Rieccoli. Dopo cinque anni senza dischi nuovi, se si esclude una produzione live datata 2009, ritornano i tre punkers di Tokyo con Fetch, dodici pezzi incisi in vari formati per la connazionale A-zap. Tanto per cominciare, si ritorna ai violenti e malatissimi fasti attitudinali che contraddistinguevano l’inarrivabile epoca Gold Standard Laboratories (Mars Volta, Arab on Radar, the Faint…). Attitudine punk rock e molto poco rumore, se si considera il fatto che i Melt Banana abbiano da sempre suonato grindcore. Anche se poi, a dire la verità, loro hanno da sempre suonato un loro genere, il genere “alla Melt Banana”. Indescrivibile e camaleontico, figlio dell’eclettismo musicale allo stato puro.Forse la canzone più “Melt Banana” dell’album è My missing link. Insomma, quella che più delle altre ti fa venir voglia di vederli dal vivo od ascoltare lo split con i Locust. Ma questa è un’altra storia. Parliamo dell’inizio di Fetch: Candy gun inizia come potrebbe iniziare un album degli Interpol e prosegue come potrebbe proseguire una canzone dei Melt Banana. Infection detective è addirittura commovente: giro di basso debole debole che arriva pian piano a dettare i ritmi dell’intera canzone e persino delle intenzioni di Yasuko, voce e fondatrice storica della band. Left dog procede sorniona tra venature hardcore e controtempi. Sferzate vecchia scuola hardcore californiana, comunque. Pianola, finalmente, alla “turning your merchandise”, per poi ripartire con strofa e ritornello. Lineare e facile. Così come lo è Lie lied lies, che rasenta il powerviolence per quasi tutta la sua durata per poi concludersi in un ritmo ben più pop. È troppo facile comparare il mood profuso daZero + ad una fotografia di Lost in translation, quindi passiamo subito al rullante di Scheme of the Tails, canzone che non decolla mai del tutto, rimanendo impantanata in una trincea di solitudine e surrealismo. Si chiude con il gingle trasandato e danzereccio di Zero.
Questo è Fetch. Una nuova era per i Melt Banana, più punk e più rock. Una nuova era che speriamo si mantenga viva e soprattutto verace ancora a lungo, per un gruppo che ha sempre saputo guardare al di là, innovare, cambiare d’aspetto e attitudine rimanendo sempre fedele alle forze oscure dell'underground e del rumore puro. Punk's not dead. Andrea Vecchio
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