Carmen Consoli si è seduta, la sua penna e le sue forme si sono ammorbidite con la maternità.
Ma questo infondo non è un male e L'abitudine di tornare ci regala una cantantessa meno inquieta, più incline alle ballate e meno graffiante in quell'attitudine rock che finora l'aveva sempre caratterizzata.
Le dieci canzoni sono ricche di contenuto, storie ben raccontate un poco cerchiobottiste, ma questo è un dettaglio che noteranno forse solo i palati più raffinati.
Un esempio: Ottobre, splendida storia d'amore tra due ragazze, arrivata puntuale come i pensionati alla Posta. La fan base gradisce e applaude.
La signora del quinto piano racconta la storia di un femminicidio, ma lo fa con astuzia e ritmo. Pollice su. Nel disco ci sono tante canzoni che sembrano raccontare e riprendere i titoli dei giornali, ci sono tante "scarpette rosse", tanti racconti veristi efficaci e nemmeno troppo ammiccanti.
Nel disco c'è anche speranza, Questa piccola magia dedicata al figlioletto Carlo Giuseppe ne è un esempio godibile.
Musicalmente il disco è vivace con episodi più riusciti E forse un giorno accanto ad altri che ripropongono pari pari i "giri" consoliani, vedi Sintonia imperfetta.
A parte la discutibile e criticata scelta del singolo di lancio, L'abitudine di tornare è un ritorno tanto atteso quanto riuscito. Prudentemente accantonata l'inclinazione al folk, Carmen dalla sua seggiola canta un pop meraviglioso e raffinato. Quando l'attesa è elevata sbagliare il colpo è facilissimo, la Consoli ha centrato il bersaglio molto meglio di altri illustri colleghi (Donà e Verdena, per citare esempi diversi ma ugualmente fuori fuoco). Ne siamo felici. Bentornata Carmen. Roberto Conti
Nessun commento:
Posta un commento