17 marzo 2014

Pueblo people: dal folk al fuzz psichedelico anni ’60 con una grande attitudine punk, questi gli ingredienti di Sentiero di guerra

Quando ascolto i Pueblo People mi viene voglia di essere in montagna, d’inverno, andare al bar del paese e ingurgitare del Genepy. Dopodichè tornerei a casa, ingolferei il camino di legna e mi metterei a leggere Updike sino a crollare dal sonno. Spero di aver reso l’idea.
I tre ragazzi da Milano e Como arrivano al secondo disco, questa volta su 12”, dopo una tape autoprodotta intitolata The first four moons, da avere anche quella se non fosse andata sold out in poco più di un anno dalla sua uscita. Il nuovo lavoro si intitola Sentiero di guerra ed uscirà in aprile per Solo Vinili / Libri.

In tutto abbiamo tre tracce lunghe e corroboranti intitolate, nell’ordine, Phantom ships, Eastbound sun e Warpath. Musicalmente i Pueblo People ci riportano al folk ed al fuzz psichedelico anni ’60, ma l’insieme è incredibilmente pervaso da una verve tutta punk e attitudine. Riflessioni, imperativi categorici e malinconia. “All you fuckers bring me down, it never changed a bit” recita infatti Eastbound sun. E per noi va più che bene, direi.  In Sentiero di guerra non vi sono contaminazioni né riferimenti: il suono non “strizza l’occhio” né tantomeno “prende spunto”. L’album intero è un’elegia totale alle piccole guerre combattute ogni giorno, al guadagnarsi da vivere combattendo, al non arrendersi.  Warpath, il brano più lungo del disco, parte psichedelico e sommesso per poi sferragliare in ritmi da cantina newyorchese, grazie ai quali le parole arrivano solo nella parte finale del brano, sommesse, aspirate e rivelatrici. Una liberazione.
I Pueblo People riescono a riprodurre così il vero suono dei nostri tempi, ricalcandone le tonalità più cupe e recrudescenti. Persino il lieve ed allegro arpeggio con cui inizia Phantom Ships è un parossismo fondato su irrequietezza e calma apparente. Una nota ampiamente meritevole va data, tra l’altro, alle grafiche del disco, curate da Luca “Yety”: una composizione visionaria e cruda a fare da copertina all’album non poteva che impreziosire il tutto. Un Kevin Costner versione “Balla coi Lupi”, invece, era il welcoming committee del primo lavoro.Claudia, Lorenzo e Nicola continuano a picchiare nel profondo delle nostre anime. Andrea Vecchio

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