Anchorage, la capitale dell’Alaska, è gemellata con Tromso, in Norvegia. Per forza, non si potrebbe concepire un gemellaggio con Ibiza o Taormina, vi immaginereste le discrepanze e la differenza di vedute? Alaska è il titolo dell’ultimo lavoro dei Fast Animals and Slow Kids, in uscita per Woodworm come il precedente Hybris e che dello stato statunitense riflette il raccoglimento e la tenacia. Sì perché è prima di tutto indiscutibilmente registrato alla perfezione, grazie ad Andrea Marmorini (già con La Quiete) e Jacopo Gigliotti di Anubi Produzioni. Ma soprattutto perché è un bel disco, nulla di più e nulla di meno. Un disco di quelli che, ammettiamolo, ascolti sempre e soprattutto ascolti perché vuoi ascoltarlo.
Un disco che parte piano piano, con Ouverture, per poi immergersi nei flutti scombussolanti e fischianti de Il mare davanti . Le canzoni sono violente e dirette, flussi di coscienza e spunti di riflessioni come quelli che troviamo nel singolo Come reagire al presente, vero e proprio inno generazionale ma anche canzone pazzesca in sé. Il suono è quello che ormai è diventato il biglietto da visita di un genere che a tutti gli effetti è diventato un marchio “Made in Italy”: cori, chitarre a centomila, altre chitarre a centomila, pochi flashback e ritornelli di cemento. Mani in alto insomma, chissà chi se ne è già accorto. Simbiosi e indulgenza con Coperta, “mi sentirò importante anche se per te son morto” e non penso ci sia da aggiungere altro. Te lo prometto si trascina con allitterazioni e colpi di metronomo che nemmeno Paul Scholes ai tempi della Champions nel ’98; mentre Calci in faccia è il punto più alto dell’intero album. “Non avrò più paura, datemi l’ennesimo calcio in faccia che da un occhio ci vedo ancora. E non ho intenzione di chiuderlo da solo”, il tutto tra ribaltoni sonori ed esultanze inutili e a caso. “S” sibilline in Odio suonare e vicissitudini tra la vita e la morte nell’outro di Grand final. E si è passa anche tra le armoniche ed il pianoforte de Il vincente, se proprio non dobbiamo farci mancare nulla. Alaska è un disco completo come ce ne sono stati pochi e pochi ce ne saranno: mai autoreferenziale, mai sinottico e rivelatore in tutto sé stesso. Uno di quei dischi che vuoi ascoltare tutto e subito, uno di quei dischi dai quali scegli le canzoni da ascoltare quando vai al lavoro. Non a caso Perugia, città d’origine dei FASK, è gemellata, tra le altre, con Seattle. E ha solo sessantamila abitanti in meno di Anchorage. Ho infine notato che i quattro perugini seguono il calcio giocato: rimanendo in tema, dunque, forza Ternana! Andrea Vecchio
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