Le luci della centrale elettrica, nuovo disco: lo ascolto a lungo, senza leggere nulla, impegnandomi moltissimo ad evitare le tagliole della comunicazione preparate per ingolosire fan nuovi e vecchi, dalla confusa e massiccia presenza sui social alla costosa pubblicità acquistata su La Repubblica, sì, sì, proprio sul giornale cartaceo!
Sono in un periodo "no" e ammetto candidamente di cercare in questo disco uno spunto, un segno. Vorrei poterlo consumare, come fu per Canzoni da spiaggia deturpata, e invece è un disco mediocre che non voglio riascoltare. Cosa mi ha colpito così negativamente? L'eccesso di post-produzione camuffato goffamente da apparente immediatezza negli arrangiamenti, Brondi che continua a stonare ovunque può, la lunghezza eccessiva e il fatto che Costellazioni non aggiunga nulla a un progetto che a mio avviso non ha (più) nulla da dire, nonostante l'inspiegabile seguito rispetto a band dall'analoga attitudine sommessa.
Il disco è un po' più suonato e i testi sono un filo più elaborati che in precedenza, ma Brondi è furbo e non cambia lo stile, consolidando una fan base boccalona ed evidentemente incapace di apprezzare (almeno con analoghe proporzioni in termini di seguito) chi, invece, ha avuto il coraggio di cambiare ed evolversi, penso ad esempio agli Amor Fou, giusto per citare un caso.
Tra i brani, trovo apprezzabile Ti vendi bene, in stile minimal punk alla CCCP, Le ragazze stanno bene dal testo elaborato e tutto sommato fluente e I destini generali, brano dall'attitudine corale e nel quale colgo citazioni che forse nemmeno ci sono... Il resto non mi piace: tra gli episodi evitabili, in particolare I Sonic Youth; dimenticabili anche i cori stonatissimi di Dragogna dei Ministri, a cui è stata affidata la produzione.
Chiedo venia se non mi addentro in altre osservazioni "tecniche", ma tutto suona come una specie di marcia funebre, nostalgica, priva di senso, imbarazzante, a partire dalla copertina, anche se fosse uscita come allegato di XL.
Caro Vasco, ci eravamo abbastanza amati. Ora è tutto finito e la minestra riscaldata non piace a nessuno.
Roberto Conti
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