Dal grigiore della città alla
luminosità della natura: ad un occhio, e soprattutto un orecchio, poco attento
il cambio di prospettiva che c’è stato fra il disco d’esordio (Fondamenta,
Strutture, Argini) e questo nuovo album sembrerebbe un cambio di direzione
molto netto per Gli Altri, band savonese che già aveva dato modo di intravedere
qualche svolta nei tre brani dello split condiviso con gli Uragano. In realtà
le novità ci sono, ma quella luminosità che evoca illusoriamente la cover è
mitigata dalle ombre che non per niente si palesano sia nel titolo e nella
copertina stessa, dando vita ad un gioco di prospettive che lascia una
sensazione di completezza.
E’ nei testi in particolare che
Prati, Ombre, Monoliti lascia intravedere un’interessante dicotomia. Non
abbandonando l’energia che scaturiva dal precedente disco in essi scava alla
ricerca di una speranza che nasce dalla sua assenza, mostrando una voglia di
lottare e vivere che è più forte di qualunque ostacolo ci si possa trovare davanti.
E’ un peccato, da questo punto di vista, che un mix che tende a lasciare le
voci più indietro rispetto agli strumenti non dia la possibilità di godere
appieno di queste parole, piene di personalità se non proprio d’originalità,
perché ciò che aveva reso un gran disco il precedente album era proprio questo
riuscire a coniugare perfettamente la potenza della musica e l’intensità del
messaggio: paradossalmente ci si avvicina più alla scena emocore odierna con
questo tipo di scelta, proprio mentre le voci però remano in direzione opposta
e si fanno ancora più hardcore, risvegliando in me ricordi dell’inarrivabile
Ivan degli Skruigners.
Anche la musica cambia, e bastano
pezzi come Unai e la parte centrale
dell’iniziale Prati a mostrare come
all’interno di un contesto musicale sempre potente ed incisivo possano
convivere arpeggi più leggeri, quasi alla At The Drive-In del primo periodo. L’atmosfera
cupa del precedente disco qui è mitigata, e sebbene alcuni degli episodi migliori
rimangano legati ad esplosioni sonore che non lesinano sulle distorsioni all’interno
degli stessi brani convivono momenti
strumentali che aprono ad emozioni diverse: è il caso di Oltre la collina, che alterna efficacemente tensione e momenti
strumentali più ariosi, ma anche di Nuovo
e diverso da te, dove la sfuriata che arriva poco prima di metà brano si
coniuga perfettamente ad un momento di “relax” apparente in cui il violino,
sempre efficace anche quando si fa solo percepire (ascoltare la parte finale di
Unai, in cui arriva a dare manforte
anche la voce di Federica degli Affranti, od il modo in cui si sposa
naturalmente con la carica incessante del pezzo più breve del disco, Ripenseremo), unisce melodiosamente
tutti gli strumenti e porta ad un nuovo climax da cui emergono urlanti all’unisono
le voci, vero motore in questo caso di un finale che si dimostra energico senza
dover abusare di distorsioni.
C’è spazio nel lotto anche per un
brano strumentale (Un’isola, che non
riesce però a raccogliere la pesante eredità di un brano come l’incredibile Istanbul del precedente album), ma al di
là di questo stupisce la capacità di variare il tiro all’interno dei brani
stessi mantenendo sempre una coesione invidiabile, come accade in brani più
lunghi come Oltre la collina ma anche
nelle sfuriate più immediate come Idomeni:
tornando al paragone con gli Skruigners evocato in precedenza è come se Gli
Altri, in una maniera molto meno violenta e più dilatata, avessero fatto tesoro
del percorso artistico della band lombarda riuscendo a far convergere in una
durata più compressa lo stesso numero di idee. E’ soprattutto questo che fa di
Prati, Ombre, Monoliti un album riuscito ed una vera evoluzione: si distacca
dal passato in quanto a forma, mantenendo inalterata però la potenza che, con
caratteristiche diverse, rendeva unico anche il precedente disco, tanto che a
fine ascolto a voler fare paragoni si finisce ad optare per un pareggio ai
punti…ma che grande incontro!
Gli Altri sfornano un disco
decisamente meritevole, evolvendo il proprio suono in una direzione che sembra
lo sbocco naturale di quanto espresso con il primo album e con lo split
seguente, confermandosi una band da tenere d’occhio: peccato si godano meno del
passato i testi, vi toccherà comprare il disco per poterli leggere
approfonditamente invece di limitarvi a scaricare il disco…perché Prati, Ombre,
Monoliti è in free download, ve l’avevo detto? Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Prati
2. Unai
3. Ripenseremo
4. Un'isola
5. Oltre la collina
6. Ombre
7. Nuovo e diverso da te
8. Ventre
9. Idomeni
10. Monoliti
Intervista a Gli Altri
Andrea (chitarra e voce), Gabriele (chitarra e voce), Manuel (violino), Andrea (basso) e Lorenzo (batteria) raccontano la genesi del nuovo disco Prati, Ombre, Monoliti prima della trasferta monzese all'FOA Boccaccio.
Sia la copertina che il titolo del nuovo disco rimandano ad un
immaginario meno cupo rispetto al precedente Fondamenta, Strutture, Argini: com’è nato Prati, Ombre, Monoliti?
Con lo split con gli Uragano c’è
stato come un passaggio di transizione per quanto riguarda le sonorità, anche
se è difficile descriverlo come una cosa consapevole visto che ogni brano è
frutto dei cambiamenti che ci sono stati in noi stessi e che per forza di cose si
ripercuotono sulla musica…diciamo che questo nuovo disco è lo specchio di una
fase delle nostre singole vite che va a formare un magma diverso rispetto a
quanto fatto in precedenza. Scrivendo pezzi molto spontaneamente, aggiungendo
ognuno qualcosa a quella che è l’idea iniziale, l’unità e l’organicità del
disco siamo riusciti a valutarla solo a lavori finiti, e lì abbiamo potuto
tirare le fila di quanto fatto.
Ci siamo occupati delle
registrazioni noi assieme a Giulio, il cantante dei 5MDR che è l’altra band di
Andrea e Gabriele, mantenendo il tutto più pulito rispetto al passato per far
emergere bene ogni singolo elemento, ma a conti fatti la potenza è rimasta
inalterata e si sente meno di quanto pensavamo inizialmente quella sensazione
di leggerezza che avevamo ascoltando le prime registrazioni in sala prove.
Diciamo che prima avevamo un muro
di suono più compatto e “nichilista” se vogliamo, con questo disco abbiamo
pezzi ancora più strutturati e creativi. Il fatto di associarli ad un titolo od
una cover è però una cosa che come detto è stata fatta a posteriori, con il
master in mano, quando abbiamo potuto osservare bene quanto avevamo fatto e
valutare quale sensazione globale ci lasciava.
Mi incuriosiscono molto anche i testi, visto che vi si può leggere sia
la disillusione di una probabile sconfitta che la speranza in un domani
migliore: prendendo a prestito le parole iniziali di Ombre quali sono i muri da abbattere che evocate nel brano?
I testi li scrive principalmente
Gabriele, anche se Andrea ha scritto qualcosa anche lui per questo disco. Nei
testi non c’è una vena negativa in realtà, anche se può essere interpretata in
maniera ambivalente. I muri da abbattere rientrano in qualsiasi ambito, sono
infiniti, sono l’immagine di quella tensione continua verso la decostruzione
dei dogmi imposti dalla società nella quale siamo cresciuti, volevamo con
questa frase rappresentare la continua ricerca di ognuno di noi e la messa in
critica dell’esistente come esercizio mentale.
La mancanza di speranza è presente
nei testi, ma va presa non come qualcosa che demoralizzi ma che anzi ti spinga
avanti sempre e comunque, forse proprio per la sua assenza. Non porta a
chiudersi in sé stessi, bensì a fare il primo passo verso il futuro.
E’ molto particolare nella vostra formazione la presenza del violino.
Era un’idea che avevate dal principio o un’aggiunta frutto di opportunità?
Suonavamo già insieme prima che
arrivasse Manuel, avendo amici in comune abbiamo provato a fare qualcosa
assieme e visto che ci trovavamo bene abbiamo deciso di continuare. E’ stata
una scelta dovuta all’amicizia più che alla necessità di inserire un elemento
particolare, anche perché nei pezzi cerchiamo di fare in modo che come ogni
altro strumento sia funzionale al risultato finale piuttosto che un qualcosa di
bizzarro da mettere in mostra.
Avete partecipato assieme ad altri musicisti liguri ad un progetto
molto particolare, ovvero il disco L’Inverno
Della Civetta. Cosa potete dirmi di questa esperienza?
E’ un progetto nato all’interno
della scena genovese che gravita attorno al Greenfog, lo studio di
registrazione dove abbiamo realizzato il nuovo disco e che ha anche una sua
etichetta. Noi ci siamo inseriti con altri amici della zona di Savona tramite
l’etichetta Taxi Driver che collaborava al progetto, ed è stato Andrea, il
nostro bassista, a prendere parte concretamente alla cosa. Ne è venuto fuori un
brano, Chewbacca On Surf, che è stato
quasi un’improvvisazione: c’era l’idea di base del pezzo, di un altro ragazzo
savonese, ma è stato provato solo un paio di volte e quando si è andati in
studio, complice il fatto che essendo la sala di registrazione dell’etichetta
che produceva c’era la possibilità di avere tempi più tranquilli, si è discusso
più approfonditamente e “giocato” un po’ con le varie parti. E’ stato
divertente prendervi parte e ne è venuto fuori un disco molto valido, è stato
stimolante soprattutto questa idea di mischiare i componenti dei vari gruppi in
quanto è un bel modo per agevolare il contatto fra le persone: alla fine il
pezzo è nato fra amici e sarebbe stato ancora più bello collaborare con membri
di band che non conoscevamo della scena genovese, ma anche così è stato un
qualcosa che può ricordare progetti come In The Fishtank, Ep realizzati da
un’etichetta olandese dove prendevano un paio di band già affermate come Sonic
Youth e The Ex e gli davano un dato tempo per creare brani partendo dal nulla.
Speriamo si rifaccia qualcosa del genere in futuro!
Avete realizzato uno split con gli Uragano, e nei live girate spesso
con band della vostra zona o con cui avete stretto un buon rapporto: quanto è
importante per voi questo tipo di condivisione della musica?
Di split speriamo di farne il più
possibile, perché è anche un modo per trovarsi fisicamente e di concretizzare
un legame, abbiamo tenuto da parte un brano dalle registrazioni del disco
proprio per un’occasione del genere e speriamo di poterlo utilizzare in tal
senso al più presto. La nostra scena gravita attorno al Rude Club di Savona dove
quest’anno abbiamo realizzato un festival che è stato un po’ la summa delle sonorità
hardcore in Liguria, ed a cui hanno partecipato tutte le band di amici che si
vedono normalmente ai concerti. L’abbiamo chiamato Ponente Prepotente Vs
Levante Arrogante, il nome più tamarro ed autoreferenziale che potevamo
trovare, e lo rifaremo anche a febbraio: abbiamo già tredici gruppi confermati
ed è una cosa molto bella perché siamo aumentati rispetto alla scorsa edizione,
e sono tutte band nuove che vengono un po’ da ogni parte della regione mentre
l’anno scorso è stata più una cosa intra nos, con membri che suonavano anche in
due-tre gruppi diversi.
Fermento ce n’è molto e bisogna
fare di tutto per tenerlo vivo, anche lo split con gli Uragano alla fine è nato
dall’aver condiviso alcune date. Quando ci siamo formati a Savona c’erano
pochissime espressioni musicali e perlopiù estemporanee, adesso per fortuna per
essere una piccola provincia è diventata molto ricca dal punto di vista
culturale e musicale.
Il vostro disco è stato coprodotto da trentotto etichette diverse, come
siete arrivati ad un simile risultato?
Abbiamo sempre fatto così, anche
il nostro primo ep era prodotto da tre etichette diverse di cui due,
Dreamingorilla e Taxi Driver, sono sempre rimaste al nostro fianco. Affinato il
metodo cerchiamo ad ogni disco di passare i premix a più etichette possibili,
dando la possibilità a più gente di avere così delle copie dell’album una volta
finito. Abbiamo composto dei pacchetti con cd e vinili e ognuno decideva quante
copie gli interessavano e facevamo il prezzo di conseguenza, ed in questo modo
siamo riusciti a coprire il prezzo delle stampe senza dover tirare fuori soldi
di tasca nostra, oltre al fatto che siamo così riusciti ad arrivare a stampare
500 vinili mandandone 300 in giro per l’Italia e per il mondo in generale. E’
stato anche abbastanza strano perché alcune delle etichette con cui abbiamo
collaborato sono realtà che già conosciamo personalmente, mentre in altri casi
sono realtà sparse per il mondo che conosciamo solamente via mail e che hanno
deciso di finanziarci basandosi solamente sul fatto che la nostra musica gli è
piaciuta e fidandosi del fatto che, una volta avute le copie fisiche, gliene
avremmo mandate tante quante ne avevano ordinate…e stanno arrivando in questi
giorni agli ultimi. Alla fine è come se fosse una raccolta alla Musicraiser, ma
senza doversi appoggiare ad una piattaforma esterna, molto più in amicizia e
meno fredda.
Fra le etichette che hanno coprodotto l’album ce n’è anche una molto
legata a voi direttamente: cosa potete dirmi riguardo a Burning Bungalow?
Burning Bungalow è una realtà
costruita attorno all’altra band di Andrea e Gabriele, i 5MDR, ed al gruppo di
amici che vi ruota attorno. L’idea è nata per espandere ciò che già faceva il
Rude Club di Savona, lo spazio attorno al quale gravitiamo ed in cui
organizziamo cose, che coproduceva delle band comprando dischi e tenendoli poi
da rivendere o anche solo regalare per far girare il nome di questi gruppi:
questa iniziativa era però un po’ fine a sé stessa, e facendoci un po’
d’esperienza girando e portando in giro questa distro ci siamo accorti che
sarebbe stato meglio spendere le energie in qualcosa di più concreto. Abbiamo
così cambiato il nome, visto che il precedente Rude Records era lo stesso di
una etichetta punk rock tedesca piuttosto grande, e cambiato il tipo di
approccio, realizzando che visto che ci siamo sempre occupati personalmente
delle registrazioni poteva essere più bello coinvolgere fisicamente le band con
cui ci piace lavorare piuttosto che limitarci a coprodurre sentendoci tramite
internet ma con un rapporto per forza di cose meno stretto. Vogliamo far uscire
album realizzati fisicamente da noi, stringere un legame intimo con le band
stando in studio assieme: Giulio, il cantante dei 5MDR, fa il fonico, io lo
aiuto e fra tutti portiamo avanti la distro, si tratta in fondo di far
conoscere alla gente musica nuova di valore mettendoci la faccia.
Il disco de Gli Altri è stata la
prima uscita e a ruota uscirà il disco degli Affranti che è ormai pronto,
speriamo di trovare più band possibili che vogliano fare questo percorso
insieme a noi, sia umanamente che fisicamente. E’ un progetto molto fresco,
nato ad agosto, ora abbiamo anche un sito (www.burningbungalow.com) ed abbiamo
bisogno di band perché diventi una scommessa vincente.
Vista la distribuzione che ha avuto anche in Europa e non solo il
vostro disco pensate ci siano possibilità di organizzare un tour oltre confine?
Essere vicini al confine ci dà
modo di dialogare molto con la Francia, ed a maggio c’è una specie di
“tradizione” per la quale facciamo un
weekend a suonare in Costa Azzurra, che per noi è più vicina rispetto a Milano:
abbiamo conosciuto negli ultimi anni i ragazzi di un’etichetta francese che si
chiama Bus Stop Press e tramite loro siamo riusciti ad entrare in contatto con
realtà di Nizza prima e Marsiglia poi con cui riusciamo pian piano a spostarci
sempre più a ovest, conoscendo anche band come i Grand Detour o gli Yarostan, quest’ultimo un nuovo progetto di musicisti che già conoscevamo e
che dovremmo riuscire a portare anche in Italia in primavera. Quando eravamo
ragazzini non si sentiva mai di un interscambio del genere fra gruppi francesi
ed italiani, non vogliamo dire che abbiamo aperto una strada ma è bello poter
realizzare cose del genere, avevamo anche in progetto di creare uno split fra
due band italiane e due francesi ma purtroppo la cosa non si è
concretizzata…vedremo per il futuro.
Con i 5MDR siamo già andati in
Svizzera e Germania, ci sono dei canali aperti in tal senso e si tratta più di
riuscire ad organizzarci noi come tempistiche in modo da avere almeno cinque
giorni consecutivi per suonare il più possibile. Se ne riparlerà probabilmente
in estate, è una cosa da pianificare con molto anticipo.
Nessun commento:
Posta un commento