Ammetto di aver sempre sottovalutato i Massimo Volume. Sapevo che era il gruppo di Emidio Clementi ed Umberto Palazzo perché avevo da poco (si parla della prima metà dei ’90) iniziato a seguire i Santo Niente (anche loro da poco usciti con un disco Mare tranquillitatis che a sua volta ritrae due ragazze abbracciate in copertina), ma riguardo alla band post-qualsiasicosa di Bologna non mi sono mai informato in modo veramente assiduo. Conosco il loro impegno, o per lo meno quello manifestato nella Bologna di più di vent’anni fa, ma all’epoca preferivo i CSI di un non ancora convertito Ferretti. Mi trovo così a recensire il loro ultimissimo disco, fresco fresco per La Tempesta, cominciando a bazzicare in malo modo le sonorità di ogni album e, lo ammetto, ne esco soddisfatto. Aspettando i Barbari non lo definirei “disco”: è infatti più propriamente un libro audio formato da dieci capitoli, incisivi e a sprazzi geniali. Come l’inizio, per esempio, le cui sonorità sono scandite da Dio delle zecche, pezzo generazionale ma per nulla scontato. Sintetizzatori e poesia si intrecciano senza mai annoiare, sicuramente un’innovazione nel panorama italiano più “gettonato”, ben congeniata dalla band che ormai dagli anni del ritorno sulle scene si è "stabilizzata" sulla formazione composta da Mimì Clementi, Egle Sommacal, Stefano Pilia e Vittoria Burattini.
Il periodo di Jack Frusciante che esce dal gruppo e della Bologna di Brizzi e Zanasi è ben lontano, per fortuna. La fase che mi aspettavo più decisiva, Aspettando i Barbari, è invece forse quella più complementare e gregaria, anche se le intriganti atmosfere buzzatiane pervadono l’ascolto senza darci un attimo di tregua. Ecco allora Il nemico avanza, il brano più schietto e materiale del lavoro della band emilana nel quale Clementi rievoca le parole di Mao Tse Tsung. Compound traccia il solco tra “post” italiano e caparbia minimale: mi sembrano i Neurosis di A Sun that never sets e non scherzo. L'album è pervaso da piacevoli citazioni evidenti già dalla scelta di aprire il disco con una poesia di Danilo Dolci, fino alla copertina, un quadro di Ryan Mendoza, artista nato a New York che vive e lavora tra Berlino e Napoli.
Aspettando i Barbari non è un album concettuale per puri appassionati, bensì una piacevole riscoperta e, sicuramente, una chiara presa di posizione musicale ed attitudinale. Non è certamente facile capirlo appieno, ma dopo tutto meglio così. Da ascoltare. Andrea Vecchio
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