5 novembre 2015

Egomostro, il Colapesce che non ti aspetti

“Sono sempre l’ultimo a saper le cose”, recita Colapesce nel singolo apripista Maledetti italiani. Beh, io sono l’ultimo ad aver scoperto la sua musica, visto che fino ad un paio di settimane fa ero riuscito a non ascoltare una sola nota delle sue canzoni. Nessuna intenzionalità, anche se ammetto un certo pregiudizio verso una scena cantautorale indipendente che non mi ha mai conquistato: ben venga quindi lo spunto di una recensione per passare oltre il sentito dire e provare direttamente sulla mia pelle le sensazioni che questo Egomostro lascia.

Sembrerà paradossale visto che il buon Lorenzo Urciullo è in giro da un tot, ma la prima critica che mi viene in mente di fare al disco è relativa alla voce. Un sussurro continuo, ideale per i pezzi più delicati (su tutti L’altra guancia, col suo incedere soft basato quasi esclusivamente su arpeggi e riverberi, e soprattutto la seguente Copperfield, ritmi soffusi a far da base per arpeggi che riecheggiano dei Marta Sui Tubi più tranquilli, un ottimo connubio che riesce a variare l’atmosfera esasperando la malinconia dei ritornelli e inventadosi una comparsata d’archi all’inizio della seconda strofa eccezionale) ma che lascia più di una perplessità quando gli arrangiamenti virano su toni più “muscolosi”. Già la seconda traccia, Dopo il diluvio, fra strofe dal ritmo trascinante con tanto di basso distorto e ritornelli in cui vengono fuori tastiere e synth lascia presupporre un cantato ben più intenso di quanto non succeda: il risultato finale non stona, soprattutto nel tranquillo outro che fa sfumare la canzone nel finale, ma lascia l’impressione di un compitino ben fatto e nulla più dal punto di vista vocale. E’ un’impressione che si riaffaccia qua e là nell’album come ad esempio in Le vacanze intelligenti, dove ad un piacevole ritmo pop dal sapore di anni 80 si associa una prova vocale monocorde, ma va dato atto a Colapesce di riuscire anche a dare un’intenzione diversa pur rimanendo sulla stessa sonnolenta intonazione, ritmando piacevolmente con la propria metrica una Reale altrimenti meno interessante nonostante l’innesto anche dei fiati.
Colpisce piacevolmente invece il lato musicale, ed il fatto che un bel gotha di musicisti si sia mosso per dare una mano non sminuisce certo il lavoro fatto (si può far musica di merda anche con dei fenomeni no?). Il ritmo ipnotico di Egomostro, l’energia sprigionata dalla già citata Dopo il diluvio, la dicotomia fra strofe leggiadre e ritornelli dal ritmo cadenzato e coinvolgente a base di synth pop di Mai vista...solo alcuni esempi di una varietà di stili che lascia come unico punto di riferimento imprescindibile la voce, ma senza strafare in arrangiamenti onanistici: la cifra stilistica non si avventura mai in territori che non riescano a coniugarsi efficacemente con il cantato, ed anzi è quando ci si adagia troppo su canoni pop senza particolari invenzioni che la nave scricchiola (Sottocoperta annoia dopo poco, Sold out si rianima nei ritornelli ma la struttura scarna delle strofe convince davvero poco).
Un cantautore non è tale senza dei testi che rendano giustizia alla nomea che porta, e da questo punto di vista Colapesce dimostra sicuramente un suo stile, anche se non sempre efficace. Abbondano figure evocative, sia per descrivere i propri sentimenti verso una donna (Reale è un profluvio di similitudini con natura e musica, culminante nella strofa “Un eclissi nel mio letto/ la stanza è un planetario/ forse sei l’amore al mcroscopio”, ma anche Sottocoperta si inserisce nello stesso solco) che per mettere alla berlina vizi e difetti del nostro paese (“celebriamo il nostro viso/ brilla di carenze/ come un Cristo senza croce” recita nella title track). E’ proprio questa seconda anima ad essere quella meno convincente, perché in brani come Egomostro, Maledetti italiani, Brezsny e, in misura minore, Le vacanze intelligenti gli stereotipi utilizzati sembrano mezzi senza scopo, privi di un approfondimento che riesca a far capire dove esattamente si voglia andare a parare...e che ci si metta in mezzo pure lui, visto il titolo dell’album, non è una valida difesa. Rimangono tante belle frasi, ficcanti, perché sentire “una scelta non fa primavera” (Brezsny), “la vita è solo una manciata di domeniche” (L’altra guancia) o “le emozioni no, neanche Copperfield può farle sparire” (Copperfield) fa capire che l’autore sa scegliere le parole, ma che in pochi casi riesce ad accomunare intuizioni in serie bastanti a far entrare una canzone in testa a loop continuo, men che meno a scatenare riflessioni approfondite su quanto sentito.
Egomostro è quindi un album che, più che sulle parole e sulla voce, si regge su di una verve musicale assolutamente di prim’ordine, sia nella varietà che nell’esecuzione. Colapesce, col suo modo di cantare e di scrivere, è la costante necessaria per dare un senso di continuità a tutto il lavoro, ma troppo spesso ciò che mi aspettavo essere il punto di forza dell’album ne diventa invece un orpello aggiuntivo. Il cantautore eclissato dagli strumenti, insomma: non di certo un male per chi ascolta, e val la pena ricordare che anche dietro un buon arrangiamento, per quanto in team, c’è comunque il lavoro di Lorenzo Urciullo. Promosso, ma non a pieni voti. Stefano Ficagna

Tracklist

1.       Entra pure
2.       Dopo il diluvio
3.       Reale
4.       Sottocoperta
5.       Egomostro
6.       Le vacanze intelligenti
7.       L’altra guancia
8.       Copperfield
9.       Brezsny
10.   Sold out
11.   Mai vista
12.   Maledetti italiani
13.   Passami il pane

14.   Vai pure


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