Come ogni tanto accade,
spostiamo l'attenzione per un breve momento fuori dall'Italia per vedere cosa
succede nella scena indie internazionale. Ci siamo imbattuti in questo nuovo
album di una band statunitense di nome Deer tick, intitolato Negativity (Partisan records), la cui
uscita ufficiale è prevista per il primo ottobre. L'album ha molto da dire sin
dalla sua apertura, con il brano The rock:
una metafora in cui il sasso del titolo è in grado di
mandare in frantumi una relazione amorosa e la finestra è la relazione stessa.
Il vetro rotto in mille pezzi è reso musicalmente con maliconici accordi di
piano, una brillante sezione di fiati che irrompe in maniera perfetta e la
struggente e ruvida voce di John McCauley, leader del gruppo nonché autore dei
testi, il più delle volte autobiografici. Scopriamo, così, che Negativity è
stato scritto nel corso di un 2012 ricco di eventi negativi per il leader della band: oltre alla rottura
amorosa dovuta ad uno stile di vita considerato eccessivo dalla sua partner,
John ha dovuto subire il trauma dell'incarcerazione di suo padre. McCauley
ha incanalato nel suo lavoro e nella sua arte tutta la sua rabbia, la sua tristezza, il suo risentimento e ne è uscita una raccolta di canzoni appassionate, sentite, mature. E' perfettamente funzionante lo strano connubio tra la vocalità tipica dell'hard rock e le atmosfere da ballata cantautorale (Just friends). Sono onnipresenti gli
accenti blues (Trash, Thyme), ma in molti brani si scorgono
anche quelle atmosfere country che rappresentano la vera essenza della band. In
quanto a vocazione country è degno di nota il brano In our time, che ospita una bella prestazione vocale di Vanessa Carlton. E anche quando le atmosfere sono rabbiose e decisamente rock (Pot of gold) la rabbia non è mai grezza ma è sempre trasformata in qualcosa di artistico, impreziosita da arrangiamenti
ricercati. Anche la sezione di fiati è un valore aggiunto che conferisce al
sound dei Deer tick quell'atmosfera da classica big band statunitense, di
quelle che accompagnano i cantanti swing. E quando tutto si ammorbidisce nella
ballata finale, Big house, sembra di
ascoltare un vecchio disco anni '70 di Graham Nash. L'ascolto di questo nuovo
album dei Deer tick non può lasciare indifferenti. E' un album suonato da
artisti veri: una specie di eredi di quella musica skiffle degli anni sessanta
che raccontava storie di vita autentiche ricche di malessere che trasformato in
musica diventava bellezza. Marco Maresca
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