Uli (alias Alice Protto) usa definirsi aliena, e noi
non possiamo che darle piena ragione. Questo suo Black And Green (Wasabi produzioni) è un concentrato di influenze correttamente dosate
e fatte proprie, ed è solo il primo album. Questo disco sarebbe oro nelle mani
di Phil Spector. Abbiamo davanti nove brani entro i quali si snocciola un
infinito panorama musicale, quello pregiato. Si sente molto chiaramente che
Alice porta dentro di sé un certo tipo di spirito, il medesimo che misero su
nastro personaggi come Connie Francis, The Crystals e Shangri-las.
Nel
susseguirsi delle tracce siamo trasportati in ambientazioni astratte, calme, una
sorta di psichedelia scandita da sottofondi di matrice surf e sixties. Riverberi
ed eco si intrecciano, avvicinandosi ed allontanandosi dall'orecchio
dell'ascoltatore creano spazi ampi e aperti dove la voce guida l'occhio che,
perdendosi, cerca di individuare la linea dell'orizzonte. Quando il timbro
diventa più incisivo ecco affiorare l'impronta di Grace Slick (Jefferson airplane) unita al calore di Nico (Velvet underground). Per quanto riguarda il
fattore strumentale i ragazzi che la accompagnano sanno accuratamente creare
sensazioni, sono parti sempre suonate con grazia e senza sbavature. Non si
sentono eccessi o virtuosismi, ogni cosa è dove deve stare per il massimo
raggiungimento della canzone. Sembra una cosa quasi scontata, ma è rara da
trovare. Se si dovesse scegliere a cosa accomunare la parte strumentale
dell'album verrebbe naturale pensare ai Fleet foxes. Questo, unito alla voce,
non fa che alzare il livello del disco stesso.
La ciliegina sulla torta sta nella chiusura con citazione di
Bill Hicks, davvero notevole scelta. Non mi è stato difficile immaginare Uli che pensa a come far
suonare i suoi brani, magari passeggiando col naso all'insù nella vecchia zona
industriale della sua Vercelli o nelle campagne appena fuori. Questo prodotto è
rimasto nella mia autoradio una settimana, i miei complimenti a tutti i
musicisti che ne fanno parte. Lorenzo Stangalini
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