27 aprile 2012

Paul Weller - Sonic Kicks: come rivivere Wild Wood e Stanley Road vent’anni dopo


Potremmo usare decine di aggettivi per descrivere la vena artistica di Paul Weller, ma dimenticheremmo sicuramente qualche sfaccettatura di una carriera iniziata trentacinque anni fa e di cui Sonik Kicks è l’ennesima prova di quanto Weller sia capace di spiazzare (nel bene e nel male) tutti.
L’ultimo lavoro del "Modfather” è il punto di svolta di un processo iniziato con 22 Dreams e Wake Up The Nation entrambi buoni lavori troppo prolissi (il primo) e in parte confusi (il secondo).
Qui invece siamo di fronte ad un mix di rock, psichedelica, ed elettronica. Ci sono gli anni settanta, i Kinks, la “kosmische musik” tedesca, forse anche unpizzico di Syd Barrett e  un gusto post moderno piuttosto inedito più qualche ospite di grande classe come Noel Gallagher, Graham Coxon e Aziz Ibrahim.
L’iniziale Green è un piacevole pugno in faccia che colpisce veloce e diretto, nervosismo perfettamente costruito tra refrain e giochi di voce. E se The Attic e That Dangerous Age ci riportano ad un bel tocco pop Kling I Klang è uno ska rabbioso ed energico che si pone come uno dei momenti più riusciti del disco. Non mancano certo le ballate acustiche di cui By The Waters con i sui archi è la migliore.
Dragonfly, Around The Lake e Paperchase sono quei classici brani “alla Weller” che riportano alla mente i primi anni novanta  col loro suono “british”. Peccato per  la conclusiva Be Happy Children che sembra l’abbozzo di un grande pezzo soul che potrebbe prolungarsi per minuti invece si smorza quasi subito ma meriterebbe di più. Sonik Kicks è come ritornare dentro Wild Wood e Stanley Road, ma aggiornati di quasi vent’anni nella veste e nei suoni, ma non nell’attitudine. Non è come guardare le foto dei bei tempi andati perché c’è sempre la rabbia e l’urgenza di un artista che a cinquantaquattro anni vuole ancora mettersi in gioco e sembra ben lontano dal viale del tramonto. Daniele Bertozzi

1 Green
  2 The Attic
  3 Kling I Klang
  4  Sleep Of The Serene
  5 By The Waters
  6  That Dangerous Age
  7  Study In Blue
  8  Dragonfly
  9  When Your Garden's Overgrown
  10 Around The Lake
  11 Twilight
  12  Drifters
  13  Paperchase
 Be Happy Children

25 aprile 2012

L'esordio musicale di David Lynch con Crazy clown time


Non si tratta di un caso di omonimia. Dietro a Crazy clown time, visionario e folle album a metà tra alternative rock ed elettronica pubblicato per le etichette indipendenti Sunday best recordings e Play it again Sam, c’è il vero David Lynch. Il geniale ideatore di Twin peaks e regista di capolavori spaventosi e surreali quali Eraserhead, Velluto blu e Mulholland drive. Un esordio discografico a sessantacinque anni è insolito già di per sé, ma a maggior ragione è strano trovarsi a commentare un esordio che ha avuto un così forte impatto su un certo tipo di pubblico.
Crazy clown time, infatti, nonostante un’accoglienza particolarmente fredda dalla critica musicale, ha riscosso un interesse enorme da parte del pubblico, diventando da subito una pietra miliare di un certo tipo di musica elettronica, vicina a Moby, Tricky e Massive attack.
L’album, pur essendo fortemente elettronico, inizia con un alternative rock che ricorda molto da vicino i Sonic youth. La prima traccia, Pinky’s dream, cantata da Karen O degli Yeah yeah yeahs, è infatti un allucinato e tachicardico brano fortemente rock, l’unica canzone in cui alla voce non compare lo stesso Lynch. Dal secondo brano in poi, però, si cambia quasi completamente genere musicale. Good day today è un singolo d’esordio fantastico, originale ed ottimamente riuscito. Un brano elettronico, ballabile e veloce, accompagnato da un surreale videoclip. Una canzone che ricorda Moby ma lo fonde con oscuri sintetizzatori degni della colonna sonora della già citata serie televisiva Twin peaks. La voce di Lynch si presta bene ad alcuni brani trip hop che si susseguiranno nel corso dell’album, il primo dei quali è So glad, che ricorda molto da vicino i Massive attack. Ogni singolo suono, ogni minimo dettaglio è curato per dare consistenza al brano. La forza delle canzoni dell’album di Lynch è che sono tutte strutturate come potenziali singoli. Ogni pezzo è ben confezionato, della lunghezza giusta e senza divagazioni inutili. Ne risulta quindi un ascolto sempre piacevole, e lo stesso discorso vale anche per alcuni brani successivi, Noah’s ark e I know, in cui le sonorità trip hop si fanno ancora più oscure e lisergiche. Si arriva ai livelli di alcuni maestri del genere, tra cui Tricky, ma senza che l’atmosfera divenga troppo fumosa e annebbiata. Football game e The night bell with lightning (l’unico brano strumentale dell’album) sono blues elettronici e rallentati, e sembrano la colonna sonora di un film a metà tra horror e western. Il picco del surrealismo e del nonsense si trova a metà del disco: Strange and unproductive thinking è un brano folle. Sette minuti e mezzo in cui un vocoder recita un testo a dir poco delirante su un’elettronica funky. Un forte richiamo agli intermezzi narranti, fatti col vocoder, che Frank Zappa inserì nel suo mitico album Joe’s garage. Pur essendo un brano lunghissimo e monocorde, riesce nella difficile impresa di non risultare noioso neanche per un secondo, grazie ad una magica alchimia che avvolge misteriosamente il brano così come tutto l’album. Stone’s gone up è un'altra canzone molto interessante, costruita su un giro dance rock da primi anni ’90, molto simile a quello di Girls & boys dei Blur. Crazy clown time, il brano che dà il titolo all’album, è un singolo che fa paura, così come il videoclip che lo accompagna, girato dallo stesso Lynch. Il cantato in falsetto è terrorizzante e ricorda la mostrusa bambina di Eraserhead. Ci si tranquillizza un attimo con la languida ballad These are my friends e con Speed roadster, un pezzo che fonde Moby con i Doors. L’album chiude con il meraviglioso ed immaginifico blues elettronico di Movin’ up (anche qui Moby la fa da padrone) e la robotica e un po’ floydiana She rise up.
David Lynch non è un esordiente assoluto in ambito musicale: aveva curato egli stesso la colonna sonora di alcuni dei suoi film, e spesso (come nel caso di Velluto blu, in cui aveva collaborato con Angelo Badalamenti) le sue musiche erano legate indissolubilmente con la magia surrealista delle sue pellicole. Non stupisce quindi l’enorme sicurezza e confidenza nei propri mezzi, con cui Lynch ha composto i quattordici brani dell’album, ricavando da ognuno di essi un potenziale singolo. Surreale ed imprevedibile, proprio come i film di Lynch, è invece la sensazione di trovarsi davanti ad una pietra miliare della musica elettronica, da ascoltare ripetutamente e da promuovere e diffondere senza timore. Marco Maresca

20 aprile 2012

Le band novaresi (quasi) tutte assieme in un festival targato Big Lebowski

Non sono proprio tutte, ma ci manca davvero poco… Le band novaresi saranno protagoniste di un festival su quattro giorni, dal 27 al 30 aprile, organizzato dal Big Lebowski di Sant’Agabio.
Per sfatare il mito che a Novara ci sia poco spazio per i gruppi che propongono pezzi originali, di propria composizione, questo evento – ad ingresso gratuito – vuole essere in primo luogo un momento di condivisione e confronto, dove suonare, ascoltare e perché no promuovere quella cultura musicale che in città vuole uscire da un sottobosco, da una nicchia, dove troppo spesso viene relegata.
Le quattro serate, tutte con inizio alle ore 21, affronteranno generi musicali differenti. Venerdì 27 aprile spazio alla musica acustica con il giovane cantautore Morning Courier, gli Howling Wood Project e il funk-rock degli Artemista che presenteranno per la prima volta in città il nuovo disco “Vivere immobile” uscito per la Zeta Factory e distribuito in tutto il territorio nazionale dalla Venus. Ospite d’eccezione della serata, il cantautore milanese Fabrizio Coppola che proporrà i brani dal suo fortunato album “Waterloo”, un disco di impegno politico e sociale particolarmente apprezzato da critica e pubblico che ha confermato Coppola come una delle voci più stimate del nuovo cantautorato italiano. In chiusura di serata dj K & Down With The Kings con un set a base di funky, soul, dub e ska. Sabato 28 largo ai paladini della musica indie con Eronel, Rumor, Suite Solaire ed Eva's Milk anche loro reduci da un recente album in distribuzione nazionale. In chiusura il dj set di Manaki Neko.
Domenica 29 aprile ancora spazio al rock indipendente con gli Psichedalia, dopo di loro il cantautore Ignazio Manzari accompagnato dai “Cocci suoi” e Le Cose di Cenere. Gran finale con ospiti gli In Vino Veritas, altra apprezzata band milanese. Chiusura con il djset vintage di Marvino (retrò, oldies Anni ’60) per una notte tutta da ballare. Lunedì 30 aprile, invece, si parte con il cantautorato dei promettenti Martìn, si prosegue con il punk dei Birra2O per arrivare al rock dei Porno Varsavia (ex Carpet Beaters) con un’anteprima del cd nel cassetto. In chiusura Il Duello e le loro sonorità che spaziano dal rock al metal al crossover. Il festival sarà chiuso da un dj set metal con Caroline Wouldn't Smile. Il festival è organizzato con il supporto del magazine on-line AsapFanzine che seguirà tutti i concerti con report e interviste. I concerti si svolgeranno nel palco esterno al locale (all’interno in caso di maltempo) situato nel parco all’incrocio tra corso Trieste a via Bovio a Novara. Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito, previa tessera Arci. Roberto Conti


Report e interviste alle band dal 5 maggio - Prima andiamo una settimana in vacanza!

18 aprile 2012

Ascolti emergenti: Ilenia Volpe, Artemista, Marigold


Ilenia Volpe - Radical chic un cazzo ****
Prima di ascoltare questo disco conoscevo Ilenia Volpe solo per la delicata collaborazione nel "best" di Moltheni, nel quale duettava con voce delicatissima su In centro all'orgoglio. Tante volte mi ero ripromesso di andare ad ascoltare questa ragazza chiacchieratissima nell'ambiente musicale, nuova icona (con le debite proporzioni) della cultura musicale femminile e femminista, ma mai alla fine ne ho avuto il piacere.
Ilenia incarna un nuovo modello di riot grrrl, tra rabbia metropolitana e profonda introspezione, nel suo  Radical chic un cazzo racconta storie che alternano rabbia e dolcezza. Su questa dicotomia si basa l'intera impalcatura del disco, che parte con il punk-rock fin un po' troppo incazzato di La mia professoressa di italiano (è una grandissima stronza) o Gli incubi di un tubetto di crema arancione. Proseguendo sul filone incattivito, come non citare Prendendo un caffè con Mozart o la splendida cover del Teatro degli orrori, Direzioni diverse, con partenza sommessa e finale in grintoso crescendo. Decisamente meglio dell'originale. Quali siano queste direzioni diverse, Ilenia ce lo fa capire nella poetica Mondo indistruttibile o in La crocifinzione e Le nostre vergogne, brani che vogliono comunque lasciare un messaggio. Al di là della bontà del disco - che vede alla produzione Giogio Canali - c'è un gran bisogno di persone come Ilenia Volpe che arricchiscono la scena musicale italiana di contenuti, idee, pluralità. Avrebbe potuto ottenere un facile successo essendo un po' più volpe, lei ha scelto di essere soprattutto Ilenia, e a noi piace così.
Roberto Conti




Artemista - Vivere immobile ***
Un albero storto che ricorda vagamente la sagoma del Piemonte, di sicuro non è questa l'immagine che gli Artemista volevano trasmettere con il loro Vivere immobile, ambizioso album di 14 tracce per la Zeta Factory, distribuzione Venus. La digressione sull'immagine di copertina non è casuale: dopo molti ascolti non ho infatti compreso l'esatto messaggio che la band vuole lanciare, quindi propongo quello che mi è arrivato. Ci troviamo di fronte ad un disco curato e ben registrato, dove sonorità pop-rock corposamente arricchite dall'elettronica la fanno da padrone. Tra i riferimenti ci sono un po' di Subsonica e un po' Negramaro, solo per citare qualche nome italiano, ma badi bene l'ascoltatore, non siamo di fronte ad un album clone.
Tra le canzoni ci sono episodi di grande pregio come il singolo Fantasma, Vivere immobile Non dirmi che; altre canzoni sono invece parabole negative, su tutte Dormi rovinata da un testo fragilissimo e adolescenziale (nel senso più negativo del termine): "Sei sola nella stanza dove dormono i ricordi/ Dormi e sogna la tua prima volta, quel brivido di un attimo che ti ha cambiato il battito/ Dormi e ricorda il giorno più speciale, il vivido ricordo che ora fa un po' male... ".
Il disco è di facile e piacevole ascolto, i ritmi sono incalzanti e godibili, quello che resta sospeso è il messaggio: i testi non sono nemmeno male, ma sono offuscati dall'impasto sonoro a tratti perfino vagamente dance che fa passare in terzordine ciò che viene detto. Al di là di queste considerazioni, l'album dei nostri concittadini Artemista (Matteo il batterista ha iniziato a suonare con chi scrive, quindi gli auguri sono d'obbligo, anche se la recensione è obiettivissima e senza sconto alcuno) ha il pregio di rivolgersi ad un pubblico assai vasto e non ad una nicchia, dove tendono a confinarsi i gruppi indipendenti. Una bella sfida, che ci auguriamo potrà portare ad una bella vittoria. r.co.



Marigold - Let the sun ***
Esce ad aprile Let the sun” il nuovo EP dei Marigold per DeAmbula ed Acid Cobra Records. L’EP è composto da un brano inedito, Let the sun nato dalla collaborazione con Alessadra Gismondi (Pitch, schonwald) e da tre brani live, “fotografia” dell’ultimo tour della band. Let the sun racchiude alcuni episodi particolarmente significativi delle tante esibizioni live tra Italia, Francia Austria e Slovenia, è l'occasione per fare il punto della situazione, ma anche per ripartire: la band infatti propone sonorità non immediate, tra dilatazioni strumentali e psichedelia. I Marigold si sono lentamente ritagliati un loro seguito, e questo è sicuramente più importante del gradimento della critica -mai mancato- ma non sufficiente per raggiungere quella credibilità che il gruppo abruzzese oggi può vantare, forte anche dell'oculata produzione discografica di DeAmbula che vanta al proprio arco frecce come Amauri Cambuzat e Pineda. L’uscita dell'EP è stata anticipata l’8 marzo in formato maxi EP digitale su Acid Cobra Digital, per l’occasione il disco (in formato fisico) conterrà la ristampa dell’ultimo lavoro della band Tajga. r.co.

17 aprile 2012

Gli Afterhours ce l'hanno duro? Padania è l'inconsapevole colonna sonora della fine di un'epoca

Gli Afterhours sono proprio fortunati, escono con un disco buono, ma decidono di intitolarlo Padania proprio nel momento dell'apice della crisi della Lega nord, scelta inconsapevole, per carità, maturata con oltre un anno di anticipo, ma sufficiente per tramutare questo album -ed ancor di più l'omonimo singolo- a colonna sonora della fine di un'epoca politica - quella del leghismo - tra le più buie di sempre, tra slogan xenofobi ed elettorato intortato ad arte al motto di "a casa nostra dobbiamo decidere noi".
Padania, più che questa situazione, descrive il retroterra culturale che l'ha favorita, un mondo individualista, di continua rincorsa ad avere più soldi, più potere, più successo, tagliato su misura per i forti. E la visione è cupa davvero, già dalla copertina: un cancello che si apre sul niente, o meglio su una pianura ghiacchiata che evoca desolazione. A tre anni dall’incursione sanremese di Il paese è reale (ennesima discutibile operazione con la quale la band ne coinvolge altre nella propria sfera di influenza, come fu nella seconda metà degli Anni Novanta per il Tora Tora Festival) il Paese è diventato improvvisamente brutto, quasi irreale: il disco racconta infatti il panico e il disorientamento, i facili entusiasmi e gli improvvisi avvilimenti di un'Italia che muore e deperisce, lentamente. La strada è già stata ampiamente battuta da altri, ma in questo caso, complice l'attesa per questo disco e  lo sfortunato momento leghista, il racconto sembra avere una forza comunicativa diversa. Ci troviamo di fronte ad un concept, nel quale si alternano episodi rock (Terra di nessuno, La tempesta è in arrivo) che riportano la band (finalmente) ai fasti di un tempo, ci sono poi ampie ballate (Costruire per distruggere) ed evitabilissimi messaggi promozionali che spezzano la narrazione del disco. Manuel Agnelli ha in parte modificato il suo approccio al canto (Giù nei tuoi occhi) e il disco si fa apprezzare per la varietà delle sonorità e degli arrangiamenti, Io so chi sono accarezza addirittura il funky-jazz, apprezzabile davvero.
Gli Afterhours hanno conquistato credibilità al punto di essere termine di paragone per il rock italiano, esempio di percorso discografico parallelo (stavolta autoprodotto), capaci di interpretare gli umori anche dei più giovani, che oggi invitano a non restare incastrati nelle maglie del web, come hanno dichiarato nella conferenza stampa per il lancio del disco: «La rete è un mezzo di aggregazione straordinario, ma spesso dà solo l’illusione della libertà, trattiene gli utenti sul divano di casa, rendendoli innocui. Scendete in strada, troviamoci nelle piazze, riconosciamoci, contiamoci perché è la presenza fisica la chiave di volta». Un messaggio già sentito nelle scorse settimane da più parti (vedi Capovilla che si cancella da Facebook, ndr) che sinceramente suona più come un'operazione di marketing che una reale convinzione. In fondo mica hanno spronato i giovani ad andare a Marcallo con Casone (dove di recente hanno inaugurato viale Padania "antico nome geografico") o a Novara (dove nella via dedicata al condottiero che non esiste, Alberto da Giussano, sorge un centro di accoglienza per extracomunitari e senza tetto) a sradicare i simboli di quella Padania che se non sarà prontamente e concretamente estirpata, rischia di diventare la tomba di quelle persone a cui gli Afterhours vorrebbero parlare, ma alle quali rischiano di rivolgersi solo con l'ennesima operazione di marketing. Al di là di questo rallegriamoci perché gli After sono tornati quelli di un tempo: magari aiutati dal viagra e dall'esperienza, usando uno slogan padano, possiamo dire che ce l'hanno di nuovo duro.... Roberto Conti 


Metamorfosi
Terra di nessuno
La tempesta è in arrivo
Costruire per distruggere
Fosforo e blu
Padania
Ci sarà una bella luce
Messaggio promozionale n°1
Spreca una vita
Nostro anche se ci fa male
Giù nei tuoi occhi
Messaggio promozionale n°2
Io so chi sono
Iceberg
La terra promessa si scoglie di colpo

16 aprile 2012

Gli Albedo e il piacere di fare musica 'fuori moda' (Streaming audio)

Una piacevole chiacchierata con gli Albedo - Raniero Federico Neri (voce, chitarra, piano), Luca Padalino (chitarra, lap steel), Gabriele Sainaghi (basso), Ruggiero Murray (batteria) - che venerdì scorso si sono esibiti al Big Lebowski di Novara per presentare il nuovo disco A Casa.
Con loro abbiamo parlato di "musica fuori moda", dei testi ispirati, degli effetti e della passione per il delay, delle tendenze del momento nel panorama indie (compresa la compilation dedicata agli 883 e il nuovo disco del Afterhours Padania).
Trenta minuti tutti da ascoltare attentamente per conoscere meglio una delle band ha avvero molte cose da dire.
A cura di Marco Colombo e Roberto Conti

Ascolta l'audio intervista in streaming


15 aprile 2012

Ruggeri e lo scaltro "best" con Dente, Bugo, Serpenti, Marta sui tubi, L'Aura &co

Farsi rileggere da "giovani" ed emergenti (dimenticando che nel nostro Paese si è giovani ed emergenti ad oltranza) è la bella idea venuta ad Enrico Ruggeri e alla sua etichetta discografica. È nato così Le canzoni ai testimoni, un greatest hits in cui il Rouge duetta con quattordici ospiti. C’è l’elettronica dei Serpenti, Boosta (Subsonica) e Fluon (Andy, ex Bluvertigo), il rock di Linea 77, Rezophonic e Marta sui Tubi, il punk dei Vanilla Sky, il cantautorato di Dente, Bugo, Diego Mancino e per l'occasione anche di Olli dei The Fire, il reggae degli Africa Unite, le donne come L’Aura e Andrea Mirò (che è anche moglie del Rouge). Molti sono compagni di etichetta, evviva l'italico "diamoci una mano".
I brani li hanno scelti gli stessi "testimoni" e anche gli arrangiamenti sono loro. Il progetto evidenzia le sfaccettature delle canzoni di Ruggeri, dalle origini con Decibel fino agli anni più recenti. Una bella scommessa, visto che i tributi solitamente si realizzano post mortem per omaggiare cantanti scomparsi.
Per lanciare il cd, uscito a fine gennaio, sono stati realizzati tre videoclip: quelli dei brani con I Serpenti, Dente e L’Aura: I Serpenti hanno rifatto Tenax, che Ruggeri scrisse per Diana Est: «La new wave anni 80 subiva la scarsa tecnologia dell’epoca. Con questa versione è come passare dal pugnale al carro armato», ha dichiarato Ruggeri in un'intervista. L’Aura si è invece misurata con un classico, Quello che le donne non dicono riuscendo con un arrangiamento minimale non far sentire troppo il peso della Mannoia. Dente ha riletto Pernod con minor successo dei due precedenti "testimoni" ma pur sempre con grande gusto. Nel disco ci sono episodi più riusciti di altri: meglio i Marta sui tubi (Contessa) dei The Fire, brilla la compagna Andrea Mirò, mentre appare opaca la prova di Fluon, già Andy dei Bluvertigo che propone Polvere alla stregua di Fuori dal tempo (meglio la versione di alcuni anni fa dei Dottor Livingstone). Anche Mistero riletta dai Rezophonic non pare più di tanto convincente, Il mare d'inverno con Boosta, addirittura deludente. 
Nel disco è apprezzabile la scelta di non snaturare le band coinvolte, che hanno plasmato le proprie sonorità "caratteristiche" sui brani di Ruggeri. Il risultato complessivo è sicuramente piacevole ed originale, un tributo allo stesso Ruggeri che con più alti che bassi ha saputo cavalcare l'onda della musica italiana per diversi decenni. Roberto Conti

La sfida di continuare ad avere buon gusto - Good luck è il ritorno dei Giardini di Mirò


Il ritorno dei Giardini dei Mirò, dopo cinque anni di assenza dalle scene, è come un gioco di specchi.
Ootto brani delicati e leggeri come bolle di sapone.
L’inizio è affidato a Memories semplice acustica e malinconica. Malinconia che fa da punto focale di tutto il lavoro. Mentre con Spurious love tornano in primo piano gli arpeggi delle chitarre elettriche e un finale che non vorresti finisse mai, Ride è sicuramente il pezzo “indie” e movimentato dell’album con un cantato e un ritornello alla mente che riportano i migliori momenti degli Yuppie Flu.
There is a place è l’unico momento che provoca qualche sbadiglio, pezzo morbido e delicato ma che lascia poco nei suoi tre lunghi minuti, così come Rome salvata solo dalle impennate strumentali. Good Luck interamente strumentale è un delizioso viaggio post rock di grande pathos. E se Time on time pare poco più che un riempitivo, Flat heart society è il miglior finale che si potesse immaginare. Scura, sinistra da richiamare gli Ulan Bator di Tohu-bouh che si prepara a una coda strumentale dove melodia e potenza si incontrano splendidamente. Si può dire che Good luck pesca in tutto quello che è il post, lo showgaze, lo spacerock e lo fa discretamente anche se a tratti ci si perde un po’ dentro soprattutto dopo qualche ascolto. Ma è un disco che in fin dei conti funziona e funziona bene pur non essendo uno dei tasselli fondamentale della loro carriera è un momento di transizione verso un nuovo viaggio. Daniele Bertozzi

Bene o male, purché se ne parli... Il tributo della scena indipendente agli 883 non può lasciare indifferenti


Uno degli argomenti più discussi della rete in questi giorni è la compilation Con due deca, una sorta di tributo agli 883 proposto dai tipi di RockIt che hanno coinvolto diverse band della scena indipendente per reinterpretare i brani del buon Max Pezzali. 
Anche noi abbiamo detto la nostra. Proponendo il punto di vista (di seguito il primo, quello di Marco Maresca) di alcuni dei nostri collaboratori.


“Con un deca non si può andar via...”, cantavano gli 883, in lire, nel lontano 1992. Ma per passare una serata fuori ormai non bastano due deca odierni, cioè venti euro: il prezzo di vendita di un CD, che in tempi di crisi Rockit.it ci regala in streaming e download digitale. Con due deca è, insomma, una compilation gratuita di artisti emergenti italiani che reinterpretano gli 883 a vent’anni di distanza. Breve premessa sugli 883: Max Pezzali e Mauro Repetto erano due ragazzi pavesi in un’epoca in cui vivere in provincia non era per forza una cosa da sfigati. Raccontavano con linguaggio semplice e diretto ordinari episodi di vita giovane di provincia: le compagnie, le serate, la noia, le droghe, l’amicizia, gli amori, la voglia di emergere. Milioni di ragazzi e ragazze si ritrovavano in quelle storie ordinarie. Per arrivare a tutti con la loro musica, gli 883 usavano semplicemente un’elettronica un po’ naif sapientemente manipolata non da gente qualunque ma da produttori come Cecchetto, Peroni e Guarnerio. Gente di Radio Deejay che nel bene e nel male ha prima intercettato e poi imposto agli italiani i gusti musicali negli ultimi trent’anni. Gente che ad ogni nota sapeva cosa l’ascoltatore volesse sentire e come metterglielo giù in modo apprezzabile. Gli artisti che si sono cimentati nella compilation di Rockit, invece, giocano a non fare i provinciali, non vogliono essere né naif né popolari, e purtroppo non sanno cosa sia un produttore né hanno la minima idea di come mettere giù due suoni in modo accettabile. Motivo per cui, se gli 883 potevano infastidire per una certa tendenza ad essere troppo pop e troppo paraculi, ma in fondo erano onesti, gli odierni artisti emergenti giocano a sembrare ciò che non riescono ad essere, e risultano altamente irritanti e senza senso della misura.
Con un deca rifatta dai Cani e Nord sud ovest est riproposta dai Carpacho mostrano da subito l’insostenibilità della compilation: dove non possono arrivare le capacità interpretative, cerca di arrivare l’elettronica, sempre eccessiva, sempre dozzinale, sempre fine a se stessa e mai al servizio delle canzoni. Incomprensibile la scelta di ricorrere a campionamenti di A day in the life dei Beatles. I Selton cantano Come deve andare in italo-portoghese sul ritmo di Close to me dei Cure, altra scelta azzardata. Si salva Colapesce, che canta Gli anni, brano mitico dedicato alla malinconia di quei tempi ormai passati. L’elettronica è comunque sempre ridondante. Come mai (pregando per un synth) è un oscuro ma originale delirio di sintetizzatori a firma Amor fou feat AntiteQ. La Casa del mirto reinterpreta Una canzone d’amore in modo soffuso e radical chic con tanto di erre moscia. Nicolò Carnesi si salva cantando in modo abbastanza fedele all’originale Rotta per casa di dio. I Numero6 in carenza di idee tentano una versione western di Hanno ucciso l’uomo ragno. Segue poi un delirio di reggaeton con Sei un mito a cura degli Ex Otago, brano che riesce ad impressionare in negativo. La regola di D’Amico, a firma Macrobiotics, è un rifacimento rap del quasi omonimo brano. Continuando sul filone hip-hop c’è Ghemon che ripropone TPS e gli Amari con Non ci spezziamo. La regina del celebrità, nella versione house di Egokid, è in linea con la famosa discoteca citata nel titolo. Il Triangolo ripropone Nella notte con ritmo incalzante. Il brano soffre di una produzione particolarmente amatoriale. Su Weekend di Maria Antonietta è necessario premere assai rapidamente il tasto “skip”. Si passa quindi all’unica cosa davvero salvabile di tutta la compilation: Il grande incubo, dei Soviet soviet. La canzone che rappresenta il manifesto ideologico degli 883 è rifatta con un’elettronica così insistente e così eccessiva da coprire tutto il resto e risultare interessante, perché più che una cover è quasi un nuovo brano. C’è poi l’hardcore acustico di Girless & the orphan, che si divertono riproponendoci Senza averti qui. Anonima e trascurabile Bella vera rifatta dai Lava lava love. Aeroplano era un’allegra e commovente canzone che Max Pezzali aveva scritto per Caterina, una meteora degli anni ’90. Un brano che meritava di essere commemorato adeguatamente, ma purtroppo la versione dei Camillas è decisamente il momento peggiore di tutta la compilation. Un aborto musicale. Poi ci sono i News for lulu che con chitarra e cori da falò in spiaggia intonano Cumuli, un testo impegnativo ridotto a sguaiato post-sbronza. Chiusura con i Dimartino che cantano a cappella Nessun rimpianto. Uno scherzo, una provocazione?. Probabilmente sì, così come tutta la compilation.
Due deca odierni sono circa quattro deca del 1992. Da questa compilation si può trarre una dura morale: gli anni d’oro del grande Real non torneranno mai, neanche quadruplicando gli sforzi. Marco Maresca

12 aprile 2012

Carroponte - Ecco il programma di giugno e luglio (quasi definitivo)


Si delinea il programma di concerti al Carroponte, ormai uno dei riferimenti per l'estate milanese in musica. Dal 12 aprile sono aperte le prevendite con speciali promozioni per chi acquista entro il 30 aprile 2012. Tra i nomi più sfiziosi in calendario sino ad ora un duetto Paolo Benvegnù-Massimo Volume, Kaki King, Gogol Bordello, Caparezza. E poi tanti altri, con eventi per tutte le tasche, spesso anche gratuiti.























GIOVEDÌ 24 MAGGIo2012MULATU ASTATKEH 21.30Ingresso 15€
MARTEDÌ 5 GIUGNO
2012
PAOLO BENVEGNU' e MASSIMO VOLUME
H 21.30
Ingresso 10€
MERCOLEDÌ 6 GIUGNO
2012
BUKOWSKI vs WAITS
H 21.30
Ingresso gratuito
GIOVEDÌ 7 GIUGNO
2012
DEROZER
H 21.30
Ingresso 10€
VENERDÌ 8 GIUGNO
2012
SEBASTIEN TELLIER
H 21.30
Ingresso 10€
MERCOLEDÌ 13 GIUGNO
2012
ROCK IN IDRHO PREVIEW
H 18.00
Ingresso 35€
GIOVEDÌ 14 GIUGNO
2012
ANTHONY B
H 21.30
Ingresso 10€
SABATO 16 GIUGNO
CLUB DOGO
H 21.30
Ingresso 15€
MARTEDÌ 19 GIUGNO
2012
GIORGIO CANALI & ROSSOFUOCO
H 21.30
Ingresso gratuito
MERCOLEDÌ 20 GIUGNO
2012
"H2ORO" a cura della Compagnia Itineraria
H 21.30
Ingresso 10€
GIOVEDÌ 21 GIUGNO
2012
PATRICK WOLF (acoustic set)
H 21.30
15€
DOMENICA 24 GIUGNO
2012
www.teatrodellacooperativa.ih ih ih: "IO SANTO, TU BEATO"
H 21.30
Ingresso 10€
MARTEDÌ 26 GIUGNO
2012
FINALE DEL CONCORSO "L'ARTISTA CHE NON C'ERA"
H 21.30
Ingresso gratuito
GIOVEDÌ 28 GIUGNO
2012
"Q.B. Quanto Basta" a cura della Compagnia Itineraria
H 21.30
Ingresso 10€
VENERDÌ 29 GIUGNO
2012
FIOM IN FESTA: CASINO ROYALE
H 21.30
Ingresso con offerta libera
SABATO 30 GIUGNO
2012
FIOM IN FESTA: PUNKREAS
H 21.30
Ingresso a offerta libera
DOMENICA 1 LUGLIO
2012
FIOM IN FESTA: VALLANZASKA
H 21.30
Ingresso con offerta libera
MARTEDÌ 3 LUGLIO
2012
MUSICA NUDA - Petra Magoni e Ferruccio Spinetti
H 21.30
Ingresso 12€
GIOVEDÌ 5 LUGLIO
2012
MIXITÈ FESTIVAL: EDDA
H 22.00
Ingresso gratuito
VENERDÌ 6 LUGLIO
2012
MIXITÈ FESTIVAL: CRISTINA DONÀ
H 21.30
Ingresso 5€
DOMENICA 8 LUGLIO
2012
MIXITÈ FESTIVAL: KAKI KING
H 22.00
Ingresso 5€
MERCOLEDÌ 11 LUGLIO
2012
BLOOMLIVE FESTIVAL: STEPHEN MARLEY
H 21.30
Ingresso 15€
GIOVEDÌ 12 LUGLIO
2012
BLOOMLIVE FESTIVAL: GOGOL BORDELLO
H 21.30
Ingresso 20€
VENERDÌ 13 LUGLIO
2012
BLOOMLIVE FESTIVAL: CAPAREZZA
H 21.30
Ingresso 15€
DOMENICA 15 LUGLIO
2012
BLOOMLIVE FESTIVAL: THE CULT
H 21.30
Ingresso 25€
MERCOLEDÌ 18 LUGLIO
2012
YANN TIERSEN
H 21.30
Ingresso 15€
GIOVEDÌ 19 LUGLIO
FINK
H 21.30
Ingresso 10€
VENERDÌ 20 LUGLIO
2012
XAVIER RUDD
H 21.30
Ingresso 10€
DOMENICA 22 LUGLIO
2012
www.teatrodellacooperativa.ih ih ih: "SHOWPERO"
H 21.30
Ingresso 10€
MARTEDÌ 24 LUGLIO
2012
NNEKA
H 21.30
Ingresso 10€
MERCOLEDÌ 25 LUGLIO
2012
KLEZMATICS
H 21.30
Ingresso 10€
VENERDÌ 27 LUGLIO
2012
IL PAN DEL DIAVOLO
H 21.30
Ingresso gratuito
SABATO 28 LUGLIO
2012
OFFLAGA DISCO PAX
H 21.30
Ingresso 5€
DOMENICA 29 LUGLIO
2012
"IDENTITA' DI CARTA" a cura della Compagnia Itineraria
H 21.30
Ingresso 10€
DOMENICA 5 AGOSTO
2012
www.teatrodellacooperativa.ih ih ih: "I CONSUMISTI MANGIANO I BAMBINI"
H 21.30
Ingresso 21.30