15 gennaio 2008

Intervista - Giorgio Canali e tutta la rabbia che ha dentro


Non ti chiederò di Lindo Ferretti, né di Zamboni, né di nessun altro.Ma, saprai bene, che a distanza di un ventennio e più, molti ragazzi ascoltano (Non "sentono") ancora quella musica e di solito, senza generalizzare troppo, sono quei pochi ragazzi davvero attivi politicamente e socialmente. Che cosa ne pensi?E tu oggi come vivi la grande possibilità di poter comunicare a molti ragazzi, in un modo schietto e sincero, i tuoi pensieri e la tua critica verso questa nostra società?
Effetti collaterali del rock'n'roll, alle origini è una musica di rottura, fatta da ragazzini per altri ragazzini, a contrasto e in contrapposizione alla musica "normale" degli adulti... fatto sta che sono arrivati gli anni sessanta e il piccolo conflitto generazionale è diventato grande, il mondo cambiava e la normale rivolta dei più giovani da "mi taglio i capelli come mi pare e ascolto ciò che voglio" è diventata in pochi anni qualcosa di più profondo, legata al sentimento di partecipazione agli eventi del proprio tempo... La musica "dei giovani" si è trasformata in veicolo di pensiero, irrimediabilmente legata al politico e al sociale, poi si è visto e sentito di tutto...E' normale che ci siano canzoni che sono come bandiere, che servono a identificarsi in qualcosa, qualche volta un'idea, tante altre volte la condivisione di un pensiero, anche quando questo pensiero è stupido e innocuo... i "padroni del vapore" ci hanno messo un attimo a capirlo...Per ciò che mi riguarda, mi viene naturale fare entrare nella mia musica il mondo che mi circonda, non c'è volontà di convincere gli altri di una visione politica, chi capisce al volo che cazzo racconto non ha nessun bisogno di aprire gli occhi, gli altri non lo capiranno mai, o peggio, mi scambieranno per uno dei tanti beppigrilli che cavalcano le scene e la dabbenaggine popolare... In fondo mi ci sto abituando... Io grido in un angolo il mio malessere un tantino snob e di merda, causato dal dentro e dal fuori, ma è mio... se poi qualcuno vuole condividerlo e farlo suo, bene, di solito diventiamo amici...

Secondo te, la bellezza e l’arte possono salvarci da tutto ciò in cui siamo gettati?
Ecco ci siamo... Bellezza/salvezza... Un bel mondo di esteti... Non male... Esteti distratti che si trasformano senza accorgersene in estetisti (qualcuno se ne accorge ma ci marcia), non male come incubo per il futuro, ma il domani è già oggi lo vedi da come lo ieri è già ieri l’altro, pensa al computer che hai comprato 6 mesi fa e che ora è già nei mercatini di antiquariato.Arte. Non c'è niente di meno definibile dell'arte, per molti è Michelangelo... la pietà, per me è Laszlo Toth che, nel settantadue, entra in San Pietro e la massacra senza pietà quella pietà lì, al grido di "io sono gesucristo!!!".L'arte vera non lascia tracce, la pietà di Michelangelo è stata restaurata, quello resta. Dell'opera d'arte di Laszlo Toth resta solo qualche fotogramma sfuocato archiviato dalle fotocamere di sicurezza del Vaticano (nel '72 la tecnologia del controllo era rudimentale ma il Vaticano era all'avanguardia), non resta nemmeno nessuna traccia di lui... me lo sono chiesto a più riprese che fine abbia fatto.La salvezza sta nell'eliminazione di ciò che non va, non nella sua descrizione più o meno poetica, quindi siamo fritti perché i grandi impulsi rivoluzionari si sono spenti da mo' ed è inutile cercarne i motivi... sperare in un disastro globale che rimetta a posto le pendole è l'unica chance che abbiamo... però, se ci rifletti, dopo il diluvio sai benissimo che a galleggiare saranno gli stessi stronzi che galleggiano ora sulla testa degli altri.Forse la salvezza è fare finta di niente... Se fossi famoso mi candiderei per l'isola dei famosi.

Forse la salvezza è fare finta di niente.Forse si. Forse la salvezza sta proprio nel cominciare a salvarsi in prima persona, singolarmente, quotidianamente e nel riuscire a conquistarsi in modo autentico, per non adeguarsi a quello che ci troviamo attorno, per non affogare in ciò in cui ci troviamo immersi.Ritornando al discorso sull'arte "che non lascia tracce", si può dire che, come nel caso di Laszlo Tot, l'atto "artistico" non abbia lasciato tracce concrete-materiali, ma si può parimenti affermare che ne abbia lasciate d'intangibili, ma ben più profonde, se ha saputo scuotere delle coscienze, se siamo qui a parlarne e se ti ha segnato così tanto da spingerti a chiederti che fine abbia fatto.L'arte nell'incontro con l'uomo sa, mi ripeto, "attivare il cervello" e soprattutto scuotere ed "emozionare" tanto da segnare e magari "cambiare" le persone.Mi piacerebbe sapere se esiste uno scrittore (forse uno è limitativo) che attraverso il suo scrivere è riuscito, in qualche modo, a lasciare una di quelle tracce invisibili, ma profonde in te.
Non leggo quasi più, il tempo passa, i miei occhi massacrati dallo schermo del piccì non riescono più a distinguere le lettere stampate sulla carta, ce la faccio solo se metto il libro sotto il fascio diretto di una lampada o alla luce piena del sole... E sono troppo cazzone per andare dall'oculista, il risultato è una progressiva ignoranza della letteratura attuale, male, molto male...Se devo dire la verità, prima che questo problema d'ordine fisiologico diventasse così evidente, c'era già stata una disaffezione dal leggere: finito "Le troisieme mensonge" l'ultimo romanzo della trilogia della città di K di Agota Kristof che avevo divorata in un respiro, il mio cervello si è chiuso su se stesso... si è detto che non avrei mai più trovato qualcosa di altrettanto stimolante e geniale e per un bel po' mi sono rifiutato di affrontare altre letture anche se straconsigliate da persone che conoscono bene i miei gusti.Leggere ha sempre influenzato moltissimo la mia maniera di pensare e di scrivere, penso che la pietra miliare del "cinismo" che spesso mi si imputa e che reputo comunque costruttivo e non distruttivo, sia "Voyage au bout de la nuit" di Louis Ferdinand Celine, per ciò che riguarda il mio linguaggio storto devo molto a Raymond Queneau ( les fleurs bleues, zazie dans le métro ) e al suo discendente italiano Stefano Benni (comici spaventati guerrieri, Baol).Per il semplice piacere di leggere, non mi stanca mai Italo Calvino, soprattutto la trilogia dei nostri antenati e non mi delude mai Sandro Veronesi. Poi ogni tanto ho qualche sorpresa come quella della Kristof.Una mania che ho è quella di rileggere mille volte una cosa che mi piace, anche in lingue diverse, per capire che cazzo hanno in testa i traduttori :), anche se così facendo mi sputtano il tempo che potrei dedicare alle novità... d'altronde faccio la stessa cosa con i film.

Ah, Celine.Io lo conobbi grazie a Bukowski, quando lessi Pulp. Hai mai letto Bukowski?
No, Bukowski no... non posso farci niente, nonostante la mia stra-popolare estrazione sociale, sono sempre stato uno stupido snob di merda... quando "tutti" leggevano Bukowski, mi faceva cacare mescolarmi al mucchio e, dopo aver sbirciato qualche pagina in qua e un là, il mio superficiale giudizio era "merda per giovani che vogliono sentirsi trasgressivi"...

Adesso, più che farti una domanda, ti chiederò un'opinione.
Da quando ho cominciato a riflettere sull' idea di 'intervistare' degli artisti affermati, ma soprattutto da me stimati, ho guardato alla possibilità di chiedere a questi un'opinione circa degli artisti giovani, non affermati, ma comunque da me stimati.
Chi mi conosce sa benissimo quanto tenga al 'panorama' degli emergenti. Adoro scoprire, ascoltare e vedere live anche quei gruppi poco o per niente conosciuti, magari alle prime armi, ma con qualcosa da dire e da far ascoltare. Purtroppo, la maggior parte delle volte, come ben saprai, è difficile per loro trovare un modo anche solo per ricevere un parere disinteressato, ma 'importante' da parte di qualcuno, come puoi essere tu, che nella musica, almeno in parte, ci ha vissuto e ci sta vivendo ..alla grande.
Fra i tanti gruppi emergenti che mi piacciono, ne ho scelto uno e una canzone da farti sentire, quello che adesso mi sembrava il più adatto. Ti mando la canzone. L' ascolti e mi dici che ne pensi?
OK, veniamo al Subgruppo devasto: avevo già ascoltato qualcosa sul loro MySpace... Acerbi, un po' ingenui... Mi aveva fatto sorridere l'enfasi con cui snocciolano la loro autobiografia, la pulsione primaria della loro musica è buona, sento puzza di roba che mi piace.Arriviamo ai testi. E' lodevole la voglia di affrontare i cazzinculo del nostro tempo visto che la tendenza della nuova musica in Italia è quella di far scomparire ogni riferimento al sociale (... è volgare... mi viene in mente fiorello che imita carlabruni)... Solo che ascoltando le parole incatenate, sono un po' infastidito dalla dinamica del discorso, che si arresta sempre al primo grado di comprensione, appesantito da un punto di vista a volte semplicista... cresceranno se cercheranno di guardare le cose con un occhio strabico, provando a trovare ottiche inusuali... cresceranno se impareranno a prendersi per il culo da soli, l'autoironia è fondamentale per la critica sociale (cazzo fa pure rima... lo posso fare diventare il verso di un'altra delle mie canzoni di merda). Da sottolineare con la matita blu, nella canzone che mi hai fatto ascoltare, il primo verso... lì ci sono rimasto male: "Noia! una madre che ha ucciso il proprio figlio e ha il coraggio di mentire alla TV!" Il riferimento a Cogne mi allibisce, vorrei che fosse tra virgolette e che fossa la citazione ironica del punto di vista dello spettatore medio che si beve tutto ciò che gli raccontano ma, andando avanti nell'ascolto mi rendo conto che non si tratta di questo ma del pensiero dell'autore visto che il resto del testo è espresso in questi termini... brividi lungo la schiena.Che 'sta madre sia o non sia un'assassina non mi interessa, mi stra-interessa che ci sia tanta gente pronta a credere ciecamente alla comodissima versione ufficiale (ufficiale in tivvù molto prima che lo fosse in tribunale)... a nessuno viene mai in mente che nel momento in cui una roba del genere arriva al grande pubblico è indispensabilmente propagandistico trovare un colpevole in fretta? A nessuno viene mai in mente che una volta che hai mosso i R.I.S. e hai speso una fortuna per tutto ciò, non puoi rimanere a mani vuote?A me viene in mente che, se rientrando a casa, trovo la persona con cui vivo, morta sul pavimento con la testa spaccata, faccio le valigie e scappo in Sud America, che tanto ad ucciderla sono stato io, è ovvio!

Devo (!) chiederti della Tempesta, questa etichetta che ha prodotto artisti che (ognuno a proprio modo), come si dice, "spaccano il culo", album di un certo spessore e valore, concerti di quelli che senti davvero e ti ricordi.
Vissuta da dentro, com'è, cos'è questa Tempesta?

La Tempesta è un'ipotesi più che un'etichetta, è nata come marchio di autoproduzione per i T.A.R.M. che, ragionandosi addosso, poco prima che ci si conoscesse in occasione della registrazione del loro "la testa indipendente" di cui ho curato la realizzazione artistica, avevano deciso di diventare padroni di loro stessi... L'autoproduzione spesso è la chiave di volta delle idee che valgono ma che non hanno un mercato di massa.
Poi, così quasi naturalmente, è diventata qualcosa di più; quando è stato il momento di fare uscire l'album di Rossofuoco del 2004, mi è sembrato ovvio, piuttosto che cercare improbabili deal con le etichette presenti nel panorama italiano, di chiedere, vista l'amicizia e la stima reciproca che ci lega, ai T.A.R.M. come avrebbero visto il mio album con il marchietto della loro label sopra...
Poi sono arrivati Moltheni, I Melt, Il Teatro Degli Orrori, Altro... Agli occhi della gente è una vera e propria etichetta, la realtà è che si tratta di un consorzio di autoproduzione che vorremmo insieme far diventare una vera e propria factory, stiamo ragionando sulle mosse da fare, come la gestione attraverso un'ottica comune di promozione, concetti artistici come il packaging degli album e i videoclip, concerti live, cose che già attualmente,in parte, stiamo sperimentando.
Devo dire che sono molto fiero di appartenere a questa idea, per me che ho partecipato all'avventura del C.P.I. trovarmi una seconda volta nella vita a far parte di uno dei "fenomeni" più rilevanti del panorama italiano è una bella soddisfazione, penso che per Davide, che ha fatto parte del Great Complotto all'inizio degli '80 sia un po' la stessa cosa.

Mi parleresti un po' di quei "paladini del crocefisso" e, soprattutto, di "quella voce che ti dice uccidi uccidi nella testa"?
Alè, i paladini del crocifisso... Dessi retta al mio istinto, ti scriverei qui di seguito una sfilza infinita di bestemmie, una più orrenda dell'altra, tanto per urtare un po' la sensibilità del popolo cattolico che si annida anche tra i tuoi lettori... A parziale (solo parziale) e stupida rivalsa di tutte le volte che questa specie di setta, della mia sensibilità e di quella di atei, agnostici, laici e di altri che, pur condividendo la passione per le superstioni della setta, ha comunque diverse forme di idolatria e altre divinità, se ne è strafregata.Tanto alla stupidità è inutile contrapporre la ragione... E allora ecco qui un paio di idee stupide, tanto per scendere al livello di chi mi dice cosa fare perché lo dice la Cei: nelle aule scolastiche, di fianco al crocifisso mettiamoci anche tutti gli altri simboli delle religioni di questo pianeta, compreso un modellino dell'enterprise, a conforto dei figli dei numerosissimi seguaci di ron hubbard... oppure: aborto obbligatorio... O anche: rimandiamo il papa ad Avignon, fra un secolo saranno cazzi dei francesi... Stop.Per quello che riguarda la voce che ti sussurra "uccidi, uccidi" nella testa è esattamente quello che qualsiasi persona normale sente ogni tanto quando si guarda intorno... Quelli che poi danno retta al proprio istinto si trasformano in supereroi... Oppure li rinchiudono e, in assenza di pentimento, buttano via la chiave...

L'ultima domanda ti sembrerà stupida, ma l'avevo pensata già da un po', permettimi di fartela.Le testate al microfono. Suoni, canti, urli e ogni tanto quelle testate. Come ti vengono?Quando sei lì che stai sbraitando con tutta la tua aggressività, sparando tutte le cartucce della chitarra, ad un certo punto ti rendo conto che non basta. Tutto il tuo ululare e sbattere il plettro più o meno a ritmo sulle corde non esprime tutto quello che hai dentro; è una reazione stupida e infantile, ma la testata sul microfono è l'unico gesto che ti viene, la manifestazione di un sentimento di impotenza che appartiene al momento ma anche al tuo vivere quotidiano in relazione a ciò che ti circonda... Quando poi ti rendi conto che questa cosa fa anche un gran effetto sia dal punto di vista sonoro (il boom sordo che ne esce fuori copre anche il più violento dei colpi di cassa) che da quello visivo, lo rifai, reiteri quel gesto di piccola follia furiosa, liberatoria, fino a farti male, fino a sanguinare a volte...E' normale, è la mia maniera di reagire, un po' da caprone, lo so, ma quando sono molto arrabbiato e/o disperato, quando non c'è verso di uscire dal vicolo cieco di una lite tra sordi, sin da piccolo, il gesto più spontaneo è prendere a testate il muro, e non per scherzo...Poi, la mattina dopo un concerto, quando vedo allo specchio le stigmate della mia stupidità, le crosticine a forma di retìna di microfono che si formano sulla mia fronte, scuoto la testa, perché so già che lo rifarò.
Erika Gigli