6 marzo 2013

Sintomi di gioia: superata l'aurea funerea, momenti di grande suggestione

Ho lasciato decantare questo disco per molte settimane, questa mattina è tornato in tutta la sua prepotente forza comunicativa.
Quando lo ascoltai per la prima volta (a ottobre) ero in bilico tra bollare i Sintomi di gioia come una band lagnosa proveniente della provincia piemontese: loro sono di Alessandria, ma vi assicuro che Novara, come Cuneo, Biella o Asti ha il proprio "alfiere" del preso male...
Invece il loro disco omonimo, il secondo lavoro dopo un esordio raffinato (Segnalibro del 2008) ma forse un po' troppo sperimentale, ha una marcia in più del garbo e della poetica testuale con il quale si presenta ad un primo ascolto.
Le canzoni si ripropongono, riaffiorano, come la disarmante Di Blu che racconta il rimpianto per una giovinezza fatta di tanti piccoli gesti che non torneranno più.
Ad arricchire le trame del disco c'è anche Umberto Giardini che per Di blu, Pieno d’oro e Canzone per T (dedicata a Marco Travaglio) si è prestato anche a suonare la batteria.
I testi, nell'intero lavoro, restano in bilico fra privato ed un'impietosa analisi della società attuale. Il suono è invece costruito per percorrere strade nuove, lontane dalle mode, ma coerenti con una cifra stilistica che nel loro piccolo i Sintomi di gioia hanno costruito nel tempo.
Per concludere la recensione di questo disco che mi sento sinceramente di consigliare, vorrei citare un episodio che mi è successo la scorsa settimana quando ho proposto una canzone dei sdg in una playlist prima di un concerto di Giuliano Dottori: uno dei dj che al termine della serata avrebbe proposto quella musica che tutti ballano sorseggiando birra da 3,50 euro, si è avvicinato canticchiando una canzone della prima Carmen Consoli, scimmiottando il testo dei sdg. Se questo non è fare centro, quantomeno potrebbe essere il presagio di una luminosa carriera. Roberto Conti

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