Che successo il concerto di Irene Grandi di sabato sera a Novara. Lo è stato perché Irene, con la sua musica, è riuscita a catturare l'immaginario collettivo, a piacere ai ragazzi e ai più agés, agli snob e ai pop. Piazza Martiri ha fatto registrare il tutto esaurito, oltre 5.000 le presenze stimate.
Dopo essere tornata sul palco di Sanremo ed aver pubblicato il settimo disco di inediti della sua carriera, Alle porte del sogno, da pochi giorni è partita la seconda parte tour estivo, con un live che abbina le canzoni più recenti ai successi di una carriera che dura ormai da 15 anni.
Il concerto è iniziato puntualissimo alle 21.30 proprio con la sanremese La cometa di Halley, brano dal ritmo martellante e dalla sapiente melodia: nella banalità di una storia consumata, l’aggressiva Irene (pantaloni di pelle, camicia nera a frange e tacco 12) mostra di preferire la fuga nello spazio ai metaforici rubinetti che perdono. Come darle torto.
La scaletta prosegue seguendo la title-track dell’ultimo disco, sul filone della ricerca del benessere interiore, con Tutti più felici e Alle porte del sogno.
Con il pubblico ormai “caldo” e plaudente arrivano le hit La tua ragazza sempre, Come tu mi vuoi e Un motivo maledetto: facile immaginare il tripudio che i fan hanno riservato all’artista toscana, che anche i più lontani dal palco sono riusciti ad ammirare grazie agli schermi posizionati come fondale scenico.
Dopo una altra hit, la ballad Lasciati andare, Irene esce di scena e rientra “volando” appesa ad una corda calata dall’altro sulle note di Prima di partire per un lungo viaggio, una parentesi di cui non si intuisce la necessità.
Nel frattempo si è anche cambiata, a favore di un look più sportivo con jeans, gilet e tacco moderato: è consapevole di essere una icona di stile per le fan, e tra il pubblico molte signore, nei loro commenti, la paragonano a una sorta di Patty Pravo degli Anni Novanta.
Dentro il suo sound, c'è un calderone: nell’ultimo disco ha collaborato con Gaetano Curreri, Francesco Bianconi e Alfredo Vetrini, che hanno dato una impronta aurorale forte. In particolare lo zampino di Bianconi dei Baustelle ritorna prepotente in Bruci la città che infiamma la piazza che continua ad ardere con l’ansimare erotico della brava Irene in Per fare l’amore, uno dei brani firmati Vasco Rossi, quando ancora aveva idee da regalare ad altri autori.
Il concerto si chiude con la hit più nota, In vacanza da una vita, firmata da Curreri degli Stadio. Poi una applauso lunghissimo e l’inchino di Irene e della band verso il pubblico con cui si è stretta in un abbraccio ideale. Roberto Conti
25 luglio 2010
22 luglio 2010
Carmen Consoli canta Madonna e la Carrà: è lei la regina del Libra Festival
Il concerto biellese di Carmen Consoli si apre con un'esibizione di Fabio Abate, artista catanese prodotto dalla stessa Consoli e dalla sua Narciso records, che ci fa ascoltare alcune delle canzoni del suo primo album di inediti.
Quando arriva Carmen lo stadio si accende, e nonostante il cancello di ferro (un paradosso per un festval che si chiama Libra) e gli svariati metri che ci separano dalla Cantantessa siamo tutti su di giri.
Inizia con una canzone dell'ultimo album Ventunodieciduemilatrenta, una delle più significative ma anche di più difficile interpretazione, per poi rivisitare classici come Parole di burro, Confusa e felice, Lingua a sonagli.
L'interpretazione di Besame Giuda, in cui cambia una parte di testo, si conclude con una "coda" sonora a cui attacca Material girl di Madonna, uno degli apici di questo concerto insieme all'inaspettata reinterpretazione di Tanti auguri di Raffaella Carrà.
In scaletta sono presenti anche brani che di solito Carmen porta sul palco teatrale, come Col nome giusto e Mandaci una cartolina tratte dall'ultimo album Elettra, cantate la prima in versione piano e voce, la seconda in versione acustica con l'accompagnamento dei due storici chitarristi: Massimo Roccaforte e Santi Pulvirenti (detto il Conte).
Dopo il concerto è stata la stessa Carmen a raccontarci di come avrebbe voluto avere il (suo) pubblico vicino a lei e al palco, perchè infondo cantare senza pubblico era una privazione anche per lei e la band (cit: "Ci siamo sentiti quasi come degli animali in gabbia"). Nonostante questo sembrava contenta di aver potuto amplificare in modo diverso e più incisivo i suoi strumenti. Elena Scozzafava
20 luglio 2010
Max Gazzè torna con Quindi?, album sui punti di domanda
Per lavoro curo una rubrica di appuntamenti musicali per un giornale locale. L'altro giorno una collega sforbiciando la mia misera colonnina sui concerti, taglia per ragioni di spazio il povero Max Gazzè che l'indomani avrebbe suonato a Milano. Sentendomi un poco in colpa decido dunque di scrivere di Quindi? che da parecchie settimane è qui sulla scrivania.
Un disco sui punti interrogativi, dall'andatura lenta e dolcissima. Vi sarà capitato di ascoltare per radio Mentre dormi, il singolo di lancio, che fa parte anche della colonna sonora del film "Basilicata coast to coast" di Rocco Papaleo. Una onirica dichiarazione d'amore, almeno io la intendo così, "tra coriandoli di cielo e manciate di spuma di mare". Parole, queste, che se fossero usate da altri rischierebbero di cadere nel pozzo della banalità, ma che l'interpretazione sussurrata di Gazzè riesce a rendere raramente evocative.
E' la parte centrale del disco quella più interessante, Il drago che ti adora ha una narrazione coinvolgente e una melodia da favola; Storie crudeli (non c'è ragione per raccontare) è invece una metafora sulla cultura della paura, in tutte le sue forme, che ci viene in qualche modo inculcata, da quelle dei bambini a quella del terrorismo.
E' la parte centrale del disco quella più interessante, Il drago che ti adora ha una narrazione coinvolgente e una melodia da favola; Storie crudeli (non c'è ragione per raccontare) è invece una metafora sulla cultura della paura, in tutte le sue forme, che ci viene in qualche modo inculcata, da quelle dei bambini a quella del terrorismo.
Quindi? rappresenta un lavoro importante, a livello testuale Gazzè predilige termini più soffici anche rispetto al suo recente passato, mentre l'impasto sonoro è maturo e privo di scatti emotivi anche se c'è qualche piacevole abbandono alla psichedelia (vedi Impercettibili). L'invito ad un ascolto profondo è d'obbligo affinchè questo lavoro possa davvero lasciare qualcosa di più di un semplice intercalare. Roberto Conti
19 luglio 2010
Alla festa di Artevox l'addio milanese di Moltheni. Gli Amor Fou duettano con Sara Marzo degli Scisma
Buon compleanno Artevox!
Quello che vi sto per raccontare è il live per la festa dei 5 anni di vita di questa agenzia. Una festa un po' triste perchè coincide anche con l'ultimo concerto di Moltheni a cui potrò assistere. Ce ne saranno ancora un paio ma sono tutti al sud. Quindi questo è proprio l'ultimo di una luunga serie incominciata ormai parecchi anni fa.
Ci sono tanti amici al Magnolia di Milano, la gente infatti in questi anni è più o meno sempre la stessa. E' anche a loro che va il mio grazie - oltre che ad Umberto naturalmente - per i bei momenti, i chilometri, le emozioni, le nottate trascorse a dormire in auto, il cibo insano, il freddo, il caldo, la noia, i rapporti sessuali non protetti, i pensieri infiniti...
E poco importa se questo cantautore atipico tra qualche mese tornerà con un nuovo progetto, il 15 luglio si è chiuso un ciclo. Almeno per me.
L'atmosfera è felice e rillassata: "Ci tengo che questa sera vi divertiate", dirà poi Umberto durante il concerto.
Prima di lui tocca agli altri pupilli Artevox scaldare il pubblico: prima gli ottimi Stead, poi gli Aria di neve, che nonostante il nome non raffrescano l'incandescente e pieno di zanzare idroscalo milanese. Una menzione per gli Amor Fou, al primo live che ascolto dall'uscita del nuovo disco I Moralisti. Premettendo -doverosamente- che l'audio del Magnolia ha la potenza di un peto silente, causa soliti vincoli milanesi sui volumi, il quartetto capitanato da Alessandro Raina è stato bravo, impeccabile nella tecnica e sufficientemente abile nel proporre canzoni difficili da digerire al primo ascolto.
Ospite graditissima, l'indimenticata voce degli Scisma, Sara Marzo, che ha duettato nel pezzo più suggestivo della loro performance, Cos'è la libertà, uno dei pochi ripescaggi da La stagione del cannibale.
L'ora si fa tarda ed ecco sul palco sale Moltheni con la sua band. Scaletta breve, scelta dei brani tra i più orecchiabili e "tirati". C'è anche qualcuno tra i miei preferiti, Vita rubina, L'amore acquatico, poi i "singoli" L'età migliore, Gli anni del malto... insomma una idea della musica ve l'ho data. C'è spazio anche per un brano inedito (che poi inedito non è più, visto che su You Tube c'è già) a cui decido arbitrariamente di assegnare il titolo di Verdi rimedi, una marcetta allegrotta che rievoca quegli anziani che ballano che campeggiavano sul manifesto del tour di qualche anno fa.
C'è spazio anche per l'amata Corallo, per Petalo e per la mesta Per carità si stato. Poi il nostro saluta il pubblico con una assai energica Eternamente nell'illusione di te...
La mia misconosciuta vicina di posto canta come una gallina strozzata. Emette anche i gemiti e i lamenti di fondo tipici dello stile di Umberto. Brava.
Moltheni saluta e se ne va. A gran voce il pubblico lo chiama e lui torna per un bis, poi va via di nuovo. I fan lo chiamano ancora, a lungo.
Lui esita, poi rientra, ma a quel punto il severo tecnico del Magnolia gli fa cenno che si è fatto tardi e non c'è tempo per un ultimo addio.
Forse ci avrebbe suonato In centro all'orgoglio che Niccolò, anima di Artevox, chiedeva da mesi... Pazienza.
Grazie della serata e del ricordo, lo porterò con me a lungo, come quando dieci anni fa, un pomeriggio stavo per andarmene da casa quando, per caso, Moltheni entrò dalla televisione.
Roberto Conti
Quello che vi sto per raccontare è il live per la festa dei 5 anni di vita di questa agenzia. Una festa un po' triste perchè coincide anche con l'ultimo concerto di Moltheni a cui potrò assistere. Ce ne saranno ancora un paio ma sono tutti al sud. Quindi questo è proprio l'ultimo di una luunga serie incominciata ormai parecchi anni fa.
Ci sono tanti amici al Magnolia di Milano, la gente infatti in questi anni è più o meno sempre la stessa. E' anche a loro che va il mio grazie - oltre che ad Umberto naturalmente - per i bei momenti, i chilometri, le emozioni, le nottate trascorse a dormire in auto, il cibo insano, il freddo, il caldo, la noia, i rapporti sessuali non protetti, i pensieri infiniti...
E poco importa se questo cantautore atipico tra qualche mese tornerà con un nuovo progetto, il 15 luglio si è chiuso un ciclo. Almeno per me.
L'atmosfera è felice e rillassata: "Ci tengo che questa sera vi divertiate", dirà poi Umberto durante il concerto.
Prima di lui tocca agli altri pupilli Artevox scaldare il pubblico: prima gli ottimi Stead, poi gli Aria di neve, che nonostante il nome non raffrescano l'incandescente e pieno di zanzare idroscalo milanese. Una menzione per gli Amor Fou, al primo live che ascolto dall'uscita del nuovo disco I Moralisti. Premettendo -doverosamente- che l'audio del Magnolia ha la potenza di un peto silente, causa soliti vincoli milanesi sui volumi, il quartetto capitanato da Alessandro Raina è stato bravo, impeccabile nella tecnica e sufficientemente abile nel proporre canzoni difficili da digerire al primo ascolto.
Ospite graditissima, l'indimenticata voce degli Scisma, Sara Marzo, che ha duettato nel pezzo più suggestivo della loro performance, Cos'è la libertà, uno dei pochi ripescaggi da La stagione del cannibale.
L'ora si fa tarda ed ecco sul palco sale Moltheni con la sua band. Scaletta breve, scelta dei brani tra i più orecchiabili e "tirati". C'è anche qualcuno tra i miei preferiti, Vita rubina, L'amore acquatico, poi i "singoli" L'età migliore, Gli anni del malto... insomma una idea della musica ve l'ho data. C'è spazio anche per un brano inedito (che poi inedito non è più, visto che su You Tube c'è già) a cui decido arbitrariamente di assegnare il titolo di Verdi rimedi, una marcetta allegrotta che rievoca quegli anziani che ballano che campeggiavano sul manifesto del tour di qualche anno fa.
C'è spazio anche per l'amata Corallo, per Petalo e per la mesta Per carità si stato. Poi il nostro saluta il pubblico con una assai energica Eternamente nell'illusione di te...
La mia misconosciuta vicina di posto canta come una gallina strozzata. Emette anche i gemiti e i lamenti di fondo tipici dello stile di Umberto. Brava.
Moltheni saluta e se ne va. A gran voce il pubblico lo chiama e lui torna per un bis, poi va via di nuovo. I fan lo chiamano ancora, a lungo.
Lui esita, poi rientra, ma a quel punto il severo tecnico del Magnolia gli fa cenno che si è fatto tardi e non c'è tempo per un ultimo addio.
Forse ci avrebbe suonato In centro all'orgoglio che Niccolò, anima di Artevox, chiedeva da mesi... Pazienza.
Grazie della serata e del ricordo, lo porterò con me a lungo, come quando dieci anni fa, un pomeriggio stavo per andarmene da casa quando, per caso, Moltheni entrò dalla televisione.
Roberto Conti
17 luglio 2010
Baustelle, al Carroponte un concerto di impatto: pubblico numeroso, pop e pagante
Avevo lasciato i Baustelle con qualche scricchiolio nella performance live, almeno così era stato nel tour di Amen. Al Carroponte di Milano il pubblico è quello delle grandi occasioni, numeroso, pop e pagante. L'attacco è di quelli che mi predispongono favorevolmente, I provinciali è infatti il mio brano preferito della band toscana. La formazione sul palco contempla otto musicisti, tutti si prodigano a suonare (ci sono anche strumenti insoliti: archi, flauto, percussioni...) e a fare cori. L'obiettivo numero uno è visibilmente quello di fornire una performance di impatto. Anche i suoni, con i limiti offerti da Milano sui volumi, sono impeccabili. Francesco e Rachele si alternano, come al solito, dosando con sapienza le energie vocali conservate fino alla fine grazie all'opportuno supporto della band che non li lascia mai soli, specie nei passaggi più impegnativi.
Si prosegue con alcuni brani dell'ultimo I mistici dell'occidente: Le rane, Gli spietati che il pubblico conosce a memoria e l'energica Canzone della rivoluzione.
La performance prosegue senza sussulti, la scalatta a quanto mi dice l'amico Luca, che li ha seguiti in diverse date del tour, è sempre la stessa. Anche le frasi che usano come intercalare sono quelle.
I brani dell'ultimo disco vengono proposti quasi tutti, mentre meno frequenti soni i ripescaggi da Amen e dai primi album: mancano le hit Colombo, Il liberismo ha i giorni contati e Baudelaire, più adatte forse ad un set più elettronico, ma viene proposta Antropophagus che Bianconi dedica alla città di Milano. Dal passato vengono proposte anche Il corvo Joe, Gomma e La guerra è finita. In chiusura Bianconi annuncia: "Questo è un pezzo che parla di uno sport specifico"... dopo molti secondi tutti si accorgono che si tratta di Charlie fa surf, allora cantano e ballano contenti. Roberto Conti
La performance prosegue senza sussulti, la scalatta a quanto mi dice l'amico Luca, che li ha seguiti in diverse date del tour, è sempre la stessa. Anche le frasi che usano come intercalare sono quelle.
I brani dell'ultimo disco vengono proposti quasi tutti, mentre meno frequenti soni i ripescaggi da Amen e dai primi album: mancano le hit Colombo, Il liberismo ha i giorni contati e Baudelaire, più adatte forse ad un set più elettronico, ma viene proposta Antropophagus che Bianconi dedica alla città di Milano. Dal passato vengono proposte anche Il corvo Joe, Gomma e La guerra è finita. In chiusura Bianconi annuncia: "Questo è un pezzo che parla di uno sport specifico"... dopo molti secondi tutti si accorgono che si tratta di Charlie fa surf, allora cantano e ballano contenti. Roberto Conti
10 luglio 2010
"Ascolti emergenti" di luglio, seconda parte
Stiv – Quel triangolo delle meduse ***
Al secolo Stefano Tirella, in arte Stiv. Nel suo curriculum un po' di tutto: dj, produttore, remixer, musicista, collaboratore con una quantità enorme di gente del calibro di Faso, Irene Grandi, Jovanotti e tanti altri. Tanto per non smentire la sua iperattività, Stiv suona, canta, registra tutto da solo e quello che ne esce è “Quel triangolo delle meduse”. Tra drum machines, chitarre slabbrate ed elettronica a bassa fedeltà, il nostro pare divertirsi parecchio: lo spirito pare quello di un Immanuel Casto (di cui ricorda molto lo stile canoro) senza la componente gaia e con molta più cazzoneria in particolare nei testi (Barracuda, Beep!), passando per momenti molto vicini ai Prozac + (La Titanica) e senza mai dimenticare, dall'inizio alla fine, una certa tamarraggine che male non fa, senza il timore di risultare a tratti decisamente kitsch (e qui ricorda molto il caro Immanuel) anche se il livello medio dei pezzi vacilla soprattutto verso il finale. Un simpatico divertissement quindi, che in più di un'occasione strappa un sorriso. Fabio Gasparini
WOT – Handyman **/
Ammetto di essere partito coperto di pregiudizi, ma non posso farci proprio niente contro la mia allergia naturale ai Franz Ferdinand, cui i catanesi WOT dichiarano di ispirarsi,. Ammetto anche che i nostri rivelano di avere due o tre marce in più rispetto al miliardo di band italiane che scimmiottano la scena indie britannica, cioè dell'energia da vendere, un'attitudine alla melodia piuttosto personale, oltre ad una produzione assolutamente impeccabile. Tutto ciò basterebbe già per convincervi a dedicare un'oretta di questi pomeriggi afosi all'ascolto del primo album di questi simpatici ragazzi. Il disco scorre leggero tra omaggi ai Blur (Summertime) e addirittura reminiscenze degli storici Pulp, sparse un po' ovunque, a cominciare dalla opener Better Than Tomorrow, nonché primo singolo; la pecca principale di tutto il lavoro però è proprio la mancanza della volontà di distaccarsi dai propri modelli, così da passare con rapidità nel dimenticatoio. Faranno di sicuro la gioia degli amanti del genere, mentre per tutti gli altri passeranno inosservati. Fabio Gasparini
Specially Mild - Multiverso ***
Al secolo Stefano Tirella, in arte Stiv. Nel suo curriculum un po' di tutto: dj, produttore, remixer, musicista, collaboratore con una quantità enorme di gente del calibro di Faso, Irene Grandi, Jovanotti e tanti altri. Tanto per non smentire la sua iperattività, Stiv suona, canta, registra tutto da solo e quello che ne esce è “Quel triangolo delle meduse”. Tra drum machines, chitarre slabbrate ed elettronica a bassa fedeltà, il nostro pare divertirsi parecchio: lo spirito pare quello di un Immanuel Casto (di cui ricorda molto lo stile canoro) senza la componente gaia e con molta più cazzoneria in particolare nei testi (Barracuda, Beep!), passando per momenti molto vicini ai Prozac + (La Titanica) e senza mai dimenticare, dall'inizio alla fine, una certa tamarraggine che male non fa, senza il timore di risultare a tratti decisamente kitsch (e qui ricorda molto il caro Immanuel) anche se il livello medio dei pezzi vacilla soprattutto verso il finale. Un simpatico divertissement quindi, che in più di un'occasione strappa un sorriso. Fabio Gasparini
WOT – Handyman **/
Ammetto di essere partito coperto di pregiudizi, ma non posso farci proprio niente contro la mia allergia naturale ai Franz Ferdinand, cui i catanesi WOT dichiarano di ispirarsi,. Ammetto anche che i nostri rivelano di avere due o tre marce in più rispetto al miliardo di band italiane che scimmiottano la scena indie britannica, cioè dell'energia da vendere, un'attitudine alla melodia piuttosto personale, oltre ad una produzione assolutamente impeccabile. Tutto ciò basterebbe già per convincervi a dedicare un'oretta di questi pomeriggi afosi all'ascolto del primo album di questi simpatici ragazzi. Il disco scorre leggero tra omaggi ai Blur (Summertime) e addirittura reminiscenze degli storici Pulp, sparse un po' ovunque, a cominciare dalla opener Better Than Tomorrow, nonché primo singolo; la pecca principale di tutto il lavoro però è proprio la mancanza della volontà di distaccarsi dai propri modelli, così da passare con rapidità nel dimenticatoio. Faranno di sicuro la gioia degli amanti del genere, mentre per tutti gli altri passeranno inosservati. Fabio Gasparini
Specially Mild - Multiverso ***
Mi è piaciuto qusto ep degli Specially Mild, Multiverso: fanno un pop non scontato soprattutto nei testi. Mi hanno ricordato come sonorità qualcosa della scena new wave italiana anni '90, merito dei sintetizzatori. Ritornando appunto ai testi li ho trovati molto profondi. Gianluca Pierini (voce, pianoforte, synth, chitarra ritmica), Arianna Graciotti (chitarra, disordine), Daniele Staffolani (basso, backing vocals), Rodnei Tassi (batteria, backing vocals) riescono a trasmettere atmosfere evocative che spaziano tra generi musicali assai diversi. Brani da segnalare Tennis club ticà, Lettera 22 e la mia preferita è la potente Himmlisch. Marco Colombo
Psychopatic Romantics - Pretty Prizes ***
I Psychopathic Romantics sono Mario 'Dust' La Porta, Vincenzo Giambattista Tancredi Augusto De Cesare, Filippo Jr.Santoiemma. Pretty prizes è un lavoro autoprodotto "imprevedibile" visto l’uso di strumenti atipici come zampogne e glockenspiel. La band crea un'atmosfera tra il prog e il punk. Anche i testi sono ironici e interessanti. Tra le mie preferite Transparent smiles con i suoi cambi improvvisi di ritmo, e 21 più rock. Un disco sicuramente molto particolare ed orginale. Marco Colombo
I Psychopathic Romantics sono Mario 'Dust' La Porta, Vincenzo Giambattista Tancredi Augusto De Cesare, Filippo Jr.Santoiemma. Pretty prizes è un lavoro autoprodotto "imprevedibile" visto l’uso di strumenti atipici come zampogne e glockenspiel. La band crea un'atmosfera tra il prog e il punk. Anche i testi sono ironici e interessanti. Tra le mie preferite Transparent smiles con i suoi cambi improvvisi di ritmo, e 21 più rock. Un disco sicuramente molto particolare ed orginale. Marco Colombo
MGZ - La Bolla “Greatest Hits” **
“La parola del profeta compattata in 20 tracce esplosive. Canzoni e consolazioni dal Pianeta Burulandia. Una pietra miliare, un ricordo, un futuro possibile, un amore impermeabile, un sogno, un risveglio...”. Così leggiamo nella presentazione del cd di MGZ, La Bolla Greatest Hits. MGZ, “il profeta alieno” ci presenta tante canzoni dai testi divertenti, irriverenti che piaceranno agli amanti delle discoteche più tamarre, ma che nascondono proprio nelle parole temi diversi:dalla paura di avere paura in Hai paura?, alla bellezza sfuocata della vita in Disco paradise, alla situazione giovanile in Stelline, alla voglia di reazione in Muovete le manine. MGZ usa questo sound dance per comunicare appunto proprio con i giovani. mar. col.
“La parola del profeta compattata in 20 tracce esplosive. Canzoni e consolazioni dal Pianeta Burulandia. Una pietra miliare, un ricordo, un futuro possibile, un amore impermeabile, un sogno, un risveglio...”. Così leggiamo nella presentazione del cd di MGZ, La Bolla Greatest Hits. MGZ, “il profeta alieno” ci presenta tante canzoni dai testi divertenti, irriverenti che piaceranno agli amanti delle discoteche più tamarre, ma che nascondono proprio nelle parole temi diversi:dalla paura di avere paura in Hai paura?, alla bellezza sfuocata della vita in Disco paradise, alla situazione giovanile in Stelline, alla voglia di reazione in Muovete le manine. MGZ usa questo sound dance per comunicare appunto proprio con i giovani. mar. col.
"Ascolti emergenti" di luglio, prima parte
Grenouille – In Italia non si può fare la rivoluzione ****/
“Signore! Aiutami a sopravvivere a questo bacio letale”. Questa è la scritta che campeggia sopra il bacio di Breznev e Honecker, uno dei tanti murales del Muro di Berlino. Una dichiarazione di insofferenza nei confronti di una classe politica egoista falsa ed immobile. I Grenouille offrono nuovo contesto alle considerazioni di allora, applicandole allo status attuale della società italiana che tutti tristemente conosciamo, in questo EP di 4 tracce che abbandona parzialmente le sonorità tipicamente grunge del loro disco d'esordio, Saltando dentro al fuoco (2008), optando per una più interessante ibridazione con le atmosfere dei Pixies. Se la title-track lascia il segno con il suo ritornello ripetuto fino alla nausea e il suo testo tanto acido quanto vero (la musica alternativa mi piace... fa schifo...fa male, ma tanto in Italia non si può fare...), Il Porno è la Democrazia si erge come nuovo manifesto d'intenti (musicali e non) della band, che pare ricercare nuove soluzioni espressive in un equilibrio praticamente perfetto tra le parti. Diluiscimi nel sangue potrebbe ricordare nel sound addirittura i primi Queens Of The Stone Age (qualche maligno potrebbe pensare agli ultimi Verdena, ma i nostri evitano abilmente la trappola). A chiudere l'EP, un tributo ai Pan del Diavolo, dei quali troviamo proposta il tormentone i Fiori, nulla aggiunge né toglie alla già ottima prova sostenuta dai quattro. Non ci resta che attendere con ansia il secondo disco, sperando che il profumo che i Grenouille hanno qui assunto non vada perso per strada. Fabio Gasparini
The Scalas’ big 9 - The Scalas’ big 9 **
Il progetto Scalas’ big 9 nasce nel 2003 dalle ceneri dei Kulatta Daskuatta, gruppo ska-core del piacentino. Dopo una serie di cambi di line up viene aggiunta una chitarra, la sezione fiati e cambiato il cantante con una voce femminile. A maggio 2009 esce questo album, registrato in presa diretta per catturare l’energia live della band. Il disco è originale perchè riproduce fisicamente un vecchio vinile. The Scalas’ Big 9 sono una band formata da ben undici bravi musicisti, la loro proposta però -vecchi pezzi della Jamaica anni '60 rivisitati in chiave moderna- non è nulla di nuovo e segue lo stile di Guliano Palma e soci. Tra i 17 pezzi rock steady troviamo anche dei grandi classici come You are too bad e Il cielo in una stanza. Marco Colombo
Guignol - Una risata ci seppellirà **/
Che l'essere recensito non è triste, triste è il pensar di recensire. Parafrasando la frase che appare sulla copertina dell'album dei Guignol non posso che pensare a quanto sia difficile essere un gruppo rock italiano al giorno d'oggi, ma fermiamoci ai Guignol e al loro album Una risata...ci seppellirà in cui sono state impacchettate dieci canzoni senza anima nè linfa. Prendiamo la loro musica: un rock distorto ma scialbo e piatto, sembra quasi che la musica sia stata appoggiata alle parole con l'unico scopo di far declamare al cantante i suoi vuoti versi. Non c'è un riff, un ritornello degno di nota, solo chitarre acide e disturbate di sottofondo. E veniamo ai testi: il cantante sputa le sue parole con fare indignato come ora va un pò di moda (vedi Teatro degli orrori) su canzoni parlate e raramente cantate, ma non c'è poesia nei suoi testi, non riesce mai a dipingere, con pochi tratti, un'emozione, un'atmosfera. Ad esempio nella traccia numero nove Il turno, la voce impiega ben metà canzone a dire ciò che paolo Villaggio riuscì con un solo geniale verso: "Sveglia e caffè, barba e bidè, presto che perdo il tram". Canzone da salvare? Bè diciamo allora la numero otto Polli in batteria, in cui con una "sottile" metafora il cantante descrive l'attuale realtà italiana conformista e pavida, supina e invidiosa del potere in tutte le sue forme. Alberto Cantone
“Signore! Aiutami a sopravvivere a questo bacio letale”. Questa è la scritta che campeggia sopra il bacio di Breznev e Honecker, uno dei tanti murales del Muro di Berlino. Una dichiarazione di insofferenza nei confronti di una classe politica egoista falsa ed immobile. I Grenouille offrono nuovo contesto alle considerazioni di allora, applicandole allo status attuale della società italiana che tutti tristemente conosciamo, in questo EP di 4 tracce che abbandona parzialmente le sonorità tipicamente grunge del loro disco d'esordio, Saltando dentro al fuoco (2008), optando per una più interessante ibridazione con le atmosfere dei Pixies. Se la title-track lascia il segno con il suo ritornello ripetuto fino alla nausea e il suo testo tanto acido quanto vero (la musica alternativa mi piace... fa schifo...fa male, ma tanto in Italia non si può fare...), Il Porno è la Democrazia si erge come nuovo manifesto d'intenti (musicali e non) della band, che pare ricercare nuove soluzioni espressive in un equilibrio praticamente perfetto tra le parti. Diluiscimi nel sangue potrebbe ricordare nel sound addirittura i primi Queens Of The Stone Age (qualche maligno potrebbe pensare agli ultimi Verdena, ma i nostri evitano abilmente la trappola). A chiudere l'EP, un tributo ai Pan del Diavolo, dei quali troviamo proposta il tormentone i Fiori, nulla aggiunge né toglie alla già ottima prova sostenuta dai quattro. Non ci resta che attendere con ansia il secondo disco, sperando che il profumo che i Grenouille hanno qui assunto non vada perso per strada. Fabio Gasparini
The Scalas’ big 9 - The Scalas’ big 9 **
Il progetto Scalas’ big 9 nasce nel 2003 dalle ceneri dei Kulatta Daskuatta, gruppo ska-core del piacentino. Dopo una serie di cambi di line up viene aggiunta una chitarra, la sezione fiati e cambiato il cantante con una voce femminile. A maggio 2009 esce questo album, registrato in presa diretta per catturare l’energia live della band. Il disco è originale perchè riproduce fisicamente un vecchio vinile. The Scalas’ Big 9 sono una band formata da ben undici bravi musicisti, la loro proposta però -vecchi pezzi della Jamaica anni '60 rivisitati in chiave moderna- non è nulla di nuovo e segue lo stile di Guliano Palma e soci. Tra i 17 pezzi rock steady troviamo anche dei grandi classici come You are too bad e Il cielo in una stanza. Marco Colombo
Guignol - Una risata ci seppellirà **/
Che l'essere recensito non è triste, triste è il pensar di recensire. Parafrasando la frase che appare sulla copertina dell'album dei Guignol non posso che pensare a quanto sia difficile essere un gruppo rock italiano al giorno d'oggi, ma fermiamoci ai Guignol e al loro album Una risata...ci seppellirà in cui sono state impacchettate dieci canzoni senza anima nè linfa. Prendiamo la loro musica: un rock distorto ma scialbo e piatto, sembra quasi che la musica sia stata appoggiata alle parole con l'unico scopo di far declamare al cantante i suoi vuoti versi. Non c'è un riff, un ritornello degno di nota, solo chitarre acide e disturbate di sottofondo. E veniamo ai testi: il cantante sputa le sue parole con fare indignato come ora va un pò di moda (vedi Teatro degli orrori) su canzoni parlate e raramente cantate, ma non c'è poesia nei suoi testi, non riesce mai a dipingere, con pochi tratti, un'emozione, un'atmosfera. Ad esempio nella traccia numero nove Il turno, la voce impiega ben metà canzone a dire ciò che paolo Villaggio riuscì con un solo geniale verso: "Sveglia e caffè, barba e bidè, presto che perdo il tram". Canzone da salvare? Bè diciamo allora la numero otto Polli in batteria, in cui con una "sottile" metafora il cantante descrive l'attuale realtà italiana conformista e pavida, supina e invidiosa del potere in tutte le sue forme. Alberto Cantone
1 luglio 2010
Vivere negli anni X, il nuovo disco di Il Genio è la sorpresa dell'estate
A distanza di due anni dal grande successo dell'omonimo disco d’esordio, ritorna il duo rétroelectropop rivelazione italiano! La coppia Contini-De Rubertis, famosa per l’intrigante hit Pop porno, destinata a diventare fenomeno di costume, riparte da Vivere negli anni X, un album carico di sensualità, ironia e complicità. Una grande prova di maturità che riconferma Il Genio come realtà unica in Italia, capace di proporre atmosfere dal sapore anni 60 e 70, con un sound originalissimo, attuale ed accattivante. Un disco di canzoni godibilissime e ballabili in cui il duo salentino, pur nel segno della continuità, mostra un nuovo volto, dove convivono l'immediatezza melodica, la trasgressione e l’eleganza della musica francese, l’energia della disco, la scrittura del pop italiano d’autore. L’album sarà anticipato dal singolo Cosa dubiti.
Rispetto al primo album è stato lacerato quel velo di apparente ingenuità che faceva sorridere ascoltando brani come Una giapponese a Roma o Non è possibile, in cui veniva messo in discussione lo sbarco sulla Luna della capsula Apollo.
Rispetto al primo album è stato lacerato quel velo di apparente ingenuità che faceva sorridere ascoltando brani come Una giapponese a Roma o Non è possibile, in cui veniva messo in discussione lo sbarco sulla Luna della capsula Apollo.
Questo nuovo disco è altrettanto "geniale" (oops, volevo dire originale) e aggiunge maggiori elementi dance e di 'incalzo' che sapranno sicuramente attirare l'ascoltatore.
Molti brani vedono l'alternanza vocale del duo Contini-De Rubertis, una sorta di dialogo d'amore che rende l'atmosfera percepita simile ad un fotoromanzo, in un continuo gioco di fughe e rincorse tra la sensuale e sottilissima voce di lei (Alessandra canta come Charlotte Gainsburg) e la calda e rassicurante timbrica di lui. Non fanno rimpiangere blasonatissimi gruppi di stampo internazionale come gli Air. Se dovessi muovere una critica a Vivere negli anni X mi limiterei a sottolineare che è un po' troppo ripetitivo nello stile e a tratti anche simile all'esordio Il Genio.
Brani favoriti: Cosa dubiti, Amore chiama terra, Non avrai (che ricorda molto un brano dell'ultimo degli Amor Fou nell'intro musicale), Fumo negli occhi.
Un disco che potrà diventare la sorpresa dell'estate. r.co.
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