto di Paola e Chiara è un disco dal sapore pop rock, ricco di suoni e atmosfere che rimandano al sound britannico.Influenzato anche da ritmi R&B e hip/hop, l’album si compone di 9 tracce. Da novembre le due sorelle Iezzi saranno impegnate in un instore tour, che le porterà in giro per tutta l’Italia. g.oc.
L’amore ai tempi del download confonde le voci di Malyka Ayane e Cesare Cremonini, felice coppia nella vita e ora (provvisoriamente) pure nell’arte, grazie a due duetti in Grovigli, il doppio album-dvd con il quale la ventiseienne italo-marocchina dalla voce di velluto debutta (prematuramente) nel mondo delle antologie, sbarcando anche in tour sul mercato europeo. Era dai tempi lontani di Albano&Romina che una coppia vera non si fondeva in canzone e vale la pena almeno di sottolineare che i nostri due attuali sono Yin e Yang in campo artistico: tanto lei da sola è essenziale, appoggiata sulla notevole capacità espressiva, quanto lui carica invece sulle sovrapposizioni sonore, travolgendo Malika in Hello!. Nella riedizione di Grovigli c'è anche Il giorno in più di Pacifico. g.oc.
27 ottobre 2010
I Ministri come Antonella Clerici, parola di commessa
Altri pezzi risultano più interlocutori: Una questione politica, ad esempio, dovrebbe continuare il "discorso" incominciato con Tempi bui, ma il messaggio si tronca e rimane sospeso in una serie di slogan inconcludenti, anche musicalmente si è tentato di ricreare atmosfere dilatate e psichedeliche (vedi certi Verdena), assolutamente senza successo.
Deliziosa invece l'ultima traccia Vorrei voderti soffrire, seguita da una ghost track splendida che avrebbe a pieno titolo meritato di essere inserita tra i brani "titolari" del disco.
Fuori si conferma un album interessante, dal gradimento immediato, anche se l'errore più eclatante potrebbe essere quello di sopravvalutarlo in partenza. Roberto Conti
26 ottobre 2010
Ecco i nuovi Tiromancino che sembrano tanto Max Gazzè...
Questa la track list
Mondo imperfetto
Se tutte le avventure
Esiste un posto
L'essenziale
La strada da prendere
L’inquietudine di esistere
Quanto ancora
Migrantes
Intervallo essenziale
Le mie notti
Vite di ordinaria follia
25 ottobre 2010
Torna Corona, la regina nera dei dancefloor
21 ottobre 2010
Manic Street Preachers al King George's Hall, Blackburn
Ora che i Manics sono giunti al decimo album, intitolato Postcards from a young man, ho colto l'occasione per assistere ad un loro concerto nel Regno Unito, dove stanno registrando il tutto esaurito in quasi ogni data. Sabato 9 ottobre ero quindi a Blackburn, prima fila nel teatro cittadino dove, neanche a dirlo, hanno fatto sold out.
Giovani in divisa da fan (giacche leopardate o mimetiche e boa di struzzo, eyeliner e brillantini che il bassista Nicky Wire usava quando ancora gli emo erano bimbetti con la candela al naso), ma anche persone di mezza età e una quantità incredibile di “bonkers”: un pubblico eterogeneo per una band che lo è altrettanto.
Ad aprire il concerto i British Sea Power, band originaria di Brighton che colpisce soprattutto per la grande energia: suoni martellanti e melodie ipnotiche scaldano un clima già rovente.
Poi ecco entrare James Dean Bradfield, Sean Moore e uno dei miei idoli assoluti di gioventù (e non soltanto) Nicky Wire, mentre la scenografia prevede manichini coperti da boa di struzzo e le immancabili bandiere con il drago rosso del Galles. La prima traccia è l'inno punk You love us, brano estratto dall'album di debutto dei Manics, quando in piena epoca new wave osarono sfidare il trend musicale con canzoni che parlavano di consumismo, politica e arte.
La voce in ottima forma di James domina una musica che spazia dal britpop delle più recenti Autumn Song e It’s Not War (Just The End Of Love) al punk scatenato delle intramontabili Stay Beautiful e Faster. L'energia di una band formata ormai da quarantenni è incredibile, da far vergognare molti sbarbatelli che pretendono di suonare punk oggigiorno.
Il gruppo è accompagnato dal tastierista e da un secondo chitarrista che viene però rigorosamente tenuto in disparte: dopo la misteriosa sparizione di Richey Edwards i Manics non hanno mai voluto rimpiazzarlo ufficialmente ma soltanto in alcune esibizioni live.
Uniche cover dello spettacolo sono Suicide is Painless, sigla di M*A*S*H che è stato anche un loro singolo nel 1992 e la prima strofa di Into the Valley degli Skids, che fa da intro ad uno degli inni dei Manics, Motown Junk. Ultimo pezzo in scaletta A Design for Life, brano epico che con un incipit marxista riassume il pensiero dei Manics “we don't talk about love / we only wanna get drunk”.
Giusto il tempo di ottenere il poster del tour al box office, incontrare i miei idoli facendomi firmare la copertina del nuovo album e parlare un pò con loro (sorry, nessuna data in Italia in previsione) e poi tornare in Italia... meno male che il Paese grigio dicono sia la Gran Bretagna.
Per i Manics fans: è attiva dal 2004 la loro community ufficiale italiana, la trovate su http://manics.forumfree.it/. Altre foto sono disponibili su http://www.debored.it/.
Diana Debord
20 ottobre 2010
Le luci della centrale elettrica, il nuovo disco e il rischio di non avere più nulla da dire
E pazienza se al di là dell'impatto comunicativo risulta difficile esprimere un giudizio sui singoli brani in quanto la sequenza scorre come una traccia unica senza elementi che demarchino il confine tra una canzone e l'altra.
Poi le cose sono cambiate... e per Vasco è arrivata una ribalta che lo ha portato ad abbandonare l'intimo live in compagnia di Giorgio Canali (a cui va peraltro ricordato il merito di aver plasmato il disco d'esordio) a favore di improbabili set con archi e discutibili reading. Parallelamente al disco usciva infatti in libreria "Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero" (d'apprima con una piccolissima casa editrice e successivamente per Baldini, Castoldi, Dalai) che ripropone i contenuti del blog del cantautore ferrarese.
Nel frattempo arrivava anche il Premio Tenco e la popolarità del "nostro" cresceva ancora, così come le aspettative per un eventuale secondo lavoro.
Ora da qualche giorno è stato ufficializzato che il nove novembre uscirà il nuovo disco Per ora noi la chiameremo felicità, anticipato dal singolo e videoclip Cara catastrofe, brano già proposto dal vivo in più occasioni che prosegue sul binario di Canzoni da spiaggia deturpata senza discostarsene di nemmeno un centimetro. Il video peraltro ammicca al pubblico teen e piacerà soprattutto a quelle ragazzine che vanno nei locali ad ammazzarsi di foto, come se esistessero solo attraverso la loro immagine.
Nel disco suonano, tra gli altri, Stefano Pilia dei Massimo Volume, Rodrigo D'Erasmo degli Afterhours ed Enrico Gabrielli già con i Calibro 35, Vinicio Capossela e Mike Patton.
Una sorta di collettivo che in alcune occasioni viene parzialmente ricomposto anche dal vivo.
"Oltre al video - annuncia Vasco Brondi - sul sito www.leluci.net ci sono i primi post di ‘una guerra lampo pop', un blog di avvicinamento al disco".
Dalle avvisaglie che arrivano, temo che questo lavoro possa rivelarsi deludente, i temi sembrano essere esattamente gli stessi, non colgo una significativa evoluzione sonora, nè di genere. Spero di sbagliarmi, perchè non c'è nulla di peggio di un disco che non abbia nulla da dire, fatto uscire prima di Natale giusto per fare un po' di cassa. Attenderò con ansia l'uscita nei negozi (ai media minori come il nostro non vengono nemmeno più inviati in anteprima i dischi, tanto ormai delle recensioni non frega niente a nessuno, meglio limitarsi al comunicato stampa o agli ascolti in anteprima su Xl o, se va male, su RockIt, il resto conta quasi zero).
“C’è una frase di Leo Ferrè che mi ha colpito, 'La disperazione è una forma superiore di critica, per ora noi la chiameremo felicità'. Ecco.. il titolo arriva da lì”. Spiega Vasco Brondi nella nota di presentazione del cd, e prosegue: “Le canzoni parlano di lavori neri, di licenziamenti di metalmeccanici, di cristi fosforescenti, di tramonti tra le antenne, di guerre fredde, di errori di fabbricazione, dei tuoi miracoli economici, di martedì magri e di lunedì difettosi, di amori e di respingerti in mare, insomma delle solite cose. C'è questa orchestra minima, di quattro persone in una stanza, di archi negli amplificatori, di chitarre distorte, di organi con il delay, di acustiche pesanti e di parole nei megafoni”.
Le nuove canzoni sono: Cara catastrofe, Quando tornerai dall'estero, Una guerra fredda, Fuochi artificiali, L'amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici, Anidride carbonica, Le petroliere, Per respingerti in mare, I nostri corpi celesti, Le ragazze kamikaze.
Roberto Conti
18 ottobre 2010
Edda è tornato, nervosamente in bilico tra dolcezza e disperazione
A conferma di un artista in vero stato di grazia, arriva nel settembre 2010 In Orbita, un ep live registrato a marzo negli studi di Radio Capodistria. Edda dal vivo è ancora più nudo e graffiante (complice l'organico ridotto), la spontaneità prende il sopravvento sopra le strutture rigide della forma-canzone e si trova così spinto a rielaborare sul momento i propri pezzi, in una irripetibile esecuzione che già dal suo incipit, una cover di Suprema di Moltheni, dà prova di grande carisma. Edda senza dubbio non potrà piacere a tutti: per alcuni sarà solo un pazzo con problemi di dizione, ad altri non andranno giù le sue contorsioni vocali. Se però avrete la pazienza di far abituare il vostro orecchio al mondo storto di Stefano, scoprirete un cantautore sincero, a suo modo unico e pregno di emozioni che attendono solo d'esser colte. Fabio Gasparini
17 ottobre 2010
La musica dal dentista si paga. Una sentenza condanna un professionista che non versò i diritti d'autore: clienti considerati "pubblico"
Milano, 15 ottobre 2010
Il Tribunale di Milano ha condannato il titolare di uno studio dentistico per aver diffuso musica attraverso una radio senza aver corrisposto a SCF i compensi, previsti dalla legge sul diritto d’autore, a favore di artisti e produttori discografici (autonomi e indipendenti rispetto a quanto dovuto a Siae per i diritti d’autore). Con sent.10901/2010 il Tribunale di Milano ha confermato che la diffusione di musica all’interno di studi professionali privati - come quelli dentistici - rappresenta una forma di “pubblica utilizzazione”, come definita espressamente nella Legge sul Diritto d’Autore (art. 73 bis - L.D.A. 633/41). Nello specifico, in linea con quanto già ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza (sent. C-306/05 - Corte di Giustizia), la decisione conferma come l’elemento discriminante rispetto all’insorgenza del diritto sia la messa a disposizione delle registrazioni discografiche ‘a un pubblico di persone’, a prescindere dal carattere pubblico o privato del luogo in cui avviene la diffusione di musica. I giudici milanesi hanno, infatti, stabilitoche la clientela di uno studio dentistico è qualificabile come ‘pubblico’, in quanto appare potenzialmente indeterminata sia nel numero, che nella sua composizione; il fatto che l’accesso dei clienti allo studio avvenga in maniera programmata rappresenta una mera modalità organizzativa. La sentenza di Milano conferma e rafforza l’orientamento giurisprudenziale che ha caratterizzato la tutela dei diritti di artisti e discografici in questi ultimi anni, riaffermando che il pagamento del compenso SCF è dovuto qualsiasi sia il mezzo utilizzato, anche una radio. Nello specifico è in linea con la normativa europea e con quanto già da tempo avviene negli altri paesi dell’Unione, dove gli studi medici e dentistici riconoscono regolarmente il pagamento dei diritti discografici a fronte dell’utilizzo di musica d’ambiente, per offrire ai propri pazienti un ambiente più confortevole e rilassante. “La sentenza del tribunale di Milano rappresenta un provvedimento estremamente positivo e innovativo perché fissa di fatto un principio di applicabilità di più ampio respiro, che interessa a questo punto tutti gli studi professionali, come per esempio in generale tutte le altre tipologie di studi medici, quelli di avvocati, di architetti, commercialisti, notai.” -commenta Saverio Lupica, Presidente di SCF Consorzio Fonografici - “Si tratta indiscutibilmente di un ottimo risultato sul fronte della tutela dei diritti discografici. In questa occasione teniamo comunque a ribadire e confermare, ancora una volta, che il ricorso alla via giudiziaria non è certo la strada che SCF intende perseguire per affermare i diritti degli artisti e dei produttori. Al contrario: crediamo che il dialogo e la negoziazione siano le uniche soluzioni ragionevoli per dare applicazione a quello che è a tutti gli effetti un obbligo di legge, nel rispetto delle parti coinvolte. Una tesi, la nostra, che trova ogni giorno sempre più facile applicazione grazie al comportamento responsabile di un numero sempre maggiore di operatori professionali, attivi nei più svariati settori, che, grazie anche alla collaborazione instaurata con le rispettive associazioni di categoria, fanno uso di musica riconoscendo spontaneamente i diritti di artisti e produttori discografici”. g.oc.
9 ottobre 2010
Tiziano Ferro e i turbamenti sulla pubblica piazza. Il coming-out ultima frontiera per "lanciare" un libro
Nel suo diario, Tiziano riflette anche sul successo: «Nessuno lo capirebbe mai, ma credo che se mi svegliassi e non avessi più il successo, la prima cosa che farei sarebbe approfittarne. Andare in centro, fare danni, guardare le persone in faccia nell’ora di punta, non evitare i posti affollati, preoccuparmi sempre e solo di quello che succede dentro, mai di quello che succede fuori» racconta. «Volevo vivere quella parte di me, smettere di considerarla un mostro, qualcosa di negativo, addirittura invalidante» continua Tiziano. I primi dubbi, spiega, risalgono alla sua adolescenza, quando aveva una fidanzata. Proprio a lei li confidò: «Le dissi che pensavo di essere attratto anche dai ragazzi. Mi rise teneramente in faccia, mi disse che non poteva essere vero. Poi arrivò il successo travolgente e Tiziano scelse di non vivere i propri sentimenti».
E aggiunge: «Non posso puntare il dito contro nessuno, solo contro me stesso. Tuttora non so spiegarmi perché considerassi l’omosessualità una specie di malattia. Non ho la presunzione di salvare nessuno, ma se il mio libro potesse aiutare qualcuno a evitare di perdere tutti gli anni che ho buttato via io, sarei felice». Le voci ricorrenti sulla sua omosessualità, spiega, «mi facevano una tale rabbia. Non perché non volessi passare per gay, ma perché la verità è che un fidanzato avrei voluto avercelo. E, invece, non avevo nessuno. Perché? Perché avrei dovuto vivere una doppia vita e io non ne sono capace. Mi dà fastidio quando si parla di accettazione dell’omosessualità. Io, semmai, sogno la condivisione. Una famiglia che accetti le mie scelte non mi basta, voglio che le viva insieme a me. E lo stesso vale per i miei amici. Ora che quella condivisione è diventata realtà, sono pronto a vivere pienamente. Cerco l’amore, la parte della vita che mi è mancata finora… Per il momento sono solo, ma spero presto di non esserlo più».