Haley
Bonar, biondina girovaga proveniente dagli Stati Uniti, affermatasi partendo
dal country e pian piano arrivata a mischiarci dentro di tutto un po'. 5 album
prima di questo Last war, ed io non ne avevo mai sentito parlare. Sono
la persona giusta per giudicare questi 9 pezzi? Non lo so, ma ci provo.
Di
cosa è stato sporcato il sound di Haley in questa occasione lo si capisce in
fretta, subito dopo il pop orecchiabile ma senza altri particolari meriti della
traccia d'apertura Kill the fun. E' infatti da No sensitive man
che i suoni e le atmosfere virano verso lidi vicini al Post-punk ed allo (alla?
Che sesso ha un genere musicale?) shoegaze, alternando brani energici come il
suddetto ad altri più lisergici e tranquilli. Alla prima categoria si può
sicuramente ascrivere Woke up in my future, trascinata da un basso che
molla il chorus delle strofe per farsi fuzzato e grintoso nei ritornelli, il
tutto accompagnato synth e feedback che aiutano a rendere la situazione ancora
più interessante.
La bandiera della seconda anima del disco viene invece tenuta
alta dalla title track, lenta ed avvolgente rincorsa verso un climax che non
avviene, una tensione continua che non cade nella trappola della ripetitività
grazie alla capacità di giocare coi suoni in sottofondo che accompagnano un
giro di basso ed un arpeggio di chitarra di grande impatto nella loro
semplicità: il gioco riesce meno bene a From a cage e Can't believe
our luck, ma la durata relativamente scarsa dei due brani aiuta a non far
pesare la ripetitività sonora più di tanto. A fare da trait d'union fra questi
spunti musicali arriva Heaven's made for two, con la sua partenza lenta
fra morbidi riverberi e rumorismi di sottofondo che spingono a tenere la
guardia alzata...non abbastanza per evitare di rimanere stupiti quando la
batteria parte con un ritmo punk sempre più frenetico che gli altri strumenti
non vedono l'ora di seguire, chitarra ultrariverberata in testa: il risultato è
fantastico.
Se
fra i restanti brani Bad reputation riprende la vena pop piacevole ma
poco incisiva della opening track è a Eat for free che tocca il compito
di chiudere con un'altra sorpresa il disco: ballata acustica per chitarra e
voce, la canzone è una degna conclusione che mette in risalto un elemento, la
voce della stessa Haley, che funziona egregiamente per tutto il disco ma che
solo qui dimostra di poter reggere il peso dei brani da sola. E per nostra
fortuna la ragazza è evidentemente troppo intelligente per accontentarsi di far
sfoggio delle sue sole abilità canore.
Cosa
facesse prima di questo Last war Haley Bonar non lo so, e non sono
ancora andato a recuperare qualcosa qua e là per farmene un'idea: la cosa
sicura è che non serve per poter apprezzare le curatissime ed intense atmosfere
che riesce a creare con questi nove brani, non tutti di grandissimo livello ma
con alcune perle che vanno assolutamente ascoltate. Chapeau! Stefano Ficagna
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