Spiegare l'importanza storica dei Pixies è inutile: chi li
conosce sa che da questa band bostoniana degli anni '80 è nato praticamente
tutto. Chi non li conosce non potrà mai capire il perché di un sold out di
queste proporzioni, per un concerto di musica non di massa. Mai si è vista
prima di oggi una simile calca per entrare all'Alcatraz, il tempio milanese
della musica rock, la cui acustica ultimamente sembra leggermente migliorata.
Durante l'interminabile coda per entrare, si nota subito un dato anomalo: le
lingue maggiormente parlate sono lo spagnolo e l'inglese. Il tour europeo dei
Pixies non è ricco di date e c'è quindi chi arriva dall'estero. Questo è
sicuramente un ottimo dato per Milano come sede di eventi culturali, oltre che
un'ottima vetrina per l'Alcatraz, ma rende l'idea di come gli italiani snobbino
un certo genere di eventi.
Si inizia prestino, prima delle 21:30, e quando la
band entra sul palco gli occhi di tutti sono puntati sulla sostituta di Kim
Deal: un'altra Kim, che di cognome fa Shattuck, e che gli appassionati di punk
rock ricorderanno come cantante dei The Muffs. Notevole il suo look, quasi da
personaggio di film di Tim Burton, specialmente se confrontato con lo stile
sobrio e ordinario dei restanti membri del gruppo. Kim Shattuck non è Kim Deal
ma ha una sua propria identità, e questo è bene. Passando alla musica, i Pixies
hanno suonato in totale trentacinque canzoni, che sembrano tantissime ma il
numero non deve ingannare: spesso sono brani da due minuti ciascuno, oltretutto
accelerati o parzialmente tagliati nella versione live. C'è un brano nuovo, Blue eyed Hexe, e dall'ultimo EP ne sono
stati pescati tre. C'è da dire che la band ha mostrato una cura maggiore per le
canzoni nuove, con volumi appositamente alzati per ovviare alla prevedibile
scarsa partecipazione del pubblico. La platea era infatti tanto partecipe
durante i brani più conosciuti quanto fredda nei confronti di quelli più
freschi. Una reazione prevedibile, sì, ma non giustificabile, innanzitutto
perché le nuove canzoni girano parecchio su internet e a tutti è dato
ascoltarle. Basta volerlo. E poi perché sono meritevoli: specialmente Indie Cindy, che rende bene anche dal
vivo, ma anche What goes boom, una
bella botta di energia con la quale il pubblico avrebbe tutto il diritto di
scatenarsi. C'era anche Bagboy, il
pezzo con cui i Pixies sono tornati alla ribalta prima dell'EP, ma nonostante
le basi registrate non ha reso troppo bene dal vivo. Quattro gli omaggi ad
altri artisti celebri: Winterlong di
Neil Young, Big new Prinz dei The
Fall in coppia con Head on di The
Jesus and Mary chain (quest'ultima già presente nell'album del '91 Trompe le monde) e In heaven, brano concepito dal grande David Lynch per la colonna
sonora di Eraserhead, suonato dai
Pixies durante il bis. E poi tutti i pezzi più famosi, tra cui la finale Where is my mind?, che tutti conoscono
poiché inserita nella colonna sonora di Fight
club (anche se è un peccato che i Pixies vengano spesso accostati solo a
quella canzone). Rimane comunque, a parte qualche eccezione, un concerto per
gli addetti ai lavori. Una festa per chi può esaltarsi con le urla di Black
Francis e il noise chitarristico di Joey Santiago. Chitarrista spesso sottovalutato,
quest'ultimo, e che su disco rischia di lasciare indifferenti. Ma dal vivo è
tutta un'altra storia. Vamos, ad esempio,
è inaspettatamente il pezzo migliore della scaletta, con Santiago che si
diverte a far produrre alla sua chitarra qualsiasi genere di rumore (con una
consapevolezza enorme nella scelta del sound) con grande divertimento del
pubblico delle prime file. Una chitarra che impressiona, in modo tanto
autentico quanto inatteso, e che merita di essere ricordata come una delle cose
migliori del concerto. Così come le precisissime fermate e ripartenze del
batterista David Lovering, vero marchio di fabbrica della band, che costringono
il pubblico a scatenarsi fermandosi però prontamente al momento giusto, ma per
fortuna chi ascolta i Pixies da più di vent'anni conosce a memoria ogni singolo
stacco di batteria. Insomma un concerto divertente, che rende onore ad una
delle band storicamente più importanti, la cui narrazione si chiude con una
personale considerazione: se abitate nell'hinterland di Milano e volete seguire
un concerto all'Alcatraz, prendete il treno. La stazione di Lancetti è
vicinissima al luogo dell'evento, i treni sono estremamente frequenti, e i
concerti sono programmati in modo da finire presto. Anche perché è risaputo che
a porte chiuse, durante il concerto, le macchine parcheggiate nelle vicinanze
del locale vengono spesso scassinate e derubate. Grossa pecca ancora da
risolvere per un locale che ormai nella sua programmazione raccoglie consensi
internazionali. Marco Maresca
Tracklist:
- Caribou
- Monkey
gone to heaven
- Velouria
- Havalina
- Vamos
- Here
comes your man
- Bagboy
- River Euphrates
- Crackity Jones
- Something
against you
- Distance equals rate times time
- Wave of
mutilation
- Winterlong - cover di Neil Young
- Cactus
- Nimrod's son
- Indie Cindy
- Ed is dead
- Brick is red
- Break my body
- Bone machine
- What goes boom
- I've been tired
- Blue eyed
Hexe
- Broken face
- Isla de encanta
- Tame
- Hey
- Big new Prinz - cover dei The
Fall
- Head on - cover di The Jesus and Mary chain
- Gouge away
- Debaser
Bis:
- Motorway
to Roswell
- In Heaven (lady in the radiator song) - cover di David Lynch
- Andro queen
- Where is my Mind?
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RispondiEliminaC ero anche io! fighissimo!
RispondiEliminaMarco C.