Dopo cinque anni di silenzio (Studentessi è del 2008), intervallati da una raccolta dei vecchi successi rivisitati in versione orchestrale (Gattini), una serie infinita di collaborazioni tra tv e radio (X-Factor ne è il massimo esempio), gli Elio e le storie tese prima tirano fuori la chicca sanremese La canzone mononota e poi arrivano con un nuovo album. Un disco dal titolo evidentemente citazionista e divertente: L’album biango.
Nato semplicemente «perché è l’unico che ci faceva ridere», gli Elii scelgono un nome per forse quello che è il loro lavoro in studio più ambizioso di sempre, ma che conferma per l’ennesima volta la loro classe immensa e cristallina. Suonato divinamente in compagnia di un’orchestra molto ricorrente, il sestetto milanese è sicuramente meno demenziale rispetto ad un tempo, ma anche qui non mancano le risate. Gli intermezzi tra una canzone e l’altra non possono fare altro che mettere il sorriso, con lo humour che giunge al culmine nell’intro de Il ritmo della sala prove, in cui si risentono i quattro adolescenti milanesi che facevano "C’hai figu?” nel loro album d’esordio.
Qualcosina degli albori è rimasto, come si può sentire in Enlarge your penis, Lampo e Il tutor di Nerone, ma è evidente come Stefano Belisari & co. si siano evoluti artisticamente nel tempo. Lo swing orchestrale di Dannati forever è un inno corale sarcastico contro l’Italia filo-cattolica (e filo-Berlusconiana): “Ma sono troppi i peccati mortali che ho collezionato / Fatto adulterio, mentito, rubato, / Continuamente pisello toccato / Fin dall’età di sei anni ero già condannato”. C’è la revival in Amore amorissimo, scritta inizialmente per Fiorello (che a fine della canzone chiede di fare causa perché “loro non devono permettersi di cantare le canzoni che canto io!”); c’è l’omaggio progressive agli Area Come gli Area che vede la partecipazione di tutti i componenti superstiti della mitica ex formazione di Demetrio Stratos; c’è pure Eugenio Finardi che ci mette la voce nella fintamente sindacalista A piazza San Giovanni.
C’è molto da ascoltare nel “white album” eliiano, in cui si assiste al solito calderone di suoni e a costanti cambi di ritmo che sono soprattutto figli di Frank Zappa. Ma c’è altro: Elio & co. sono più pacati, più fini rispetto al passato, eppure riescono ancora a stupire con il loro inconfondibile umorismo. La loro genialità sta sempre nel fatto di non cercare mai soluzioni banali, anche se qualche volta l’easy listening non fa mai male (Il ritmo della sala prove). Ne è la dimostrazione il singolo che conclude l’album Complesso del primo maggio (scelta coraggiosa e per nulla mainstream!): in 4’ citazioni ultra-dichiarate dei 99 Posse, di Van De Sfroos, dei Linea 77, di Bregovic per concludere con un campionamento di We will rock you dei Queen. Il tutto con estrema nonchalance!
L’album biango è il disco più maturo di Elio e le storie tese in quasi trent’anni di attività, addirittura sorprendente se pensiamo che gli ultimi lavori non avevano convinto fino in fondo. Non è un capolavoro e Italyan Rum Casusu Cikti resta inarrivabile, ma da un quindicennio a questa parte è il loro prodotto più riuscito. Marco Pagliari
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