15 settembre 2014

Last war è il sesto disco di Haley Bonar, da ascoltare

Haley Bonar, biondina girovaga proveniente dagli Stati Uniti, affermatasi partendo dal country e pian piano arrivata a mischiarci dentro di tutto un po'. 5 album prima di questo Last war, ed io non ne avevo mai sentito parlare. Sono la persona giusta per giudicare questi 9 pezzi? Non lo so, ma ci provo.
Di cosa è stato sporcato il sound di Haley in questa occasione lo si capisce in fretta, subito dopo il pop orecchiabile ma senza altri particolari meriti della traccia d'apertura Kill the fun. E' infatti da No sensitive man che i suoni e le atmosfere virano verso lidi vicini al Post-punk ed allo (alla? Che sesso ha un genere musicale?) shoegaze, alternando brani energici come il suddetto ad altri più lisergici e tranquilli. Alla prima categoria si può sicuramente ascrivere Woke up in my future, trascinata da un basso che molla il chorus delle strofe per farsi fuzzato e grintoso nei ritornelli, il tutto accompagnato synth e feedback che aiutano a rendere la situazione ancora più interessante.
La bandiera della seconda anima del disco viene invece tenuta alta dalla title track, lenta ed avvolgente rincorsa verso un climax che non avviene, una tensione continua che non cade nella trappola della ripetitività grazie alla capacità di giocare coi suoni in sottofondo che accompagnano un giro di basso ed un arpeggio di chitarra di grande impatto nella loro semplicità: il gioco riesce meno bene a From a cage e Can't believe our luck, ma la durata relativamente scarsa dei due brani aiuta a non far pesare la ripetitività sonora più di tanto. A fare da trait d'union fra questi spunti musicali arriva Heaven's made for two, con la sua partenza lenta fra morbidi riverberi e rumorismi di sottofondo che spingono a tenere la guardia alzata...non abbastanza per evitare di rimanere stupiti quando la batteria parte con un ritmo punk sempre più frenetico che gli altri strumenti non vedono l'ora di seguire, chitarra ultrariverberata in testa: il risultato è fantastico.
Se fra i restanti brani Bad reputation riprende la vena pop piacevole ma poco incisiva della opening track è a Eat for free che tocca il compito di chiudere con un'altra sorpresa il disco: ballata acustica per chitarra e voce, la canzone è una degna conclusione che mette in risalto un elemento, la voce della stessa Haley, che funziona egregiamente per tutto il disco ma che solo qui dimostra di poter reggere il peso dei brani da sola. E per nostra fortuna la ragazza è evidentemente troppo intelligente per accontentarsi di far sfoggio delle sue sole abilità canore.

Cosa facesse prima di questo Last war Haley Bonar non lo so, e non sono ancora andato a recuperare qualcosa qua e là per farmene un'idea: la cosa sicura è che non serve per poter apprezzare le curatissime ed intense atmosfere che riesce a creare con questi nove brani, non tutti di grandissimo livello ma con alcune perle che vanno assolutamente ascoltate. Chapeau! Stefano Ficagna

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