29 settembre 2012

La vita agra di Unòrsominòre - Intervista ad Emiliano Merlin


Unòrsominòre (aka Emiliano Merlin) è artista la cui attenzione per le cose che ci circondano si denota già dal nome che si è scelto. Nemmeno gli accenti infatti sono casuali...
Dai suoi inizi con i Lecrevisse è passato al progetto individuale come Unòrsominòre che ha portato avanti con un album omonimo del 2009 e un interessante Ep Tre canzoni per la Repubblica italiana del 2010. La vita agra è il suo secondo album uscito lo scorso novembre il cui titolo trae ispirazione dal romanzo omonimo di Luciano Bianciardi. Questo è un album dalle spiccate riflessioni sociopolitiche o per lo meno vi è la speranza che le parole di questo cantautore riescano a raggiungere anche chi vive pensando solo alle cose superficiali passando da un aperitivo all'altro. In questi giorni è in uscita un suo nuovo brano Pezzali nella compilation Fosbury10.





Vorrei chiederti subito una cosa su uno dei brani tratti da La vita agra, ovvero Storia dell'uomo
che volò nello spazio dal suo appartamento. Il titolo mi ha trasportato nel mondo dell'Uomo caduto sulla terra di Bowie... Il suo uomo finiva suo malgrado sulla terra, il tuo uomo dalla terra vorrebbe andarsene per sfuggire all'idiozia dell'essere umano. Pensi che esistano altri popoli che abitano altri pianeti? Ma quanto converrebbe agli extraterrestri farsi carico di questo pianeta e soprattutto dei suoi abitanti?
Anzitutto preciso che il titolo cita in effetti un'opera di un artista ucraino, Ilya Kabakov; un'installazione chiamata appunto "L'uomo che volò nello spazio dal suo appartamento", che vidi a una mostra un secolo fa - ero giovane giovane - e di cui mi annotai il nome per usi futuri. Bello però anche il tuo riferimento a Bowie. Circa le domande che mi poni, sì, naturalmente ritengo sia "praticamente ovvio che esistano altre forme di vita", ma non perché lo cantava Morgan, bensì perché ce lo dicono la logica, l'equazione di Drake (vi invito a fare le doverose ricerche su Google) e, più recentemente, tutta la teoria del Multiverso quantistico e/o inflazionario (idem). Tralasciando ipotesi suggestive come quella che ci vedrebbe essere già a carico di altri abitanti del Cosmo, come loro esperimento, sul secondo quesito che mi poni non so darti risposta; bisognerebbe capire cosa si intende per "convenienza". In ogni caso, gli extra-terrestri ci sono di sicuro, ma altrettanto di sicuro non sono arrivati al contatto con noi, quindi questi discorsi restano pura accademia.

Nel brano e con il tuo lavoro in genere riesci a trasmettere concetti importanti o almeno a far riflettere su tematiche sociali e politiche. A chi in particolare cerchi di arrivare con le tue parole?
Beh, per forza di cose il mio target è il pubblico che si definisce "indie", anche se non amo questa categorizzazione. Ma raggiungere il "grande pubblico" televisivo e radiofonico senza passare per amicizie, ammiccamenti, ritornelli orecchiabili e qualche migliaio di euro (per cominciare) da investire, e senza diventare macchiette di se stessi, è impossibile, oggi più che mai. Per sua costituzione, il veicolo di massa non può che banalizzare il messaggio e renderlo appetibile al più vasto numero di palati possibile, il che automaticamente esclude ogni proposta che non sia sufficientemente nazionalpopolare; e la deriva cialtrona degli ultimi vent'anni non ha fatto che peggiorare le cose. Non credo che a questo "grande pubblico" interesserebbe ascoltare quello che ho da dire, e d'altra parte forse anche io non ho molta voglia di comunicare con lui, quindi pari e patta. Mi accontenterei di far scattare qualche scintilla di riflessione in qualche ascoltatore attento, passando per canali meno massificati, ma anche su questo sono abbastanza disilluso, nonostante qualche messaggio ricevuto che mi fa ben sperare circa l'attenzione messa da qualcuno nel cercare di capire le mie parole.

Pensi che le tue parole servano a sensibilizzare coscienze italiane perse tra reality e talent show?
Ma non penso proprio. Mi piacerebbe, certo, ma se non ci riescono le Gabanelli o i Formigli dovrei riuscirci io? A me basterebbe scuotere un po' qualche coscienza convinta di essere "alternativa" e "antagonista" e persa fra musichette sciape, instagram e aperitivi. Difficilissimo pure quello, però.

Ci sono cantautori italiani o stranieri che ti hanno ispirato e in che modo?
Hai voglia. Fra gli italiani cito i soliti nomi strasentiti: Gaber, De André, Battiato; soprattutto Ivano Fossati, cui mi sento molto debitore per la sua capacità di coniugare una grande ricercatezza a livello testuale con una attenzione sempre molto viva per il vestito musicale. Circa gli stranieri invece devo dire che i miei ascolti esterofili sono molto più orientati sul rock, dai Motorpsycho che adoro, a tutta la scena anni '90 di Seattle, ai Talk Talk, ad alcune band storiche - Beatles in primis, Cure, Floyd. Da tutti questi ascolti, credo, ho preso un certo approccio nella composizione e nell'arrangiamento, che è sempre piuttosto lontano da quello tipico del cantautore italiano.

I cantautori della protesta anni settanta hanno in un certo modo fallito o forse non si sono impegnati abbastanza imborghesendosi e svoltando verso il solito ideale: arricchirsi. Tu cosa ne pensi?
Beh, non è vero per tutti. Per un De Gregori che è diventato una superstar - per quanto sempre molto sobria rispetto a tante altre - c'è un Guccini che ha continuato a vivere la sua vita schiva, un Gaber che è stato rigoroso fino all'ultimo (alla faccia di sua moglie), e i Lolli o financo i Ciampi, cui è andata molto meno bene. Il percorso umano di chi cede alle lusinghe del bel vivere comunque non mi stupisce, al netto della simpatia maggiore che mi può suscitare chi è rimasto coerente con le proprie idee; è prevedibile, mantenersi puri quando arriva il successo richiede evidentemente una forza sovrumana. Sfortunatamente, per ora non devo mettermi alla prova. :)

C'è qualche brano in particolare in questo album che ti sta più a cuore e di cui
vorresti parlare?
Mah, sì, sono più affezionato ai brani più scuri e difficili, rispetto a quelli più facilini e d'impatto come Perdenti più sani o come Storia dell'uomo... Ad esempio amo molto Ci hanno preso tuttoCelluloide, due pezzi molto pesanti sia testualmente che musicalmente. E anche La vita agra II che chiude il disco è un brano cui sono molto legato. Sono canzoni che la maggior parte degli ascoltatori trovano faticose e che richiedono un po' di impegno e attenzione in più, ma che formano il cuore del disco, e nelle quali sono riuscito, mi pare, a concentrare nel modo migliore i concetti chiave che volevo esprimere - quelli della disillusione, e della necessità di svolte realmente radicali, come un diverso approccio al problema della crescita economica, o meglio della de-crescita.

Cosa c'è di diverso in Unòrsominòre rispetto al periodo Lecrevisse? Quanto sei cresciuto artisticamente dall'inizio?
C'è molto di diverso da allora, soprattutto in termini di consapevolezza e di obbiettivi; sono passati quasi dieci anni. Non nascondo che mi rammarica molto che quell'esperienza sia finita e penso che se fossimo stati tutti un po' più maturi avremmo gestito la cosa diversamente, ma eravamo ragazzi pieni di aspettative che venivano spesso deluse, e non abbiamo retto il contraccolpo. D'altra parte, lavorando in solitaria ho potuto gestire in totale autonomia ogni parte del processo creativo, dalla composizione alla post-produzione, il che è contemporaneamente molto faticoso ma anche altrettanto ripagante. Mi piacerebbe comunque avere nuovamente un'esperienza di gruppo vera e propria, da affiancare - tempo permettendo - al mio impegno da solista.

Hai qualche nuovo progetto di cui vorresti parlare?
Uhm, no.

Ci sono artisti che pensano che le grandi etichette dovrebbero lavorare solo con musicisti già affermati. Tu cosa ne pensi?
Chi sono questi artisti? Mi pare un'idea senza significato, qualunque azienda vuole investire anche in ricerca e lancio di nuovi "prodotti" (esclusa l'azienda-Italia, ma è un altro discorso). Comunque credo che le etichette discografiche siano destinate a scomparire in breve tempo, per lo meno come macchina per vendere dischi; la rete ha già radicalmente cambiato la fruizione della musica e personalmente non ci vedo nulla di male, anzi lo trovo affascinante. Come farà il mercato discografico ad adeguarsi al nuovo corso sinceramente non lo so prevedere, ma di certo dovrà rinnovarsi profondamente. Al momento pare tutto impegnato a lanciare ogni anno un paio di nuovi talent-fenomenini.

La situazione attuale soprattutto per ciò che riguarda il nostro Paese non sembra trovare una via d'uscita. Pensi che la musica e gli artisti in generale possano essere d'aiuto e in che modo?
Certo, possono e dovrebbero cercare di esserlo, nei limiti delle loro possibilità; la cosa però purtroppo non accade sovente. Non credo che l'Arte debba necessariamente avere una funzione etica, ma in alcuni contesti e in alcuni momenti storici non raccontare le contraddizioni dell'epoca in cui si vive e non sentire il dovere di utilizzare il microfono che si ha in mano per sensibilizzare, scuotere, invitare alla riflessione, è un atteggiamento colpevole e opportunista. Poi è anche vero che non tutti hanno qualcosa di interessante da dire, e il rischio di cadere nel qualunquismo e nella banalità, anche del contestare, è fin troppo evidente, soprattutto in tempi di diffuso recriminare contro "la kasta" come quelli che viviamo. Ma questo è un altro discorso, e credo che tutti potrebbero impegnarsi un pelo di più nel cercare di tenere svegli i propri ascoltatori, anziché rincorrere l'applauso facile dando loro canzonette banali. D'altra parte ognuno fa quel che può, in fin dei conti.

In altre parti del mondo attori e musicisti tendono a prendere posizione e a schierarsi da una parte politica o dall'altra e anche rispetto a tematiche importanti. In Italia qualcuno lo fa, ma è sempre ben poca cosa. Secondo te cosa bisognerebbe fare?
Eh: bisognerebbe prendere posizione e schierarsi :)  In una mia canzone canto "bisognerebbe saper dire di no, privarsi di qualcosa, declinare un invito, rinunciare al compenso, alla paga più alta, all'applauso standard, all'aperitivo, a cavalcare l'onda": non penso che saprei spiegarlo meglio. Purtroppo, fino a quando a tutti non apparirà evidente e insopportabile la contraddizione insita nel proclamarsi puri e financo impegnati, e poi accettare di far parte della macchina del consumo, dello sponsor, della comparsata - Rai Mediaset MTV Rockit non fa troppa differenza - non ci sarà molto da fare. E comunque non lo fanno gli artisti, e non lo
fanno i loro fans: quindi non c'è via di scampo.

Quando fai riflettere sul perchè bisogna lavorare tutta la vita per raggiungere un traguardo inesistente, hai in mente un'alternativa da suggerire?
Certo; lavorare meno, lavorare tutti, rinunciare a bisogni falsamente indotti e inculcati. Una crescita infinita basata su risorse finite è, semplicemente, impossibile, e crederci ed inseguirla è stupido. L'unica via sensata da percorrere in occidente è quella della decrescita, di una rivisitazione completa delle priorità e delle necessità. E intanto leggere, studiare, capire, impegnarsi. Soprattutto nelle Scienze, che è ripugnante che nel 2012 ci sia chi crede ancora alle profezie Maya.
Intervista di Alessandra Terrone

Primi in classifica nel resto del mondo, sconosciuti in Italia: ecco Coexist dei The xx

Ogni tanto nel panorama internazionale della musica indipendente salta fuori qualcosa che cambia per sempre il modo di interpretare un certo tipo di genere. Per quanto riguarda il pop di matrice indipendente, la svolta si ebbe nel 2004 con i canadesi Arcade fire. Innumerevoli i tentativi di emulazione, ma si sa che una copia non può quasi mai risultare migliore dell'originale. Nel 2009, al loro esordio, i londinesi xx rischiavano di passare per l'ennesimo tentativo europeo di esportazione degli Arcade fire. Ma nella loro grezza raffinatezza si intuiva qualcosa, si presagiva una band che avrebbe avuto un futuro. Ed è così che, dopo la perla rara dell'album d'esordio, gli xx sono tornati con un album elettronico che è per la seconda volta una meraviglia inaspettata nel panorama indie pop. Pubblicato dall'etichetta indipendente Young turks e prodotto da Jamie xx (membro della band stessa), Coexist è un raffinatissimo capolavoro pop che trasforma quasi in chiave house music la semplice ma raffinata impostazione post-punk che gli xx avevano ai loro primordi. Una musica che, come all'esordio, gioca più sui momenti vuoti che su quelli pieni. Semplici progressioni di accordi, pochi e minimali inserti di chitarra, melodie appena accennate, sintetizzatori sempre presenti, la sensuale voce della chitarrista Romy Madley Croft che si sposa perfettamente con quella del bassista Oliver Sim, e Jamie xx a coordinare il tutto e a dare visione d'insieme. Canzoni che parlano di cuori infranti, solitudine, intimità. Le due voci che alternano i propri punti di vista e giocano magicamente a rincorrersi, alternarsi, fondersi. Ma stavolta il contesto è diverso. Stavolta il pop degli xx si fonde con la house music, col downtempo, con le atmosfere annebbiate dei rave party, e inevitabilmente anche con il dubstep. Qui vale lo stesso discorso dei Muse: da quando il genere musicale del californiano Skrillex si è inserito così rapidamente e prepotentemente nel panorama della musica dance internazionale, inevitabilmente tutti ne sono stati influenzati. Dal pop al rock all'r&b, chi non si lascia contaminare dal dubstep è perduto. Ma se questo influsso porta gli xx a sfornare un pezzo come Swept away, ben venga la musica dubstep. Tra i brani di Coexist, tutti comunque di ottimo livello, si segnala Angels, in apertura, una canzone davvero da palati raffinati. Per fortuna la qualità a volte paga. Sessantamila copie vendute in una settimana, in Inghilterra. Album primo in classifica generale in Inghilterra, Belgio, Nuova Zelanda, Portogallo, Svizzera. Quinto negli USA nella classifica generale ma contemporaneamente primo sia in quella alternativa sia in quella indipendente. Fuori dai primi cinque solo in Italia, ma ce lo meritiamo. Marco Maresca

27 settembre 2012

Totosanremo 2013 - Chi saranno i 14 big? Vediamo quanti ne indoviniamo...


Nuovo non fa rima con Sanremo... eppure Fabio Fazio ha introdotto tante novità: via l'eliminazione, ciascun big porterà due canzoni, ciao-ciao a Gaetano Castelli alle scenografie... Mauro Pagani direttore artistico, Luciana Litizzetto co-conduttrice.
Forse ci sarà anche Roberto Saviano, anche se personalmente non lo amerei in un contenitore come il Festval... Per la cronaca sulle ultime novità e le dichiarazioni di Fazio vi rimandiamo all'articolo in calce alla pagina, intanto proviamo a cimentarci nel "totonome".
Proviamo a partire dall'analisi dei partecipanti agli altri due Festival targati Fazio, scorrendo i nomi di allora si possono trarre sicuri spunti, come la presenza di almeno un nome della cosiddetta scena "romana", questo nome potrebbe essere quello di Max Gazzè (dato da tanti come "molto probabile"), ma ben quotati anche Niccolò Fabi, Marina Rei, Alex Britti o l'ex Tiromancino Federico Zampaglione, questi ultimi furono lanciati come "nuove proposte" rispettivamente nel 1999 e nel 2000.
Fazio apprezza molto "i romani" e chi non entra dalla porta potrebbe farlo dalla finestra, come autore (argomento sul quale torneremo più avanti), potrebbe essere il caso di Fabrizio Moro altro esordiente nei Sanremo faziani. Delle allora nuove proposte potrebbero avere una chanches anche l'ex Soerba Luca Urbani e Umberto Giardini (ex Moltheni) in uscita con un nuovo disco proprio in questi giorni.
In ambito milanese, quotatissima Malika Ayane. Anche Carmen Consoli - che ora è in Usa in cerca di ispirazione - potrebbe tornare proprio al Festival, come fu nel 2000. Se servissero voci femminili anche Giorgia potrebbe dire la sua.
Pare ci sarà un nome della scena rap-hip hop: in testa ai pronostici Caparezza, ma anche il reciclabile J-Ax.  Per intercettare un pubblico intermedio (anagraficamente) potrebbe uscire dal cilindro Max Pezzali per una sorta di memorabilia.
Servirebbe un napoletano (potrebbe essere Pino Daniele che abbina qualità e popolarità), un siciliano (che sogno sarebbe Battiato, nel caso salti la Consoli, ma anche Roy Paci è ahimè quotato) e un esponente della scena indipendente (si guarda ai partecipanti al Primo Maggio o a qualche band del fortunato collettivo Tempesta Dischi).
La cosiddetta scena alternativa potrebbe avere altri alfieri come i Subsonica o i Marlene Kuntz, graditi a Pagani. Molto meno probabili gli Afterhours dopo la fallimentare esperienza "Il paese è reale" lanciata proprio a Sanremo. Mancherebbe un bolognese... che potrebbe essere Cremonini, in pole su Bersani già al Festival lo scorso anno.
Unico certo del posto Gino Paoli, da tempo annunciato... Serve qualcun'altro che intercetti il pubblico agè, magari Patty Pravo o Al Bano. Poco arriverà dai talent, ma qualcosa ci sarà, c'è chi fa il nome della ligure AnnaLisa, una delle "amiche" meno note di Maria DeFilippi.
Ancora non si sa se ci sarà un Dopofestival: nel web si vocifera della presenza di un volto di Real time, forse Carla Gozzi o Roberto Ruspoli.
Tornano anche la giuria dei giornalisti e quella di "qualità"... Speriamo che Fazio e la sua squadra decapitino almeno alcune delle solite cariatidi e attingano a chi la musica la ascolta tutta, non solo i cd imposti dalle major. Roberto Conti

BIG SANREMO 2000
Sentimento - Piccola Orchestra Avion Travel
La tua ragazza sempre - Irene Grandi
Innamorato - Gianni Morandi
Il timido ubriaco - Max Gazzè
Replay - Samuele Bersani
Gechi e vampiri - Gerardina Trovato
In bianco e nero - Carmen Consoli
Brivido caldo - Matia Bazar
Il giorno dell'indipendenza - Alice
Non dirgli mai - Gigi D'Alessio
Tutti i miei sbagli - Subsonica
Con il tuo nome - Ivana Spagna
Fare l'amore - Mietta
Futuro come te - Mariella Nava e Amedeo Minghi
Raccontami di te - Marco Masini
Un'altra vita - Umberto Tozzi

NUOVE PROPOSTE SANREMO 2000
Semplice sai - Jenny B
Strade - Tiromancino e Riccardo Sinigallia
Cronaca - Luna
La canzone del perdono - Andrea Mirò
Chiedi quello che vuoi - Davide De Marinis
Che giorno sarà - Padre Alfonso Maria Parente
Noël - Lythium
E io ci penso ancora - Enrico Sognato
Le margherite - Marjorie Biondo
Ognuno per sé - Erredieffe
Fai la tua vita - Claudio Fiori
Ogni ora - B.A.U.
Un giorno senza fine - Fabrizio Moro
Non ci piove - Joe Barbieri
La croce - Alessio Bonomo
Uomo davvero - Laura Falcinelli
Nutriente - Moltheni
Nord-est - Andrea Mazzacavallo

BIG SANREMO 1999
Senza pietà  - Anna Oxa
Non ti dimentico - Antonella Ruggiero
Così è la vita - Mariella Nava
Alberi - Enzo Gragnaniello e Ornella Vanoni
Lo zaino - Stadio
Ancora in volo - Al Bano
Un inverno da baciare - Marina Rei
Senza giacca e cravatta - Nino D'Angelo
Aria - Daniele Silvestri
Guardami negli occhi -Nada
Amami Lara - Eugenio Finardi
Dove dov’è - Gatto Panceri
Il giorno perfetto - Gianluca Grignani
Come sei bella - Massimo Di Cataldo

NUOVE PROPOSTE SANREMO 1999
Oggi sono io - Alex Britti
Un giorno in più - Filippa Giordano
Un fiume in piena - Leda Battisti
C’è che ti amo - Arianna
Adesso - Daniele Groff
Nessuno può fermare questo tempo - Elena Cataneo
Ti amo che strano - Francesca Chiara
Una musica può fare - Max Gazzè
Puoi fidarti di me - Allegra
Noi non ci capiamo - Soerba (leggi Luca Urbani)
Rospo - Quintorigo
Little Darling - Boris
Al centro del mondo - Dr. Livingstone
Quando lei non c’è - Irene Lamedica




«Mi rendo conto che bisogna fare i conti con le edizioni precedenti. Gli ultimi due festival sono stati molto forti dal punto di vista degli ascolti. Ma il record è mio, con l’edizione del 2000. Quindi la mia preoccupazione principale è non battere me stesso», ironizza Fabio Fazio, che dopo 13 anni tornerà a condurre il festival della canzone italiana. Si dice «tranquillo e sereno» e promette: «Il mio Sanremo avrà un spirito gioioso e scanzonato». 
Il regolamento, presentato oggi a Milano e in collegamento audio-video a Viale Mazzini, prevede che a votare i brani in gara non sarà più la giuria demoscopica ma, in tempi e percentuali diverse, i giornalisti, il televoto e la Giuria di Qualità. I 14 Big gareggeranno con due canzoni ciascuno e non ci saranno eliminazioni. Otto invece i Giovani, tra i 18 e i 33 anni. Nessun minorenne, quindi, ma «non ci sarà nessuna preclusione per chi arriva dai talent show». E, per la prima volta, sarà una donna a firmare la scenografia, Francesca Montinaro (già in “Vieni via con me” e “Quello che non ho”).  
Al fianco di Fazio ci sarà Luciana Littizzetto («uno dei più grandi talenti dello spettacolo italiano, vorrei fosse una vera co-conduzione», dice Fazio), anche se l’attrice «scioglierà la riserva domenica a Che tempo che fa, spero non ci siano sorprese», sottolinea il conduttore. Il quale spera anche nelle incursioni di un ospite speciale, Roberto Saviano: «Rappresenta il meglio del nostro Paese e sono felice che la Rai lo abbia riaccolto. Ma la sua non è al momento una presenza fissa né prevista». Per Fazio, le parole di Saviano «sono protette dalle istituzioni, sarebbe assurdo se non lo fossero anche dalla Rai. Se verrà, non canterà né farà “Vieni via con me” o “Quello che non ho”. Lo concorderemo insieme due giorni prima». Aggiunge: «Torno su Rai1, ho ritrovato un rapporto con la Rai nella sua totalità. Sono invecchiato e lavoro in Rai da 29 anni, quindi affronterò questo evento importante con più leggerezza, allegria. Sarà una grande festa popolare».  
E gli ascolti? «Gli ultimi quattro festival hanno avuto una share media del 47-48% - interviene Giancarlo Leone, direttore intrattenimento Rai - Il tema è fare un bel festival, poi gli ascolti arriveranno». E Fazio: «Dopo il 48% è dura. Sarei stato più contento di arrivare dopo un 38% - scherza - Ma c’è un gruppo di lavoro forte», che vede tra gli altri il regista Duccio Forzano, tra gli autori Pietro Galeotti e Michele Serra e la costumista Ester Marcovecchio. Per quanto riguarda i costi, Leone conferma che «c’è un tetto, e va considerato come il paese sta andando. Il festival dovrà spendere un pochino meno dell’anno scorso. Quanto meno dipenderà dalle scelte». Per quanto riguarda Fazio in particolare, il cachet e le condizioni per un’eventuale conduzione del festival da parte sua erano già stabilite nel contratto firmato con la Rai cinque anni fa, che venne poi rinegoziato un anno fa (e scade alla fine del 2014). 
Il Fazio-ter (dopo le edizioni 1999 e 2000) vuole mettere al centro la musica. Ecco quindi l’arrivo come direttore musicale di Mauro Pagani, polistrumentista, direttore d’orchestra, compositore e produttore. «Sono onorato e spaventato», dice Pagani, che tra l’altro sceglierà e arrangerà i brani della serata del venerdì, intitolata Sanremo Story. Il venerdì Fazio dovrebbe essere affiancato da Claudio Baglioni, già al suo fianco ai tempi di `Anima mia´ («ci sta pensando, mi piacerebbe molto»). Tra i Big, l’unico nome che sembra sicuro è quello di Gino Paoli, mentre è certo che non ci saranno superospiti italiani. E i superospiti internazionali? «Mi piacerebbe che chi c’è abbia un perché - risponde Fazio -, non cedere alla promozione, ma portare anche chi fa parte della storia della musica. Non voglio che lo spettacolo fagociti il senso del Festival. Anche per questo abbiamo tolto l’eliminazione dei Big, una scelta anti-televisiva. Tenere tutti in gara fino alla fine - conclude - spero faccia sentire tutti i Big più sereni e rispettati». 

26 settembre 2012

Muse - The 2nd law


C'è differenza tra un album che contiene buone canzoni ed un buon album. I Muse devono averlo capito, loro malgrado. Dopo il fulminante esordio ed il quasi-capolavoro Origin of symmetry, la band ha continuato, negli anni, ad alternare ottimi singoli, coinvolgenti e curati in ogni minimo dettaglio, a melodie lente e lamentose. La loro speranza era quella di creare, prima o poi, un "classico", ma forse non sapevano quale fosse il giusto mix per arrivarci. E' in quest'ottica che si spiegano i loro frequenti cambi di stile e di produttori. Solo una cosa è rimasta uguale dall'inizio della loro carriera ad oggi: l'argomento dei testi. L'estrema attenzione per le problematiche sociali, geopolitiche, ambientali. La preoccupazione per una cospirazione globale che tenta di unire e massificare la popolazione, privandola dell'indipendenza di azione e di pensiero, limitando le libertà personali. L'esigenza di ribellarsi rifiutando le etichette imposte e affidandosi all'arte.Un'arte ispirata, musicale, chiassosa, ma anche lirica, epica, melodiosa. E The 2nd law (Helium-3 / Warner) è finalmente l'espressione compiuta di ciò che i Muse professano ormai da tredici anni. Chi non lo capirà troverà molto facile accusare i Muse di completa mancanza di originalità. C'è quindi un avvertimento che è doveroso fare: non c'è un brano, un ritornello, un assolo, in tutto l'album, che non sia letteralmente copiato (ripetutamente, deliberatamente e con vanto) da qualcos'altro. Chi è in grado, però, di percepire l'ispirazione, la cura, il lirismo contenuti in ogni brano dell'album, lo amerà alla follia. Dalla prima all'ultima nota.
Si parte con Supremacy, regale e pomposa all'inverosimile, che prende spunto dagli Scorpions di Humanity (dalla quale i Muse in questo brano copiano tutto, dalla ritmica all'assolo). Il secondo brano, Madness, è il migliore dell'album. Elettronico, innovativo, radiofonico, ispirato, godibile. Gli U2 di Zooropa mischiati con i Queen. E la band non si vergogna ad ammettere pubblicamente che l'assolo centrale non è nient'altro che quello di I want to break free, capolavoro di synth-pop della band di Freddie Mercury. I Queen (stavolta nel loro periodo funky / black) la fanno da padroni anche nella traccia successiva, Panic station. A seguire, ritroviamo Survival, già epica sigla delle olimpiadi londinesi, preceduta da un'introduzione sinfonica intitolata Prelude. C'è, poi, Follow me, e in alcuni inserti elettronici iniziano a spuntare i primi richiami al dubstep, genere musicale che ha influenzato i Muse nella composizione del nuovo album. Con Animals la band torna all'alternative rock di derivazione Radiohead che li ha caratterizzati a inizio carriera, con una variante: strane (ma piacevoli) linee di chitarra in stile Mark Knopfler o Santana, che non si erano mai sentite in un album dei Muse. Poi ci vuole almeno una traccia lagnosa, che per fortuna stavolta è davvero solo una. Si tratta di Explorer, e anche qui i richiami ai Radiohead sono evidenti (compreso il finale ispirato da No surprises). C'è una novità, però: rispetto al passato, Matt Bellamy ha finalmente cambiato modo di cantare. La voce è più profonda e brillante in alcuni passaggi, meno stridula e con un minore ricorso al falsetto. Ne risulta che anche i brani lenti e melodici sono più godibili. Big freeze è un omaggio agli U2. Non c'è altro modo per definirla, visto che Bellamy imita Bono nel cantato e The Edge nelle ritmiche di chitarra, e non manca di citare titoli di loro brani (tra cui Electrical storm) nel testo. Curiosità: la prima parte dell'assolo centrale è nuovamente ispirata alla già citata I want to break free dei Queen! C'è, poi, una coppia di brani, Save me e Liquid state, in cui il bassista Chris Wolstenholme, per la prima volta nelle vesti di cantante, narra della sua battaglia contro l'alcolismo. La chiusura è poi affidata alla suite intitolata The 2nd law, formata da due brani: Unsustainable e Isolated system. Qui vengono fuori completamente i già citati influssi del dubstep di Skrillex, fenomeno del momento. I due brani sono ottimamente prodotti e molto godibili, ma è giusto che siano stati messi in chiusura dell'album, perché avrebbero comunque potuto spiazzare molti ascoltatori. Ai Muse va il merito di non aver semplicemente copiato Skrillex ma di aver fuso il genere dubstep con sonorità dance più sinfoniche e classicheggianti, complice forse il fatto che Bellamy trascorre in territorio italico gran parte del suo tempo libero.
Ispirato, curato, godibile, copiato, sinfonico. Cinque aggettivi per descrivere The 2nd law, lasciando all'ascoltatore il compito di decidere se un album costruito su plagi possa essere considerato comunque un piccolo capolavoro. Marco Maresca

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Dall’ormai lontano esordio di Showbiz (datato 1999), i Muse sono stati artefici di una carriera di successo: nonostante il loro sound mutevole, sono riusciti a farsi conoscere in tutto il mondo, diventando così una delle band di riferimento degli anni 2000. The 2nd Law è il loro ottavo disco e – sbilanciandoci – possiamo proclamarlo quello più riuscito. Questo va detto perché giunti a compimento di un percorso, quello di Matthew Bellamy e soci, in cui si sono alternati i suoni più diversificati, dal rock sinfonico alle trovate più commerciali.

The 2nd law è il loro lavoro più audace, più estremo, ma che alla fine dei conti risulta più apprezzabile. Come in tutti gli ultimi loro album, manca un po’ di quel filo conduttore, di quella logica per cui lo giudicheremmo un “capolavoro” anziché un “gran disco”. Ma, nel complesso, la missione è riuscita perché variabile, vasta, ben studiata e ben eseguita.
L’introduttiva, epica Supremacy richiama Kashmir dei Led Zeppelin e le colonne sonore di Hans Zimmer ed Ennio Morricone, Survival – una delle canzoni delle Olimpiadi di Londra 2012 – è un crescendo operistico pomposo in stile Queen. L’ombra della “Regina” imperversa anche in Panic station, con un riff in stile funky Another one bites the dust. La disco dei primi anni ’80 (ricordate Hot Space?) torna anche in Big Freeze.
Come spesso accade, i Muse si affidano alle trovate massive e liriche care a Freddie Mercury & co., ma stavolta Matthew Bellamy riesce a trovare ulteriori spunti: innanzitutto non si affida al consueto falsetto, ma canta in maniera più profonda (Follow me, Explorers) e riesce ad alternarsi perfettamente tra chitarra (il solo di Madness e l’arpeggio in Animals) e tastiere (al piano in Explorers, al synth nella Depechemode-iana Follow me).
Spuntano i Massive Attack nel singolo Madness, i Rush in Save me (cantata dal bassista Chris Wolstenholme, che firma il primo pezzo che non è del deus ex machina Bellamy) e i primi Muse in Animals, un prog psichedelico che ricorda un po’ Unintended. Peccato per il finale, in cui la prima parte della suite che dà il titolo dell’album (Unsustainable), è una caduta nel dubstep più astruso e tamarro.
Ma questa non rovina The 2nd law, disco non semplice ma che regala almeno cinque momenti da urlo. I Muse riescono a mantenersi su standard altissimi dall’inizio alla fine (Unsustainable esclusa), pur rischiando nella continua esplorazione di suoni e di umori, con tanto di citazioni altrui. Premio al coraggio: uno dei migliori dischi del 2012. Audace, mutevole, moderno e allo stesso tempo futuristico: probabilmente il loro miglior album. Marco Pagliari


24 settembre 2012

Niccolò Bossini - Qbnb - Rec. in 10 parole













Primo album in carriera per Niccolò Bossini, alla sua prima esperienza da solista dopo essersi fatto conoscere al pubblico come chitarrista di Ligabue. QBNB è un disco che risente parecchio delle sonorità e dei temi del rocker di Reggiolo (Rumori di Londra, Il mio nome), ma c'è altrettanto spazio per l'electro-pop (Io non sono qui), per la new wave (La domenica è andata, che profuma molto di Ministri) e per il cantautorato classico (la conclusiva La mia malinconia). Un lavoro non originalissimo, ma comunque godibile e che sarà apprezzato dai fan del rock nostrano.

Recensione in dieci parole
: l'ombra di Ligabue (Il mio nome) dentro un disco cantautorale (La mia malinconia). Etereo, diretto, a volte ribelle (Paul), puro rock italiano.

Marco Pagliari

Voto: ***

Tracklist:

  1. Rumori Di Londra
  2. Paul
  3. Il Mio Nome
  4. Io Non Sono Qui
  5. ...E Dimmi Che Non Ho Ragione
  6. Sotto Questo Gigantesco Boh
  7. La Domenica E' Andata
  8. Non Si Sa Mai
  9. La Mia Malinconia

22 settembre 2012

Da I Cani a Maria Antonietta, da Dente a Brunori: ecco i miracolati degli Anni Zero


Viviamo in un periodo in cui, grazie al web, ogni genere di fenomeno anche musicale appare e scompare a rapidissima velocità. Accade, in questo contesto, che un giovane romano pubblichi su Youtube un paio di canzoni prodotte in casa, e che queste si diffondano in modo virale. Accade, poi, che al giovane in questione venga richiesto di mettere insieme un intero album e gli vengano affiancati altri due musicisti per andare a fare qualche concerto in giro. E accade che, nonostante le realtà descritte nelle canzoni dell'album siano circoscritte a particolari età e luoghi, il contagio virale oltrepassi le mura della capitale e i Cani diventino una band conosciuta ed apprezzata in tutta Italia.
Settoriali, strettamente legati all'attualità, facilmente localizzabili geograficamente ed anagraficamente, difficilmente esportabili e stroncati dalla critica. Niente sembra comunque fermare i Cani, realtà ormai conosciuta in tutto il Paese seppur nata soltanto due anni fa. I pariolini di 18 anni, brano con ovvi riferimenti ad un fenomeno giovanile del tutto romano, sembra riuscire a descrivere anche altre tipologie di gioventù borghese e destrorsa, omogeneamente distribuite in tutto il Paese. Wes Anderson, una canzone che descrive scenari sia esteriori che interiori che richiamano i film dell'omonimo regista, risulta comprensibile e condivisibile anche da chi non sa chi sia Wes Anderson e non ha mai visto alcuno dei suoi film. Le coppie, brano che narra le consuetudini dei fidanzati capitolini, cita alcuni luoghi della vita mondana che risultano sconosciuti alla quasi totalità degli italiani ma riesce comunque a far sì che i luoghi citati diventino patrimonio di tutti, come non succedeva dall'epoca degli 883.
Già, forse gli ultimi a risultare nazionalpopolari seppur estremamente legati ad una specifica area geografica furono proprio gli 883. Sarà per questo che ai Cani è stato dato l'onore di aprire le danze nella compilation-tributo alla band pavese che ha dominato la scena degli anni '90. Compilation che, come già abbondantemente detto, raduna tutto un sottobosco di musicisti che come modalità di espressione artistica hanno molto da spartire con i Cani. Una scena underground in cui alcuni artisti emergono velocemente, spesso grazie all'anonimato e ad alcuni brani fatti in casa e diffusi viralmente su Youtube, bypassando totalmente la normale trafila discografica. Formare una band, fare le prove in cantina o nel garage, suonare nei locali, racimolare qualche soldo per registrare un demo, trovare faticosamente un contratto discografico ed un produttore, sembrano ormai retaggi di un'epoca passata. Bastano alcuni suoni ruvidi faticosamente innestati su una struttura pop ammiccante. Basta una produzione imprecisa o inesistente, come se avvalersi di un produttore fosse un difetto. Basta aver cura di citare luoghi o usanze strettamente attinenti all'attualità, in modo che tutti possano riconoscersi, almeno per qualche mese. Ed è così che la musica indipendente italiana si trasforma da espressione artistica, rivendibile a pochi, ad un fenomeno di massa che riesce a coinvolgere più persone in una sorta di fratellanza.
Ma è a questo livello che si comunica nel 2012, ed è con questa chiave di lettura che si spiega il successo dei Cani. L'intento di questa modalità comunicativa è di arrivare subito, anche in modo aspro e sanguigno, come nel caso di Maria Antonietta, anch'essa presente nella già citata compilation sugli 883. E quando l'artista non si propone dichiaratamente come cantautore, spesso ricorre alla formula della one-man band, perché non c'è tempo di creare un'identità di gruppo. I Cani trovano illustri predecessori nelle Luci della centrale elettrica, nome dietro al quale si nasconde il solo Vasco Brondi. O la Brunori sas, collettivo la cui mente pensante è costituita dal solo Dario Brunori. Più ammiccante e radical-chic il primo, più fintamente umile e scherzosamente egocentrico il secondo. Diverso è, poi, il caso di Il Genio, duo esploso nel 2008 grazie al tormentone Pop porno, forse il primo caso in Italia in cui un fenomeno musicale underground si è imposto viralmente tramite le nuove tecnologie. Dietro c'era, però, tanta sostanza, come testimoniato dal secondo lavoro non a caso intitolato Vivere negli anni X e anche dal disco solista di Gianluca De Rubertis, mente del gruppo, già recensito da AsapFanzine.
Il caso più noto, però, di rapida ascesa di un artista proveniente dalla scena indipendente, è sicuramente Dente. Quattro album, ormai, più innumerevoli partecipazioni a compilation di vario genere e collaborazioni con altri artisti, emergenti e famosi, underground e mainstream. Un nome così spesso pronunciato nella scena musicale italiana da diventare di pubblico dominio. La promozione di un artista, e la distribuzione di un prodotto discografico, di questi tempi, si effettuano anche così. Marco Maresca

Giorgio Canali e Aim a Verderio Inferiore - Fotoracconto

 















Le foto di Martina Colonna raccontano le atmosfere del bel concerto di ieri sera a Verderio Inferiore (Lecco) con Giorgio Canali e Aim

19 settembre 2012

The Giornalisti - Vecchio


In Italia esistono gruppi definibili “underground”. Una parte di essi si impegna quotidianamente a suonare, cercare di creare quel qualcosa in più,  “sbattersi”, come si suole dire. Un’altra, invece, manda il demo a Rockit. Provando a suonare duro ma con le vocine che sembrano quelle dei camerieri che ti chiedono la zeste de citron nello spritz, scrivendo testi in un modo così sdoganantemente falso che nemmeno Bugo dopo essersene andato da San Martino di Trecate, e vestendosi stretto. In questa seconda categoria rientrano i The Giornalisti, band laziale che sforna agli albori d’autunno un disco troppo lungo per essere “rock” e troppo arpeggiato per essere “roll” dal titolo Vecchio.
Parto dal pezzo migliore, Cinema, perché da punk rocker vado subito a pescare il pezzo che dal titolo sembri più diretto: non male, una cavalcata romantica con stacchi di chitarra Washington da non sottovalutare. Per il resto, invece, l’ascolto è abbastanza tumefatto. Non riesco a finire una canzone: si passa dagli assoli country alle sferzate pesanti di chitarra, dalla battistiana La mano sinistra del Diavolo alla falsamente impegnata e Autostrade umane; dagli stop’n’goes jazzeggianti alle entrèes alla Red Hot Chili Peppers del Dave Navarro più gradevole. Vecchio suona benino ma suona noioso, troppi sfarzi e troppi giri di basso per un full lenght prodotto con evidenti sforzi economici.
 “Fosse stato meglio che non ci fummo mai conobbi” direbbe mi madre: il saper suonare bene non significa divertire suonando, e soprattutto divertirti.
 I testi? “Ma di certo non si può dire che non ci piaccia il bere, che non ci piaccia quando il vino 
filtra tra le vene e il bicchiere” l’exploit migliore. Accordi rubati al più onesto, vivibile e sincero punk rock, ma espressi in maniera forzatamente new wave. 
Finisco con il dire che non sia obbligatorio il “suonare come”. Basta il “suonare”. E purtroppo i The Giornalisti, secondo me, nel 2012, hanno pensato troppo. Andrea Vecchio

16 settembre 2012

Alessandro Fiori - Questo dolce museo


Alessandro Fiori, ex cantante dei Mariposa, è in uscita a settembre col suo secondo disco da solista, intitolato Questo dolce museo (Urtovox, distribuito da Audioglobe). Il titolo del nuovo album non va confuso con l'omonimo titolo dell'EP uscito l'anno scorso. Si tratta infatti di materiale nuovo: undici brani che il cantautore e violinista toscano dedica al suo amico e concittadino Sandro Neri, morto per alcolismo due anni fa. In contrapposizione alla morte è forte nell'album il tema della vita, complice il fatto che Alessandro Fiori è diventato padre da poco. A volte questa vita emerge così forte da straripare senza chiedere permesso, come nell'iniziale Scusami, in cui il cantante chiede perdono per essersi alzato presto ed aver svegliato la compagna che ancora dormiva. In altri momenti dell'album, per sfuggire momentaneamente al corso della vita, l'autore si rifugia nei propri ricordi di bambino. Parla di questo tema il brano Il gusto di dormire in diagonale, probabilmente il migliore dell'album, con un testo tanto semplice quanto profondamente ricercato. Il ricordo va a certe soddisfazioni di quando si era piccoli, come nella strofa che recita: "Il gusto di cercare di nascosto il Kamasutra illustrato nel comodino del babbo /  il gusto di spostarti i difensori del Subbuteo se vai a telefonare", mentre nel ritornello c'è l'amara constatazione di quanto l'età adulta porti aridità di cuore: "Portami a fare una mostra personale sul degrado ambientale delle spiagge del mio cuore, portami a fare una lastra pettorale per verificare se ancora ci sei tu". L'album, in generale, è poetico ed acustico, ed è impreziosito dal sapiente utilizzo del violino da parte dell'autore. Anche i delicati inserti di vibrafono e marimba da parte di Emanuele Siniscalco contribuiscono a non rendere troppo spiazzante un disco che va comunque a frugare nell'interiorità in modo a volte anche abbastanza deciso, come in Mi hai amato soltanto. In definitiva, ci troviamo davanti ad un album che riesce a risultare rilassante pur essendo introspettivo e pur presentando, nei testi, alcuni accostamenti di parole a volte crudi e spiazzanti. Marco Maresca



Tracklist:
1. Scusami
2. Giornata d’inverno
3. Ti annunci piangendo
4. Coprimi
5. Il vento
6. Il gusto di dormire in diagonale
7. Mi hai amato soltanto
8. Bambina
9. Via da Industria
10. Sandro Neri
11. Tigre in strada

Semenzara - Coraggio

I Semenzara vengono da Fano e fanno punk. Hanno peraltro un nome eccezionale.
Fanno uscire agli inizi dell’estate appena passata un Lp one side intitolato Coraggio: un album, un full-length di larghissime vedute che regala enormi soddisfazioni.
Nove tracce di punk rock vecchia scuola rude e maturo cantato in italiano che sembra uscire da uno dei primissimi rooster Ebullition, ricco di giri di chitarra belli pieni e sostenuto da testi originali e diretti. “Malato”, come si direbbe nel gergo. E devoto al “ducaconte” fantozziano, quello del casinò, quello del “chi è che prega”, insomma.  Devoto perché, a mio parere, ne utilizza le sfacciate ed esuberanti maniere per poter dimostrare che, in fondo, le persone semplici vivano con impegno e cattiveria la realtà quotidiana a dispetto di coloro che, dietro un’apparenza tenace e provocatoria, si dimostrano flebili ed evanescenti.
Si passa dalla rabbia de pezzo di apertura, La fine del sorcio, alla rassegnazione di Cura di fosforo. Incuria in curia è una critica diretta all’istituzione ecclesiastica che termina contenente nel finale una citazione Bunueliana, mentre la strumentale Menagramo è una schizofrenica cavalcata che ricalca nello stile gli Zeke di Kicked in the teeth. Insomma, Coraggio è decisamente un disco punk rock eclettico.
Le sonorità raggiunte dalla sezione vocale sono una vera innovazione nell’ambito, creando un’atmosfera definibile come una Bay Area traslata sulle coste marchigiane, direi, con quella punta di isterismo classico e pungente che spinge a saperne di più, ad elucubrare, speculare nervosamente, ad informarsi per trarre esperienza da ciò che si sta ascoltando. Un netto ritorno agli anni ’90 dei Tempo Zero ed agli ’80 degli Agent Orange.
I Semenzara al loro esordio dimostrano che la vena poetica rock’n’roll punk italiana sia tutt’altro che sopita: dopo i capostipiti Gangway, Man!, dopo L’Amico di Martucci e dopo Scena e La Piovra, ecco a mio parere la più interessante novità degli ultimi 3 anni in questo ambito.
Il lavoro è fuori sotto quattro etichette indipendenti:  Forever True, Punk4free, All’Arrembaggio ed Annoying Records, giusto per dimostrare cosa sappia ancora gestire e promuovere la scena indipendente italiana, dove “indipendente” non fa rima con Tannen o Miami.


Ve l’ho già detto, è un one side Lp ed aggiungo ora che il lato del 12” lato senza musica è serigrafato da Corpoc. Per finire: alcune delle loro grafiche promozionali sono rip/off dei Black Flag. Che si può chiedere di più? Andrea Vecchio

15 settembre 2012

Da Sanremo a indipedenti: la rinascita dei Grandi animali marini


Dopo alcuni anni di riflessione artistica, i Grandi Animali Marini tornano sulla scena musicale con un nuovo album dal titolo Sulla cresta dell'ombra che verrà presentato ufficialmente il prossimo 25 settembre a Milano. La band composta da Francesco Ferrari, Gianluca Villa, Dario Giordano, Paolo Soffientini è passata sulla sponda dell'autoproduzione, elemento che ha consentito una maggiore libertà espressiva. Il suound della band ha virato verso un elettro-rock con accenni di punk: il brano Le canzoni
non vogliono dire niente, che ha preceduto l'album, ne è un esempio: testo ironico e suono compatto, arricchito da sfumature psichedeliche. Li abbiamo intervistati per saperne di più sul nuovo disco.


Il 25 settembre sarete al Rocket di Milano per presentare il nuovo album. Com'è nata l'idea
dello showcase per il lancio del vostro nuovo lavoro?E' una cosa che di solito si fa. Volevamo suonare a Milano e festeggiare la maggiore età di questo disco, come quando un figlio esce di casa, "vai ragazzo, vai per la tua strada…".

Il titolo dell'album Sulla cresta dell'ombra tradisce una passione per il surf o si tratta solo di
un gioco di parole? E' un gioco di parole ispirato al nostro stato d'animo nel periodo in cui scrivevamo le canzoni. Il mare sembra avere un ruolo importante nella vostra vita. Del resto il mare è habitat naturale dei grandi animali marini.

Ma questo legame con l'ambiente marino in che modo può avere ispirato la vostra creatività?
In realtà il mare appare in molta musica ed è una fonte di ispirazione poetica per molti artisti. Insomma non l'abbiamo inventato noi!! Solo che chiamandoci così l'associazione di idee è dietro l'angolo.

Quando parlate di "rinascita" cosa intendete?
In primo luogo abbiamo cambiato batterista, è arrivato Paolo Soffientini a picchiare pelli e piatti, siamo passati da una grande casa discografica all'essere indipendenti e abbiamo avviato un'attività di registrazione e produzione musicale. Quindi sì, sono cambiate davvero molte cose...

Avete sempre detto di avere gli Strokes come gruppo di riferimento e in una vecchia intervista
citavate anche Coldplay e rock band del passato come Led Zeppelin. La pensate ancora allo
stesso modo o sono forse gli altri ora a dover prendere voi come band di riferimento?
Non so se gli Strokes ci ascoltano!! Abbiamo conosciuto Albert Hammond Jr, uno dei due chitarristi, perché gli abbiamo aperto un concerto qualche anno fa. Quindi loro sanno che esistiamo…Quanto alle influenze, alle band che citi se ne aggiungono costantemente altre perché siamo tutti e quattro voracissimi ascoltatori. In questo periodo c'è una fazione per Jack White ed una per Black Keys.

Non vi chiedo niente riguardo la partecipazione a Sanremo 2007.. L'unica cosa che vorrei
sapere è se ci andreste anche oggi? Oggi no. Però non ci siamo mai vergognati di averlo fatto.

La copertina del vostro album del 2007 mi fa venire in mente una foto storica dei Doors con
Morrison in primo piano. Si tratta di una coincidenza? Sì. Quella copertina non ci ha mai soddisfatti al 100%, al contrario di quella di Sulla cresta dell'ombra.

Cosa pensate delle riviste di settore? Pensate anche voi, come altri gruppi ultimamente, che
spesso le riviste tendano ad occuparsi e a dare spazio ad artisti poco talentuosi a discapito di
altri che meriterebbero più attenzione? No, sinceramente non lo pensiamo. Pensiamo che la proposta musicale sia molto ampia e che il concetto di artista "molto" o "poco talentuoso" sia troppo labile da definire, quindi mediamente mi sembra che a tanti dischi rispondano tante testate di vario livello e caratura.

Questo album è autoprodotto. La scelta di autoprodurvi è legata alle regole che le case
discografiche impongono e che non sono quasi mai condivise dagli artisti? Vi siete sentiti, insomma, più liberi di esprimervi? Le case discografiche hanno una regola principale: incassare denaro. E sono in crisi. Non fosse per i budget peraltro sempre più esigui che mettono a disposizione, a un gruppo delle nostre dimensioni non dovrebbe nemmeno passare per la testa di rivolgersi a loro.

Il brano Le canzoni non vogliono dire niente ha un testo molto ironico. Ce l'avete con
qualcuno in particolare o è dedicato più in generale ad autori che si prendono troppo sul
serio? Mi fa piacere che tu colga l'ironia. Una delle fonti di ispirazione è una certa standardizzazione della
musica italiana, almeno di quella da talent show. Ma poi ci sono anche altri elementi.

Quali brani ritenete più significativi in questo album? Quali aspettative avete per questo
nuovo lavoro? Ci sono due brani scritti principalmente da Gianluca (Il mare e Insospettabile) che danno una chiave di lettura diversa a tutto il nostro progetto. E forse anche uno spiraglio per future evoluzioni. Poi
citerei Il centro del mondo ed Errori umani l'uno per il testo e l'altro per la sua resa live. Le aspettative ti fregano sempre, quindi la risposta è ZERO.

Ultima domanda: avete qualche novità che bolle in mare per il prossimo futuro? A parte il già citato Rocket, stiamo stilando un calendario fino a fine anno e pubblicheremo con costanza le date sulla nostra pagina Facebook e sul nostro sito. Poi uscirà un singolo nuovo, forse accompagnato da un video. Ma ancora è tutto da decidere.
Alessandra Terrone

Killers sempre più pop con Battle born


A tre anni di distanza da Day and age tornano i Killers con Battle born. Quarto disco per la band del Nevada, che arriva dopo i 18 milioni di copie vendute degli album precedenti. Un lavoro che prosegue nel percorso tracciato da Day and age, in cui Brandon Flowers e soci hanno cominciato ad abbandonare le tendenze indie-rock per spostarsi sempre più verso un pop-sintetico di massa. "Battle Born è stato per noi una sorta di evoluzione, un processo nel quale può avvenire o meno una crescita. Una crescita che noi speriamo e ci sentiamo di aver avuto. E, soprattutto, adoro i nuovi pezzi, così ha dichiarato il leader assoluto Flowers durante la conferenza di presentazione del nuovo disco a Villafranca di Verona http://asapfanzine.blogspot.it/#!/2012/09/the-killers-villafranca-report-foto-e.html). Sicuramente si sta assistendo ad una mutazione sonora, ma questa non è sempre convincente. O meglio, si sta verificando qualcosa che sta spiazzando chi aveva conosciuto i Killers – assieme ai Franz Ferdinand -  come capostipiti dell’indie-rock degli anni 2000.
Venendo all’album, la partenza è affidata a Flesh and bone, dove i synth anni ’80 fanno da padrone. Il secondo pezzo è Runaways, il primo singolo nonché vetta di Battle borndal duo piano-voce si verifica un crescendo sonoro continuo ed epico fino a raggiungere mete springsteeniane che hanno contraddistinto i nostri in Sam’s Town,
In mezzo a questo calderone sovraprodotto (addirittura cinque produttori per registrare questo disco! Tra cui nomi celebri come Steve Lillywhite e Brendan O’Brien…) sono presenti un lentone sospeso tra Elton John e George Michael (Here with me), l’innocua semiacustica Heart of a girl e l’epica corale conclusiva title track in cui ci sono evidenti richiami ai Queen. Aggiungiamoci synth-ballad furbette figlie di Day and age (The way it was e Deadlines and commitments) e otterrete come risultato tutto ciò che è Battle born: pop-rock con elettronica in sovrabbondanza che piaciucchia senza però far innamorare.
Ma in tutto ciò non mancano momenti trascinanti e di grande impatto: ad esempio l’anthem da arena A matter of time, il rock sintetico in The rising tide e il crescendo pop tra Coldplay e Duran Duran in Miss atomic bomb. Ottimi spunti all’interno di un lavoro che non risulta di facile lettura.
A quanto pare i Killers hanno pensato di intraprendere una strada più orecchiabile e commerciale, forse perché prigionieri del loro stesso successo. Pensate a band come gli U2 e i Coldplay che sono diventate sempre più mainstream col passare degli anni… Questo non è un aspetto del tutto negativo, ma sia ben chiaro che Battle born non è il loro miglior disco. Quindi chi si aspetta un capolavoro o chi vuole il ritorno ai suoni dei loro capisaldi Hot fuss e Sam’s town resterà deluso. Questo album fa il quadro del momento artistico di Brandon Flowers e soci: un sound meno killer e più pop, più melodico. Non è roba da buttare, ma non è nulla in confronto a un passato strabiliante.
Marco Pagliari


Tracklist:
  1. Flesh and bone
  1. Runaways
  1. The way it was
  1. Here with me
  1. A matter of time
  1. Deadlines and commitments
  1. Miss atomic bomb
  1. The rising Tìtide
  1. Heart of a girl
  1. From here on out
  1. Be still
  1. Battle born


14 settembre 2012

Massimiliano Martines - Meccanismo estetico


Meccanismo estetico (Liquido records) è il secondo album del pugliese Massimiliano Martines. Dopo aver perfezionato la scrittura dei testi e dopo aver inasprito le proprie sonorità, Martines è pronto con questo lavoro a consolidare la sua posizione nel cantautorato italiano. Si parte col blues elettronico di Frutti di stagione, per poi proseguire col cantautorato rumoroso della title track Meccanismo estetico, in stile Ruggeri. Le chitarre acustiche infuriate, che ricordano un po' i Pan del diavolo, nel brano Sugli alberi ci mostrano un Massimiliano Martines decisamente incazzato col mondo che lo circonda. Non può mancare, poi, in un album cantautorale, il confronto già perso in partenza tra l'Italia e gli Stati Uniti, nel brano Americana. Mistress, invece, un brano un po' critico nei confronti del mondo femminile, è una sorta di Contessa dei giorni nostri (a parere di chi scrive, nell'album i riferimenti a Ruggeri, probabilmente del tutto accidentali e non voluti, sono comunque molteplici). Il brano appena citato è uno dei migliori dell'album, ed è stato presentato anche al 45 giri film festival, che ha inserito Mistress tra le canzoni sulle quali si son dovuti cimentare i registi in concorso. Le memorie di Adriano è un racconto di viaggi in paesi lontani e culture diverse, mentre Frutta fresca è uno dei brani più marcatamente rock dell'album, un urlo di dolore sull'incapacità di far fronte al cambiamento. La introspettiva Maglietta ci trasmette ricordi dell'estate 2009, mentre Quante quante quante quante è un brano metafisico in stile Battiato con ottimi inserti elettronici, sempre molto curati e mai approssimativi o minimali (al contrario della moda dilagante di molti artisti emergenti). La chiusura dell'album è affidata al brano Il mio universo, una ballata sulla necessità di trasmettere il proprio mondo interiore con bambinesca semplicità. L'album di Martines è un lavoro molto curato sotto il punto di vista delle sonorità e dei testi, e mostra una grande capacità di mantenersi in equilibrio tra l'attenta osservazione del mondo circostante e l'urgenza di comunicare il proprio vissuto. Marco Maresca

13 settembre 2012

600 giovanissimi per Brunori al Carroponte


Venerdì scorso ho assistito al Carroponte a Sesto San Giovanni al concerto di Brunori Sas, Dario e la sua band erano alla penultima data del tour di Poveri Cristi.
Noto fin da subito l'affluenza davvero alta, soprattutto di giovanissimi. All’inizio del concerto, davanti al palco, ci sono almeno 500 persone che urlano "Brunori, Brunori!".
Il nostro cantautore si presenta puntuale con la sua chitarra, accompagnato dalla Brunori Sas, con basso, batteria, fiati, tastiere. Inizia così lo show di Mr Brunori che sfoggia il meglio del suo repertorio che a mio modesto parere non è altro che un ripescaggio a piene mani del megliodei cantautori degli Anni Sessanta, tra Gaetano, De Gregari, Celentano e tanti altri…
Certo, Brunori ha forse il pregio di attualizzare quelle sonorità, ma la cosa curiosa è che quei ventenni sotto al palco venerdì sera molto probabilmente non hanno mai ascoltato gli album dei sopracitati cantautori... che la buona musica sia davvero buona per ogni stagione?
Brunori diverte anche tra una canzone e l’altra, con il suo umorismo d'effetto, che forse a volte supera persino il valore delle sue canzoni. Nonostante a un certo punto le battute si facciano sin troppo scontate... Il pubblico apprezza, balla, canta, ride (soprattutto) e urla al suo beniamino.Così lui sfoggia il meglio del suo repertorio con i pezzi Rosa, Amore con riserva, Lei Lui Firenze, Paolo, Fra milioni di stelle e altri ancora… Sicuramente una bella serata e un bel concerto anche se ripeto, dopo due dischi a Brunori manca ancora quell'originalità travolgente... Marco Colombo



12 settembre 2012

Asino - Crudo - Rec. in 10 parole
















Gli Asino (Orsomaria Arrighi e Giacomo "Jah" Ferrari) sono un duo hardcore e post-punk che regala scariche adrenaliniche, violente e ossessive. Sette tracce di urla, follia e pura cattiveria di provincia: questo è Crudo, ep edito dalla From Scratch Records dove la blasfemia estrema (gli Zen Circus a confronto sembrano i Papa Boys!) e l'estremismo sonoro noise la fanno da padrone. Un disco coraggioso ed estremo, che potrebbe lasciare sbigottito anche il rocker più deciso...

Recensione in dieci parole: rumoroso, estremo, blasfemo allo stato puro (Non è tutta colpa di uno scalino), un po' psichedelico ma sempre esplosivo (67 D.C.), folle (Asinosauro). Un disco sporco come la polvere e tossico come il napalm alla mattina. 
Marco Pagliari

Voto: ***

Tracklist:


1. Lui era contentissimo
2. Non è tutta colpa di uno scalino
3. Mai
4. 67 D.C.
5. Asinosauro
6. Mi sono bruciato con i coriandoli
7. Chinaski