Il Fauno, l’ultimo disco dei bergamaschi Le Capre a sonagli, è un ottimo disco. Senza stare troppo a girarci intorno, è un disco
completo e a mio parere veramente innovativo. Non dà punti di riferimento ma non
scade nel mero saziare le voglie dell’ascoltatore tritando le sonorità in
maniera superficiale. Dai, diciamolo, è un disco sperimentale. L’ho detto? Innanzitutto trasuda cultura: blues? Folk? Elettronica?
Non lo so ma tutto ciò mi diverte. Quattordici brani (che non è
poco per un genere come il loro) che trasudano impegno, che solcano il tempo
come un aratro nella terra dopo un inverno rigido, che spaziano senza mai, però,
dilagare o esagerare.
Canzone manifesto? Sicuramente, a mio parere, Demonietto all'organetto: astratta, introduttiva ed
esacerbante. Anche perché le successive Serpente nello stivale e Giù
risultano maligne e aspre, al limite della malinconia. Chitarre acustiche,
tamburelli, voci mefistofeliche e pochi altri accorgimenti per colpire nel
segno. La parte finale di Giù, tra le altre cose, ricorda apertamente i
Jesus lizard più cupi ed introspettivi. Pausa pranzo
sarebbe un brano strumentale se non fosse per la breve e parlata esegesi
“dalla padella alla brace” che ne rappresenta la chiusura, mentre lo ammetto,
Anatra mi annoia, forse perché risulta troppo costruita e poco orginale
nel mix di suoni che va a proporci. Bobby solo: volete davvero che ve la
descriva? Balere, il termine “Lei” come lo si cantava in quegli
anni e uno stacco di chitarra blues tra la prima e la seconda (ed ultima) parte
del brano che dà ritmo, vigore e suspense. Joe è un brano totalmente strumentale e post punk al punto giusto, mentre l’outro del
disco, incarnato da Goo porcaputtana è la degna chiusura dell’album, un
ensemble di rumori ed effetti che trascinano, accarezzano e mortificano.
Il Fauno è appena uscito per Appropolipo Records, e si
presenta come una narrazione esoterica e visionaria di ricordi,
esperienze e dialoghi al limite del calpestabile. Un disco veramente
interessante per come venga proposto, ma soprattutto per cosa
proponga. E questo è un merito tutt’altro che sottovalutabile. Andrea Vecchio
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