6 maggio 2013

Bastille, ovvero la carta di Emi per far piacere il rock ai profani


Pompeii è una canzone che nel giro di pochi mesi è diventata una hit di portata mondiale e ha contribuito a mettere sulla bocca di tanti gli sconosciuti Bastille. Chi sono costoro? Si tratta di un quartetto londinese in attività dal 2010 che, per loro fortuna (e probabilmente anche per loro bravura), sono stati messi sotto contratto dalla EMI nell’anno successivo. Dopo una sfilza di singoli pubblicati, tra cui la famigerata Pompeii, a marzo è uscito l’album di debutto Bad blood. E partiamo da questo: finalmente qualcosa di un minimo accattivante in uno scenario di stallo totale!
Va detto che non inventano nulla di nuovo: i synth e i ritmi sono quelli dell’EuroPop anni ’80 e dei Depeche Mode, la ricerca continua all’orecchiabilità rimanda ai Coldplay e i cori sono un po’ figli dei Queen. Ma tutto sommato, il risultato è assolutamente piacevole. La title track, Weight of living e Flaws sono ottimi punti di partenza per colpire pubblico e critica, con un sound sintetico costruito su tastiere ipnotiche e melodie di impatto.
Oltre a Pompeii si segnala per pathos Laura Palmer, altro gioiello indie-dance-pop che si presterebbe bene allo scenario mainstream. Qualcuno potrà obiettare “sì, ma sono un po’ troppo commerciali”. Sicuramente con i synth che abbondano e con la tendenza a cercare ossessivamente il “coro da stadio” i quattro inglesi non possono essere definiti una band “alternativa”, però bisogna ammettere che sono molto abili nel racchiudere gran parte della scena british degli ultimi vent’anni in quindici canzoni da circa quattro minuti ciascuna.
Dalla Coldplay-iana Things we lost in the fire, alla tribale These Streets, passando per il pianoforte dominante in Daniel in the den e Overjoyed, ecco esempi del mix imposto in “Bad Blood”. Grazie a potenziali hit come anche il nuovo singolo alla Kasabian Laughter lines, il nome dei Bastille sembra già destinato a far chiaccherare molto di sè, sia nel bene che nel male.
Sarebbe interessante valutarli anche in versione live, visto che queste canzoni sembrano fatte apposta per essere cantate da un vasto pubblico. E soprattutto sarà curioso capire quanta strada faranno questi ragazzi: diventeranno una band di riferimento o dopo questa prima brillante prova diventeranno meteore? Nel frattempo ci sentiamo di alzare il pollice in su per Bad blood, il resto si vedrà più avanti... Marco Pagliari 

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