14 ottobre 2013

La cavalcata di Anna Calvi esplora nuovi territori, One breath è il suo nuovo sorprendente disco

Con la sua aria ammaliatrice e il suo look da femme fatale Anna Calvi, con l'uscita del suo secondo album One breath, conferma l'estro notevole e l'innegabile talento che già in moltissimi avevano da tempo rilevato. A coloro che invece ne sentono parlare per la prima volta consigliamo un giro sulle note dei suoi brani del 2011, Blackout e I'll be your man ad esempio.
Nel caso di Anna, capacità creative e musicali gestite con intelligenza si “accordano” senza fatica con la sua immagine charmante. Questo fa di lei una potenziale stella della musica e dello stile di cui sempre più persone si stanno accorgendo. Per il nuovo disco One breath, la regia è stata affidata al produttore artistico John Congleton (già al lavoro con Joanna Newsom, Bill Callahan, Antony & The Johnsons) che ha saputo portare per mano la cantautrice verso territori inesplorati, senza farle smarrire la strada.
La cantautrice inglese di origini italiane è un'abilissima creatrice di musica e si capisce che si sente libera di creare in modo naturale, indipendentemente da mode o correnti. I suoi punti di forza sono molteplici: la voce, che ti avvolge e ti circonda inesorabile; poi la musica, lontana da schemi e mode, talvolta semplice negli arrangiamenti, ma di sicuro effetto. Ai suoi storici e talentuosi collaboratori, Daniel Maiden-Wood alla batteria e Mally Harpaz all’harmonium, percussioni e vibrafono, si sono aggiunti per leregistrazioni gli archi lirici di Fiona Brice e le tastiere e i suoni synthetici di John Baggot, già collaboratore dei Portishead.
Suddenly è l'inizio che ti porta dentro One breath, come una cavalcata che prosegue con il primo singolo Eliza, queste due tracce sono una sorta di trait d'union con il disco d'esordio, suoni simili che poi virano verso territori più sperimentali
In Cry, dalle atmosfere orientaleggianti, Anna gioca con la sua voce a tratti operistica. Vola veloce dando la sensazione di provare piacere per quello che sta facendo e questa sensazione di "estasi" arriva e trasporta, come in Sing to me.
Il pezzo che dà il titolo all'album inizia, invece, come un respiro lieve, trattenuto fino ad aprirsi sulle note dei violini: ora siamo a teatro, c'è un'orchestra e lei si emoziona a guardare il suo pubblico.
I cori sono un filo conduttore di molti brani, utilissimi, come uno strumento, per lasciar fluire emozioni dal profondo: ne è un esempio The bridge, brano di chiusura che racchiude in sé la passione di Anna per un certo tipo di musica.
Tra gli altri brani (sono 11 in tutto) voglio citare ancora Love of my life, un pezzo ammaliante con sconfinamenti in tanti generi musicali e infine Carry me over che è un esempio di come si possa creare un brano originale spaziando tra numerosi sound (inclusa l'elettro) che spesso invece vengono usati da altri musicisti senza troppo criterio.
Questa artista non vuole dimostrarci il suo talento. Il suo talento è palese e lei lo esprime in modo del tutto spontaneo. Alessandra Terrone/Roberto Conti

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