La libertà è
un lusso concesso a pochi, lo sa bene Umberto Maria Giardini che torna con
Futuro proximo, ennesimo ottimo disco di una carriera illuminata dal buon gusto
e mai ammiccante verso mode o scorciatoie.
In questo
lavoro, ancora per Tempesta dischi, Giardini dismette gli abiti austeri e un
po’ marziali di Protestantesima, scegliendo uno stile musicalmente vario e
certamente più immediato.
E’ un disco
bipolare, umorale, ricolmo di paura e consapevolezza, ma anche capace di
improvvisi e ampi squarci di sereno. Ascoltate Grazia plena e mi direte quanto
può essere affascinante una luna quasi sempre nera (e piena di citazioni).
Un po’ a
sorpresa ci sono canzoni molto pop: Onda e A volte… sono brani radiofonici,
veloci ed evocativi, vicini agli Smiths, persino vagamente ballabili, nel caso
di Onda.
Poi c’è Mea
Culpa, la nuova Suprema: un testo empatico accompagnato da un piano
morbidissimo e da archi magistrali che cresce di intensità, cullando
l’ascoltatore alla fine del disco e lasciando il desiderio di ascoltare
all’infinito.
La prima
traccia, Avanguardia, è invece un brano meno immediato, musicalmente l’episodio
più riuscito, marziale, austero, un po’ alla Radiohead, con un testo folgorante
e nero che parla un po’ di passato, ma che è anche un deciso invito a guardare
avanti.
Sulla stessa lunghezza d’onda Alba boreale, il primo singolo, in cui Giardini si interroga su come saranno uomini e donne di domani, incapaci di mangiare maiale ma profondamente influenzati dalla Coca Cola e dall’Islam. Nel finale -di pura psichedelia- la band, ancora formata dagli ottimi Marco Marzo Maracas, Michele Zanni e Giulio Martinelli, si diverte non poco.
Sulla stessa lunghezza d’onda Alba boreale, il primo singolo, in cui Giardini si interroga su come saranno uomini e donne di domani, incapaci di mangiare maiale ma profondamente influenzati dalla Coca Cola e dall’Islam. Nel finale -di pura psichedelia- la band, ancora formata dagli ottimi Marco Marzo Maracas, Michele Zanni e Giulio Martinelli, si diverte non poco.
Dimenticare
il tempo ha la caratura di un singolo, nel finale ha il potere di far vedere
tutto azzurro, rende le facce sorridenti. Anche qui, mi direte se sbaglio?!
Nel disco si
colgono i consueti marchi di fabbrica: tra psichedelia, brani strumentali (Ieri
nel futuro proximo riprende il godurioso disco prog Pineda) e un lessico inesorabilmente
metaforico, UMG, con la sua musica, rende il futuro certamente più
luminoso del presente, soprattutto oggi, con Rolling Stone che decreta il disco
di Cosmo come il migliore del 2016. Roberto Conti
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