26 febbraio 2012

Ipnotico e sperimentale: "Le voyage dans la Lune” è l’ultimo volo degli Air

A tre anni di distanza da Love 2 riecco gli Air con Le voyage dans la Lune. E’ il sesto lavoro per il duo electro francese, attivo ormai dal lontano 1995 (e il cui esordio risale al successo del 1998 Moon safari). In realtà questo disco non è un vero e proprio album, ma si tratta di una colonna sonora ispirata all’ononimo film francese del 1902, un omaggio dei transalpini al cinema lumieristico adattato con la musica “french-touch” dell’ultimo ventennio.
La partenza è affidata ad Astronomic club, un dub ipnotico che lascia spazio all’immaginazione. Poi ecco Seven stars, momento chill-out in cui fa il suo ingresso la voce ammaliante di Victoria Legrand. Parade è un mix ben riuscito tra Kraftwerk e i Pink Floyd più psichedelici, in Moon fever si sentono echi di King Crimson all’interno di un tappetto ambient costruito dal piano e dal synth e Sonic Armada è un altro schizzo elettrico capace di ipnotizzare l’ascoltatore.
Per il resto c’è il prog chiaro-scuro di Who Am I now?, il glockenspieckel nell’atmosfera spaziale di Cosmic trip e a chiudere c’è Lava un altro collage sintetico anni ’70 degno dei soliti mentori (Pink Floyd, Kraftwerk e Ennio Morricone). Il tutto per un album senza dubbio molto sperimentale, coraggioso e destinato per lo più a un pubblico di nicchia. Non è escluso che qualcuno storca il naso se cerca un nuovo Moon safari o una replica di 10000 Hz Legend, ma Le voyage dans la Lune resta comunque molto apprezzabile per via della voglia da parte degli Air di trasmettere arte “ad hoc” in ognuna delle undici tracce dell’album. Marco Pagliari

25 febbraio 2012

La Waterloo di Fabrizio Coppola: cercando la luce si evita il tracollo che ci insidia ogni giorno

Waterloo è il più recente album (anche se ormai è uscito da diversi mesi) di Fabrizio Coppola, cantautore milanese che ha debuttato nel 2003, e da molti è stato definito come uno dei più promettenti cantautori rock. Semplice promessa o conferma? Difficile dirlo visto che nonostante dischi di buona caratura il riscontro è sempre stato piuttosto circoscritto. Coppola è un artista molto attento alle tematiche sociali. Sensibile alle ingiustizie, sa indignarsi denunciando le discriminazioni. 
Come spiega lo stesso autore, Waterloo parla di sconfitte. In particolare della disfatta delle società costruite dall’uomo in cui quest’ultimo è divenuto solo un mezzo di cui servirsi. Il disco affronta abbondantemente problematiche sociali: La stupidità, ad esempio, sa far riflettere sulla paura delle diversità che per molti rappresenta ancora un male; il video di questo brano ne è un'ulteriore prova, è dedicato a Abba, un ragazzo straniero ucciso a Milano per il furto di una scatola di biscotti.
Con Respirare, lavorare (brano peraltro scelto da Pisapia per la sua campagna elettorale) viene trasmesso un altro messaggio, quello che non bisogna stare mai fermi altrimenti si rischia di restare fuori dalla vita sociale. Tra sonorità rock più o meno decise e ballate il disco alterna brani di denuncia (Al suolo) a tematiche di tipo esistenziale (La mia rovina) nel quale Fabrizio afferma di essere riuscito a codificare immagini che aveva in mente da tempo legate alla sua definizione di amore.
Suscita interesse la definizione di uomini formica... Ognuno di noi lo è in fondo almeno un po’. Il protagonista di La ballata dell’uomo formica si identifica infatti con gli altri uomini formica che affollano gli autobus nelle ore di punta e che come lui tornano a casa dopo il lavoro. Nonostante resti anche la speranza di andarsene da una città matrigna e che tiene il protagonista lontano dal suo amore.
Nel disco di Coppola si nota anche un filo conduttore: la ricerca della luce. Una luce che a volte abbiamo la fortuna di trovare, anche se in questo disco non mancano malgrado tutto tratti di buio che potrebbero risultare meglio illuminati. Alessandra Terrone

21 febbraio 2012

Don Andrea Gallo a Novara (streaming audio e fotoracconto)
























A distanza di qualche settimana dall'incontro con don Andrea Gallo a Novara siamo riusciti a recuperare lo streaming audio della presentazione di "E io continuo a camminare con gli ultimi..." (Chinasky edizioni). Come mostrano le fotografie la partecipazione è stata attenta e particolarmente numerosa: tra gli intervenuti anche politici e rappresentati di molte associazione. E' stato un onore per me fare la conoscenze diretta e poter introdurre un personaggio così carismatico e così profondamente impegnato nell'aiutare gli ultimi, gli emarginati, gli esclusi. Un ringraziamento particolare per avermi coinvolto allo staff della MelBookstore di Novara e a Federico Traversa di Cinasky, editore genovese indipendente di alcuni libri del "gallo". r.co.


Ascolta lo streaming audio integrale:

16 febbraio 2012

Intervista ai Sick Tamburo, sabato in concerto all'Ideal (fotoracconto)

Saranno in concerto all’Ideal di Magenta (l’appuntamento nel locale di corso Piemonte è alle 22 di sabato, ingresso 10 euro) i Sick Tamburo - l’ormai noto progetto fondato da Gian Maria Accusani ed Elisabetta Imelio dei Prozac+ - per presentare il loro secondo disco “A.I.U.T.O.” Abbiamo scambiato telefonicamente qualche parola con Gian Maria, che ha raccontato come questo lavoro sia una vera e propria autoanalisi, un eterno ritorno degli errori umani e…della conseguente richiesta di aiuto. 

Il vostro secondo disco, è uscito a quasi tre anni di distanza dall’album d’esordio “Sick Tamburo”. Cosa è cambiato in questo periodo e cosa ha ispirato la nascita di questo album?

A.I.U.T.O. avrebbe dovuto, in realtà, uscire ad aprile ma per ragioni di forza maggiore (Elisabetta era in dolce attesa), lo abbiamo posticipato. Il primo disco era partito quasi per gioco poi, i tanti live e la buona risposta ottenuta hanno fatto sì che il progetto continuasse arrivando ad un nuovo disco.

Le tematiche di questo lavoro spaziano notevolmente, dall’amore alla malinconia, sino alla critica sociale. Quale approccio avete avuto con la scrittura?
Normalmente tendiamo a parlare di cose che ci stanno attorno, di quelle che in quel preciso momento ci colpiscono di più. A.I.U.T.O. è partito dall’analisi fatta su noi stessi, che ci vede fare sempre gli stessi errori e ci fa cadere sempre negli stessi tranelli,come se quelle situazioni dolorose che passiamo, siano in parte anche piacevoli. Una sorta di cortocircuito insomma. Ricreiamo da soli i nostri momenti bui, poi ci troviamo in difficoltà e chiediamo aiuto…

Il singolo che ha anticipato l’album, “E so che sai che un giorno”, ha messo in luce sonorità differenti dal passato e un approccio diverso con la melodia e la scrittura testuale. Come mai?
Il singolo è proprio il fulcro della tematica del disco. E’ proprio da questo pezzo che è partita l’idea dell’album. Per quanto riguarda le sonorità, hai ragione. Abbiamo lavorato sulle sonorità molto riconoscibili e ripetitive del primo disco ampliandole e lavorando anche sulla parte vocale: il disco a differenza del precedente è cantato non solo da Elisabetta, ma anche da me. Questo ci ha consentito di raccontare anche con testi più articolari le storie e le sensazioni di cui parlano i pezzi.

Spesso la critica tende non scindere il progetto Sick Tamburo con quello dei Prozac +, voi come vivete questo costante confronto?
I Sick e i Prozac+, sono due cose distinte, entrambe importanti. E’ chiaro che i due progetti siano riconducibili vicendevolmente perché, oltre ad esserci due componenti comuni ad entrambe le formazioni, c’è un unico autore (appunto Gian Maria, ndr). Quindi la scrittura è sicuramente riconoscibile seppur usata in maniera diversa.

Quindi non escludi un ritorno dei Prozac+?
Il gruppo non si è mai sciolto, quindo tutto potrebbe potenzialmente accadere.

Come è stato l'approccio con il pubblico da quando siete tornati come Sick Tamburo?
Molto positivo, l'attenzione verso un progetto come il nostro è cresciuta costantemente. Il riscontro ai concerti è molto positivo ed è per questo che abbiamo realizzato un secondo album. E' brutto dirlo, ma se la musica prima valeva 10 oggi è a 1, e anche tutto quello che le ruota attorno è molto diminuito. E' più difficile fare concerti, ci sono sempre meno soldi e in questo contesto non era scontato che un progetto come il nostro riuscisse ad avere attenzione

Fare parte di un collettivo di artisti come La Tempesta vi arricchisce, esiste un confronto con le altre band?
Se ti riferisci agli eventi che La Tempesta organizza in cui si esibiscono tutti i gruppi che ne fanno parte, direi di sì. Anche solo per la possibilità di ascoltare e confrontarmi con musicisti che hanno un approccio radicalmente diverso dal nostro, non solo nella musica, ma nelle idee in generale e nel metodo di lavoro. L'intento di questa "etichetta" che è lontanissima dalle logiche delle major e da grossi giri di denaro è principalmente quello di spingere la musica fatta con passione. E credo che dai risultati la passione venga fuori con prepotenza.

Roberto Conti
foto Marco Maresca







15 febbraio 2012

Ascolti emergenti: Lucia Manca, Dust, Re-Ve, Chaplin 2.0, Emptyty, Pedro Ximenex

 Lucia Manca - Lucia Manca ***
Album omonimo per la cantautrice pugliese Lucia Manca. Prodotto da Giuliano Dottori degli Amor Fou, questo album è un insieme di brani pop nei quali l’originale e dolce voce di Lucia spicca con eleganza. Sprecato e ovvio il paragone con Cristina Donà, anche se in effetti la ricorda parecchio. I pezzi comunque sono tutti molto belli, in particolare per la loro caratteristica di avere melodie affascinanti. Anche i testi sono apprezzabili: lei stessa li racconta come "odi all’amore, malinconici ma nello stesso tempo caldi e gioiosi, parlano di me e dei miei confusi desideri, di quello che amo, anche perché mi innamoro facilmente di ogni cosa e adoro osservare tutto”. Anche a proposito della collaborazione con Giuliano Dottori è la stessa cantautrice a raccontare: “Mi ha fatto crescere molto dal punto di vista musicale e credo che lui abbia fatto un magnifico lavoro sul disco”. Tra i miei pezzi preferiti ci sono Sogno antico, dolcissima ed onirica, Dea anch’essa molto suggestiva e dolce, e i brani Incanto e Lontano. Marco Colombo 

Re-Ve - Re-Ve **/
L’album d’esordio dei milanesi Re-Ve è un condensato interessante di melodie electro-funk con venature di rock melodico. Per certi aspetti ricordano i Subsonica (specie per l’uso del synth), per altri gli Ub40 (nelle ritmiche funky) e in altri gli Strokes e i Franz Ferdinand, i due gruppi più influenti dell’ultimo decennio. I Re-Ve sono artefici di una disco-rock non innovativa, ma comunque godibile (anche se la voce plasticosa di Francesco Porati, leader cantante-chitarrista del gruppo, lascia a desiderare). Da segnalare nell’album i momenti disco alla Subsonica (Black out), l’electro-ska rockettaro da party anni ’80 (Se lo dice Freud) e gli evidenti richiami agli anni ’80 (nella cover di Lamette di Donatella Rettore). Con la loro miscela di suoni, i Re-Ve si rivelano una band curiosa e intrigante, anche se il loro sound è costruito fin troppo su riferimenti altrui. Marco Pagliari




 Chaplin 2.0. - In superficie ***
Dietro al Progetto Chaplin 2.0, di cui abbiamo ascoltato il nuovo lavoro, In superficie, c’è Michele Nucciotti,  già recensito da Asap per i suoi lavori da solista. In questo lavoro, insieme a lui troviamo Rosario Del Giudice al piano, alle tastiere e anche lui al "programming". L’album presenta dei brani tipici della produzione di Nucciotti, ovvero minimalpop con corpose contaminazioni elettroniche. Notte Bianca presenta un bel pianoforte e la voce ipnotica di Michele che canta di una notte senza lei, Ore sei ha un ritmo più incalzante e dance, In superficie presenta un classico drumming elettronico, è un brano molto evocativo, il mio favorito del disco. Una buona ragione e Domani sono invece brani più popolari. Il disco nel complesso è molto scarno come mood, ma sicuramente crepuscolare ed emozionale. A me è piaciuto molto. m.c.




Emptyty -  Emptyty **
Gli Emptyty sono Milko Mongiello (voce), Ivan Cappelletti (chitarra, cori), Diego Fronda (chitarra, cori), Simone Pesenti Gritti (basso), Moreno Antonetti (batteria) e ci presentano questo Estasi, loro secondo lavoro discografico. Registrato presso lo studio Octave di Gallarate, l'album presenta sonorità rock, con più di una venatura grunge. Emptyty è una sincrasi tra empty (vuoto) ed entity (entità). Spulciando tra i pezzi, troviamo la classica ballata dal titolo Oltre la canzone che non c´è, il rock duro di Psiche, il pop scanzonato di Tutto quello che vale. Particolarmente radiofonica La Scomparsa di nessuno.
I testi sono firmati da Milko Mongiello, mentre le musiche sono frutto della collaborazione di tutta la band. C'è una basa interessante, ma manca originalità. Il gruppo non mi è arrivato completamente. m.c.




Dust - Kind ***
Kind è la seconda prova discografica dei milanesi Dust, realtà davvero interessante ed originale per il panorama musicale italiano. Sicuramente il loro sound non è per il nostro mercato, non solo perché cantano pezzi inediti in inglese, ma perché li caratterizza un bel sound compatto che a me ha ricordato i migliori Wilco e The National. Chitarre taglienti e graffianti e una vocedavvero emozionante, calda e travolgente.
Nel 2009 hanno esordito con un'autoproduzione Tuesday evenings, ottimamente accolto dalla critica a cui ha fatto seguito l'ep che abbiamo recensito, edito da Tomobiky. Questo nuovo lavoro è stato registrato al Mono Studio di Milano e prodotto da Matteo Cantaluppi (The Record’s, Punkreas, Canadians) con l’aiuto di Matteo Sandri (Sananda Maitreya, Il Genio), Kind si fregia anche di due canzoni mixate da Paolo Alberta (fonico dei Negrita) all'Hollywood Garage di Arezzo. I brani mi sono piaciuti molto un po’ tutti, da Collapse of art e Ink loaded love. Da citare anche Never defined molto vicina al sound dei The National. m.c. 


Pedro Ximenex - Il nostro disco che suona ***
Abbiamo ascoltato il terzo lavoro degli Pedro Ximenex, dal titolo Il nostro disco che suona. Prima curiosità: l’album è disponibile anche in vinile. Si presenta poi quasi come un vero e proprio concept album.
Registrato presso il Bonsai Studio di Orvieto, questo nuovo lavoro vede il ritorno della band a sonorità più rock, rispetto ai toni più ovattati e pop dei precedenti album Che fretta che c’era e Abbandonati come se.
Il disco spazia da sonorità rock "classiche" a tratti di psichedelica. Il singolo Ne ho bisogno presenta un bel riff di chitarra che sfocia in un interessante coro, contiene anche con un parte rap molto particolare.
Quasi mi ha ricordato addirittura qualcosa dei Pearl Jam come scrittura; Un’isola presenta sonorità pop sognanti, mentre Aria è una canzone d’amore, la mia preferita con quel suono orchestrale davvero intenso. Sicuramente un lavoro particolare ed originale che si merita tre *. m.c.

Ascolti emergenti: Laika vendetta, Sviet Margot, Wendy?

Laika vendetta - Laika, Sylvia, Jeanne e... le altre     ***

I Laika vendetta sono Emidio De Berardinis (voce), Marcos Cortelazzo (chitarra e cori), Marvin Angeloni (chitarra), Luca Di Filippo (basso, cori), Alessandro Di Salvatore (batteria). Il loro primo album è uscito a gennaio per l'etichetta Boleskine house records, distribuito da Udedi musica e cultura. L'artista Mokina ha arricchito il digipak inserendo all'interno alcune sue opere grafiche originali. Le donne del titolo sono "anime vaganti, calpestate, stuprate, dissacrate e redente, ma anche pure e maledette di Poesia, che gridano il silenzio di una Vendetta laica". Una vendetta che si consuma tra chitarre potenti, aggressive, e testi feroci (unica nota negativa: a volte troppo polemici e ammiccanti all'attualità). Il gruppo dichiara di ispirarsi a Ministri e Teatro degli orrori ma in realtà la loro musica si sviluppa su un genere molto diverso, più vicino a Kyuss e Queens of the stone age. Il progetto musicale sembra solido e concreto (basti ascoltare il brano Misty destroy) e ciò è degno di lode. Lo stesso vale per la scelta coraggiosa di fare rock cantando in italiano, nonostante la piccola pecca di un atteggiamento un po' troppo retorico e snob che emerge più volte durante l'ascolto dell'album. Marco Maresca



Sviet Margot - Spiriti di luce ****
Sviet Margot è un progetto musicale attivo già da tanti anni a Roma, con alle spalle tre demo oltre all'album autoprodotto qui recensito. La formazione è composta da Tiziana Giudici (voce, cori, tastiere, produzione, registrazione e mixaggio), Alessandro Galizi (basso, cori, tastiere, chitarra acustica), Giuseppe Ricotta e Graziano Galeone (chitarre), Stefano Masella (batteria, percussioni). "La vita può essere reale o virtuale: la si può pensare indifferentemente come fosse reale e fisica o come fosse una simulazione virtuale", dichiara il gruppo. E dalla prima all'ultima traccia l'album lo conferma pienamente, portandoci in un mondo che è tanto fisico, corporeo e meravigliosamente sensuale (Scintille, Calore e Semplicemente, quest'ultimo forse il brano migliore dell'album) quanto magico, meditativo e sognante (Spiriti senza pensieri e Flussi puri d'armonia, altro picco dell'album). Gli spiriti di luce del titolo vengono a trovarci più volte durante l'ascolto, riscaldando l'anima ed i sensi, in modo sempre sobrio e sussurrato, mai urlato o imposto con la forza. Un rock melodico di stampo internazionale fa la differenza, così come la stupenda voce di Tiziana Giudici, che in più momenti ricorda Antonella Ruggiero (ascoltate il brano Soffio per farvi un'idea delle potenzialità della cantante). Il giudizio sull'album è completamente positivo, per una band che merita di essere conosciuta ed apprezzata anche fuori dalla scena musicale romana, magari grazie ad un'etichetta discografica importante.. m.m.


Wendy?! – Eleven ***
Lorenzo Canevacci (voce e chitarra), Andrea Giuliano (basso e cori) e Moreno Maugliani (batteria) sono tre artisti provenienti da varie esperienze nella scena musicale romana degli anni ’90. Si sono trovati insieme in un progetto denominato Wendy?!, nome che rievoca le atmosfere horror di Kubrick nel film Shining. Riferimenti allo stesso film si possono trovare anche nei titoli di alcune canzoni e nella grafica dell’album, pubblicato da RBL Music Italia e distribuito da EDEL. Il genere è un alternative rock energico, con chitarre rugginose, che non disdegna aperture melodiche anni ’70 alternate a soluzioni più distorte. Un buon compromesso tra classicità delle melodie e innovazione nello sviluppo dei brani. La provenienza hardcore punk del cantante non è completamente celata: si notano nei brani alcuni influssi del mondo hardcore degli anni ’90, ma questo non è certo un difetto. Not so bad, terza traccia del disco, è forse il momento migliore, così come How do you sleep at night?, singolo di lancio dell’album. m.m.

14 febbraio 2012

Le pagelle in diretta dei Big del Sanremone: da Arisa a Nina Zilli (seconda parte)



MATIA BAZAR (Sei tu): Ritorno alle origini. Tutto cambia perchè nulla cambi.  Orecchiabili e morbidi, ma non convincenti.  VOTO 5

ARISA (La notte): Arisa esce dal suo occhialuto personaggio. E anche la canzone d'amore diventa d'improvviso inconsistente e anonima. Mi aspettavo di più, anche se l'interpretazione è stata discreta. VOTO 5 1/2

LUCIO DALLA E PIER DAVIDE CARONE (Nanì) - Il bravo Pier Davide (ottimo amico di Maria) ha trovato un mentore d'eccezione come Lucio Dalla, chissà con cosa l'avrà contraccambiato... La storia d'amore tra cliente e prostituta è un tema che ha sempre il suo perchè. L'astuzia dalliana si sente e il brano decolla. VOTO 7

NINA ZILLI (Per sempre) - Negativa la prova della Zilli. L'ardua canzone d'amore è stata ben eseguita, ma nulla di più. L'emozione non si scorgeva e darla a Giuliano Palma questa volta non servirà... VOTO 5

GIGI D'ALESSIO E LOREDANA BERTE' (Respirare): Il neomelodico e una Bertè in versione "travone" si uniscono in un duetto che almeno ha il pregio di essere orecchiabile e allegro. Gigi fa volutamente da spalla, Loredana è contenta (almeno lei) e si illude di cantare ancora a livelli decenti. Quello che sembrava impossibile, evidentemente non lo è. VOTO 5

EUGENIO FINARDI (E tu lo chiami Dio): Finardi interpreta con ardore una canzone dal tema non facile sulla ricerca di spiritualità. Il testo è forse uno dei più fini presentati finora. Il look andrebbe un pelino aggiornato. VOTO 7

MARLENE KUNTZ (Canzone per un figlio) Definire questo un pezzo rock è facile solo perchè a cantarlo sono i Marlene. Ad un primo ascolto non convince, il pezzo non decolla, ma diamogli tempo. Vista la compagnia la scelta di stare al margine potrebbe rivelarsi vincente. VOTO 6

EMMA (Non è l'inferno): Anche la signorina Marrone racconta bene il nostro tempo italiano, fra appiccicosa melodia pop e accorati appelli che è infondo sono la traduzione in parole meno incazzate di "Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero".  VOTO 7

13 febbraio 2012

Le pagelle in diretta dei Big del Sanremone: da Arisa a Nina Zilli (prima parte)


IRENE FORNACIARI (Grande mistero) Una canzone ritmata che parla di un merlo su una grondaia, di un gatto sul termosifone, di un pipistrello. Brava lei e bravo Davide Van De Sfroos che firma un pezzo vincente. Quando si è bravi essere raccomandati, purtroppo, è un difetto e può quasi penalizzare. VOTO 9

CHIARA CIVELLO (Al posto del mondo) Qualche stecca iniziale, la pianista e cantautrice, la voce big più sconosciuta ai non jazzomani, nel pop perde un po’ di smalto e sicurezza. Bene fisarmonica e violini. VOTO 6

FRANCESCO RENGA (La tua bellezza) I virtuosismi di Renga riescono ad apparirmi sempre stucchevoli e altezzosi. Il brano, una dignitosa canzone d'amore, è stato ben interpretato, anche se di sicuro non passerà alla storia. VOTO 6

NOEMI (Sono solo parole): Performance sotto tono e canzone, quella firmata da Fabrizio Moro, particolarmente debole. Il ritornello è monotono e scontato, l'unica nota di merito è che non sarà difficile ricordarsi del titolo. VOTO 3

SAMUELE BERSANI (Un pallone): Aveva dichiarato: "Non vado a Sanremo per vincere". Samuele è tristemente consapevole del cognome che porta. Un pop lieve lieve che rischia però di diventare trasparente, nonostante il pallone come metafora della nostra Italia che va a rotoli non sia poi così male.VOTO 7

DOLCENERA (Ci vediamo a casa): Era prevedibile un avvio con Dolcenera (partì lei anche un paio d'anni fa quando presentò Il mio amore unico). Il suo brano parte simpaticamente con uno stile un po' alla Bianconi, ma si arrampica poi sulle salitine dentate del dance-rock, dove Dolcenera riconferma di non trovarsi completamente a suo agio. Orecchiabile, ma nulla di più. VOTO 6

Aim live@Magenta (fotoracconto)










Sabato scorso gli Aim hanno suonato all’Ideal di Magenta, ambizioso locale rinnovato nella gestione e nella programmazione. La band ha offerto uno spettacolo di grande impatto, proponendo i brani del disco We are sailing, uscito ormai un anno fa. Ospite della serata Vito, il violinista degli Io?Drama, che ha duettato in un paio di canzoni modificate negli arrangiamenti. Una sorpresa nel finale, con un fan chiamato sul palco per duettare in In tre (risparmia). Gran concerto. Appuntamento alla prossima. r.co.


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11 febbraio 2012

L'ora dell'ormai, prova di maturità per Bobo Rondelli

Bobo Rondelli è un cantautore livornese schietto e romantico con un background musicale piuttosto ampio che va dal rock (fu uno dei fondatori degli Ottavo padiglione), al reggae, al jazz, alla musica country. Bobo è un artista nel senso pieno del termine, sempre aperto a nuovi stimoli e ad esperienze come il cinema (con Virzì) e il teatro (con Stefano Bollani). Quest’uomo sa parlare d’amore in un tempo in cui sembra sia diventato difficile farlo. Sa parlare, anche molto bene, di problematiche sociali e di attualità con la sua voce limpida e il suo modo diretto e semplice. Ascoltare ciò che ha da dire anche quando non canta è molto interessante.
Filo conduttore di quest’album un amore finito, ma anche tematiche sociali con Sporco denaro in cui Bobo urla con disprezzo contro quello che è la causa di tutto lo schifo in cui siamo precipitati, o con Canto di un padre dove sulle note di una ninna nanna canta la preoccupazione di un genitore per il futuro di suo figlio in questo presente che spesso fa paura.
L’ora dell’ormai che dà il titolo all’album racconta la storia di un amore che non c’è più, ma che continua a lacerare l’anima. E’ l’ora dell’ormai è troppo tardi. La musica di questa canzone è colonna sonora della sofferenza per non aver saputo capire in tempo quanto si amava in realtà qualcuno che non è più accanto a noi e che abbiamo perso forse anche perché non ci siamo impegnati abbastanza.
Ma ne La giostra Bobo ci insegna a modo suo la speranza di ritrovare un giorno quel qualcuno che ha sofferto per colpa nostra e che ci guarderà senza più rancore perché magari nel frattempo ha trovato un nuovo amore. Come dice lui: saliamo e scendiamo dalla giostra dell’amore.
Nel brano Tu mi fai cantare ancora tutto il romanticismo di questo poeta livornese sa raggiungere testa e cuore di chi lo ascolta e chissà forse ci suggerisce di non smettere di credere nell’amore.
Livorno nocturne è un brano strumentale in cui Bobo è il poeta della Livorno notturna. Recita: vista da un cieco stanotte Livorno è bellissima. Il cieco forse è proprio lui che cerca di dimenticare e si aggira di notte nella sua amata città. Perché come canta in L’albero tutto sembra diverso e a volte nemmeno vediamo ciò che abbiamo intorno quando chi amavamo non è più con noi.
Bobo ha la capacità di farci immaginare ciò di cui parla nelle sue canzoni. Quell’immaginazione che ci fa ricordare situazioni e persone mai dimenticate.
Per la sua Blu (divertente il video con il supereroe Bobo che vola alto nel cielo) il cantautore livornese si dimostra ancora una volta artista dalle diverse sfaccettature e uomo ironico dotato di gran senso dell’umorismo.
In Sì a me delle donne Bobo canta le bellissime parole scritte da Franco Loi. Una dedica d’amore alle donne di questo poeta milanese.
Tutto l’album sublima l’amore anche quando è fonte di sofferenza. L’amore che rischia di farci perdere giorni di vita, ma poi l’Angelo azzurro arriva a salvarci quando stiamo per naufragare tra le onde della tristezza chiusi in un’osteria. L’amore che va oltre il possesso dell’oggetto amato, se necessario lasciandolo libero di volare via (Per amarti). Alessandra Terrone

5 febbraio 2012

Ambizioso, mastodontico e un po’ prolisso: ecco Il mondo nuovo, concept del Teatro degli Orrori

“Ci siamo dati un obiettivo molto ambizioso, anche perché è il nostro terzo album. Con questo disco non ci vogliamo certo autocelebrare, ma abbiamo sentito la necessità di consacrare, in qualche misura, la liturgia fatta fino ad oggi”. In questa intervista rilasciata a Rolling Stone Italia, Pierpaolo Capovilla, deus ex-machina del Teatro degli Orrori, commenta così l’uscita di Il mondo nuovo, terzo lavoro in studio della band di Marghera: “Ci siamo detti che con il terzo album avremmo dovuto confermare i nostri buoni propositi con la volontà di fare anche un passo in avanti – prosegue il cantante - e musicalmente lo è, un passo in avanti. Sia per ciò che riguarda l'esecuzione dei brani, per come sono stati suonati, sia per la produzione artistica”.
Non c’è gusto per l’umiltà, con queste dichiarazioni Capovilla si dice totalmente orgoglioso del terzo disco dei TdO, formazione attiva dal 2005 che giunge così al concept dopo Dell'impero delle tenebre del 2007 e l’applaudito A sangue freddo del 2009 (con in mezzo lo split ep realizzato con gli Zu nel 2008). Sedici tracce per un’ora e venti abbondante di musica in cui si condensano molti suoni: dal rock all’elettronica al cantautorale, già ritrovati nei precedenti lavori, fino all’hip-hop e alla musica etnica, vere novità per rendere l’opera ancora più ambiziosa.
Un concept album costruito attorno a temi come l’amore, la rassegnazione, l’isolamento, tutti sentimenti espressi da personaggi appartenenti a un mondo nuovo, una realtà in cui è facile provare insicurezza e angoscia. Rivendico e Non vedo l’ora sono “anthem” post-punk in cui si sente tutta la rabbia di chi si trova coinvolto in situazioni difficili da risolvere, il primo singolo Io cerco te suona come un attacco criptico al nostro Paese (Roma capitale / sei ripugnante / io non ti sopporto più) fino ad arrivare al mix utopistico di suoni e sapori di Gli Stati Uniti d’Africa.
Ma le storie che racconta Capovilla si concentrano soprattutto su personaggi singoli: il soldato chiamato per prestare servizio alla Nazione (Cleveland-Baghdad), l’emarginato (Martino), la donna abbandonata dall’abbandono (Monica), la femmina perseguitata dagli stalker (Doris) e il killer psicopatico (Adrian, sette minuti di autentico teatro delirante). Nel mezzo spunta pure l’hip-hop’n’ dub Cuore di oceano dove partecipa Caparezza, uno dei diversi ospiti per abbellire la mastodontica opera della band veneta. A chiudere l’album ci sono anche due gioielli come la ballad a metà tra il cantatutorale e il new-wave di Dimmi addio e la piccola elegia sentimentale di Vivere e morire a Treviso.
Nel complesso Il mondo nuovo è senza dubbio un lavoro molto coraggioso e ricco di suoni e di contenuti, un po’ prolisso in diverse circostanze (bisogna avere fegato per reggere 80 minuti di sperimentazione), ma alla fine riuscito. Il mondo nuovo va ascoltato, analizzato e compreso con pazienza ma, una volta capito, in alto il pollice per il Teatro degli Orrori! Marco Pagliari

I Manic Street Preachers celebrano i 25 anni di carriera con un doppio greatest hits da “tesori nazionali”

È passato molto tempo, per essere precisi 25 anni, da quando in un piccolo paesino di minatori nel Galles, i quattro amici d'infanzia iniziarono a suonare insieme, ispirandosi a gruppi come Clash e New York Dolls, andando contro la new wave e la scena di Madchester che proprio in quegli anni imperavano. Per celebrare la loro carriera i Manics hanno pubblicato un doppio greatest hits contenente tutti i 38 singoli che hanno fatto la storia di una band eclettica e difficile da etichettare. Nel 2002 era già stato pubblicato un greatest hits della band dal titolo Forever Delayed, che racchiude però le loro canzoni più pop e alcuni inediti. National Treasures invece ci regala un vero e proprio viaggio nella storia del gruppo, mostrandoci tutte le loro influenze e soprattutto il taglio netto che si è creato dopo la sparizione nel 1995 del chitarrista Richey Edwards. Da quel momento infatti i Manics hanno virato verso sonorità più pop e testi meno cupi ma molto più nostalgici e malinconici: un cambiamento che d'altro canto li ha consacrati in tutto il mondo come una delle principali band rock britanniche.
Il primo disco parte dagli esordi glam punk di Motown Junk che nel 1991 fece conoscere gli allora ventenni Manic Street Preachers al mondo come band iconoclasta e politicizzata fino ad arrivare ad Australia, gioiello pop dell'album Everything Must Go del 1996; passando per brani tratti dal primo album Generation Terrorists a Gold Against The Soul, e al capolavoro The Holy Bible (album in cui la personalità di Richey Edwards si fa sentire in tutta la sua forza ed ecletticità). Il secondo disco invece ripercorre gli ultimi anni di carriera della band e quindi il periodo del loro grande successo, dal singolo If You Tolerate This Your Children Will Be Next (il più conosciuto in Italia) a This Is The Day, cover dei The e inedito, il cui testo sembra essere un omaggio della band alla memoria dello scomparso Richey.
Unica pecca: nel greatest hits non vi è traccia alcuna dell'album Journal for Plague Lovers del 2009, da cui non è stato tratto nessun singolo e che rappresenta invece il disco migliore tra gli ultimi della band.  
Nel giorno del diciassettesimo anniversario dalla scomparsa di Richey, sono state annunciate le date del tour europeo, che ancora una volta, non toccherà il nostro paese... la community italiana si è già mobilitata per una petizione: www.facebook.com/manicsitaliancommunity.
National Treasures è un doppio disco che consiglierei agli amanti del rock britannico e a chiunque voglia approfondire la storia dei Manics, e soprattutto a chi pensa che il punk sia morto: non sono molte le band capaci di coniugare politica, arte, ritornelli pop e stoffa leopardata. Diana Debord

3 febbraio 2012

Cresce il mercato della musica digitale, +22%. Bene anche i dischi di Natale

Prosegue ed aumenta il trend di crescita del mercato della musica digitale in Italia nel 2011 nella fotografia annuale realizzata da Deloitte per FIMI. Tra download e streaming, la musica online, con il 22 % di incremento ( ben al di sopra della media globale dell’ 8%), ha fatturato 27,5 milioni di euro e rappresenta più del 21% del mercato discografico in Italia. Una crescita oltre il doppio rispetto al 2010 sul 2009. Gli album digitali sono saliti addirittura del 37% (più che triplicati rispetto al 2009) contro una crescita dei singoli del 25%. In forte espansione anche lo streaming video, guidato da YouTube, che è salito del 64% arrivando a sfiorare i 4,5 milioni di euro contro 2,7 milioni del 2010.
La quota di mercato del digitale è tuttavia ancora lontana dalla media globale che è del 32 % secondo i dati IFPI.
Complessivamente il mercato discografico ha incassato al sell in al netto dei resi 130,5 milioni di euro contro i 135 del 2010, un calo del 4% dove il supporto fisico ha fatturato 103 milioni di euro (-9 %) e il digitale 27,5 milioni (+22%). Ad unità il mercato fisico è calato del 7% con gli album in cd scesi del 6 % a valore nel fisico ma saliti del 37 % nel digitale.
Tra fisico e digitale gli album, nel 2011, hanno raccolto 110,6 milioni di euro. La crescita degli album digitali nel 2011 con il 37%, è stata tra le più elevate, anche comparata con i principali mercati. In USA gli album digitali sono cresciuti del 19%, in UK del 27% e in Francia del 23%. La media globale è del 23% (dati IFPI).
L’anno scorso si è chiuso con un mese di dicembre molto forte, confermato anche dai dati di GfK. Il mese natalizio è stato in controtendenza rispetto alla generale crisi economica, con le vendite di dischi salite del 13,5%, soprattutto nel settore del compact disc, segnale di una ancora forte vitalità del supporto fisico che in Italia rappresenta tutt’oggi l’80% del mercato.
Il 2011 è stato anche l’anno che ha mostrato un forte incremento nell’e-commerce di cd musicali con un incremento del 26% benchè la quota di mercato del canale per ora sviluppi solo il 5% del business discografico, l’acquisto online conferma prospettive molto interessanti per il mercato discografico italiano, con una decisa spinta dei consumatori sugli acquisti via web che tenderà a salire nel 2012.
Positivi risultati anche dalla quota di musica italiana, con il repertorio locale che vale il 54 % delle vendite nel nostro Paese (in crescita di due punti percentuali rispetto al 2010). A titolo di confronto nel cinema la quota di incassi da film italiani rappresenta il 33 %. Nella top ten dell’anno sette artisti su dieci erano italiani.
“L’offerta online, con la presenza di un sempre maggior numero di player sul mercato italiano, sta confermando un certo consolidamento del mercato italiano con un forte impegno dell’industria nel rinnovamento dei modelli di business” ha commentato Enzo Mazza, Presidente di FIMI. “Pur trovandoci in un ecosistema complesso e fragile, dove anche il più innovativo modello di business si deve confrontare con il fatto che ancora il 23% degli utilizzatori di internet accede a servizi illegali, e gli unici veri sforzi per portare i consumatori verso le piattaforme legali, sono stati compiuti dell’industria e dai propri partner, le tendenze per gli anni a venire sembrano essere positive. E’ evidente che anche il mondo delle Istituzioni deve fare la sua parte, soprattutto promuovendo una seria strategia per lo sviluppo dei contenuti digitali e per il contrasto alla pirateria” ha concluso il Presidente Mazza. (comunicato stampa FIMI)