Barbarica (Immaginifica
/ Self distribuzione) è il terzo lavoro in studio del Museo Rosenbach in
quarant'anni. Il loro primo disco, Zarathustra,
del 1973, è ad oggi considerato dalla critica specializzata uno dei più
influenti album di progressive rock a livello mondiale. Peccato che dopo il '73
la band sia sparita dalle scene per molti anni. I motivi possiamo solo
ipotizzarli: Zarathustra citava
Nietzsche, auspicava un ritorno ad un mondo antico ed incontaminato (tema caro
alla destra, chissà poi perché), e sulla copertina dell'album c'era Mussolini.
Inutile fornire spiegazioni, vista la situazione socio-politica dell'epoca. Il
Museo Rosenbach è stato fatto sparire in fretta e furia. Il batterista
Giancarlo Golzi si ricicla nei Matia bazar. Gli altri membri del gruppo fanno
perdere le proprie tracce. Con l'avvento del digitale, nei primi anni '90
vengono riesumate registrazioni inedite, all'epoca passate sotto silenzio, e grazie
ad internet il Museo Rosenbach viene riscoperto (soprattutto all'estero). Nel
2000 c'è un ritorno un po' in sordina, con Exit,
e con una formazione che si discosta dall'originale. Nel 2012 c'è il ritorno
vero e proprio, con Zarathustra live in
studio, e nel 2013 Barbarica.
Genere musicale: il progressive rock di matrice sinfonica degli esordi,
aggiornato e reso più aggressivo, ma sempre caratterizzato dalla scrittura
anticonformista del controverso tastierista Alberto Moreno, dalla voce
graffiante ed urlata di Stefano "Lupo" Galifi, e dalla solida e
raffinata trama di batteria di Giancarlo Golzi. E con alcuni giovani innesti
che spostano il baricentro musicale più verso le chitarre che sulla tastiera.
Contenuti: né più né meno che quelli degli esordi. Uno scenario apocalittico in
cui il pianeta è vittima della sua stessa barbarie e, mentre da una parte la
Terra continua a fornire amorevolmente i propri frutti, gli esseri umani se li
contendono attraverso guerre sempre più cruente, seguendo un'evoluzione che
spinge verso la barbarie e la crudeltà tipica di una civiltà primitiva, anziché
evoluta come dovrebbe essere. Lo scenario è descritto nella complessa suite iniziale
Il respiro del pianeta, che dura un
quarto d'ora e costituisce nel suo insieme una mini-opera sinfonica. Il brano
iniziale è il più riuscito dell'album e ha una consistenza invidiabile. Gli altri
quattro brani, tutti sui sette minuti, a volte si perdono un po'. La coda del diavolo è un brano che si
divide nettamente in due parti: la prima è un elogio alla passività e alla pace
che si ottiene mediante l'accettazione, la seconda narra invece la tensione
attiva che porta alla guerra e alla distruzione. Ma la spaccatura (evidenziata
anche da una profonda linea rossa nel libretto) è troppo netta e destabilizza
un po'. Con Abbandonati (che inizia
con una parte in inglese che rende globale il contesto ma che forse era
evitabile) i toni virano progressivamente verso il romanzo epico. La violenza
della guerra e la sua ripercussione sulla civiltà vengono descritte in Fiore di vendetta, e nella finale Il re del circo rimangono solo le
macerie. Il pessimismo cosmico di Nietzsche, sapientemente interiorizzato dall'ottimo
Alberto Moreno, si esprime in un messaggio di dolore e devastazione da parte di
una civiltà che non ha saputo accogliere i preziosi doni elargiti gratuitamente
dalla Terra.
Barbarica è un'ottima
testimonianza da parte di chi, dopo quarant'anni di attività, ha ancora un
messaggio da portare. Un messaggio di dolore e di speranza, di evoluzione e di
ritorno all'antico, e che stavolta non vuole farsi rinchiudere all'interno di
alcuna collocazione politica (anche perché difficilmente qualche vero esponente
dell'attuale destra dilagante riuscirebbe a concepire un album dall'analisi
sociale e culturale così approfondita).
Intervista e recensione di Marco Maresca
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Il 2013 è stato un anno fondamentale per gli appassionati
del rock progressivo italiano: è uscito Barbarica,
album con cui il Museo Rosenbach, mostro sacro degli anni '70, ha sancito
prepotentemente il proprio ritorno sulle scene con formazione e contenuti che
segnano una continuità con gli esordi di Zarathustra.
Continuità che non c'era nell'album Exit,
del 2000, che differiva per stile musicale e per l'assenza dello storico
cantante Stefano "Lupo" Galifi. Nel 2012 l'ottimo Zarathustra live in studio lasciava
presagire le potenzialità per una seconda vita artistica del Museo Rosenbach. E
infatti Barbarica ha stupito
positivamente. Abbiamo avuto il piacere e la fortuna di dialogare con una band
che per alcuni è mitologica e questo è quello che ci siamo detti.
Prima di parlare di Barbarica,
è necessaria una breve introduzione. Gli appassionati concordano
nell'indicare Zarathustra come
uno dei massimi vertici del genere progressive rock. Anche l'autorevole
sito internet Prog Archives cita il Museo Rosenbach e l'album Zarathustra come fondamentali. In
un mondo in cui il 99% della musica passa inosservato o viene dimenticato,
siete consapevoli che la vostra produzione musicale, per quanto di
nicchia, rimarrà praticamente scolpita nella pietra? Come ci si sente ad
aver fatto qualcosa che vi sopravvivrà?
Fa piacere!
Anche la più piccola pietra fa parte della piramide. Siamo anche un po’ stupiti
nel vedere il Museo inserito in elenchi nei quali ci sono gruppi come Pink Floyd,
King Crimson, Genesis, Yes ecc. Quando eravamo in cantina a sezionare le opere
di questi maestri per assimilarne il sound, non abbiamo mai considerato
possibile un simile risultato.
Parliamo del presente: Barbarica.
Un concept album come non se ne vedevano da tempo, con una scrittura molto
solida. Si ha come l'idea che il materiale fosse già pronto da tempo. E'
davvero così?
Un album ha
una gestazione di 3 o 4 anni; non avendo contratti discografici da onorare i
tempi si dilatano e il materiale subisce numerose trasformazioni. A volte certe
songs spariscono e altre appaiono necessarie alla realizzazione del progetto.
L’elemento che porta ad una chiarificazione è il concept: ciò che si vuole
dire, il messaggio centrale di tutto il lavoro. Nel caso di Barbarica il Museo voleva rappresentare
due temi ben precisi: la guerra e le condizioni ambientali del nostro pianeta,
considerati entrambi due problemi essenziali alla sopravvivenza dell’uomo. La coda del diavolo è stata scritta nel
2002 ma ha subito innumerevoli adattamenti; abbiamo risuonato Abbandonati e Il re del circo, due brani del nostro album Exit del 2000, perché i loro testi sviluppavano perfettamente il
discorso che volevamo fare; abbiamo rifatto Fiore
di vendetta, che è del 2003, per la stessa ragione. Il respiro del pianeta invece è più recente: è stato costruito
sostanzialmente da tutta la band nell’attuale formazione; è un brano che dal
punto di vista compositivo, può essere considerato corale.
Il nuovo disco si distingue per sonorità estremamente moderne, per
quanto i rimandi agli anni '70 siano comunque chiari. E' evidente quindi
l'attenzione nei confronti dei suoni del presente. Quali artisti hanno
arricchito il vostro bagaglio musicale in questi ultimi tempi?
Per rispondere
in modo enigmatico si può dire che ascoltiamo tutto e niente. Ciascuno di noi
ha il proprio mondo che elabora quando propone le soluzioni musicali; Giancarlo
fa valere la sua enorme competenza nella
musica pop, Alberto insiste sul colore etnico, Lupo canta il rhythm & blues,
Max e Sandro portano il contributo di un hard rock con venature blues, Fabio
imposta il suo contributo su strutture classiche e sul rock sinfonico, Andy
inserisce il gusto di oggi, della generazione che non ha seguito direttamente
gli antichi classici ma che sente propria l’energia dei Clash, dei Green Day e
dei Muse.
I nuovi innesti Max Borelli e Sandro Libra alle chitarre, Fabio
Meggetto alle tastiere e Andy Senis al basso forniscono una notevole
solidità a Barbarica. Come avete
scelto questi musicisti? Dove li avete trovati?
L’attuale Museo
Rosenbach è nato nella cerchia delle amicizie personali. Ci conoscevamo da anni
ma ognuno era impegnato in progetti musicali diversi. Quando nacque l’idea di
registrare dal vivo tutto Zarathustra
i tre membri “storici” cercarono un chitarrista e un tastierista che dovevano
sostituire Enzo Merogno e Pierluigi “Pit” Corradi non disponibili per ragioni
professionali esterne alla musica. Si rivolsero a Fabio Meggetto e a Sandro
Libra che avevano già suonato insieme un paio di volte. Quando si accorsero della
necessità di rafforzare l’organico per rendere dal vivo il sound che avevano
creato con le sovraincisioni entrò nel gruppo Max Borelli. Moreno e Golzi poi
seguivano da tempo un giovane bassista/cantante
di grande talento: Andy Senis; Alberto decise di lasciare il ruolo del
basso a lui per completare la sezione tastiere. Doppiare le chitarre e le
tastiere ha portato a quella solidità che la critica ha rilevato.
Il tema di Barbarica
sembra essere quello di una civiltà che regredisce ad uno stadio primitivo
di barbarie, alla quale però la Terra risponde con la vitalità e l'amore
di una grande madre. E' un riferimento ai tempi in cui viviamo? C'è
possibilità di salvezza e di redenzione?
Barbarica vuole suggerire che il
progresso tecnologico, la modernità in genere, sono ottimistiche illusioni che
vengono spazzate via da una visione realistica di come l’umanità si comporta.
Risolvere i problemi con la forza bruta è primitivo, è il segno che l’istinto
di sopraffazione prevale ancora sulla ragione nonostante secoli di civiltà. Costruire
il progresso sulla distruzione dell’ambiente è pericolosamente sciocco e
gravemente egoistico, poco sensibile al futuro delle nuove generazioni.
Tematiche importanti che ovviamente, in un lavoro musicale, possono essere
soltanto indicate.
Il taglio che
abbiamo dato ai testi suggerisce un discreto ottimismo per quanto riguarda la
problematica ecologica: il pianeta è forte e vitale, in grado di assorbire i
nostri errori. La guerra invece sembra un vizio radicato nei popoli; l’odio è
ancora il male più diffuso. La salvezza ci appare ancora lontana.
Il tema del ritorno ad un mondo meno civilizzato e più naturale è
praticamente una costante della vostra produzione. Si traduce anche nelle
vostre scelte di vita? La vostra sofferenza nei confronti del cosiddetto
mondo civilizzato trova sfogo solo nella musica o qualcuno di voi ha
effettivamente orientato la propria vita in tal senso?
Non
desideriamo un mondo meno civilizzato; sarebbe un’ingenuità. Le nostre
esistenze sono perfettamente integrate nell’ambiente tecnologico; nessuno di
noi pensa di ritirarsi in una comune agricola ma tutti pensiamo con orrore ai
massacri che si ripetono quotidianamente e di cui siamo testimoni impotenti; e
tutti restiamo attoniti quando apprendiamo che un incidente nucleare stermina
la vita in una determinata zona per millenni.
Il già citato tema del ritorno al mondo degli antichi è da sempre
considerato di destra, chissà poi perché. Tanti anni fa la questione per
voi è stata ancora più complessa: è bastato riferirsi a Nietzsche ed
inserire Mussolini in copertina per essere citati come fascisti. E' così?
Vi riconoscete in qualche ideologia?
Il Museo
Rosenbach si è formato in una fase storica molto politicizzata in cui le ideologie
si confrontavano aspramente; nessuno di noi, tuttavia, ha pensato di realizzare
una musica schierata in senso reazionario o rivoluzionario. L’incidente/equivoco
che ci ha coinvolto è stato il risultato di un’ interpretazione superficiale
del nostro lavoro. Riconosciamo che la copertina del disco, così nera e con il
busto di Mussolini, si prestava ad essere etichettata “fascista”. Il
riferimento a Nietzsche, poi, che in quegli anni era considerato erroneamente
l’ideologo del nazismo, ha ulteriormente peggiorato la situazione. Ricordiamo
però che nelle note di copertina dell’album avevano indirizzato l’ascoltatore
sul modo in cui avevamo affrontato il pensiero di questo filosofo.
Come mai tanti anni di silenzio dopo Zarathustra? A parte Giancarlo Golzi, che ha avuto una
carriera di successo coi Matia Bazar, gli altri membri storici Alberto
Moreno e Stefano Galifi cosa hanno fatto quando il Museo Rosenbach non era
in attività?
Moreno è
diventato un insegnante di filosofia ma è rimasto nell’ambiente musicale
collaborando con i Matia Bazar; Galifi ha aperto un pub a Genova dove si
esibiva quasi tutte le sere in un repertorio rhythm and blues. Nessuno di noi
avrebbe immaginato di risuonare Zarathustra
on stage!
Come vi rapportate con gli altri mostri sacri del prog italiano?
Siete amici di gruppi come Le Orme, PFM e Banco? Vi vedremo sul palco con
qualcuno di loro prossimamente?
Conosciamo
personalmente Franz Di Cioccio e Francesco Di Giacomo. Come Museo abbiamo
suonato solo con la PFM partecipando alla manifestazione prog che si è svolta a
Roma nell’estate scorsa. Siamo sempre stati ammiratori del Banco e riconosciamo
nelle Orme il primo gruppo italiano che ha esplorato il sentiero del
progressive.
Ultima domanda: il vostro ritorno è "una tantum" o siete
tornati per restare?La seconda che hai detto.
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