Federico Fiumani che omaggia il bel canto e le belle canzoni
dei tempi che furono. Uno scherzo? No, nelle intenzioni dell'artista e
sorprendentemente anche nel risultato. "Se nel '77 non ci fosse stato il
punk avrei provato a fare canzoni come queste, ma siccome c'è stato, vi dovete
accontentare di un cantautore punk", dice lui. Un ricordo che vale dieci lire, nato su Musicraiser grazie ai
sostenitori, è un album lontano dalle logiche discografiche. Il leader dei
Diaframma ha inaspettatamente compiuto non uno ma undici passi al di là della
propria zona di comfort, non con il rischio ma con la totale certezza di
ricevere feroci critiche, eppure il suo disco di cover splende contro ogni
pronostico.
Fiumani di questo disco è interprete canoro. Di quasi tutto
il resto si occupa Alessandro Grazian (che già si fece le ossa su Tenco), il
quale chiama i collaboratori e amici Giambattista Tornielli (violoncello),
Nicola Manzan (violino) e Antonio "Cuper" Cupertino (percussioni e
cori), e crea orchestrazioni minimali che richiamano i tratti distintivi dei
tessuti sonori dei brani originali. Tutto è strutturato in modo da mantenere
sempre in primo piano la voce. Laddove nell'originale ci siano code strumentali
o barocchismi da studio di registrazione (un esempio su tutti: ...E penso a te di Battisti) questi vengono
ridotti ai minimi termini, accorciati, troncati. Gran parte delle canzoni
risulta quindi di lunghezza inferiore all'originale (sebbene la durata dei
classici italiani sia già limitata di per sé, come si sa). L'importante sono le
parole. I poetici ed ancora attuali testi del cantautorato classico vengono
presi in prestito dal leader dei Diaframma, che della violenza interpretativa
ha fatto il proprio tratto distintivo. Eppure l'accostamento funziona. Si parte
da Souvenir di De Gregori, che in
poco più di due minuti riesce a dare l'idea di cosa si andrà ad ascoltare. La
parte strumentale è minimale ma curata, mentre la voce scandisce ogni singola
parola del De Gregori più ispirato. Si prosegue con Quando ero soldato, originariamente interpretata (ma non scritta)
da Lucio Dalla, nella quale Fiumani scalpita e a tratti urla, rendendo evidente
il messaggio di rifiuto dell'omologazione. Lontano
lontano, eterna ballata di Luigi Tenco, è un contrasto allucinato,
surreale, tra la finezza dell'arrangiamento e il cantato sguaiato, stonato, ma
pur sempre appassionato del nuovo interprete. Non si scherza più. Donna di fiume, di per sé una delle più
belle canzoni italiane di sempre, ad opera di Claudio Lolli, è reinterpretata
in un modo che (sembra assurdo dirlo, ma è vero) la fa splendere ancora più
dell'originale. Fiumani e Grazian hanno lavorato bene: c'è un bel tentativo di
orchestrazione che suggerisce, nell'introduzione, l'emotività dell'originale,
dopodiché la parte musicale diventa minimale e lascia parlare la voce. Fiumani
canta Donna di fiume come se fosse la
storia della sua vita e del suo rapporto con le donne, con un'intensità
interpretativa che fa perdonare qualsiasi carenza nell'uso della voce.
Lacrimuccia assicurata per chiunque abbia un briciolo di cuore. Lo scapolo di Paolo Conte parla di chi
vive da eterno amante. Il cantante mostra di saper cogliere il messaggio, anche
qui con particolare attenzione all'espressività delle parole nel cantato. ...E penso a te viene tolta di tutti gli
orpelli grazie ai quali Battisti sopperiva alle carenze vocali. Due cantanti
imperfetti a confronto, con il compito di Fiumani reso più difficile dal
sottofondo musicale portato ai limiti del minimale. Renzo Zenobi, autore mai
abbastanza ricordato (benché tuttora in vita ed in attività), viene
simpaticamente omaggiato in Danze,
erre moscia compresa (geniale!). Io che
amo solo te di Sergio Endrigo è quanto di più lontano dalle canzoni dei
Diaframma. Ci si commuove ancora, quindi, quando il cantante tira fuori una
sensibilità mai nemmeno ipotizzata. Ne salta fuori la seconda perla del disco,
dopo Donna di fiume (insuperabile).
Strana, invece, la scelta di Mai di
Giuni Russo, anche un po' zoppa melodicamente e ritmicamente, ma comunque
apprezzabile per l'intento. In Incontro
di Guccini, Fiumani sceglie di esaltare le parole senza porre attenzione sulla
erre moscia dell'originale, optando quindi per una soluzione diversa da quella
utilizzata per Zenobi. Si chiude con Un
giorno credi di Bennato, che sul finale viene trattata come una canzone dei
Diaframma, con Fiumani che lascia esplodere la voce, esaltando il leggendario
crescendo dell'originale. Mai ci saremmo aspettati di tessere le lodi di
un'operazione discografica del genere. In un'epoca in cui i dischi vanno e
vengono, speriamo che di questo omaggio ai classici rimanga per lo meno il
ricordo della cover di Donna di fiume.
Basterebbe. A Fiumani e Grazian vanno i vivissimi complimenti per come è stata
gestita a livello interpretativo e musicale tutta l'operazione. Marco Maresca
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