18 settembre 2014

Carlot-ta: il blasone del produttore non è tutto per un buon disco

Non partiamo molto bene, il nome non mi piace. Potrebbe essere innovativo, potrebbe essere spiazzante, potrebbe essere un buon inizio, ma non lo è. Carlot-ta, cantautrice vercellese giunta al secondo lavoro su disco, suona una buona dozzina di canzoni civettuole e troppo “voglio ma non posso”. Utili per delle pubblicità,  troppo poco pop per essere pop e troppo poco indie per colpire i sensi di chi le ascolta. 
Il disco, intitolato Songs of mountain stream (che cosa significhi non lo so ma va bene lo stesso), esce per la neonata etichetta Brumaio Sounds che purtroppo ha un sito web sul quale le informazioni su artisti prodotti, dischi e contatti non si riescono a reperire in modo indolore. Non sono pratico di siti e compagnia bella, ma almeno riuscire a capire di cosa si tratti penso sia una prerogativa fondamentale, no? 
I testi sono in inglese e la voce, certamente solida e incisiva, è accompagnata principalmente da pianoforte e svariati stratagemmi che, coralmente, creano un interessante alone di fiabesco intorno ad ogni singolo brano. L’autrice suona e canta davvero bene, considerando il fatto che curi lei stessa ogni aspetto di ciò che viene prodotto. L’elaborazione è ottima e l’insieme è sicuramente sufficiente ma a lungo andare, ascoltando tutto il disco, ci si annoia. E tanto. Il risultato finale è un album ridondante, insipido e scialbo; che sicuramente non riflette i meriti degli intenti espressi nel realizzarlo. Non credo che una produzione da parte di Rob Ellis, già al lavoro peraltro con  PJ Harvey,  possa far sì che automaticamente un disco diventi fondamentale, anzi. Personalmente ci vedo poca buona volontà per quanto riguarda l’innovazione e troppi ammiccamenti a Yann Tiersen e a tutto ciò che rientra nel grande calderone delle colonne sonore azzeccate. C’è tutto un mondo da scoprire, là fuori. Andrea Vecchio

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