Ascoltare la musica e oserei dire, l’arte di Paolo Benvegnù è completa catarsi.
Immergersi nella profondità delle parole per accogliere la sua anima con dolcezza e devozione, comprendendo il limite umano che sconfina, senza opporsi, con la totalità dell’artista.
Un uomo in completa ricostruzione, ama definirsi, e questo appare in maniera devastante sin dall’ep che precede, di alcuni mesi, l’uscita del capolavoro Le labbra.
Partendo dalla copertina, 14-19 ci riporta alla nascita, il rosso come sangue, dolore e passione, con una traccia bianca, possibilmente, la vita che scorre e ci trasporta nella direzione che noi vorremmo fosse quella delineata, ma che i sentimenti spesso distorcono ed appannano, deviano e prendono quota.
Parlando di questo “ensamble”, Benvegnù ci sussurra che è un disco adatto ad essere gustato dalle 14 alle 19: una canzone x ogni ora, tranne alle 17, quando ci si concede il relax dell’ora del tè. La distanza apre il mini-cd, l’unico brano che poi ritroveremo in Le labbra, e ci delinea la subitanea necessita di tirare fuori le parole nascoste, di urlare le mancanze di una relazione che sembra essere giunta al traguardo: “tu da me non avrai che l’assenza… quello che ti resta è la distanza… e poi finire le parole… come finire le parole”.
In maniera quasi ipnotica, ci indica “muovi le tue mani su di me… il silenzio sembra indispensabile…” come a descriverci movimenti meccanici, che lasciano il posto solo alla noia della ripetitività.
A seguire Hungry thirsty, assolutamente geniale in versione accelerata dal vivo, che riporta ai fasti di un uomo alla ricerca di se stesso, matematicamente allo sbando, ai margini del mondo “tutto quel che faccio ha un costo, lo sto pagando caro… la mia automobile in fiamme, il mio destino alle porte”
“ma tu… tu vuoi la verità, la novità, la verità fa male”: abbandonarsi alla verità, alla crudezza della quotidianità, in cui spesso l’osservazione non paga, perché non restituisce quanto donato in sentimenti.
La terza traccia è, a mio avviso, la migliore: una perfetta e sottile ninna nanna per l’amata, nel sentire che i nodi si slegano per tentare di superare l’ultimo scoglio, al di là del quale è finito, tutto: Nel silenzio ci racconta; “voglio respirare lentamente il tuo profumo e non so se risvegliarti… ho dormito poco per sognarti all’improvviso e non ho sognato niente… esco per lasciarti libera di sopravvivere, per dimenticarti e ritrovarti inconsapevole”… l’uomo assapora l’idea dell’abbandono e cerca di trattenere l’ultimo soffio amando da lontano, perché solo così saprà comprenderne l’essenza. “non vedi che ti attendo, non capisci che lasciandoti andare, potrai desiderare, riconquistarti e perderti perchè… non vedi che mi arrendo ti proteggerò restando lontano… nel silenzio”. La poesia prosegue “nel silenzio i tuoi vestiti ballano… poi sorpresi dalla luce cadono. Con una grazia irreale. Ma io devo ritornare a camminare verso ciò che non so. Anche se ieri ti ho sentito respirare in ogni cosa che ho, desiderato”: l’uomo sente la necessarietà di ricercare se stesso per poter procedere nel rapporto ed allontanarsi sembra essere il metodo migliore per capire se stesso ed andarle incontro.
La traccia successiva è Cosa sono le nuvole di Modugno e testo di Pasolini, brano straziante e reso ancora più incisivo dall’interpretazione del buon Maestro, che ne sottolinea i tratti dediti alla perfezione: dal vivo segna uno dei momenti più toccanti. Chiude l’ep Lo spazio irregolare, lezione immaginifica su come l’universo intero possa essere racchiuso in una stanza, dove s’intrecciano relazioni, spesso per non trovare il nesso comune delle persone e delle cose: “tu dove sei… dove sei, come sei… forse in uno spazio irregolare”.
P.S. : la terza traccia è da ascoltare in silenzio, a tarda notte… Solo la luna può capire.
Viviana Noce