“Sono sempre l’ultimo a saper le cose”, recita Colapesce nel
singolo apripista Maledetti italiani.
Beh, io sono l’ultimo ad aver scoperto la sua musica, visto che fino ad un paio
di settimane fa ero riuscito a non ascoltare una sola nota delle sue canzoni. Nessuna
intenzionalità, anche se ammetto un certo pregiudizio verso una scena
cantautorale indipendente che non mi ha mai conquistato: ben venga quindi lo
spunto di una recensione per passare oltre il sentito dire e provare
direttamente sulla mia pelle le sensazioni che questo Egomostro lascia.
Sembrerà paradossale visto che il buon Lorenzo Urciullo è in
giro da un tot, ma la prima critica che mi viene in mente di fare al disco è
relativa alla voce. Un sussurro continuo, ideale per i pezzi più delicati (su tutti
L’altra guancia, col suo incedere
soft basato quasi esclusivamente su arpeggi e riverberi, e soprattutto la
seguente Copperfield, ritmi soffusi a
far da base per arpeggi che riecheggiano dei Marta Sui Tubi più tranquilli, un
ottimo connubio che riesce a variare l’atmosfera esasperando la malinconia dei
ritornelli e inventadosi una comparsata d’archi all’inizio della seconda strofa
eccezionale) ma che lascia più di una perplessità quando gli arrangiamenti virano
su toni più “muscolosi”. Già la seconda traccia, Dopo il diluvio, fra strofe dal ritmo trascinante con tanto di
basso distorto e ritornelli in cui vengono fuori tastiere e synth lascia
presupporre un cantato ben più intenso di quanto non succeda: il risultato
finale non stona, soprattutto nel tranquillo outro che fa sfumare la canzone
nel finale, ma lascia l’impressione di un compitino ben fatto e nulla più dal
punto di vista vocale. E’ un’impressione che si riaffaccia qua e là nell’album
come ad esempio in Le vacanze
intelligenti, dove ad un piacevole ritmo pop dal sapore di anni 80 si
associa una prova vocale monocorde, ma va dato atto a Colapesce di riuscire
anche a dare un’intenzione diversa pur rimanendo sulla stessa sonnolenta
intonazione, ritmando piacevolmente con la propria metrica una Reale altrimenti meno interessante
nonostante l’innesto anche dei fiati.
Colpisce piacevolmente invece il lato musicale, ed il fatto
che un bel gotha di musicisti si sia mosso per dare una mano non sminuisce
certo il lavoro fatto (si può far musica di merda anche con dei fenomeni no?).
Il ritmo ipnotico di Egomostro,
l’energia sprigionata dalla già citata Dopo
il diluvio, la dicotomia fra strofe leggiadre e ritornelli dal ritmo
cadenzato e coinvolgente a base di synth pop di Mai vista...solo alcuni esempi di una varietà di stili che lascia
come unico punto di riferimento imprescindibile la voce, ma senza strafare in
arrangiamenti onanistici: la cifra stilistica non si avventura mai in territori
che non riescano a coniugarsi efficacemente con il cantato, ed anzi è quando ci
si adagia troppo su canoni pop senza particolari invenzioni che la nave
scricchiola (Sottocoperta annoia dopo
poco, Sold out si rianima nei
ritornelli ma la struttura scarna delle strofe convince davvero poco).
Un cantautore non è tale senza dei testi che rendano
giustizia alla nomea che porta, e da questo punto di vista Colapesce dimostra
sicuramente un suo stile, anche se non sempre efficace. Abbondano figure
evocative, sia per descrivere i propri sentimenti verso una donna (Reale è un profluvio di similitudini con
natura e musica, culminante nella strofa “Un eclissi nel mio letto/ la stanza è
un planetario/ forse sei l’amore al mcroscopio”, ma anche Sottocoperta si inserisce nello stesso solco) che per mettere alla
berlina vizi e difetti del nostro paese (“celebriamo il nostro viso/ brilla di
carenze/ come un Cristo senza croce” recita nella title track). E’ proprio
questa seconda anima ad essere quella meno convincente, perché in brani come Egomostro, Maledetti italiani, Brezsny
e, in misura minore, Le vacanze
intelligenti gli stereotipi utilizzati sembrano mezzi senza scopo, privi di
un approfondimento che riesca a far capire dove esattamente si voglia andare a
parare...e che ci si metta in mezzo pure lui, visto il titolo dell’album, non è
una valida difesa. Rimangono tante belle frasi, ficcanti, perché sentire “una
scelta non fa primavera” (Brezsny), “la
vita è solo una manciata di domeniche” (L’altra
guancia) o “le emozioni no, neanche Copperfield può farle sparire” (Copperfield) fa capire che l’autore sa
scegliere le parole, ma che in pochi casi riesce ad accomunare intuizioni in
serie bastanti a far entrare una canzone in testa a loop continuo, men che meno
a scatenare riflessioni approfondite su quanto sentito.
Egomostro è quindi un album che, più che sulle parole e
sulla voce, si regge su di una verve musicale assolutamente di prim’ordine, sia
nella varietà che nell’esecuzione. Colapesce, col suo modo di cantare e di
scrivere, è la costante necessaria per dare un senso di continuità a tutto il
lavoro, ma troppo spesso ciò che mi aspettavo essere il punto di forza dell’album
ne diventa invece un orpello aggiuntivo. Il cantautore eclissato dagli
strumenti, insomma: non di certo un male per chi ascolta, e val la pena
ricordare che anche dietro un buon arrangiamento, per quanto in team, c’è
comunque il lavoro di Lorenzo Urciullo. Promosso, ma non a pieni voti. Stefano Ficagna
Tracklist
1.
Entra pure
2.
Dopo il diluvio
3.
Reale
4.
Sottocoperta
5.
Egomostro
6.
Le vacanze intelligenti
7.
L’altra guancia
8.
Copperfield
9.
Brezsny
10.
Sold out
11.
Mai vista
12.
Maledetti italiani
13.
Passami il pane
14.
Vai pure
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