Inizia troppo “Lost in Translation” questo Cascata, ultimo lavoro del cantautore aretino Alessandro Fiori in uscita per Viceversa Records. Lo dico perché da quando è uscito quel film è nata la moda, da parte di artisti più o meno famosi, di soffondere allo stremo i suoni e le atmosfere di moltissimi dischi indie rock da essi prodotti . Nel caso di Cascata, per fortuna, l’impressione è fugace. Il disco finisce infatti per essere una composizione armoniosa, dolce ed originale: nove brani di moderno cantautorato che strizzano gli occhi a tutto ciò che di gentile ed innovativo ci ha proposto la scena italiana sul genere negli ultimi anni, senza tralasciare idee più commerciali e mainstream. Un misterioso caso, per esempio. Lui rientra in casa e parla della cagna che lo aspetta e la canzone si scrive da sola, tra autocompiacimenti e ritornelli che arrivano all’improvviso. L’ambiente domestico è alla Babalot: risibile e violento. L’egida di Cesare Basile si sente eccome.
Anche Senza sporcare parla di case e di cani, ma questa volta post- sbronza e tardassandoci con una descrizione molto ferrettiana delle azioni che il protagonista compie, ritornando e ricalcando. Accattivante.
Figurazione speciale mette in risalto le qualità vocali di Fiori. Il brano è strutturato come una ninna nanna post-atomica e surreale. Il suono del cratere centrale è un tributo agli anni ’80, non vi è dubbio. Avete presente l’inizio di Live in Pankow? Metteteci , come se non bastasse, la parte vocale femminile e si risale ben presto alla fonte d’ispirazione, non mi dilungo nemmeno a spiegarvelo.
Cascata rimane comunque un disco da ascoltare più volte, prima di trarne delle conclusioni. Un ripetuto ascolto che, però, non significa tempo perso quando tutto il resto della musica avanza irriverentemente. Anzi. Andrea Vecchio
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