A 50 anni e in splendida forma torna Morrissey con un nuovo disco, il nono della sua carriera da solista, iniziata un po’ sottotono nel 1988 e costellata da episodi non sempre riusciti negli anni ’90, a parte uno splendido quanto cupo Southpaw grammar.
Years of refusal verrà senz’altro ricordato come uno dei capitoli migliori della discografia dell’ex leader degli storici Smiths. Abbandonate definitivamente le sonorità del celebre gruppo britannico e le atmosfere musicalmente più oscure Years of refusal è caratterizzato da una musicalità solare e brillante, nell’insieme più compatto e omogeneo dei precedenti Ringleaders of the tormentors (2006) e You are the quarry (2004). Pop rock semplice e spontaneo, ma assolutamente non mediocre e di ottimo livello dall’inizio alla fine. Il disco si apre con l’energica e trascinante Something is squeezing my soul, dove chitarre decise e dinamiche scorrono su una vena melodica perfetta. Il singolo, I’m throwing my arms around Paris, sarà anche il brano più di facile ascolto dell’album, ma non rischia di cadere nel melenso o di produrre effetti tipo Elton John. Altri pezzi degni di nota sono senz’altro It’s not your birthday anymore, forse il momento migliore in assoluto e perfino le spagnoleggianti When I last spoke to Carol e One day goodbye will be farewell dove atmosfere un pò barocche segnate da interventi di fiati robusti confermano la stoffa ed il rigore artistico di un musicista che può permettersi ormai di fare tutto ciò che vuole. Prendere o lasciare. Mauro Carosio
20 dicembre 2008
11 dicembre 2008
'Ascolti emergenti' dicembre
Diva Scarlet - Non più silenzio ***
Quanta rabbia si respira ascoltando Non più silenzio, secondo disco delle Diva scarlet, quartetto di donne rock da Bologna. E’ un album piacevole e corposo che si rivela nella sua complessità ascolto dopo ascolto. Ad una prima impressione si potrebbe attribuire a queste ragazze che cantano in italiano l’etichetta facile facile di femministe incazzate che incanalano grinta nella musica mietendo fan nella stessa platea delle Bambole di pezza o di una Carmen Consoli rock degli esordi (quando ancora limitava l’uso di vocaboli incomprensibili ed ermetici). Questo disco è invece un azzardo assai più vivace, che mescola con una adeguata sapienza brani più facili ed immediati come Souvenir o Cura di te ad episodi più introspettivi come la title track.Ascoltando tutto il disco resto affascinato dall’ultima traccia, forse quella più distante dalla sonorità grintosa che pervade il disco: La giusta distanza mi regala un brivido lungo la schiena, è una canzone d’amore (?) che immagino urlata a squarciagola fino a spegnersi piano piano con il solo suono delicato della chitarra.Anche Pioggia che cade sfrutta l’evocativa metafora di una pianta inaridita, così come può essere arido un rapporto “ma tu non vuoi darmi da bere e non mi rimane che la pioggia che cade e questo piccolo vaso che non mi basterà”…Dal punto di vista strumentale il livello è elevato e la registrazione appare curata per un disco che pur non aggiungendo nulla di nuovo al panorama della discografia italiana merita sicuramente uno spazio e un ascolto. Non deluderà. Roberto Conti
Quanta rabbia si respira ascoltando Non più silenzio, secondo disco delle Diva scarlet, quartetto di donne rock da Bologna. E’ un album piacevole e corposo che si rivela nella sua complessità ascolto dopo ascolto. Ad una prima impressione si potrebbe attribuire a queste ragazze che cantano in italiano l’etichetta facile facile di femministe incazzate che incanalano grinta nella musica mietendo fan nella stessa platea delle Bambole di pezza o di una Carmen Consoli rock degli esordi (quando ancora limitava l’uso di vocaboli incomprensibili ed ermetici). Questo disco è invece un azzardo assai più vivace, che mescola con una adeguata sapienza brani più facili ed immediati come Souvenir o Cura di te ad episodi più introspettivi come la title track.Ascoltando tutto il disco resto affascinato dall’ultima traccia, forse quella più distante dalla sonorità grintosa che pervade il disco: La giusta distanza mi regala un brivido lungo la schiena, è una canzone d’amore (?) che immagino urlata a squarciagola fino a spegnersi piano piano con il solo suono delicato della chitarra.Anche Pioggia che cade sfrutta l’evocativa metafora di una pianta inaridita, così come può essere arido un rapporto “ma tu non vuoi darmi da bere e non mi rimane che la pioggia che cade e questo piccolo vaso che non mi basterà”…Dal punto di vista strumentale il livello è elevato e la registrazione appare curata per un disco che pur non aggiungendo nulla di nuovo al panorama della discografia italiana merita sicuramente uno spazio e un ascolto. Non deluderà. Roberto Conti
Blessed Child Opera - Soldiers and faith **
Le atmosfere di questo disco vorrebbero assomigliare all'attuale clima, in cui grigiore, nebbia, foschia e spazio per riflessioni intime e malinconiche spadroneggiano a mani basse. Ma se fuori dalla finestra le condizioni meteo sono piuttosto chiaramente riscontrabili, lo stesso non si può dire per le 11 tracce di Soldiers and faith. Dal momento che gli arpeggi di chitarra, l'accompagnamento acustico, i violini e il piano il loro sporco dovere lo fanno con puntualità e rigore, la responsabilità della non perfetta compatibilità metereologica non sta nella musica ma piuttosto nella voce; poco incisiva, poco profonda, poco intensa. E sebbene a sostegno della voce maschile principale si aggiunga in alcuni brani anche una rispettabile voce femminile, questa non è una sufficiente ancora di salvataggio: complessivamente il lavoro non riesce a decollare nè ad arrivare a toccare le corde interiori a cui dovrebbe ambire. Se si escludono alcuni brani, come Summer waits o A couple of smiles, per il resto questo disco passa via liscio senza colpire nè lasciare il segno, lasciandoti nei suoi riguardi freddo come la stagione che sta per finire. Marcello Colombo
Le atmosfere di questo disco vorrebbero assomigliare all'attuale clima, in cui grigiore, nebbia, foschia e spazio per riflessioni intime e malinconiche spadroneggiano a mani basse. Ma se fuori dalla finestra le condizioni meteo sono piuttosto chiaramente riscontrabili, lo stesso non si può dire per le 11 tracce di Soldiers and faith. Dal momento che gli arpeggi di chitarra, l'accompagnamento acustico, i violini e il piano il loro sporco dovere lo fanno con puntualità e rigore, la responsabilità della non perfetta compatibilità metereologica non sta nella musica ma piuttosto nella voce; poco incisiva, poco profonda, poco intensa. E sebbene a sostegno della voce maschile principale si aggiunga in alcuni brani anche una rispettabile voce femminile, questa non è una sufficiente ancora di salvataggio: complessivamente il lavoro non riesce a decollare nè ad arrivare a toccare le corde interiori a cui dovrebbe ambire. Se si escludono alcuni brani, come Summer waits o A couple of smiles, per il resto questo disco passa via liscio senza colpire nè lasciare il segno, lasciandoti nei suoi riguardi freddo come la stagione che sta per finire. Marcello Colombo
Soul of the cave - Asphalt ***
Questo quartetto di Roma mi piace proprio. Schizzato al punto giusto (senza cioè essere incomprensibile) questo è un disco energico dalle sane e molteplici tinte rock, contraddistinto da una grande originalità e libertà compositiva. La band mischia molto, e prendendo spunti dal grunge, dall'hard e indie-rock, dalla psichedelia, dal punk e da un certo post-hardcore, riesce a creare qualcosa di veramente particolare nel suo genere, particolarità ancor più evidenziata dall'imprevedibilità di alcuni cambi ritmici e melodici che rendono l'ascolto tutt'altro che scontato e noioso. Ma nonostante la varietà e la complessità Asphalt ti arriva comunque immediatamente, spinto nelle orecchie dall'energia a spirale di alcuni riff che non puoi smettere di canticchiare una volta spento il disco. Il cantato dei Soul of the cave, come quello della maggior parte delle band militanti nel panorama del (generico) rock alternativo, è in inglese; in due brani però la band si cimenta coraggiosamente con l'italica lingua, portando a casa oltretutto un risultato davvero onesto, ma che temo difficilmente troverà sostenitori nella nostra penisola. Un difetto per cui va trovato: la cittadinanza italiana sui loro passaporti; se fossero stranieri avrebbero ben altra sorte. Davvero un ottimo disco, buona fortuna. Marcello Colombo
Questo quartetto di Roma mi piace proprio. Schizzato al punto giusto (senza cioè essere incomprensibile) questo è un disco energico dalle sane e molteplici tinte rock, contraddistinto da una grande originalità e libertà compositiva. La band mischia molto, e prendendo spunti dal grunge, dall'hard e indie-rock, dalla psichedelia, dal punk e da un certo post-hardcore, riesce a creare qualcosa di veramente particolare nel suo genere, particolarità ancor più evidenziata dall'imprevedibilità di alcuni cambi ritmici e melodici che rendono l'ascolto tutt'altro che scontato e noioso. Ma nonostante la varietà e la complessità Asphalt ti arriva comunque immediatamente, spinto nelle orecchie dall'energia a spirale di alcuni riff che non puoi smettere di canticchiare una volta spento il disco. Il cantato dei Soul of the cave, come quello della maggior parte delle band militanti nel panorama del (generico) rock alternativo, è in inglese; in due brani però la band si cimenta coraggiosamente con l'italica lingua, portando a casa oltretutto un risultato davvero onesto, ma che temo difficilmente troverà sostenitori nella nostra penisola. Un difetto per cui va trovato: la cittadinanza italiana sui loro passaporti; se fossero stranieri avrebbero ben altra sorte. Davvero un ottimo disco, buona fortuna. Marcello Colombo
Tonino Carotone - Ciao mortali **
Dopo un lungo periodo d’assenza a livello mediatico e dopo il tormentone Me cago en el amor che gli aveva regalato più di un momento di grande notorietà, Tonino Carotone torna con Ciao mortali, un disco di musica folkroristica e popolare con una bella carica energetica.In questo nuovo capitolo Tonino si avvale di parecchie collaborazioni di nomi assai importanti della scena gipsy-punk, dai Gogol bordello (che dettano con lui in Atapuerta) fino al sempre verde Manu Chao in Pornofutbol.Come consiglio vi direi di partire nell’ascolto dal ‘manifesto’ di questo disco Il santo, oppure dalla splendida Primaverando con la collaborazione della Bandabardò o ancora De vuelt apor Buenos Aires che ha il sapore di una cultura lontana riportandomi alla mente sonorità di un grande gruppo come i Buena vista social club. Un lavoro davvero apprezzabile, così com’è apprezzabile la scelta di vendere il disco ad un prezzo imposto (una scelta coraggiosa di questi tempi).Quindi adesso inserite il disco, mettetevi le cuffie e ascoltate questo saluto a noi “mortali”. Matteo Staglianò
Dopo un lungo periodo d’assenza a livello mediatico e dopo il tormentone Me cago en el amor che gli aveva regalato più di un momento di grande notorietà, Tonino Carotone torna con Ciao mortali, un disco di musica folkroristica e popolare con una bella carica energetica.In questo nuovo capitolo Tonino si avvale di parecchie collaborazioni di nomi assai importanti della scena gipsy-punk, dai Gogol bordello (che dettano con lui in Atapuerta) fino al sempre verde Manu Chao in Pornofutbol.Come consiglio vi direi di partire nell’ascolto dal ‘manifesto’ di questo disco Il santo, oppure dalla splendida Primaverando con la collaborazione della Bandabardò o ancora De vuelt apor Buenos Aires che ha il sapore di una cultura lontana riportandomi alla mente sonorità di un grande gruppo come i Buena vista social club. Un lavoro davvero apprezzabile, così com’è apprezzabile la scelta di vendere il disco ad un prezzo imposto (una scelta coraggiosa di questi tempi).Quindi adesso inserite il disco, mettetevi le cuffie e ascoltate questo saluto a noi “mortali”. Matteo Staglianò
25 novembre 2008
Los Campesinos - We are beautiful we are doomed ***
Nonostante il nome, i Los Campesinos sono una band di Cardiff formata da sette giovani e sfrenati musicisti. Nati nel 2006, dopo un paio d’anni di gavetta escono con un primo album, Hold on now youngster, nove mesi fa’ e ora si ripresentano con un nuovo lavoro che non è composto da b-sides o remake, ma un vero e proprio disco di inediti. Registrato a Seattle, We are beautiful we are doomed, non fa che confermare la fervida e rutilante creatività del gruppo. Un insieme iperenergetico dove fondendo sonorità pop-rock-indie i ragazzi dimostrano come sia possibile conciliare melodie orecchiabili e svagate con una capacità artistica e tecnica che rinuncia a soluzioni facili e ordinarie. Ritmo, fantasia, velocità, belle voci e testi degni di attenzione per un disco da ascoltare tutto d’un fiato e poi ricominciare dall’inizio. I brani più interessanti sono senz’altro la title-track, con un giro di tastiere irresistibile, la splendida You’ll need those finger for crossing che ricorda un po’ i Sonic Youth dei tempi migliori, The end of the asterix e la conclusiva All yor cabe friends dove tastiere, violini e cori perfettamente amalgamati danno prova della totale buona riuscita dell’impresa. Mauro Carosio
15 novembre 2008
Ivano Fossati - Musica moderna ***
Impossibile non lasciarsi trasportare dalle melodie, dalle introspezioni e dai viaggi all’interno degli umani sentimenti, che Ivano Fossati da decenni osserva attentamente. Il suo stile è inconfondibile, in grado di parlare d’amore in un modo unico, usando le parole come carezze che arrivano direttamente al cuore senza indugiare su sentimentalismi melensi o ammiccanti espedienti più ordinari. A tre anni da L’arcangelo arriva un’ennesima autentica opera d’arte: Musica moderna quella che, lui stesso dice, “non passa dalle radio”, rigettando l’avvilente corrispondenza: popolare uguale facile, andante o banale. Questo album potrebbe definirsi una sintesi compiuta e ben riuscita del Fossati style: i singoli pezzi sono perfetti, senza momenti privi di quella tensione emotiva che caratterizza tutti i suoi lavori. Si passa da temi attuali e pesanti, vedi La guerra dell’acqua o Il paese dei testimoni, brani in cui anche la ritmica è più sostenuta, a canzoni che raccontano storie di amori lontani, inafferrabili o felici che scorrono su melodie struggenti e delicate. Difficile non soffermarsi sulle note di Cantare a memoria, L’amore trasparente o Last minute. Senz’altro uno dei dischi italiani migliori degli ultimi tempi, che lascia ben sperare sul futuro della musica nostrana e, a proposito di futuro, Fossati ha idee chiare, che ci espone ne Il rimedio (il brano di punta del disco): “mai più saggezza!” ….. parole sante, maestro! Mauro Carosio
10 ottobre 2008
Le fotografie di Moltheni a ritmo di folk
Moltheni riesce ancora una volta a stupire tutti quanti con il suo quinto album I segreti del corallo che ha prima di tutto il merito di rincuorarci sul presente e sul futuro della discografia italiana. Lontano da etichette di genere, Umberto Giardini è in grado di rinnovarsi continuamente, mantenendo come capi saldi un gruppo di musicisti collaudato e una scrittura metaforica e surreale vero e proprio marchio di fabbrica, sceglie per questo ultimo lavoro una dimensione folk che si evolve attraverso un percorso simile ad un album di fotografie che raccontano episodi di vita, descrivono alla perfezione attimi e sentimenti. La prima parte del disco è più suonata e contiene brani che piaceranno sicuramente a chi apprezzò Toilette memoria e in parte anche Natura in replay. Vita rubina, la prima traccia, è di certo uno degli episodi più densi di suggestione: le passioni, le colpe, i delitti, restano fissati per sempre, incollati dalle parole e dal ritmo di un pezzo inquieto e commovente (e quando dico commovente vuol dire che ascoltandolo mi è scesa una lacrimuccia). Ci sono anche canzoni ariosissime, come Gli anni del malto o L’amore acquatico che ci donano un Moltheni sereno nel raccontare i sentimenti e la natura (perpetue armonie che mi trascinano e mi comprendono). Nella prima parte c’è anche il consueto brano strumentale Che il destino possa riunire ciò che il mare ha separato e poi In porpora, canzone ripescata da Splendore terrore in una nuova veste arricchita di strumenti, così come Suprema, ultimo ‘segreto del corallo’ ad essere svelato. La seconda parte del disco sceglie invece sonorità acustiche più minimali, nude, sullo stile del recente ep registrato in Svezia Io non sono come te. E così sono i testi a diventare assoluti protagonisti: “Vittime di noi, cavie prima o poi, porci pensieri in me riemergono… ultima fermata le tue labbra”. Le canzoni de I segreti del corallo vanno sorseggiate piano, altrimenti si rischia di perdere gran parte della fantasia e della poesia con le quali sono state scritte. Roberto Conti
6 ottobre 2008
Calexico, nel concerto milanese sold-out anche un cammeo di Vinicio Capossela
Arriviamo al Rolling Stone alle nove meno un quarto, incredibilmente riusciamo anche a trovare posteggio e a passo svelto ci dirigiamo verso l’ingresso per non perdere nemmeno una nota di questa serata che vede on stage i Calexico e, in apertura, Moltheni, che inaugura il tour de I segreti del corallo. Naturalmente Moltheni ha appena finito di suonare (maledetti locali milanesi: una persona che lavora che deve fare, mettersi in ferie!) e quando apprendo la notizia da un ragazzo del pubblico mi rammarico un poco. Il locale è pienissimo per l'unica data italiana di John Convertino, Joey Burns e dei loro Calexico, il cui seguito italiano credevo sinceramente fosse più modesto. Personalmente ho cercato di documentarmi al meglio per non arrivare del tutto impreparato al concerto, ma con risultati frammentari di cui mi scuso anticipatamente con i lettori. L'ultimo album della band di Tucson (Arizzona) Carried to dust propone un nutrito repertorio di ballate e pezzi rock/wave, tutti accuratamente confezionati ed arrangiati per suonare perfetti e senza sbavature. La scaletta della serata attinge prevalentemente proprio alle ultime canzoni con l'aggiunta di qualche più datato, come Across the wire. Difficile trovare una vera definizione al genere di questa band, che un po’ affascina, un poì stupisce e un po’ annoia sulla lunga distanza: più che country, come ipotizzavano le mie aspettative pre-concerto, abbondano qua e là le derive psichedeliche dall'inconfondibile sapore western, parola quest’ultima utilizzata con un’accezione positiva, naturalmente.Un elegante suono di gruppo e di atmosfera è sicuramente la carta vincente della band in cui spiccano chitarre di nylon, slide, ottoni, senza farsi mancare qualche deriva post-rock (vedi The black light). Menzione d'onore per la cover dei Lovedi Arthur Lee Alone again or, primo brano del loro capolavoro Forever changes, un "classico" del repertorio live dei Calexico. Nel finale del lungo live ecco a “sorpresa” fare la sua comparsa Vinicio Capossela, travestito da creatura oscura. Prende il via un duetto, applauditissimo: anche i sonnolenti fotografi che sedevano nel tavolino a fianco al nostro decidono che è arrivato il momento di “lavorare” e salgono sulle sedie per rubare uno scatto (naturalmente per tutto il resto del live non avevano mosso nemmeno un dito, anche quest sta nelle brutture del mondo della discografia). Ecco allora Polpo d'amor e La faccia della terra.Nuova pausa e nuova serie di bis per degli instancabili Calexico che chiudono l’esibizione con Red blooms con tanto di flicorno e le sonorità latine di Guero canelo.
Poi gli applausi plaudenti del pubblico. Roberto Conti
Poi gli applausi plaudenti del pubblico. Roberto Conti
12 settembre 2008
'Ascolti emergenti' di settembre
Sikitikis - B ***
Il mondo è una giungla... per chi non vede al di là degli alberi - Siamo davanti ad un concetto, un concetto di protesta, noir, assassino, massonico, mistico, anni ‘60/’70. Basta, stop. Secco, ruvido, viscido, overdose di sofferenze, post a ogni teoria. E’ un bel sound, privo di chitarre (da sottolineare), frivolezza, perbenismo borghese.
Arrivano forte questi Sikitikis, dall’asse Torino-Cagliari.
Sono grandicelli, ma la ricerca, lo studio, la sistemazione neo-classica delle cose, è percettibilissima, nota, netta e costruita con tanto sudore, pietra dopo l’altra.
Hanno voluto far un disco forte, sulla scia di tutta quella gavetta che sin dagli inizi del 2000, hanno compiuto, rilevando, analizzando quel cinema all’italiana, americano, francese e inglese di forte influenza. Sono amari, aspri, acidati come un vetro lavorato, lucidi, intransigenti.
Tante le influenze, dal jazz, la drum’n’bass, l’hard core, il trash, il garage, il break-beat, il trip-pop, il rap, i libri e il cinema, e le colonne sonore.
Siamo e sono tutti dall’altra parte, sull’altro lato, versante, sponda, collina, schiera, lotta, ponte, strada, bici, eternità… B.
Hammond, rhodes, korg e farfisa sono forti in tutte le tracce, suadenti, ritmici, stretti, lunghi, sottofondo mistico di suoni, fondamentali per la cartina tornasole di questa band.
Largo spazio è lasciato ai tratti strumentali, schizzanti, semi-elettronici, rivoluzionari, veloci… Davvero, le trasgressioni imparate e sofferte da giovani, si percepiscono tutte. Sembra sentirne quasi l’odore, di paraffina, naftalina, diesel, olio, sangue… Non vogliono perire questi uomini, non lasciano nulla al caso; vivono come esseri autarchici nel mondo del torbido costume rosso-nero, amore-odio, occhiali da vista-occhiali da sole, mare-monti, cantina-loft.
L’italianità della band è enorme, il cantato è diretto, liscio, latin, somiglia a tratti al noto Giuliano Palma.
A loro il Mondo pare una giungla, e ne vogliono uscire…
Pare proprio ci riescano, perché a parer mio, sono maturi e saggi al punto giusto. Le trame compositive sono degne di nota, belle percussioni, lavori semantici di background, voce graffiante, stridente, sagace, cupa… Belli e bravi.
Brani da segnalare: Rosso sangue, Storia d’amore, Mi avveleni il cuore. Andrea Della Corte
Arrivano forte questi Sikitikis, dall’asse Torino-Cagliari.
Sono grandicelli, ma la ricerca, lo studio, la sistemazione neo-classica delle cose, è percettibilissima, nota, netta e costruita con tanto sudore, pietra dopo l’altra.
Hanno voluto far un disco forte, sulla scia di tutta quella gavetta che sin dagli inizi del 2000, hanno compiuto, rilevando, analizzando quel cinema all’italiana, americano, francese e inglese di forte influenza. Sono amari, aspri, acidati come un vetro lavorato, lucidi, intransigenti.
Tante le influenze, dal jazz, la drum’n’bass, l’hard core, il trash, il garage, il break-beat, il trip-pop, il rap, i libri e il cinema, e le colonne sonore.
Siamo e sono tutti dall’altra parte, sull’altro lato, versante, sponda, collina, schiera, lotta, ponte, strada, bici, eternità… B.
Hammond, rhodes, korg e farfisa sono forti in tutte le tracce, suadenti, ritmici, stretti, lunghi, sottofondo mistico di suoni, fondamentali per la cartina tornasole di questa band.
Largo spazio è lasciato ai tratti strumentali, schizzanti, semi-elettronici, rivoluzionari, veloci… Davvero, le trasgressioni imparate e sofferte da giovani, si percepiscono tutte. Sembra sentirne quasi l’odore, di paraffina, naftalina, diesel, olio, sangue… Non vogliono perire questi uomini, non lasciano nulla al caso; vivono come esseri autarchici nel mondo del torbido costume rosso-nero, amore-odio, occhiali da vista-occhiali da sole, mare-monti, cantina-loft.
L’italianità della band è enorme, il cantato è diretto, liscio, latin, somiglia a tratti al noto Giuliano Palma.
A loro il Mondo pare una giungla, e ne vogliono uscire…
Pare proprio ci riescano, perché a parer mio, sono maturi e saggi al punto giusto. Le trame compositive sono degne di nota, belle percussioni, lavori semantici di background, voce graffiante, stridente, sagace, cupa… Belli e bravi.
Brani da segnalare: Rosso sangue, Storia d’amore, Mi avveleni il cuore. Andrea Della Corte
La nuova frontiera della musica è il fai da te, non mi stancherò mai di ripeterlo. Qualche giorno fa arriva questo demo dalla copertina bianca con un packaging lontano anni luce dagli dalla grafica da addominali scolpiti che sempre più spesso si presenta. Il demo si chiama La guerra in cartolina e racconta attraverso la voce e la chitarra di Tommaso Manfredini (ossia Fuori dalle ali) quattro storie che lasciano una scia, quattro storie magari non raccontate benissimo ma che comunque trasmettono molto e in fondo è questo l'importante se qualcuno ha ancora voglia di ascoltarle. Lo stile è a cavallo tra Ettore Giuradei e Le luci della centrale elettrica (per la cronaca Vasco Brondi ha curato la produzione artistica). Cantilene sgraziate con un accompagnamento musicale minimalissimo di chitarra, acqua e farina che se ben lavorati potranno dare in un futuro spero prossimo delle buone focaccine. Pezzo da segnalare: Sparavano ai topi. Roberto Conti
23 luglio 2008
Max Gazzè, l'arte di cantar difficile al tempo delle canzonette
Il tempo ci costringe ad innovare continuamente, a dare qualcosa in più, e questo "qualcosa" talvolta snatura un musicista portandolo ad esplorare territori troppo distanti dalle proprie peculiarità. Questo fortunatamente non è successo a Max Gazzè che con Tra l’aratro e la radio arriva alla settima fatica discografica (compresa la bella raccolta del 2005). Lanciato dal singolo sanremese Il solito sesso, che racconta con garbo ed ironia la telefonata ad una ragazza dopo una festa, il disco è uno splendido esempio di canzoni deliziosamente descrittive e articolate, testualmente e musicalmente, che riportano Gazzè ad una adeguata visibilità dopo un periodo un po’ appannato.
Purtroppo i meccanismi da trita-rifiuti della discografia attuali non favoriscono la diffusione di canzoni certo splendide, ma non sempre ideali ad appiccicarsi ad un primo ascolto. Stavolta Sanremone ha svolto la sua funzione di volano come si deve, meno male… E in questa direzione anche lo stesso Max Gazzè ha lavorato davvero bene, trovando la maniera di adattare i brani ad un ascolto più fluido ed immediato, senza snaturare le proprie caratteristiche compositive e gli splendidi testi scritti dal fratello Francesco, che regalano ad ogni canzone le sembianze di incantevole poesia. Ci sono poi tante collaborazioni, ad incominciare da Carmen Consoli, che suona le chitarre acustiche in diversi brani, e Marina Rei. Splendido anche il duetto sanremese (non è nell’album però) dove Max canta alternandosi con Marina Rei e Paola Turci con un risultato davvero di pregio. Le collaborazioni fortunatamente non sono troppo ingombranti, ultimamente succede spesso anche questo… Il disco, complessivamente di livello ottimo, trova la sua parte migliore nei primi brani, più orecchiabili ed immediati, vedi L’evo dopo il medio e Siamo come siamo. Proseguendo con le tracce è da segnalare la nostalgica Tornerai qui oppure Elogio alla sublime convivenza che strizza l’occhio al migliore Battiato… Ora vi saluto è tardi vado a letto, quello che dovevo dirvi io ve l’ho detto… Roberto Conti
Purtroppo i meccanismi da trita-rifiuti della discografia attuali non favoriscono la diffusione di canzoni certo splendide, ma non sempre ideali ad appiccicarsi ad un primo ascolto. Stavolta Sanremone ha svolto la sua funzione di volano come si deve, meno male… E in questa direzione anche lo stesso Max Gazzè ha lavorato davvero bene, trovando la maniera di adattare i brani ad un ascolto più fluido ed immediato, senza snaturare le proprie caratteristiche compositive e gli splendidi testi scritti dal fratello Francesco, che regalano ad ogni canzone le sembianze di incantevole poesia. Ci sono poi tante collaborazioni, ad incominciare da Carmen Consoli, che suona le chitarre acustiche in diversi brani, e Marina Rei. Splendido anche il duetto sanremese (non è nell’album però) dove Max canta alternandosi con Marina Rei e Paola Turci con un risultato davvero di pregio. Le collaborazioni fortunatamente non sono troppo ingombranti, ultimamente succede spesso anche questo… Il disco, complessivamente di livello ottimo, trova la sua parte migliore nei primi brani, più orecchiabili ed immediati, vedi L’evo dopo il medio e Siamo come siamo. Proseguendo con le tracce è da segnalare la nostalgica Tornerai qui oppure Elogio alla sublime convivenza che strizza l’occhio al migliore Battiato… Ora vi saluto è tardi vado a letto, quello che dovevo dirvi io ve l’ho detto… Roberto Conti
7 luglio 2008
Intervista - Petrol
Franz Goria voce e chitarra dei Petrol, una tra le più valevoli e originali band di casa nostra, a poco più di un anno dall’uscita del loro primo album Dal fondo , risponde per noi ad alcune domande…
Il 2007 è stato l’anno dell’uscita del vostro primo album e un periodo di numerosi live. Proprio riguardo ai live, facendo un resoconto, quali sono le esperienze che più vi sono rimaste?
E cosa vi aspettate dalle prossime date? Non è facile fare una classifica delle date, credo sia arduo per qualsiasi gruppo, perché ogni data è diversa, nel bene e nel male, e per noi sono state sicuramente tutte importanti. Una grande soddisfazione è stata quella di aprire l’Indipendent Days Festival 2008 a Bologna, suonando sullo stesso palco di due gruppi che abbiamo sempre amato, i Tool e i Nine Inch Nails. Il pubblico ci ha accolto molto positivamente e la carica adrenalinica era alta tanto quanto il sole che ci impediva di vedere se i nostri pedalini fossero accesi o meno. Non saprei dire se abbiamo fatto una buona performance ma certamente abbiamo suonato mettendoci tutta l’anima e molta energia, e credo che questo fosse visibile. La cosa più bella, che accade a tutti i nostri concerti, è notare come molte persone tra il pubblico conoscano a memoria I testi delle nostre canzoni. E’ qualcosa di impagabile e che ti da ogni volta la forza per andare avanti capendo che quello che stai facendo e dicendo significa qualcosa anche per qualcun altro.
Un altro progetto che vi ha visto coinvolti nell’ultimo periodo, insieme ad altri gruppi di Casasonica, è la creazione di una colonna sonora del romanzo “Manituana” del collettivo Wu Ming. Cosa ci potete raccontare di questa insolita esperienza creativa?
E’ stata un’esperienza anomala e per questo l’abbiamo accolta con molto entusiasmo. Inoltre poter essere coinvolti in un progetto del collettivo WU MING, amati fin dai tempi di Luther Blisset, ci ha lusingato profondamente. Il risultato è stato un brano strumentale scritto di getto e molto evocativo. Da poco tra l’altro gli abbiamo aggiunto un testo e lo stiamo portando dal vivo.
Nella vostra presentazione ufficiale si legge: “forse i Petrol sarebbero piaciuti anche ad Antonin Artaud”. Che cosa avete da condividere, voi Petrol, artisticamente o ideologicamente, con quella grande mente rivoluzionaria del secolo scorso?
Più che un'ipotesi è un augurio e anche una domanda per la quale siamo consapevoli non avremo mai una risposta. La citazione di Artaud però fa capire bene da dove arrivi una parte delle ispirazioni dei Petrol, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto visionario e il tentativo di descrivere la realtà attraverso metafore a volte surreali.
Guardandovi attorno che cosa vi piace particolarmente della contemporanea scena musicale italiana? Quali sono i gruppi e gli album recenti che voi avete apprezzato da semplici ascoltatori e musicisti?
Perdonami ma non riesco a vedere una "scena musicale contemporanea italiana", non riesco a vedere dei gruppi che possano essere rappresentati da un qualche raggruppamento stilistico o di contenuti. Per un verso tutto ciò potrebbe apparire negativo, mentre credo sia solo lo specchio dei nostri tempi, del fatto che mancano dei punti di aggregazione generale ed è sempre più difficile costruirsi un senso di appartenenza. D'altro canto però questa condizione fa si che i musicisti sperimentino maggiormente sentendosi slegati e difficilmente costretti dai cliché. Se devo dirti uno dei gruppi che ho ascoltato più volentieri e vissuto come una boccata d'aria fresca sono certamente "il teatro degli orrori". L'amicizia che lega me e Pierpaolo aumenta il mio giudizio positivo nei confronti del loro progetto facendomi comprendere meglio il percorso creativo da cui deriva. Mi è piaciuto l'ultimo disco dei Verdena e continuano a piacermi le canzoni di Moltheni, soprattutto i testi e l'attitudine. Tra le novità poi sicuramente Le luci della centrale elettrica. Un progetto folk punk cantautorale, ricco di citazioni e omaggi, dai contenuti critici e aspri. Quello che manca in Italia oggi sono delle belle canzoni italiane, mancano i cantautori, manca chi evita di essere politicamente corretto, mancano gli spazi nei media ufficiali per la musica indipendente, mancano delle belle stazioni radio, mancano delle politiche di supporto al mondo dello spettacolo, per chi fa musica, per chi non riesce più a vendere dischi, per chi scrive parole cercando di dire la verità e senza preoccuparsi troppo di non dare fastidio. Credo sia un periodo di passaggio, e come tutti questi periodi sono convinto che servirà per dare vita a qualcosa di nuovo e diverso. E ancora ci terrei a precisare che non mi ritengo pessimista, ma semplicemente mi guardo intorno, e intorno a noi c'e' Xfactor e tutto quello che ne deriva.
Avete già in cantiere progetti prossimi o futuri, con i Petrol oppure paralleli?
In questo momento Petrol è l'unico progetto musicale sul quale stiamo investendo. Non abbiamo mai smesso di fare le nostre sessioni di prova in sala, cerchiamo di mantenere una certa costanza e mantenerci in allenamento, non solo fisico ma anche mentale. Allo stesso modo non abbiamo mai smesso di scrivere nuovi brani, da qualche tempo abbiamo intensificato l'attività di composizione pensando già a un secondo disco, ma senza porci ancora troppo il problema del quando e con chi. Cerchiamo di essere naturali e di non forzare l'andamento delle cose, finché possiamo permettercelo naturalmente. Quindi siamo noi a darci degli obiettivi che poi cerchiamo di raggiungere, e fino ad ora ha funzionato.
Erika Gigli
Il 2007 è stato l’anno dell’uscita del vostro primo album e un periodo di numerosi live. Proprio riguardo ai live, facendo un resoconto, quali sono le esperienze che più vi sono rimaste?
E cosa vi aspettate dalle prossime date? Non è facile fare una classifica delle date, credo sia arduo per qualsiasi gruppo, perché ogni data è diversa, nel bene e nel male, e per noi sono state sicuramente tutte importanti. Una grande soddisfazione è stata quella di aprire l’Indipendent Days Festival 2008 a Bologna, suonando sullo stesso palco di due gruppi che abbiamo sempre amato, i Tool e i Nine Inch Nails. Il pubblico ci ha accolto molto positivamente e la carica adrenalinica era alta tanto quanto il sole che ci impediva di vedere se i nostri pedalini fossero accesi o meno. Non saprei dire se abbiamo fatto una buona performance ma certamente abbiamo suonato mettendoci tutta l’anima e molta energia, e credo che questo fosse visibile. La cosa più bella, che accade a tutti i nostri concerti, è notare come molte persone tra il pubblico conoscano a memoria I testi delle nostre canzoni. E’ qualcosa di impagabile e che ti da ogni volta la forza per andare avanti capendo che quello che stai facendo e dicendo significa qualcosa anche per qualcun altro.
Un altro progetto che vi ha visto coinvolti nell’ultimo periodo, insieme ad altri gruppi di Casasonica, è la creazione di una colonna sonora del romanzo “Manituana” del collettivo Wu Ming. Cosa ci potete raccontare di questa insolita esperienza creativa?
E’ stata un’esperienza anomala e per questo l’abbiamo accolta con molto entusiasmo. Inoltre poter essere coinvolti in un progetto del collettivo WU MING, amati fin dai tempi di Luther Blisset, ci ha lusingato profondamente. Il risultato è stato un brano strumentale scritto di getto e molto evocativo. Da poco tra l’altro gli abbiamo aggiunto un testo e lo stiamo portando dal vivo.
Nella vostra presentazione ufficiale si legge: “forse i Petrol sarebbero piaciuti anche ad Antonin Artaud”. Che cosa avete da condividere, voi Petrol, artisticamente o ideologicamente, con quella grande mente rivoluzionaria del secolo scorso?
Più che un'ipotesi è un augurio e anche una domanda per la quale siamo consapevoli non avremo mai una risposta. La citazione di Artaud però fa capire bene da dove arrivi una parte delle ispirazioni dei Petrol, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto visionario e il tentativo di descrivere la realtà attraverso metafore a volte surreali.
Guardandovi attorno che cosa vi piace particolarmente della contemporanea scena musicale italiana? Quali sono i gruppi e gli album recenti che voi avete apprezzato da semplici ascoltatori e musicisti?
Perdonami ma non riesco a vedere una "scena musicale contemporanea italiana", non riesco a vedere dei gruppi che possano essere rappresentati da un qualche raggruppamento stilistico o di contenuti. Per un verso tutto ciò potrebbe apparire negativo, mentre credo sia solo lo specchio dei nostri tempi, del fatto che mancano dei punti di aggregazione generale ed è sempre più difficile costruirsi un senso di appartenenza. D'altro canto però questa condizione fa si che i musicisti sperimentino maggiormente sentendosi slegati e difficilmente costretti dai cliché. Se devo dirti uno dei gruppi che ho ascoltato più volentieri e vissuto come una boccata d'aria fresca sono certamente "il teatro degli orrori". L'amicizia che lega me e Pierpaolo aumenta il mio giudizio positivo nei confronti del loro progetto facendomi comprendere meglio il percorso creativo da cui deriva. Mi è piaciuto l'ultimo disco dei Verdena e continuano a piacermi le canzoni di Moltheni, soprattutto i testi e l'attitudine. Tra le novità poi sicuramente Le luci della centrale elettrica. Un progetto folk punk cantautorale, ricco di citazioni e omaggi, dai contenuti critici e aspri. Quello che manca in Italia oggi sono delle belle canzoni italiane, mancano i cantautori, manca chi evita di essere politicamente corretto, mancano gli spazi nei media ufficiali per la musica indipendente, mancano delle belle stazioni radio, mancano delle politiche di supporto al mondo dello spettacolo, per chi fa musica, per chi non riesce più a vendere dischi, per chi scrive parole cercando di dire la verità e senza preoccuparsi troppo di non dare fastidio. Credo sia un periodo di passaggio, e come tutti questi periodi sono convinto che servirà per dare vita a qualcosa di nuovo e diverso. E ancora ci terrei a precisare che non mi ritengo pessimista, ma semplicemente mi guardo intorno, e intorno a noi c'e' Xfactor e tutto quello che ne deriva.
Avete già in cantiere progetti prossimi o futuri, con i Petrol oppure paralleli?
In questo momento Petrol è l'unico progetto musicale sul quale stiamo investendo. Non abbiamo mai smesso di fare le nostre sessioni di prova in sala, cerchiamo di mantenere una certa costanza e mantenerci in allenamento, non solo fisico ma anche mentale. Allo stesso modo non abbiamo mai smesso di scrivere nuovi brani, da qualche tempo abbiamo intensificato l'attività di composizione pensando già a un secondo disco, ma senza porci ancora troppo il problema del quando e con chi. Cerchiamo di essere naturali e di non forzare l'andamento delle cose, finché possiamo permettercelo naturalmente. Quindi siamo noi a darci degli obiettivi che poi cerchiamo di raggiungere, e fino ad ora ha funzionato.
Erika Gigli
15 giugno 2008
Paul Weller - 22 Dreams ***
Strana la storia di Paul Weller. Dichiarato "santo subito" nella Londra mod wave dei primi 80, in realtà si è meritato la beatificazione un po' per volta e oggi, a 50 anni appena compiuti, è meritatamente un'icona per le nuove generazioni Brit, che vedono in lui un credibile mediatore tra i vari decenni della scena rock. 22 dreams è un album ambizioso ma riuscito, concepito come un doppio vinile dei vecchi tempi e concentrato poi in un solo Cd con una fantasia e un eclettismo che Weller non aveva mai rivelato a questi livelli. Rock, funk, soul, esotismi Zeppeliniani, venti elettronici e profumi di vecchia canzone francese si combinano in un affascinante caleidoscopio, con il ricorrente aiuto del chitarrista e co-produttore Steve Cradock e una parata di amici tra cui Noel Gallagher e Gem Archer degli Oasis, Graham Coxon e Robert Wyatt (che suona piano e tromba in un inatteso tributo alla vedova Coltrane, Song for Alice).I sogni sono 22, i pezzi 21. Il tassello che manca (The missing dream appunto) è un racconto non musicato dello scrittore Simon Armitage che Weller ha voluto come insolito allegato al CD. Giovanna Oceania
Intervista - Dalle cantine di Perugia ecco i Colore perfetto
Provate a mettere insieme un luogo lontano dai rumori della città e tre individui che condividono le loro pene e gioie dentro un capanno con gli amplificatori accesi... Il risultato non può essere altro che quello dei Colore perfetto, ovvero null'altro che una nuova e convincente realtà sonora prossima al suo esordio discografico previsto per il prossimo autunno.Un giorno qualunque getta le basi di un nuovo orizzonte nella musica indipendente italiana, che nella discrezione del silenzio delle colline perugine, avanza a pieno diritto una sorta di titolo e rivendica delle nascoste qualità. Sonorità cupe dal sapore profondo e aperture inaspettate. Quella dei Colore perfetto appare inequivocabilmente come una ricetta diretta ed efficace capace di scavare a fondo e trovare passaggi nell'anima dell'ascoltatore più attento.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Alessandro, il chitarrista della band, che insieme a David (basso e voce) e Stefano (batteria) forma i Colore perfetto.
Il vostro disco è nato grazie alla collaborazione con Moltheni. Come è nato questo incontro? E in che modo lavorare con Umberto ha influenzato le sonorità del disco?L’incontro con Umberto è nato a Perugia, circa un anno fa. Abbiamo aperto una data del suo tour. Ci siamo conosciuti durante il sound-chek… Dopo averci sentito provare alcuni pezzi si è complimentato e ci ha chiesto di noi… Quali erano i nostri progetti e se stavamo lavorando a qualcosa di concreto.
Abbiamo iniziato a parlare delle difficoltà che avevamo a trovare canali giusti per emergere in qualche modo e lui si è reso disponibile fin da subito ad aiutarci. Incredibile… Immagina le nostre facce. Siamo rimasti in contatto per un po’ e dopo qualche tempo è arrivata la proposta di fare un brano insieme e farlo uscire insieme al disco d’esordio.
Lavorare con Umberto è stato semplice. A lui piacevano già le sonorità che avevamo, ci siamo sentiti subito a nostro agio… Ora siamo più che altro buoni amici.
Qualche tempo fa una ragazza di Carpi che non sentivo da tempo mi chiamò dicendo “vai a sentire una manciata di canzoni di questo gruppo che si chiama Colore perfetto”… Le ho sentite tante volte e mi sono arrivati tanti riferimenti diversi. Uno di questi è ai Massimo volume (in particolare nel pezzo Il muro). Ci ho preso, o ho sparato il prezzo di un appartamento in periferia?Beh… Non sei l’unico a dirlo… primo fra tutti Giacomo Fiorenza (produzione artistica, bassista di Umberto). E’ stato il primo ad incoraggiarci a interpretare il brano in questo tipo di direzione… Il risultato ci è piaciuto molto.
Avete dei riferimenti musicali che volete segnalare, prima che qualcuno vi accosti impropriamente ad altre band? Che musica vi piace insomma…Riferimenti…tanti. Ognuno di noi ha un trascorso diverso…spaziamo molto per questo. Ci piace il suono cupo di PJ Harvey, Nick Cave, la genialità dei Radiohead, Buckley, Karate….Drake…ci piace ricordare la scena grunge di Seattle…ma anche molto del panorama inglese vecchio stampo.
“Forse un giorno potrei restituirti tutti i giorni perduti per me”, è una frase splendida, che apre uno squarcio di luce in un pezzo, Un giorno qualunque, che racconta uno spicchio di vita in modo assolutamente naturale. Come nascono le vostre canzoni?I brani nascono in saletta…ci piace ancora sviluppare le idee molto istintivamente. Solo dopo vengono concretizzate con i testi di David (basso&voce) e con arrangiamenti un po’ più studiati…se così si può dire. Facciamo musica molto semplice, ci piace arrivare dritti al punto.
Prima di approdare a questo disco, leggo nella vostra biografia, avete macinato concorsi e concerti in giro per l’Italia. I concorsi sono utili per un gruppo emergente o di fatto rappresentano uno specchietto per le allodole?Purtroppo la seconda affermazione che fai è forse più giusta. Abbiamo avuto esperienze non bellissime nel campo dei concorsi…qualche soddisfazione è poi arrivata ma credimi sono di certo più numerose le sconfitte.
In autunno aprirete le date per Moltheni (allora ci vedremo spesso). Ci saranno delle collaborazioni anche all’interno del suo disco in lavorazione?Sì, usciremo in tour con Moltheni aprendo le sue serate…all’interno del disco ci sarà una collaborazione a livello chitarristico (Alessandro)…stiamo facendo ancora le ultime prove prima di entrare in studio….forse sarà così anche nei live.
Per chi vi viene a sentire il concerto. Che tipo di live dobbiamo aspettarci?Mah…pensiamo di regalare qualcosa di vero…una band vecchio stampo…un live molto essenziale ma di impatto…energia ed aperture sonore e vocali…speriamo di dare belle emozioni e di tenere la gente incollata a guardarci suonare….
Ipotizziamo che vi invitino a Scalo76 (e che io sia Daniele Bossari o Paola Maugeri che vi guarda ammiccante da uno sgabello). Al 90% vi chiederei “Cosa ne pensate di MySpace” e delle possibilità che offre ad una band?Paola Maugeri…interessante…ahahah….
Myspace funziona tantissimo….quasi tutti i contatti che abbiamo li dobbiamo a myspace.
Se curato bene e gestito costantemente ti regala tante soddisfazioni. In più è un bello stimolo per la band che carica i brani… Sai subito che ne pensa la gente e se arrivano commenti positivi ti dà una bella spinta per andare avanti….è sicuramente un ottimo punto di partenza per farsi conoscere.
Esistono ancora le groupies, in una variante leggermente più moderna magari? Avete qualche episodio che si può raccontare a riguardo?Che ti dico….??? Spero assolutamente che esistano ancora!!! Ahahahah…scherzi a parte…non siamo ancora “animali da palcoscenico” tanto da avere un sacco di ragazze al seguito. Myspace però ci ha dato modo di capire che forse esiste una variante moderna come tu la descrivi…stiamo vivendo un momento molto bello di amicizie e di persone che ormai tengono molto a noi e che non vedono l’ora di vederci suonare dalle loro parti. E’ stupendo…tanti ci stimano e ci stanno dando veramente una mano…caricano i nostri brani sul proprio myspace…incredibile!!!
Dobbiamo assolutamente ringraziarle tutti i giorni.
Oggi ci sarà il concerto del 1 maggio, quella che dovrebbe essere la festa dei lavoratori. Il concerto del primo maggio rispecchia perfettamente il mondo del lavoro: ci vanno solo quelli con un posto fisso. Per il lavoro come per la musica e la discografia ci possono essere 'tempi migliori'?Per quanto ci riguarda possiamo dirti ancora poco a riguardo della discografia, stiamo solo ora scoprendo come funziona questo tipo di settore e ti giuro che non è semplicissimo capirci anche solo qualche cosa. Di sicuro abbiamo capito che bisogna sbattersi molto per ottenere anche solo quel poco…mancano i punti di riferimento…ognuno si costruisce a modo suo con il proprio sudore. Penso che non esista una regola.
Sicuramente potranno arrivare “tempi migliori”. E’ un periodo di transizione, tante cose stanno cambiando….,soprattutto nel panorama indipendente ci sono delle realtà da tenere d’occhio. Speriamo al più presto di farne parte.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Alessandro, il chitarrista della band, che insieme a David (basso e voce) e Stefano (batteria) forma i Colore perfetto.
Il vostro disco è nato grazie alla collaborazione con Moltheni. Come è nato questo incontro? E in che modo lavorare con Umberto ha influenzato le sonorità del disco?L’incontro con Umberto è nato a Perugia, circa un anno fa. Abbiamo aperto una data del suo tour. Ci siamo conosciuti durante il sound-chek… Dopo averci sentito provare alcuni pezzi si è complimentato e ci ha chiesto di noi… Quali erano i nostri progetti e se stavamo lavorando a qualcosa di concreto.
Abbiamo iniziato a parlare delle difficoltà che avevamo a trovare canali giusti per emergere in qualche modo e lui si è reso disponibile fin da subito ad aiutarci. Incredibile… Immagina le nostre facce. Siamo rimasti in contatto per un po’ e dopo qualche tempo è arrivata la proposta di fare un brano insieme e farlo uscire insieme al disco d’esordio.
Lavorare con Umberto è stato semplice. A lui piacevano già le sonorità che avevamo, ci siamo sentiti subito a nostro agio… Ora siamo più che altro buoni amici.
Qualche tempo fa una ragazza di Carpi che non sentivo da tempo mi chiamò dicendo “vai a sentire una manciata di canzoni di questo gruppo che si chiama Colore perfetto”… Le ho sentite tante volte e mi sono arrivati tanti riferimenti diversi. Uno di questi è ai Massimo volume (in particolare nel pezzo Il muro). Ci ho preso, o ho sparato il prezzo di un appartamento in periferia?Beh… Non sei l’unico a dirlo… primo fra tutti Giacomo Fiorenza (produzione artistica, bassista di Umberto). E’ stato il primo ad incoraggiarci a interpretare il brano in questo tipo di direzione… Il risultato ci è piaciuto molto.
Avete dei riferimenti musicali che volete segnalare, prima che qualcuno vi accosti impropriamente ad altre band? Che musica vi piace insomma…Riferimenti…tanti. Ognuno di noi ha un trascorso diverso…spaziamo molto per questo. Ci piace il suono cupo di PJ Harvey, Nick Cave, la genialità dei Radiohead, Buckley, Karate….Drake…ci piace ricordare la scena grunge di Seattle…ma anche molto del panorama inglese vecchio stampo.
“Forse un giorno potrei restituirti tutti i giorni perduti per me”, è una frase splendida, che apre uno squarcio di luce in un pezzo, Un giorno qualunque, che racconta uno spicchio di vita in modo assolutamente naturale. Come nascono le vostre canzoni?I brani nascono in saletta…ci piace ancora sviluppare le idee molto istintivamente. Solo dopo vengono concretizzate con i testi di David (basso&voce) e con arrangiamenti un po’ più studiati…se così si può dire. Facciamo musica molto semplice, ci piace arrivare dritti al punto.
Prima di approdare a questo disco, leggo nella vostra biografia, avete macinato concorsi e concerti in giro per l’Italia. I concorsi sono utili per un gruppo emergente o di fatto rappresentano uno specchietto per le allodole?Purtroppo la seconda affermazione che fai è forse più giusta. Abbiamo avuto esperienze non bellissime nel campo dei concorsi…qualche soddisfazione è poi arrivata ma credimi sono di certo più numerose le sconfitte.
In autunno aprirete le date per Moltheni (allora ci vedremo spesso). Ci saranno delle collaborazioni anche all’interno del suo disco in lavorazione?Sì, usciremo in tour con Moltheni aprendo le sue serate…all’interno del disco ci sarà una collaborazione a livello chitarristico (Alessandro)…stiamo facendo ancora le ultime prove prima di entrare in studio….forse sarà così anche nei live.
Per chi vi viene a sentire il concerto. Che tipo di live dobbiamo aspettarci?Mah…pensiamo di regalare qualcosa di vero…una band vecchio stampo…un live molto essenziale ma di impatto…energia ed aperture sonore e vocali…speriamo di dare belle emozioni e di tenere la gente incollata a guardarci suonare….
Ipotizziamo che vi invitino a Scalo76 (e che io sia Daniele Bossari o Paola Maugeri che vi guarda ammiccante da uno sgabello). Al 90% vi chiederei “Cosa ne pensate di MySpace” e delle possibilità che offre ad una band?Paola Maugeri…interessante…ahahah….
Myspace funziona tantissimo….quasi tutti i contatti che abbiamo li dobbiamo a myspace.
Se curato bene e gestito costantemente ti regala tante soddisfazioni. In più è un bello stimolo per la band che carica i brani… Sai subito che ne pensa la gente e se arrivano commenti positivi ti dà una bella spinta per andare avanti….è sicuramente un ottimo punto di partenza per farsi conoscere.
Esistono ancora le groupies, in una variante leggermente più moderna magari? Avete qualche episodio che si può raccontare a riguardo?Che ti dico….??? Spero assolutamente che esistano ancora!!! Ahahahah…scherzi a parte…non siamo ancora “animali da palcoscenico” tanto da avere un sacco di ragazze al seguito. Myspace però ci ha dato modo di capire che forse esiste una variante moderna come tu la descrivi…stiamo vivendo un momento molto bello di amicizie e di persone che ormai tengono molto a noi e che non vedono l’ora di vederci suonare dalle loro parti. E’ stupendo…tanti ci stimano e ci stanno dando veramente una mano…caricano i nostri brani sul proprio myspace…incredibile!!!
Dobbiamo assolutamente ringraziarle tutti i giorni.
Oggi ci sarà il concerto del 1 maggio, quella che dovrebbe essere la festa dei lavoratori. Il concerto del primo maggio rispecchia perfettamente il mondo del lavoro: ci vanno solo quelli con un posto fisso. Per il lavoro come per la musica e la discografia ci possono essere 'tempi migliori'?Per quanto ci riguarda possiamo dirti ancora poco a riguardo della discografia, stiamo solo ora scoprendo come funziona questo tipo di settore e ti giuro che non è semplicissimo capirci anche solo qualche cosa. Di sicuro abbiamo capito che bisogna sbattersi molto per ottenere anche solo quel poco…mancano i punti di riferimento…ognuno si costruisce a modo suo con il proprio sudore. Penso che non esista una regola.
Sicuramente potranno arrivare “tempi migliori”. E’ un periodo di transizione, tante cose stanno cambiando….,soprattutto nel panorama indipendente ci sono delle realtà da tenere d’occhio. Speriamo al più presto di farne parte.
Roberto Conti
12 giugno 2008
Numero 6 - Quando arriva la gente si sente meglio ***
Per i Numero 6 Quando arriva la gente si sente meglio può essere considerato un crocevia tra memoria e futuro, arriva infatti dopo due album ormai di qualche tempo fa (a cui vanno aggiunti altri due album con il nome Laghisecchi). L'Ep contiene 5 brani, tre inediti e due rivisitazioni, Da piccolissimi pezzi dei Numero6 (con Bonnie 'Prince' Billy che canta in italiano, in assoluto il pezzo più interessante del lavoro) e Aspetto dei Laghisecchi. Il testo di uno dei tre inediti, Navi stanche di burrasca, è di Enrico Brizzi che i Numero 6 hanno accompagnato nel reading de Il pellegrino dalla braccia d'inchiostro. Un ottimo crocevia -in chiave prettamente acustica- in attesa del long playng previsto per l'autunno e annunciato decisamente più suonato. Da segnalare assolutamente che questo lavoro è scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale della band. Roberto Conti
30 maggio 2008
Bugo - Contatti ***
Bugo ha senza ombra di dubbio il merito di crederci e di avere uno stile assai personale che, piaccia o no, gli ha dato una certa visibilità negli ultimi anni. Al di là di questi pregi ho sempre considerato Bugo un sottoprodotto della discografia, una sorta di fenomeno da baraccone più fortunato di tanti colleghi, ma con ben poche cose cose da dire (al di là di qualche canzone effettivamente orecchiabile) e qualità tecniche e vocali pressoché inesistenti. Dopo questa entrance negativa, devo complimentarmi invece per questo Contatti, disco dalle musicalità nuove: l'elettronica-dance, che due dei produttori italiani più in voga del momento, Stefano Fontana, alias Stylophonic, e Roberto Baldi gli hanno cucito addosso dà nuova dignità ai brani di Bugo, storie di una quotidianità solo all'apparenza strampalata, ma che in fondo analizza i problemi che ogni giorno siamo chiamati ad affrontare. Il cantautore trecatese, ormai da un po' è nel giro giusto e va dato merito anche alla Universal di aver fatto su questo disco un lavoro davvero ottimo. Dopo la rivalutazione di Bugo, anche dal vivo porta in giro uno spettacolo davvero interessante, i pezzi migliori: La mano mia, Nel giro giusto, C'è crisi. Roberto Conti
12 maggio 2008
Afterhours - I milanesi ammazzano il sabato ****
Gli Afterhours potrebbero accomodarsi sull'olimpo della musica rock indipendente italiana, ma non lo fanno e si mettono in discussione con un ottavo album I milanesi ammazzano il sabato ricco di sperimentazione e di frammenti che si distaccano come schegge dal tradizionale stile rock un po' cupo che avevamo conosciuto in questi anni. Ne sono esempi la ninnananna finale Orchi e streghe sono soli, l'introduzione dei fiati di Enrico Gabrielli negli arrangiamenti (scelta che personalmente non mi entusiasma), le percussioni che esplorano territori inusuali. Dolcezza e tensione rock si mescolano in un disco non immediato, ma promosso a livello mediatico con intelligenza (e i risultati si sono visti classifica alla mano). Anticipato da Le sessioni ricreative, una sorta di uncut, distribuito con XL di aprile, l'attenzione sugli Afterhours è stata da subito intensa, il tour poi è partito ancora prima delle recensioni che spesso distorcono le idee di chi ascolta... Manuel Agnelli scrive parole più vicine alla quotidianità e sceglie spesso la forma della canzone breve per trasmettere i suoi messaggi: come per un libro di poesie, la vita del disco sarà lunga e le canzoni si autopromuoveranno sicuramente meglio di come potrebbe fare una recensione scaturita da un paio di ascolti. Il disco, intitolato quasi come un romanzo di Giorgio Scerbanenco (I milanesi ammazzano al sabato) non parla in realtà di Milano, se non di striscio Tema: la mia città, è piuttosto un affresco a mezze tinte della vita quotidiana di ciascuno di noi, affresco del quale per ora non riesco a comprendere appieno il contenuto. Roberto Conti
28 aprile 2008
Yuppie Flu come i Radiohead: scarica il cd e pagalo quanto vuoi
Lo scorso autunno furono i Radiohead a lanciare il disco In rainbows lasciando che il pubblico decidesse il prezzo dei download, oggi sono gli Yuppie Flu a riprendere questo modello per lanciare il nuovo disco Fragile forest, pubblicato sul loro sito un po' a sorpresa. Tre i pacchetti di acquisto proposti dalla formazione marchigiana: il download dei file MP3 a 160K, con prezzo libero (anche gratis, se si vuole); gli MP3 più il preordine di un cd a tiratura limitata con libretto illustrato, a 15 euro; gli Mp3 più il cd limitato più una t-shirt, a 25 euro. Seguendo un altro trend sempre più diffuso online, l'operazione non è stata minimamente preannunciata e il disco è finito su Internet poche ore dopo il completamento del missaggio. In breve la notizia ha fatto il giro della rete - e dei media - e sembra proprio che l'iniziativa abbia riscontrato un ottimo successo, abbinata anche al concorso per vincere alcuni biglietti per le prime date del tour. Intanto il fatto di poter decidere quanto pagare il disco rivela la generosità di alcuni fan. Secondo quanto dichiarato da Francesco Chielli, bassita della band, in un'intervista a La Stampa: "La prima impressione è che il pubblico, quando sente direttamente la responsabilità di decidere quanto pagare, sia più generoso del previsto. E soprattutto, scelga da un punto di vista puramente personale. Arrivando a contare persino i centesimi di euro: c'è chi paga 3,75, chi 4,20, chi 4,65. E' divertente: mi immagino la persona davanti al pc che ci pensa un po' su e poi decide: massì, facciamo 4 euro e 20 centesimi". L'operazione Fragile forest è un esperimento in continua evoluzionei e non è ancora stato deciso come verrà sviluppato in futuro. Gli Yuppie Flu sono praticamente padroni di se stessi, visto che sono anche fondatori della loro etichetta discografica, la Homesleep. Sempre nell'intervista su La Stampa si apprende che il disco uscirà ei negozi a maggio. Poi forse anche il vinile. "Non abbiamo ancora deciso cosa fare dei download, se lasciarli attivi o toglierli dopo qualche settimana - dichiara ancora Francesco Chielli - La Audioglobe, che distribuirà il cd, non ci ha fatto alcuna pressione. Vedremo come procedono le cose e decideremo".
Roberto Conti
Roberto Conti
12 aprile 2008
Bauhaus - Go away white **
Peter Murphy è uscito dalla sua esuvia! Sono passati 25 anni dall’ultimo disco in studio dei Bauhaus. In mezzo un silenzio interrotto da qualche concerto. Una sottospecie di testamento questo Go away white, gridato già dall’evocativo titolo della opentrack Too Much 21st Century.
E’ come se Murphy si fosse risvegliato e facesse un elenco di ciò che è cambiato (troppa pubblicità, troppi computer, gente che vuole a tutti i costi essere migliore degli altri). Lo fa lasciando per un attimo dietro di sé le atmosfere lugubri (che nel disco ci sono assai, basta ascoltare l’inquietante Saved) a favore di cori e chitarre. In un quarto di secolo il mondo è cambiato molto, i Bauhaus no. Giovanna Oceania
E’ come se Murphy si fosse risvegliato e facesse un elenco di ciò che è cambiato (troppa pubblicità, troppi computer, gente che vuole a tutti i costi essere migliore degli altri). Lo fa lasciando per un attimo dietro di sé le atmosfere lugubri (che nel disco ci sono assai, basta ascoltare l’inquietante Saved) a favore di cori e chitarre. In un quarto di secolo il mondo è cambiato molto, i Bauhaus no. Giovanna Oceania
20 marzo 2008
Bluvertigo: reunion sia!
Morgan è ormai un divo del piccolo schermo, saccente ed eclettico giurato a X-factor, solo per citare l'ultima piuma di struzzo della popolarità, Andy porta in giro la sua arte e i suoi grandi quadri fluorescenti spopolano riprodotti su vestiti mobili e borse, Sergio e Livio si sono dedicati a meno altisonanati progetti nell'ambito musicale, ma ci sono ancora. Questi erano i Bluvertigo, importante band degli Anni Novanta ricordata più che altro per le sonorità e il look che strizzava l'occhio al decennio precedente. Fino a qualche tempo fa nessuno avrebbe immaginato una loro reunion... ma tra un'apparizione tv e un disco solista Morgan ha radunato i vecchi compagni e presto uscirà un nuovo cd.
I Bluvertigo nella loro formazione storica al completo, saranno protagonisti della terza tappa dell'edizione 2008 di Storytellers, il programma di Mtv nel quale i musicisti si raccontano a Paola Maugeri e propongono i loro brani in versione acustica. Proprio durante il programma sarà registrato il nuovo disco. Lo show "Mtv Storytellers - Bluvertigo" diventerà infatti un preziosissimo CD in uscita il prossimo 16 maggio e sancirà la reunion ufficiale del gruppo monzese di Marco 'Morgan' Castoldi, Andrea 'Andy' Fumagalli, Livio Magnini e Sergio Carnevale. Un'impresa che fino a qualche mese fa sembrava davvero impossibile e che farà rivivere una delle band fondamentali per la storia della musica "alternativa" italiana. Sono passati più di sei anni, infatti, dall'ultimo concerto dei Bluvertigo, dopo il quale Morgan, Andy, Livio e Sergio hanno intrapreso percorsi artistici differenti.
La reunion susciterà ancora più curiosità anche a causa delle recenti apparizioni televisive di 'Morgan' Castoldi ad X-Factor, il reality show a sfondo musicale dove, in cattiva compagnia di Simona Ventura e della discografica Mara Maionchi, è unico gallo del pollaio... A dimenticavo, c'è anche Dj Francesco.
r.co.
I Bluvertigo nella loro formazione storica al completo, saranno protagonisti della terza tappa dell'edizione 2008 di Storytellers, il programma di Mtv nel quale i musicisti si raccontano a Paola Maugeri e propongono i loro brani in versione acustica. Proprio durante il programma sarà registrato il nuovo disco. Lo show "Mtv Storytellers - Bluvertigo" diventerà infatti un preziosissimo CD in uscita il prossimo 16 maggio e sancirà la reunion ufficiale del gruppo monzese di Marco 'Morgan' Castoldi, Andrea 'Andy' Fumagalli, Livio Magnini e Sergio Carnevale. Un'impresa che fino a qualche mese fa sembrava davvero impossibile e che farà rivivere una delle band fondamentali per la storia della musica "alternativa" italiana. Sono passati più di sei anni, infatti, dall'ultimo concerto dei Bluvertigo, dopo il quale Morgan, Andy, Livio e Sergio hanno intrapreso percorsi artistici differenti.
La reunion susciterà ancora più curiosità anche a causa delle recenti apparizioni televisive di 'Morgan' Castoldi ad X-Factor, il reality show a sfondo musicale dove, in cattiva compagnia di Simona Ventura e della discografica Mara Maionchi, è unico gallo del pollaio... A dimenticavo, c'è anche Dj Francesco.
r.co.
12 marzo 2008
La Crus - Non credevo che questa sera *
Esperimento finito, ma è bello riepilogare. Non credevo che questa sera racconta 15 anni di carriera dei La Crus band che in un recente passato ha saputo creare un discreto seguito abbinando cantautorato un po’ struggente a sonorità new wave. Ci mancheranno? Personalmente no. Comunque 13 brani noti più 3 inediti, tra questi ultimi degna di menzione è Entra piano, potranno consolare almeno per un po’ quanti avevano già incominciato a sentire la loro mancanza. G. Oc.
15 febbraio 2008
Intervista a Dente - Il nuovo cantautorato ha l'anice in bocca
E’ in uscita il tuo nuovo ep Le cose che contano, ancora non lo abbiamo ascoltato, cosa ci puoi dire del nuovo lavoro? Ho letto che ci saranno diverse collaborazioni.Sono 4 canzoni inedite. Il suono è volutamente retrò. Le canzoni sono state registrate in 2 giorni a Magazeno Bis di Bologna. Ho unito la mia esperienza a quella di altri 3 musicisti tra i più bravi in Italia, abbiamo arrangiato e suonato in presa diretta le canzoni. Per me è stato un onore lavorare con loro e sono molto soddisfatto del risultato che comunque si distingue dai miei precedenti dischi e credo anche da quelli futuri. Sono canzoni che hanno a che fare con i numeri e stavano bene vicine e unite da un suono comune... e così è stato. Sarà scaricabile gratuitamente dal 28 febbraio dal mio sito. Praticamente più che un disco è un regalo.
I tuoi dischi da solista sono stati pubblicati dalla Jestrai, un’etichetta indipendente attenta anche agli esordienti e alle nuove proposte? Cosa ne pensi del sottobosco della discografia italiana, lo ritieni un buon trampolino di lancio o una realtà eccessivamente frammentata?E’ un sottobosco fitto e pieno di grovigli e rovi. L’Italia è piena zeppa di gente che fa musica ed etichette che la promuovono con i pochi mezzi che hanno a disposizione. L’etichetta indipendente è vista SOLO come trampolino di lancio perchè non può permettersi di arrivare lontano e le etichette sono attente SOLO alle nuove proposte perché pretendono meno. Quanti contratti discografici indipendenti durano più di due anni?
In diverse recensioni sei stato paragonato a Battisti o a Bugo, come ti poni nei confronti di questi accostamenti?Non mi dispiaciono perché sono due artisti che apprezzo anche se ci vedo nel mezzo un abisso.
I paragoni sono sempre difficili e pericolosi quello che più mi è piaciuto è “Battisti post sbronza” (Rockit).
Altro termine che si legge molto su di te è quello di “cantautore rivelazione”. Ti senti legato in qualche modo alla scena cantautorale italiana?
Mi sento uno che scrive canzoni per bisogno. La vera rivelazione è stata che queste canzoni non piacciono solo a me.
Esiste una scena cantautorale italiana?
Non c’è due senza te è stato supportato da una buona presenza di live? Ti piace questa dimensione? Come sarà il concerto a supporto del nuovo ep?Nel 2007 le date non sono mancate… La forma è spesso quella di chitarra e voce, mi capita di fare qualche data in duo (con Sig.Solo al piano) oppure con una band al completo.
Il tour per il nuovo ep comprende una trentina di date in tutta Italia da febbraio ad aprile e la formula sarà quasi sempre chitarra e voce. Presenterò i 4 nuovi pezzi, le canzoni del disco precedente ed alcuni inediti. Fare concerti mi piace, mi diverto.
Cosa fai nella vita oltre ad occuparti di musica?Il musicista
Si ma come lavoro vero?
il musicista
Sì ho capito, ma nella realtà cosa fai ?
il musicista
...per vivere dico
il musicista
era una vignetta famosa… Comunque faccio il musicista o meglio faccio Dente ma sulla carta d’identità non si poteva scrivere.
Che musica piace a Dente?
Mi piace la musica che mi dice delle cose con la musica e con le parole. Mi piacciono i Baustelle Battisti Battiato Basile Bacharach Babalot Barret Beatles Benvegnù per citare quelli che iniziano con la B.
Comunque è la musica che mi piace come concetto, è una bella invenzione.
Cosa ne pensi della musica in tv? Mi piacerebbe un tuo commento su Scalo76 (se l’hai visto) e sul tentativo di affiancare ad una proposta main-stream alcuni nomi nuovi della discografiaSarebbe ora! E’ una cosa che negli altri paesi è naturale solo noi abbiamo questo muro tra chi fa musica e chi “cosa fa nella vita oltre ad occuparsi di musica”. In Italia se vai in tv sei uno che fa le cose sul serio, sei VERO, altrimenti no.
La tv non la guardo. Non ce l’ho.
Andresti a Sanremo se te lo proponessero?
Subito. Sono convinto che preso nel modo giusto sia un’esperienza divertentissima. Chiaramente andrei con una canzone che mi piace. Quindi è quasi impossibile. Io e Pippo non abbiamo gli stessi gusti.
Posso farti una domanda scontata? Da dove arriva il nome Dente?
Potrei dirtelo ma poi dovrei ucciderti… Vedi tu.
Oggi esistono ancora le groupies, in una variante leggermente più moderna magari? Hai qualche episodio che si può raccontare a riguardo?Esistono in una variante più moderna e molto meno divertente.
I tuoi dischi da solista sono stati pubblicati dalla Jestrai, un’etichetta indipendente attenta anche agli esordienti e alle nuove proposte? Cosa ne pensi del sottobosco della discografia italiana, lo ritieni un buon trampolino di lancio o una realtà eccessivamente frammentata?E’ un sottobosco fitto e pieno di grovigli e rovi. L’Italia è piena zeppa di gente che fa musica ed etichette che la promuovono con i pochi mezzi che hanno a disposizione. L’etichetta indipendente è vista SOLO come trampolino di lancio perchè non può permettersi di arrivare lontano e le etichette sono attente SOLO alle nuove proposte perché pretendono meno. Quanti contratti discografici indipendenti durano più di due anni?
In diverse recensioni sei stato paragonato a Battisti o a Bugo, come ti poni nei confronti di questi accostamenti?Non mi dispiaciono perché sono due artisti che apprezzo anche se ci vedo nel mezzo un abisso.
I paragoni sono sempre difficili e pericolosi quello che più mi è piaciuto è “Battisti post sbronza” (Rockit).
Altro termine che si legge molto su di te è quello di “cantautore rivelazione”. Ti senti legato in qualche modo alla scena cantautorale italiana?
Mi sento uno che scrive canzoni per bisogno. La vera rivelazione è stata che queste canzoni non piacciono solo a me.
Esiste una scena cantautorale italiana?
Non c’è due senza te è stato supportato da una buona presenza di live? Ti piace questa dimensione? Come sarà il concerto a supporto del nuovo ep?Nel 2007 le date non sono mancate… La forma è spesso quella di chitarra e voce, mi capita di fare qualche data in duo (con Sig.Solo al piano) oppure con una band al completo.
Il tour per il nuovo ep comprende una trentina di date in tutta Italia da febbraio ad aprile e la formula sarà quasi sempre chitarra e voce. Presenterò i 4 nuovi pezzi, le canzoni del disco precedente ed alcuni inediti. Fare concerti mi piace, mi diverto.
Cosa fai nella vita oltre ad occuparti di musica?Il musicista
Si ma come lavoro vero?
il musicista
Sì ho capito, ma nella realtà cosa fai ?
il musicista
...per vivere dico
il musicista
era una vignetta famosa… Comunque faccio il musicista o meglio faccio Dente ma sulla carta d’identità non si poteva scrivere.
Che musica piace a Dente?
Mi piace la musica che mi dice delle cose con la musica e con le parole. Mi piacciono i Baustelle Battisti Battiato Basile Bacharach Babalot Barret Beatles Benvegnù per citare quelli che iniziano con la B.
Comunque è la musica che mi piace come concetto, è una bella invenzione.
Cosa ne pensi della musica in tv? Mi piacerebbe un tuo commento su Scalo76 (se l’hai visto) e sul tentativo di affiancare ad una proposta main-stream alcuni nomi nuovi della discografiaSarebbe ora! E’ una cosa che negli altri paesi è naturale solo noi abbiamo questo muro tra chi fa musica e chi “cosa fa nella vita oltre ad occuparsi di musica”. In Italia se vai in tv sei uno che fa le cose sul serio, sei VERO, altrimenti no.
La tv non la guardo. Non ce l’ho.
Andresti a Sanremo se te lo proponessero?
Subito. Sono convinto che preso nel modo giusto sia un’esperienza divertentissima. Chiaramente andrei con una canzone che mi piace. Quindi è quasi impossibile. Io e Pippo non abbiamo gli stessi gusti.
Posso farti una domanda scontata? Da dove arriva il nome Dente?
Potrei dirtelo ma poi dovrei ucciderti… Vedi tu.
Oggi esistono ancora le groupies, in una variante leggermente più moderna magari? Hai qualche episodio che si può raccontare a riguardo?Esistono in una variante più moderna e molto meno divertente.
Roberto Conti
15 gennaio 2008
Intervista - Giorgio Canali e tutta la rabbia che ha dentro
Non ti chiederò di Lindo Ferretti, né di Zamboni, né di nessun altro.Ma, saprai bene, che a distanza di un ventennio e più, molti ragazzi ascoltano (Non "sentono") ancora quella musica e di solito, senza generalizzare troppo, sono quei pochi ragazzi davvero attivi politicamente e socialmente. Che cosa ne pensi?E tu oggi come vivi la grande possibilità di poter comunicare a molti ragazzi, in un modo schietto e sincero, i tuoi pensieri e la tua critica verso questa nostra società?
Effetti collaterali del rock'n'roll, alle origini è una musica di rottura, fatta da ragazzini per altri ragazzini, a contrasto e in contrapposizione alla musica "normale" degli adulti... fatto sta che sono arrivati gli anni sessanta e il piccolo conflitto generazionale è diventato grande, il mondo cambiava e la normale rivolta dei più giovani da "mi taglio i capelli come mi pare e ascolto ciò che voglio" è diventata in pochi anni qualcosa di più profondo, legata al sentimento di partecipazione agli eventi del proprio tempo... La musica "dei giovani" si è trasformata in veicolo di pensiero, irrimediabilmente legata al politico e al sociale, poi si è visto e sentito di tutto...E' normale che ci siano canzoni che sono come bandiere, che servono a identificarsi in qualcosa, qualche volta un'idea, tante altre volte la condivisione di un pensiero, anche quando questo pensiero è stupido e innocuo... i "padroni del vapore" ci hanno messo un attimo a capirlo...Per ciò che mi riguarda, mi viene naturale fare entrare nella mia musica il mondo che mi circonda, non c'è volontà di convincere gli altri di una visione politica, chi capisce al volo che cazzo racconto non ha nessun bisogno di aprire gli occhi, gli altri non lo capiranno mai, o peggio, mi scambieranno per uno dei tanti beppigrilli che cavalcano le scene e la dabbenaggine popolare... In fondo mi ci sto abituando... Io grido in un angolo il mio malessere un tantino snob e di merda, causato dal dentro e dal fuori, ma è mio... se poi qualcuno vuole condividerlo e farlo suo, bene, di solito diventiamo amici...
Secondo te, la bellezza e l’arte possono salvarci da tutto ciò in cui siamo gettati?
Ecco ci siamo... Bellezza/salvezza... Un bel mondo di esteti... Non male... Esteti distratti che si trasformano senza accorgersene in estetisti (qualcuno se ne accorge ma ci marcia), non male come incubo per il futuro, ma il domani è già oggi lo vedi da come lo ieri è già ieri l’altro, pensa al computer che hai comprato 6 mesi fa e che ora è già nei mercatini di antiquariato.Arte. Non c'è niente di meno definibile dell'arte, per molti è Michelangelo... la pietà, per me è Laszlo Toth che, nel settantadue, entra in San Pietro e la massacra senza pietà quella pietà lì, al grido di "io sono gesucristo!!!".L'arte vera non lascia tracce, la pietà di Michelangelo è stata restaurata, quello resta. Dell'opera d'arte di Laszlo Toth resta solo qualche fotogramma sfuocato archiviato dalle fotocamere di sicurezza del Vaticano (nel '72 la tecnologia del controllo era rudimentale ma il Vaticano era all'avanguardia), non resta nemmeno nessuna traccia di lui... me lo sono chiesto a più riprese che fine abbia fatto.La salvezza sta nell'eliminazione di ciò che non va, non nella sua descrizione più o meno poetica, quindi siamo fritti perché i grandi impulsi rivoluzionari si sono spenti da mo' ed è inutile cercarne i motivi... sperare in un disastro globale che rimetta a posto le pendole è l'unica chance che abbiamo... però, se ci rifletti, dopo il diluvio sai benissimo che a galleggiare saranno gli stessi stronzi che galleggiano ora sulla testa degli altri.Forse la salvezza è fare finta di niente... Se fossi famoso mi candiderei per l'isola dei famosi.
Forse la salvezza è fare finta di niente.Forse si. Forse la salvezza sta proprio nel cominciare a salvarsi in prima persona, singolarmente, quotidianamente e nel riuscire a conquistarsi in modo autentico, per non adeguarsi a quello che ci troviamo attorno, per non affogare in ciò in cui ci troviamo immersi.Ritornando al discorso sull'arte "che non lascia tracce", si può dire che, come nel caso di Laszlo Tot, l'atto "artistico" non abbia lasciato tracce concrete-materiali, ma si può parimenti affermare che ne abbia lasciate d'intangibili, ma ben più profonde, se ha saputo scuotere delle coscienze, se siamo qui a parlarne e se ti ha segnato così tanto da spingerti a chiederti che fine abbia fatto.L'arte nell'incontro con l'uomo sa, mi ripeto, "attivare il cervello" e soprattutto scuotere ed "emozionare" tanto da segnare e magari "cambiare" le persone.Mi piacerebbe sapere se esiste uno scrittore (forse uno è limitativo) che attraverso il suo scrivere è riuscito, in qualche modo, a lasciare una di quelle tracce invisibili, ma profonde in te.
Non leggo quasi più, il tempo passa, i miei occhi massacrati dallo schermo del piccì non riescono più a distinguere le lettere stampate sulla carta, ce la faccio solo se metto il libro sotto il fascio diretto di una lampada o alla luce piena del sole... E sono troppo cazzone per andare dall'oculista, il risultato è una progressiva ignoranza della letteratura attuale, male, molto male...Se devo dire la verità, prima che questo problema d'ordine fisiologico diventasse così evidente, c'era già stata una disaffezione dal leggere: finito "Le troisieme mensonge" l'ultimo romanzo della trilogia della città di K di Agota Kristof che avevo divorata in un respiro, il mio cervello si è chiuso su se stesso... si è detto che non avrei mai più trovato qualcosa di altrettanto stimolante e geniale e per un bel po' mi sono rifiutato di affrontare altre letture anche se straconsigliate da persone che conoscono bene i miei gusti.Leggere ha sempre influenzato moltissimo la mia maniera di pensare e di scrivere, penso che la pietra miliare del "cinismo" che spesso mi si imputa e che reputo comunque costruttivo e non distruttivo, sia "Voyage au bout de la nuit" di Louis Ferdinand Celine, per ciò che riguarda il mio linguaggio storto devo molto a Raymond Queneau ( les fleurs bleues, zazie dans le métro ) e al suo discendente italiano Stefano Benni (comici spaventati guerrieri, Baol).Per il semplice piacere di leggere, non mi stanca mai Italo Calvino, soprattutto la trilogia dei nostri antenati e non mi delude mai Sandro Veronesi. Poi ogni tanto ho qualche sorpresa come quella della Kristof.Una mania che ho è quella di rileggere mille volte una cosa che mi piace, anche in lingue diverse, per capire che cazzo hanno in testa i traduttori :), anche se così facendo mi sputtano il tempo che potrei dedicare alle novità... d'altronde faccio la stessa cosa con i film.
Ah, Celine.Io lo conobbi grazie a Bukowski, quando lessi Pulp. Hai mai letto Bukowski?
No, Bukowski no... non posso farci niente, nonostante la mia stra-popolare estrazione sociale, sono sempre stato uno stupido snob di merda... quando "tutti" leggevano Bukowski, mi faceva cacare mescolarmi al mucchio e, dopo aver sbirciato qualche pagina in qua e un là, il mio superficiale giudizio era "merda per giovani che vogliono sentirsi trasgressivi"...
Adesso, più che farti una domanda, ti chiederò un'opinione.
Da quando ho cominciato a riflettere sull' idea di 'intervistare' degli artisti affermati, ma soprattutto da me stimati, ho guardato alla possibilità di chiedere a questi un'opinione circa degli artisti giovani, non affermati, ma comunque da me stimati.
Chi mi conosce sa benissimo quanto tenga al 'panorama' degli emergenti. Adoro scoprire, ascoltare e vedere live anche quei gruppi poco o per niente conosciuti, magari alle prime armi, ma con qualcosa da dire e da far ascoltare. Purtroppo, la maggior parte delle volte, come ben saprai, è difficile per loro trovare un modo anche solo per ricevere un parere disinteressato, ma 'importante' da parte di qualcuno, come puoi essere tu, che nella musica, almeno in parte, ci ha vissuto e ci sta vivendo ..alla grande.
Fra i tanti gruppi emergenti che mi piacciono, ne ho scelto uno e una canzone da farti sentire, quello che adesso mi sembrava il più adatto. Ti mando la canzone. L' ascolti e mi dici che ne pensi?
OK, veniamo al Subgruppo devasto: avevo già ascoltato qualcosa sul loro MySpace... Acerbi, un po' ingenui... Mi aveva fatto sorridere l'enfasi con cui snocciolano la loro autobiografia, la pulsione primaria della loro musica è buona, sento puzza di roba che mi piace.Arriviamo ai testi. E' lodevole la voglia di affrontare i cazzinculo del nostro tempo visto che la tendenza della nuova musica in Italia è quella di far scomparire ogni riferimento al sociale (... è volgare... mi viene in mente fiorello che imita carlabruni)... Solo che ascoltando le parole incatenate, sono un po' infastidito dalla dinamica del discorso, che si arresta sempre al primo grado di comprensione, appesantito da un punto di vista a volte semplicista... cresceranno se cercheranno di guardare le cose con un occhio strabico, provando a trovare ottiche inusuali... cresceranno se impareranno a prendersi per il culo da soli, l'autoironia è fondamentale per la critica sociale (cazzo fa pure rima... lo posso fare diventare il verso di un'altra delle mie canzoni di merda). Da sottolineare con la matita blu, nella canzone che mi hai fatto ascoltare, il primo verso... lì ci sono rimasto male: "Noia! una madre che ha ucciso il proprio figlio e ha il coraggio di mentire alla TV!" Il riferimento a Cogne mi allibisce, vorrei che fosse tra virgolette e che fossa la citazione ironica del punto di vista dello spettatore medio che si beve tutto ciò che gli raccontano ma, andando avanti nell'ascolto mi rendo conto che non si tratta di questo ma del pensiero dell'autore visto che il resto del testo è espresso in questi termini... brividi lungo la schiena.Che 'sta madre sia o non sia un'assassina non mi interessa, mi stra-interessa che ci sia tanta gente pronta a credere ciecamente alla comodissima versione ufficiale (ufficiale in tivvù molto prima che lo fosse in tribunale)... a nessuno viene mai in mente che nel momento in cui una roba del genere arriva al grande pubblico è indispensabilmente propagandistico trovare un colpevole in fretta? A nessuno viene mai in mente che una volta che hai mosso i R.I.S. e hai speso una fortuna per tutto ciò, non puoi rimanere a mani vuote?A me viene in mente che, se rientrando a casa, trovo la persona con cui vivo, morta sul pavimento con la testa spaccata, faccio le valigie e scappo in Sud America, che tanto ad ucciderla sono stato io, è ovvio!
Devo (!) chiederti della Tempesta, questa etichetta che ha prodotto artisti che (ognuno a proprio modo), come si dice, "spaccano il culo", album di un certo spessore e valore, concerti di quelli che senti davvero e ti ricordi.
Vissuta da dentro, com'è, cos'è questa Tempesta?
La Tempesta è un'ipotesi più che un'etichetta, è nata come marchio di autoproduzione per i T.A.R.M. che, ragionandosi addosso, poco prima che ci si conoscesse in occasione della registrazione del loro "la testa indipendente" di cui ho curato la realizzazione artistica, avevano deciso di diventare padroni di loro stessi... L'autoproduzione spesso è la chiave di volta delle idee che valgono ma che non hanno un mercato di massa.
Poi, così quasi naturalmente, è diventata qualcosa di più; quando è stato il momento di fare uscire l'album di Rossofuoco del 2004, mi è sembrato ovvio, piuttosto che cercare improbabili deal con le etichette presenti nel panorama italiano, di chiedere, vista l'amicizia e la stima reciproca che ci lega, ai T.A.R.M. come avrebbero visto il mio album con il marchietto della loro label sopra...
Poi sono arrivati Moltheni, I Melt, Il Teatro Degli Orrori, Altro... Agli occhi della gente è una vera e propria etichetta, la realtà è che si tratta di un consorzio di autoproduzione che vorremmo insieme far diventare una vera e propria factory, stiamo ragionando sulle mosse da fare, come la gestione attraverso un'ottica comune di promozione, concetti artistici come il packaging degli album e i videoclip, concerti live, cose che già attualmente,in parte, stiamo sperimentando.
Devo dire che sono molto fiero di appartenere a questa idea, per me che ho partecipato all'avventura del C.P.I. trovarmi una seconda volta nella vita a far parte di uno dei "fenomeni" più rilevanti del panorama italiano è una bella soddisfazione, penso che per Davide, che ha fatto parte del Great Complotto all'inizio degli '80 sia un po' la stessa cosa.
Mi parleresti un po' di quei "paladini del crocefisso" e, soprattutto, di "quella voce che ti dice uccidi uccidi nella testa"?
Alè, i paladini del crocifisso... Dessi retta al mio istinto, ti scriverei qui di seguito una sfilza infinita di bestemmie, una più orrenda dell'altra, tanto per urtare un po' la sensibilità del popolo cattolico che si annida anche tra i tuoi lettori... A parziale (solo parziale) e stupida rivalsa di tutte le volte che questa specie di setta, della mia sensibilità e di quella di atei, agnostici, laici e di altri che, pur condividendo la passione per le superstioni della setta, ha comunque diverse forme di idolatria e altre divinità, se ne è strafregata.Tanto alla stupidità è inutile contrapporre la ragione... E allora ecco qui un paio di idee stupide, tanto per scendere al livello di chi mi dice cosa fare perché lo dice la Cei: nelle aule scolastiche, di fianco al crocifisso mettiamoci anche tutti gli altri simboli delle religioni di questo pianeta, compreso un modellino dell'enterprise, a conforto dei figli dei numerosissimi seguaci di ron hubbard... oppure: aborto obbligatorio... O anche: rimandiamo il papa ad Avignon, fra un secolo saranno cazzi dei francesi... Stop.Per quello che riguarda la voce che ti sussurra "uccidi, uccidi" nella testa è esattamente quello che qualsiasi persona normale sente ogni tanto quando si guarda intorno... Quelli che poi danno retta al proprio istinto si trasformano in supereroi... Oppure li rinchiudono e, in assenza di pentimento, buttano via la chiave...
L'ultima domanda ti sembrerà stupida, ma l'avevo pensata già da un po', permettimi di fartela.Le testate al microfono. Suoni, canti, urli e ogni tanto quelle testate. Come ti vengono?Quando sei lì che stai sbraitando con tutta la tua aggressività, sparando tutte le cartucce della chitarra, ad un certo punto ti rendo conto che non basta. Tutto il tuo ululare e sbattere il plettro più o meno a ritmo sulle corde non esprime tutto quello che hai dentro; è una reazione stupida e infantile, ma la testata sul microfono è l'unico gesto che ti viene, la manifestazione di un sentimento di impotenza che appartiene al momento ma anche al tuo vivere quotidiano in relazione a ciò che ti circonda... Quando poi ti rendi conto che questa cosa fa anche un gran effetto sia dal punto di vista sonoro (il boom sordo che ne esce fuori copre anche il più violento dei colpi di cassa) che da quello visivo, lo rifai, reiteri quel gesto di piccola follia furiosa, liberatoria, fino a farti male, fino a sanguinare a volte...E' normale, è la mia maniera di reagire, un po' da caprone, lo so, ma quando sono molto arrabbiato e/o disperato, quando non c'è verso di uscire dal vicolo cieco di una lite tra sordi, sin da piccolo, il gesto più spontaneo è prendere a testate il muro, e non per scherzo...Poi, la mattina dopo un concerto, quando vedo allo specchio le stigmate della mia stupidità, le crosticine a forma di retìna di microfono che si formano sulla mia fronte, scuoto la testa, perché so già che lo rifarò.
Erika Gigli
Effetti collaterali del rock'n'roll, alle origini è una musica di rottura, fatta da ragazzini per altri ragazzini, a contrasto e in contrapposizione alla musica "normale" degli adulti... fatto sta che sono arrivati gli anni sessanta e il piccolo conflitto generazionale è diventato grande, il mondo cambiava e la normale rivolta dei più giovani da "mi taglio i capelli come mi pare e ascolto ciò che voglio" è diventata in pochi anni qualcosa di più profondo, legata al sentimento di partecipazione agli eventi del proprio tempo... La musica "dei giovani" si è trasformata in veicolo di pensiero, irrimediabilmente legata al politico e al sociale, poi si è visto e sentito di tutto...E' normale che ci siano canzoni che sono come bandiere, che servono a identificarsi in qualcosa, qualche volta un'idea, tante altre volte la condivisione di un pensiero, anche quando questo pensiero è stupido e innocuo... i "padroni del vapore" ci hanno messo un attimo a capirlo...Per ciò che mi riguarda, mi viene naturale fare entrare nella mia musica il mondo che mi circonda, non c'è volontà di convincere gli altri di una visione politica, chi capisce al volo che cazzo racconto non ha nessun bisogno di aprire gli occhi, gli altri non lo capiranno mai, o peggio, mi scambieranno per uno dei tanti beppigrilli che cavalcano le scene e la dabbenaggine popolare... In fondo mi ci sto abituando... Io grido in un angolo il mio malessere un tantino snob e di merda, causato dal dentro e dal fuori, ma è mio... se poi qualcuno vuole condividerlo e farlo suo, bene, di solito diventiamo amici...
Secondo te, la bellezza e l’arte possono salvarci da tutto ciò in cui siamo gettati?
Ecco ci siamo... Bellezza/salvezza... Un bel mondo di esteti... Non male... Esteti distratti che si trasformano senza accorgersene in estetisti (qualcuno se ne accorge ma ci marcia), non male come incubo per il futuro, ma il domani è già oggi lo vedi da come lo ieri è già ieri l’altro, pensa al computer che hai comprato 6 mesi fa e che ora è già nei mercatini di antiquariato.Arte. Non c'è niente di meno definibile dell'arte, per molti è Michelangelo... la pietà, per me è Laszlo Toth che, nel settantadue, entra in San Pietro e la massacra senza pietà quella pietà lì, al grido di "io sono gesucristo!!!".L'arte vera non lascia tracce, la pietà di Michelangelo è stata restaurata, quello resta. Dell'opera d'arte di Laszlo Toth resta solo qualche fotogramma sfuocato archiviato dalle fotocamere di sicurezza del Vaticano (nel '72 la tecnologia del controllo era rudimentale ma il Vaticano era all'avanguardia), non resta nemmeno nessuna traccia di lui... me lo sono chiesto a più riprese che fine abbia fatto.La salvezza sta nell'eliminazione di ciò che non va, non nella sua descrizione più o meno poetica, quindi siamo fritti perché i grandi impulsi rivoluzionari si sono spenti da mo' ed è inutile cercarne i motivi... sperare in un disastro globale che rimetta a posto le pendole è l'unica chance che abbiamo... però, se ci rifletti, dopo il diluvio sai benissimo che a galleggiare saranno gli stessi stronzi che galleggiano ora sulla testa degli altri.Forse la salvezza è fare finta di niente... Se fossi famoso mi candiderei per l'isola dei famosi.
Forse la salvezza è fare finta di niente.Forse si. Forse la salvezza sta proprio nel cominciare a salvarsi in prima persona, singolarmente, quotidianamente e nel riuscire a conquistarsi in modo autentico, per non adeguarsi a quello che ci troviamo attorno, per non affogare in ciò in cui ci troviamo immersi.Ritornando al discorso sull'arte "che non lascia tracce", si può dire che, come nel caso di Laszlo Tot, l'atto "artistico" non abbia lasciato tracce concrete-materiali, ma si può parimenti affermare che ne abbia lasciate d'intangibili, ma ben più profonde, se ha saputo scuotere delle coscienze, se siamo qui a parlarne e se ti ha segnato così tanto da spingerti a chiederti che fine abbia fatto.L'arte nell'incontro con l'uomo sa, mi ripeto, "attivare il cervello" e soprattutto scuotere ed "emozionare" tanto da segnare e magari "cambiare" le persone.Mi piacerebbe sapere se esiste uno scrittore (forse uno è limitativo) che attraverso il suo scrivere è riuscito, in qualche modo, a lasciare una di quelle tracce invisibili, ma profonde in te.
Non leggo quasi più, il tempo passa, i miei occhi massacrati dallo schermo del piccì non riescono più a distinguere le lettere stampate sulla carta, ce la faccio solo se metto il libro sotto il fascio diretto di una lampada o alla luce piena del sole... E sono troppo cazzone per andare dall'oculista, il risultato è una progressiva ignoranza della letteratura attuale, male, molto male...Se devo dire la verità, prima che questo problema d'ordine fisiologico diventasse così evidente, c'era già stata una disaffezione dal leggere: finito "Le troisieme mensonge" l'ultimo romanzo della trilogia della città di K di Agota Kristof che avevo divorata in un respiro, il mio cervello si è chiuso su se stesso... si è detto che non avrei mai più trovato qualcosa di altrettanto stimolante e geniale e per un bel po' mi sono rifiutato di affrontare altre letture anche se straconsigliate da persone che conoscono bene i miei gusti.Leggere ha sempre influenzato moltissimo la mia maniera di pensare e di scrivere, penso che la pietra miliare del "cinismo" che spesso mi si imputa e che reputo comunque costruttivo e non distruttivo, sia "Voyage au bout de la nuit" di Louis Ferdinand Celine, per ciò che riguarda il mio linguaggio storto devo molto a Raymond Queneau ( les fleurs bleues, zazie dans le métro ) e al suo discendente italiano Stefano Benni (comici spaventati guerrieri, Baol).Per il semplice piacere di leggere, non mi stanca mai Italo Calvino, soprattutto la trilogia dei nostri antenati e non mi delude mai Sandro Veronesi. Poi ogni tanto ho qualche sorpresa come quella della Kristof.Una mania che ho è quella di rileggere mille volte una cosa che mi piace, anche in lingue diverse, per capire che cazzo hanno in testa i traduttori :), anche se così facendo mi sputtano il tempo che potrei dedicare alle novità... d'altronde faccio la stessa cosa con i film.
Ah, Celine.Io lo conobbi grazie a Bukowski, quando lessi Pulp. Hai mai letto Bukowski?
No, Bukowski no... non posso farci niente, nonostante la mia stra-popolare estrazione sociale, sono sempre stato uno stupido snob di merda... quando "tutti" leggevano Bukowski, mi faceva cacare mescolarmi al mucchio e, dopo aver sbirciato qualche pagina in qua e un là, il mio superficiale giudizio era "merda per giovani che vogliono sentirsi trasgressivi"...
Adesso, più che farti una domanda, ti chiederò un'opinione.
Da quando ho cominciato a riflettere sull' idea di 'intervistare' degli artisti affermati, ma soprattutto da me stimati, ho guardato alla possibilità di chiedere a questi un'opinione circa degli artisti giovani, non affermati, ma comunque da me stimati.
Chi mi conosce sa benissimo quanto tenga al 'panorama' degli emergenti. Adoro scoprire, ascoltare e vedere live anche quei gruppi poco o per niente conosciuti, magari alle prime armi, ma con qualcosa da dire e da far ascoltare. Purtroppo, la maggior parte delle volte, come ben saprai, è difficile per loro trovare un modo anche solo per ricevere un parere disinteressato, ma 'importante' da parte di qualcuno, come puoi essere tu, che nella musica, almeno in parte, ci ha vissuto e ci sta vivendo ..alla grande.
Fra i tanti gruppi emergenti che mi piacciono, ne ho scelto uno e una canzone da farti sentire, quello che adesso mi sembrava il più adatto. Ti mando la canzone. L' ascolti e mi dici che ne pensi?
OK, veniamo al Subgruppo devasto: avevo già ascoltato qualcosa sul loro MySpace... Acerbi, un po' ingenui... Mi aveva fatto sorridere l'enfasi con cui snocciolano la loro autobiografia, la pulsione primaria della loro musica è buona, sento puzza di roba che mi piace.Arriviamo ai testi. E' lodevole la voglia di affrontare i cazzinculo del nostro tempo visto che la tendenza della nuova musica in Italia è quella di far scomparire ogni riferimento al sociale (... è volgare... mi viene in mente fiorello che imita carlabruni)... Solo che ascoltando le parole incatenate, sono un po' infastidito dalla dinamica del discorso, che si arresta sempre al primo grado di comprensione, appesantito da un punto di vista a volte semplicista... cresceranno se cercheranno di guardare le cose con un occhio strabico, provando a trovare ottiche inusuali... cresceranno se impareranno a prendersi per il culo da soli, l'autoironia è fondamentale per la critica sociale (cazzo fa pure rima... lo posso fare diventare il verso di un'altra delle mie canzoni di merda). Da sottolineare con la matita blu, nella canzone che mi hai fatto ascoltare, il primo verso... lì ci sono rimasto male: "Noia! una madre che ha ucciso il proprio figlio e ha il coraggio di mentire alla TV!" Il riferimento a Cogne mi allibisce, vorrei che fosse tra virgolette e che fossa la citazione ironica del punto di vista dello spettatore medio che si beve tutto ciò che gli raccontano ma, andando avanti nell'ascolto mi rendo conto che non si tratta di questo ma del pensiero dell'autore visto che il resto del testo è espresso in questi termini... brividi lungo la schiena.Che 'sta madre sia o non sia un'assassina non mi interessa, mi stra-interessa che ci sia tanta gente pronta a credere ciecamente alla comodissima versione ufficiale (ufficiale in tivvù molto prima che lo fosse in tribunale)... a nessuno viene mai in mente che nel momento in cui una roba del genere arriva al grande pubblico è indispensabilmente propagandistico trovare un colpevole in fretta? A nessuno viene mai in mente che una volta che hai mosso i R.I.S. e hai speso una fortuna per tutto ciò, non puoi rimanere a mani vuote?A me viene in mente che, se rientrando a casa, trovo la persona con cui vivo, morta sul pavimento con la testa spaccata, faccio le valigie e scappo in Sud America, che tanto ad ucciderla sono stato io, è ovvio!
Devo (!) chiederti della Tempesta, questa etichetta che ha prodotto artisti che (ognuno a proprio modo), come si dice, "spaccano il culo", album di un certo spessore e valore, concerti di quelli che senti davvero e ti ricordi.
Vissuta da dentro, com'è, cos'è questa Tempesta?
La Tempesta è un'ipotesi più che un'etichetta, è nata come marchio di autoproduzione per i T.A.R.M. che, ragionandosi addosso, poco prima che ci si conoscesse in occasione della registrazione del loro "la testa indipendente" di cui ho curato la realizzazione artistica, avevano deciso di diventare padroni di loro stessi... L'autoproduzione spesso è la chiave di volta delle idee che valgono ma che non hanno un mercato di massa.
Poi, così quasi naturalmente, è diventata qualcosa di più; quando è stato il momento di fare uscire l'album di Rossofuoco del 2004, mi è sembrato ovvio, piuttosto che cercare improbabili deal con le etichette presenti nel panorama italiano, di chiedere, vista l'amicizia e la stima reciproca che ci lega, ai T.A.R.M. come avrebbero visto il mio album con il marchietto della loro label sopra...
Poi sono arrivati Moltheni, I Melt, Il Teatro Degli Orrori, Altro... Agli occhi della gente è una vera e propria etichetta, la realtà è che si tratta di un consorzio di autoproduzione che vorremmo insieme far diventare una vera e propria factory, stiamo ragionando sulle mosse da fare, come la gestione attraverso un'ottica comune di promozione, concetti artistici come il packaging degli album e i videoclip, concerti live, cose che già attualmente,in parte, stiamo sperimentando.
Devo dire che sono molto fiero di appartenere a questa idea, per me che ho partecipato all'avventura del C.P.I. trovarmi una seconda volta nella vita a far parte di uno dei "fenomeni" più rilevanti del panorama italiano è una bella soddisfazione, penso che per Davide, che ha fatto parte del Great Complotto all'inizio degli '80 sia un po' la stessa cosa.
Mi parleresti un po' di quei "paladini del crocefisso" e, soprattutto, di "quella voce che ti dice uccidi uccidi nella testa"?
Alè, i paladini del crocifisso... Dessi retta al mio istinto, ti scriverei qui di seguito una sfilza infinita di bestemmie, una più orrenda dell'altra, tanto per urtare un po' la sensibilità del popolo cattolico che si annida anche tra i tuoi lettori... A parziale (solo parziale) e stupida rivalsa di tutte le volte che questa specie di setta, della mia sensibilità e di quella di atei, agnostici, laici e di altri che, pur condividendo la passione per le superstioni della setta, ha comunque diverse forme di idolatria e altre divinità, se ne è strafregata.Tanto alla stupidità è inutile contrapporre la ragione... E allora ecco qui un paio di idee stupide, tanto per scendere al livello di chi mi dice cosa fare perché lo dice la Cei: nelle aule scolastiche, di fianco al crocifisso mettiamoci anche tutti gli altri simboli delle religioni di questo pianeta, compreso un modellino dell'enterprise, a conforto dei figli dei numerosissimi seguaci di ron hubbard... oppure: aborto obbligatorio... O anche: rimandiamo il papa ad Avignon, fra un secolo saranno cazzi dei francesi... Stop.Per quello che riguarda la voce che ti sussurra "uccidi, uccidi" nella testa è esattamente quello che qualsiasi persona normale sente ogni tanto quando si guarda intorno... Quelli che poi danno retta al proprio istinto si trasformano in supereroi... Oppure li rinchiudono e, in assenza di pentimento, buttano via la chiave...
L'ultima domanda ti sembrerà stupida, ma l'avevo pensata già da un po', permettimi di fartela.Le testate al microfono. Suoni, canti, urli e ogni tanto quelle testate. Come ti vengono?Quando sei lì che stai sbraitando con tutta la tua aggressività, sparando tutte le cartucce della chitarra, ad un certo punto ti rendo conto che non basta. Tutto il tuo ululare e sbattere il plettro più o meno a ritmo sulle corde non esprime tutto quello che hai dentro; è una reazione stupida e infantile, ma la testata sul microfono è l'unico gesto che ti viene, la manifestazione di un sentimento di impotenza che appartiene al momento ma anche al tuo vivere quotidiano in relazione a ciò che ti circonda... Quando poi ti rendi conto che questa cosa fa anche un gran effetto sia dal punto di vista sonoro (il boom sordo che ne esce fuori copre anche il più violento dei colpi di cassa) che da quello visivo, lo rifai, reiteri quel gesto di piccola follia furiosa, liberatoria, fino a farti male, fino a sanguinare a volte...E' normale, è la mia maniera di reagire, un po' da caprone, lo so, ma quando sono molto arrabbiato e/o disperato, quando non c'è verso di uscire dal vicolo cieco di una lite tra sordi, sin da piccolo, il gesto più spontaneo è prendere a testate il muro, e non per scherzo...Poi, la mattina dopo un concerto, quando vedo allo specchio le stigmate della mia stupidità, le crosticine a forma di retìna di microfono che si formano sulla mia fronte, scuoto la testa, perché so già che lo rifarò.
Erika Gigli
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