Limitare la carriera di Giorgio
Ciccarelli alla sua lunga e proficua avventura negli Afterhours sarebbe
ingeneroso, oltre che vistosamente lacunoso: già prima di questa collaborazione i
suoi Sux! avevano fatto uscire quattro dischi, ed innumerevoli altri progetti
erano nati e si erano spenti prima di questa lunga parentesi (fra cui i Colour
Moves, gruppo col quale esordì e con cui ha fatto uscire a distanza di più di
vent’anni l’album A Loose End). E’ giusto quindi parlare di questo Le cose
cambiano come dell’album di Giorgio, e non de “l’album dell’ex compagno di
merende di Manuel Agnelli”, anche perché se qualche comunanza c’è bisogna pur
dire che qualcosa alla band milanese, in fase di composizione, ce l’ha aggiunto
anche lui.
E’ un disco che sembra prediligire
atmosfere calme questo esordio da solista di Ciccarelli, che pur lasciando
ampio spazio alle distorsioni anche nei momenti più tranquilli mantiene una
rotta placida e non disdegna ballad rock come la title track e, con esiti meno
intensi, le fin troppo elementari Tu sei
l’onda e Trasparente. A fianco di
questa tendenza principale vivono momenti di follia creativa come La quadratura del cerchio e Non puoi tradire un amico: violentemente
elettriche (la prima quasi industrial nella sua saturazione sonora) e
strutturalmente complesse, le due tracce in questione rappresentano una valvola
di sfogo ben accetta ma piagata, in entrambi i casi, da melodie vocali contorte
e sovrapposte che complicano il tutto oltre i limiti del necessario. Al duo si
potrebbe facilmente associare anche l’iniziale (se si esclude il breve Intro strumentale) Venga il mio regno, ma pur non lesinando le distorsioni la canzone
ha una struttura più facilmente digeribile e d’impatto, in cui la vera
particolarità è data dal coro fanciullesco che accompagna tutto il brano.
Di una carriera iniziata negli
anni 90 Giorgio fa ammenda con la chitarra terribilmente grunge di Più vicino, con la mistura tenebrosa di
chitarre elettriche ed acustiche di La
vita in generale e nella cadenzata Questo
sì che sarà un no, che ironicamente ricorda sì gli Afterhours ma quelli della
vetusta Punto G (soprattutto quando
entra la batteria) piuttosto che quelli odierni. Arrivando verso fine disco si
trovano poi un paio di chicche: La tua
prigione, che pur senza fuochi d’artificio si dimostra un brano rock
potente, ben confezionato e con un riff di chitarra ripreso spesso che entra
subito in testa, e soprattutto Amore: è
una parola, che si appoggia delicatamente sui feedback e su un cantato
recitato dalle parole particolarmente evocative. La chiusura, affidata a Non c’è risposta, riprende l’intro
ampliando le sue suggestioni ma mantenendosi leggiadra ed armoniosa.
Mi aspettavo sinceramente qualcosa
di più sperimentale e rumoroso da questa nuova parentesi della carriera di
Giorgio Ciccarelli, ma Le cose cambiano palesa invece i momenti migliori quando
il ritmo rallenta e si esce dalla voglia di strafare delle tracce più
arzigogolate o da quella, mediamente inefficace, del brano da airplay
radiofonico standard (cui sfugge in parte comunque quello che è effettivamente
stato il primo singolo del disco, l’omonima Le
cose cambiano). E’ in questa via di mezzo, fra reminescenze del passato ed
interessanti ponti per il futuro, che Giorgio mostra il meglio di sè ed una
personalità forse non marcata quanto l’inconfondibile voce ma comunque ben
delineata. Stefano Ficagna
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