27 agosto 2014

Il nuovo dei The rust and the fury è mutevole e curato

Fa specie che ad aprire questo disco sia una canzone intitolata esattamente come il disco d'esordio della band, May the sun hit your eyes
Fa specie anche che ascolti gli 11 brani che compongono questo See the colours through the rain durante l'estate più piovosa che ricordi, e a tal proposito sarebbe bello prendere il titolo dell'opening track come un augurio... 
Ma non sono certo questi i particolari che hanno attirato la mia attenzione mentre ascoltavo il nuovo disco dei The rust and the fury, bensì la cura con cui sono riusciti a realizzare le canzoni di un album davvero notevole.
In realtà l'inizio mi aveva lasciato abbastanza freddo, con sonorità dal vago retrogusto brit ben assemblate ma senza quell'originalità che andavo cercando.  La sensazione, però, è già cambiata con il secondo brano, Amanda, ben più scatenato e capace di mostrare in pochi minuti le notevoli capacità di cambiare pelle della band, vero punto di forza del disco. Innanzitutto la voce: in Amanda si palesa quella della tastierista Francesca Lisetto che dà il cambio a quella di Daniele Rotella (voce principale e chitarra), ma anche di ritmo e stile sono mutevolissimi.
Di varietà se ne ritrova un bel po' vagando per i brani di See the colours through the rain: in Feed your belly appaiono somiglianze marcate con gli Sparta dell'ex At The Drive-In Jim Ward, in The seconds in between (ed in I seem con risultati meno soddisfacenti) la band si lancia senza remore verso il folk contemporaneo, uscendo vincente da una parentesi che non si può accantonare come semplice tentativo di cavalcare l'onda modaiola che resiste attorno al genere, la conclusiva Tomorrow's Rain si evolve efficacemente da un intro minimalistico e perlopiù elettronico verso un finale emozionante e potente dove il semplice assolo di chitarra assume un grande valore grazie alla cura nei suoni che contraddistingue tutto l'album. Notevole anche il modo con cui riescono a trasformare in corso d'opera un brano come Green, raffinato ma poco coinvolgente fino a metà, quando un improvviso cambio di ritmo gli conferisce tutta un'altra anima e permette a Francesca di mettere in mostra capacità vocali ancor più interessanti.
Non è tutto da elogiare però il lavoro di questi cinque umbri, e stranamente uno dei brani più deboli risulta proprio quello scelto come singolo dalla band: Me here si fossilizza su un rock banalotto incapace di sorprendere, tranne forse nel momento in cui abbandonano momentaneamente (anche se non in maniera inaspettata) il binomio strofa-ritornello per lasciare spazio ad un semplice ma efficace intreccio fra chitarre. 
Non convincono appieno neanche la grinta in odor di Foo Fighters di Lived e lo sviluppo di Coming home to stay, che col suo inizio acustico introspettivo aveva le potenzialità per svilupparsi in qualcosa di più di una ballad, sì particolare, ma non certo originale.
See the colours through the rain colpisce per varietà e cura dei suoni e, sebbene perda per strada ogni tanto l'ispirazione, dimostra anche una capacità di scrittura e di consapevolezza dei propri mezzi di prim'ordine. 
Fondamentalmente i The rust and the fury non inventano niente di nuovo, ma utilizzano le armi a disposizione in maniera lodevole riuscendo a piazzare anche nei brani meno efficaci qualcosa che attrae l'attenzione, sia esso un suono particolare o una soluzione ritmica diversa da quanto già provato in precedenza. Sono solo al secondo album, ma di strada almeno musicalmente ne hanno già fatta parecchia. Stefano Ficagna

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