Fa specie che ad aprire
questo disco sia una canzone intitolata esattamente come il disco
d'esordio della band, May the sun hit your eyes.
Fa specie anche che ascolti gli 11 brani che compongono questo See
the colours through the rain durante
l'estate più piovosa che ricordi, e a tal proposito sarebbe bello
prendere il titolo dell'opening track come un augurio...
Ma non sono certo questi i
particolari che hanno attirato la mia attenzione
mentre ascoltavo il nuovo disco dei The rust and the fury, bensì la
cura con cui sono riusciti a realizzare le canzoni di un album davvero notevole.
In
realtà l'inizio mi aveva lasciato abbastanza freddo, con sonorità
dal vago retrogusto brit ben assemblate ma senza quell'originalità
che andavo cercando. La sensazione, però, è già cambiata con il secondo brano, Amanda,
ben più scatenato e capace di mostrare in pochi minuti le notevoli
capacità di cambiare pelle della band, vero punto di forza del disco. Innanzitutto la voce: in Amanda si palesa quella della
tastierista Francesca Lisetto che dà il cambio a quella di Daniele
Rotella (voce principale e chitarra), ma anche di ritmo e stile sono mutevolissimi.
Di varietà se ne ritrova un bel po' vagando per i brani di See
the colours through the rain:
in Feed your
belly
appaiono somiglianze marcate con gli Sparta dell'ex At The Drive-In
Jim Ward, in The
seconds in between
(ed in I seem
con risultati meno soddisfacenti) la band si lancia senza remore
verso il folk contemporaneo, uscendo vincente da una parentesi che
non si può accantonare come semplice tentativo di cavalcare l'onda
modaiola che resiste attorno al genere, la conclusiva Tomorrow's
Rain si
evolve efficacemente da un intro minimalistico e perlopiù
elettronico verso un finale emozionante e potente dove il semplice
assolo di chitarra assume un grande valore grazie alla cura nei suoni
che contraddistingue tutto l'album. Notevole anche il modo con cui
riescono a trasformare in corso d'opera un brano come Green,
raffinato
ma poco coinvolgente fino a metà, quando un improvviso cambio di
ritmo gli conferisce tutta un'altra anima e permette a Francesca di
mettere in mostra capacità vocali ancor più interessanti.
Non
è tutto da elogiare però il lavoro di questi cinque umbri, e stranamente
uno dei brani più deboli risulta proprio quello scelto come singolo
dalla band: Me
here
si fossilizza su un rock banalotto incapace di sorprendere, tranne
forse nel momento in cui abbandonano momentaneamente (anche se non in
maniera inaspettata) il binomio strofa-ritornello per lasciare spazio
ad un semplice ma efficace intreccio fra chitarre.
Non convincono
appieno neanche la grinta in odor di Foo Fighters di Lived
e
lo sviluppo di Coming
home to stay,
che col suo inizio acustico introspettivo aveva le potenzialità per
svilupparsi in qualcosa di più di una ballad, sì particolare, ma non
certo originale.
See
the colours through the rain
colpisce per varietà e cura dei suoni e, sebbene perda per strada
ogni tanto l'ispirazione, dimostra anche una capacità di scrittura e
di consapevolezza dei propri mezzi di prim'ordine.
Fondamentalmente i
The rust and the fury non inventano niente di nuovo, ma utilizzano le
armi a disposizione in maniera lodevole riuscendo a piazzare anche
nei brani meno efficaci qualcosa che attrae l'attenzione, sia esso
un suono particolare o una soluzione ritmica diversa da quanto già
provato in precedenza. Sono solo al secondo album, ma di strada
almeno musicalmente ne hanno già fatta parecchia. Stefano Ficagna
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