Sono uno che arriva spesso in
ritardo sulle cose, altre volte in anticipo, ma raramente puntuale: così,
mentre la maggior parte dei siti segnalava Fuoricampo dei Thegiornalisti
come uno degli album dell'anno, io mi ero limitato ad un ascolto veloce e
disattento che, in tutta onestà, non mi aveva convinto. Fortuna vuole che mi
sia stata data l'opportunità di concedere più tempo all'ascolto di questi 10
brani, e dopo avergli dato il giusto spazio nell'incasinato tetris del mio
tempo libero mi sono ritrovato ad ammettere che c'è molto di più nella musica
dei Thegiornalisti rispetto a quanto avessi colto al primo impatto.
Ciò che emerge subito, ed è
un'impressione che non scompare col tempo, è il debito sonoro con gli anni '80:
patinati come una commedia italiana di quegli anni, i Thegiornalisti si
distinguono da questo paragone non esattamente lusinghiero (almeno per il
sottoscritto, anche se bisognerebbe fare dei distinguo nel genere) per una cura
negli arrangiamenti che emerge nonostante la semplicità dei brani (ascoltare il
drumming di Proteggi questo tuo ragazzo ad esempio) e per un'ottima
prova vocale di Tommaso, che in più di un punto ricorda Dalla (e scopro,
guardandomi intorno on the net, che non sono l'unico ad aver avuto questa
impressione), soprattutto quando si mette a parlare di “tette sudate” e “mani
sul culo” in Promiscuità con una naturalezza che ricorda il Disperato
erotico stomp dello scomparso cantautore bolognese. Da questo strano miscuglio
di influenze nascono così pezzi che attendono solo di farsi cantare come
l'ariosa e poetica Per lei, l'ironica e ritmata Aspetto che, le malinconiche Mare
Balotelli e Fine dell'estate (in cui il testo non fa che acuire
questa sensazione), condita quest'ultima da tastiere quasi barocche, e la
progressione ripetitiva della trascinante Insonnia, probabilmente il
brano migliore del lotto con la sua atmosfera particolare ed incisiva. C'è
anche però qualche difetto qua e là, e se alcuni dei brani più tranquilli
stentano a decollare (in particolare l'eterea L'importanza del cielo) è
più una certa ripetitività dei testi che fa storcere il naso: in brani come la
conclusiva Socializzare e la già citata Aspetto che il difetto
viene mitigato da un'atmosfera sonora che coinvolge, più difficile non
stancarsi all'ascolto di una Balla che nei ritornelli perde di mordente
e nelle strofe esaspera il difetto appena evidenziato.
Fuoricampo è un disco che
convince man mano che si va avanti con l'ascolto, di quelli che ci si ritrova
velocemente a canticchiare sotto la doccia. Non tutto funziona, e a volte sono
i testi meno incisivi a stamparsi nel cervello, ma non si può non dare merito
alla band romana di aver creato una bolla temporale tipicamente anni 80 che non
sembra così anacronistica anche trapiantata nella scena musicale di trent'anni
dopo: non certo uno degli album migliori del 2014 per il sottoscritto, ma un
buon ascolto personale per questo inizio di 2015. Stefano Ficagna
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