Dalle parti
tra il milanese e il comasco da un po’ di tempo un trio indie-rock sta facendo
parlare di sè e, dopo aver raccolto applausi nei loro concerti locali, ora
cercano di farsi conoscere anche in altri lidi. Per questo i Labradors (Filippo Colombo, voce e chitarra, Fabrizio Fusi al basso e Filippo
Riccardi alla batteria) hanno partorito Growing Back, il loro primo album a
distanza dell’ep Roger Corman, uscito due anni fa.
Per chi ha potuto assistere ai loro live si sarà potuto
rendere conto dell’energia che ci mettono i tre ragazzi brianzoli: canzoni
dirette e trascinanti, eppur sempre di appeal e destinate a fare centro. A
partire dall’iniziale Punch, botta rock che ricorda i My Chemical Romance e
gli ultimi Ministri. C’è il rockabilly che contiene anche un po’ di Blur
(Astrology), le ritmiche Strokes (Sundance) e la indie dei migliori Franz
Ferdinand e dei primi Bloc Party (Can’t go back e Teenage sister).
Ma a parte manifestare tutto il loro stile che riprende
gran parte della indie più conosciuta degli ultimi vent’anni, i Labradors
cercano soluzioni non così banali come la ballata distorta Be my Camille in
cui si distende un falsetto alla Flaming Lips. Quindi i nostri non sono abili
solo nel costruire canzoni piacevoli e di primo impatto, ma danno la sensazione
di essere una band dalle grandi potenzialità in fase di scrittura.
Growing Back di sicuro è un buonissimo esordio e
potrà contare sui favori di critica e pubblico. Con un genere come quello di un
indie pop punk godibile come quello dei Labradors difficilmente si resta
annoiati o comunque indifferenti. L’unica pecca che si può evidenziare è che il
loro sound non dice nulla di nuovo, però va detto che data la loro giovane età
c’è tutto il tempo per maturare. Quindi ribadiamo che come inizio non c’è male! Marco Pagliari
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