I Progetto Panico arrivano da Spoleto e hanno un nome che non mi piace. Il loro terzo disco, intitolato Vivere Stanca esce su Tirreno Dischi e, a quanto pare, è destinato a diventare un punto di riferimento per la scena indierock italica per quanto riguarda il 2014.
Il trio suona un pop punk veloce e ben calibrato cantato in italiano, preciso e puntualmente raffinato. Le chitarre sono pulite e la voce spazia molto sagacemente tra il melodico e l’urlato, dimostrando una sicurezza nel cantare in italiano veramente allarmante. In senso positivo.La cosa che veramente non riesco a capire sono i contenuti che vorrebbe portare avanti la band. La prima impressione è quella di trovarci di fronte a qualcosa di razionalmente comico ma allo stesso tempo eversivo e riflessivo, ma alla fine di ogni canzone non mi rimane dentro nulla. Non è questo lo spirito del punk rock, sicuramente. Luigi, per esempio, è una gran bella canzone. Parla di una persona reale e lo fa con ironia e semplicità. Anni 90, invece, è la classica “vorrei ma non posso” canzone generazionale; Assenza e limite è troppo forzata e la si salta a piè pari, nell’ascoltare il disco. La mia amica ricalca i toni di Luigi e infatti torna a divertire, con le sue voci sovrapposte ed intrecciate e una narrazione principale a dettare i tempi. Chitarre anni’70 come se non ci fosse un domani e via così. Questione di quanti dovrebbe essere più lineare e meno goliardica mentre Oh mamma pesta ma annoia e la finale Vivere stanca è una ballatina che si trascina per troppo tempo tra luoghi comuni ed incertezze.Insomma non mi ha divertito, Vivere Stanca. È un lavoro suonato indubbiamente bene e che sicuramente mette in luce tutto ciò che di bello sappiano suonare e trasmettere i Progetto Panico, ma non mi diverte e mi lascia confusamente insoddisfatto. Ho provato ad ascoltarlo più e più volte, ma questo è tutto ciò che riesco a scrivere sottoforma di recensione. Sicuramente dal vivo il tiro sarebbe molto più alto e sicuramente va dato loro il merito di aver intelligentemente creato un loro genere personale. Andrea Vecchio
Nessun commento:
Posta un commento