Tra i dischi più piacevoli di questo 2013 che more, ecco Finisterre dei cuneesi Lou Tapage. Si stratta del loro quinto album, il primo però in cui la band si apre all'uso della lingua italiana e cerca di andare oltre e trascendere la tradizione occitana di cui è figlia. Il nuovo lavoro arriva dopo i tre dischi di inediti Lou Tapage (Videoradio, 2005) Rève etérne (Folkest Dischi, 2007) e Que vos lej far (Folkest Dischi, 2009) ed una interessantissima rivisitazione in lingua occitana dell'album Storia di un impiegato di Fabrizio De Andrè nel 2010. Finisterre è un album da fine viaggio, quel particolare momento in cui ti volti indietro e fai una sorta di riepilogo, bilanciando luci, ombre, alti e bassi, e tramutando ogni piccola esperienza in un racconto. In dodici tracce si affronta la tematica del viaggio in alcuni dei suoi nodi più importanti. La lingua cambia di brano in brano, a volte all'interno dello stesso pezzo, scelta ogni volta in base al contesto, alla musica, al concetto da esprimere. Come si intersecano occitano, francese e italiano, così si contaminano i generi della musica popolare - nata da flauti di pastori o cornamuse da guerra - con le influenze più moderne. Così ogni brano è anche una danza, racconta una storia, propone vie nuove o ribatte quelle conosciute: a fine viaggio ci si ferma per riprendere il fiato, si elaborano le storie raccolte e – anche se sembra di essere ormai ad un capolinea, alla fine delle terre conosciute – si aggiustano le scarpe, si cambiano le corde agli strumenti e si riparte.
Il disco si colloca in un filone noto, quello del folk (se serve dare una connotazione danzereccia meglio chiamarlo combat-folk) ricco di strumenti tradizionali come cornamuse, fisarmoniche, violini, flauti, mandolini, bouzuki e capace di disegnare scorci pittoreschi e carichi di magia. Proprio questa ben marcata connotazione stilistica rappresenta il punto di forza del disco, dal quale difficilmente un ascoltatore potrà restare sorpreso, ma sicuramente ben impressionato.
Tra i brani più riusciti Marsiglia una sghemba storia d'amore cantata in occitano, Libertà con un flauto ritmato che le dà una marcia in più e Finisterre un brano dove nessuno canta e dove dominano le cornamuse. Perchè a volte le parole non servono. Roberto Conti
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