28 febbraio 2016

Da Virlinzi a Protestantesima, Umberto Maria Giardini racconta come nascono le sue canzoni

Umberto Maria Giardini ha suonato a Oleggio invitato dall’associazione Free Tribe per la rassegna 'Diversi modi di narrare', un appuntamento inserito nella programmazione di “Un febbraio da non dimenticare”. Prima del concerto abbiamo fatto quattro chiacchiere in un’intervista in cui ha raccontato alcuni risvolti meno conosciuti della sua attività di musicista.

Protestantesima ha da poco vinto il premio “Best art vynil” come migliore cover dell’anno, come è nata questa copertina così particolare?
L’ha realizzata Pasquale De Sensi, un grafico e illustratore calabrese. Mi fece questa proposta che mi piacque molto. Ci siamo rincorsi per diverso tempo, fin quando mi ha mostrato questo lavoro che mi ha molto emozionato: una tigre che tiene la zampa sopra un teschio, circondata dalla luna piena su un cielo marrone. Una visione molto particolare, psichedelica come il genere musicale a cui sono più legato. Il teschio rappresenta un po’ la nostra coscienza, mentre la tigre rappresenta un animale istintivo e violento. Queste immagini credo possano dare molto bene il significato di Protestantesima.

Tra i crateri della luna c’è anche l’immagine di tuo figlio, mentre sul retro di protestantesima c’è la foto di un volo di edredoni, anatre islandesi piuttosto rare. Le tue copertine sono sempre state “particolari” – chiedo mostrando tutta la discografia di Moltehni e UMG - come le scegli?
Le copertine vengono fuori dal mio gusto personale. Ho sempre cercato di fare delle cose abbastanza originali e con un minimo di buon gusto, che non deve essere necessariamente condiviso.

Qual è il tuo metodo di lavoro quando componi una canzone?
Ho un metodo preciso, parto sempre prima dalla musica, lavorando molte ore in studio con volumi molto alti. Musicalmente sono analfabeta, tutto quello che so fare sulla chitarra lo faccio in modo visivo, lo memorizzo; ho anche sviluppato una sorta di orecchio assoluto. Quando raggiungo un giro che mi piace, lavoro poi a casa con la carta e con la penna, in maniera assolutamente tradizionale. Lì lavoro chiudendo la lirica, legando le parole con la musica. Poi quando la canzone ha una sua prima struttura lavoriamo ancora in saletta con la band al completo.

Quali sono i tuoi riferimenti più immediati, cosa ti dà ispirazione, ci sono elementi autobiografici?
Difficilmente trascrivo in musica i miei sentimenti, tutto quello che canto è come se non mi riguardasse. Osservo e poi trascrivo le cose che mi piacciono e quelle che non mi piacciono, quelle che mi affascinano e quelle che mi fanno rabbrividire. Negli anni Ottanta facevo certi tipi di ascolti che mi hanno aiutato molto: tutto quello che scrivo oggi è molto legato alle esperienze che feci da ragazzo, negli anni ottanta, appunto. Essendo di estrazione nordica, inoltre, la natura rappresenta per me qualcosa di molto forte: sono un convinto non credente, la natura per me è Dio.
L’incomunicabilità degli esseri umani è un altro tema che mi ha sempre molto affascinato. La capacità dell’essere umano di fregare un altro essere umano mi ha sempre incuriosito, anche dal punto di vista sociologico. Per fortuna nella vita, invece, posso ritenermi molto fortunato.

Ti domandi come il pubblico reagirà ascoltando le tue canzoni? Ti senti “responsabile” verso i tuoi fan?
In tutta onestà non mi occupo delle reazioni del pubblico, non per una forma di egoismo, ma perché cerco prima di tutto di piacere a me stesso e di trovare una strada che mi porti ad essere soddisfatto di quello che scrivo. Non sono nemmeno affezionato a brani del passato, sono molto proiettato sul presente e su quello che scriverò in futuro. Mi rendo conto di avere una microscopica responsabilità nei confronti delle persone che mi seguono e che mi vogliono bene, che non finirò mai di ringraziare, ma credo che se non dovessi esserci più in pochi sentirebbe la mia mancanza. I fan di UMG sono pochi, anche se molto affezionati.

Come ricordi Francesco Virlinzi, il discografico che ti ha lanciato, esistono ancora persone come lui?
Francesco Virlinzi per chi non lo conoscesse è un discografico catanese scomparso nel 2001. E’ il discografico che ha scoperto me, insieme a Carmen Consoli e a Mario Venuti. Ha lasciato un vuoto incolmabile in Italia. Era un produttore discografico come ce ne sono pochissimi. Uno che ancora ascoltava i demo che gli venivano inviati su cd e su cassetta, oltre ad un grande appassionato e conoscitore di musica. A me successe così: gli spedì un demo, mi ascoltò e mi telefonò mentre era negli Stati Uniti. Mi disse: “Quando torno in Italia vorrei lavorare con te”, da lì è incominciato il percorso di Moltheni. Oggi tutto questo non succede più, è impossibile che succeda... Ora è tutta una merda puzzolente, ciò che conta è la televisione, che ha inquinato le nostre coscienze. E’ tutto dettato dal denaro e dalla cocaina, è tutto un bluff, ad iniziare dai talent e dai meccanismi che regolano parte della musica in Italia... Francesco Virlinzi era l’opposto di tutto questo. Se non lo conoscete cercate informazione su di lui in internet. E’ una persona che ha dato molto alla storia della musica italiana.

Alcune curiosità sulle tue canzoni: Seconda madre ha dei riferimenti al tema dell’amore omosessuale?
No, non ne ha.

Cos’è il Nirvana che canti in Quasi Nirvana?
Il raggiungimento della perfezione, della quiete dell’anima e del corpo. Le immagini delle mie canzoni spesso sono più semplici di quello che sembra, chi ascolta spesso si fa in vano troppe domande.

Le feci che diventano miele caldo che canti in Omega sono un’immagine atipica dell’amore. Come nasce?
Un incastro di parole secondo me bellissimo, non ha niente di così scabroso. Dobbiamo sempre ricordarci che siamo esseri umani e anche abbastanza stupidi, c’è chi canta con rime perfette chi preferisce creare un immaginario differente.

Qualche tempo fa hai pubblicato su Facebook un’immagine di una statua a cui sanguinava il naso con scritto “Questa è l’Italia oggi”, siamo davvero combinati così male?
Sì, siamo combinati molto male, anche se vogliono farci credere che siamo in ripresa, non credo che sia vero. Quella che viviamo è una calma apparente. Viaggiando molto osservo la situazione di tanti altri Paesi e la confronto con quella italiana, credo che stiamo vivendo degli anni molto bui che non sono assolutamente finiti.

A breve inizierai a lavorare ad un nuovo disco, qualche anticipazione?
Credo che il nuovo lavoro uscirà a gennaio o febbraio. La musica avrà una evoluzione, una nuova sfaccettatura, un nuovo svoltare l’angolo come ogni tanto ho fatto. Mi piace proporre sempre una evoluzione sonora ad ogni nuovo lavoro. I temi delle canzoni invece resteranno più o meno gli stessi: natura, sesso, visioni della realtà in un mondo perfettamente laico dove la religione non esiste. Abbiamo già pronti alcuni brani, mi piace sperimentarne qualcuno dal vivo per cogliere le reazioni dei fan.

Intervista di Roberto Conti



Breve impressione sul concerto – UMG in solo lascia che sia la voce a conquistare il pubblico, tra brani di Protestantesima e soprattutto di La dieta dell’imperatrice, c’è spazio per qualche canzone che non trova spazio nel set elettrico come le particolarmente riuscite Discographia e Genesi e mail. Tutto è anticristo e Regina della notte vengono molto molto bene anche con questa nuova veste, ma è nel finale che arrivano le sorprese più gradite: E poi vienimi a dire che questo amore non è grande come tutto il cielo sopra di noi e Verano, dal repertorio di Moltheni. Sorpresa ancora più grande, un brano inedito (per ora senza titolo) che pare sarà il prossimo singolo. Ascoltato una sola volta mi è piaciuto e mi ha lasciato parecchia curiosità: lo ricordo come un misto tra gli Smiths e Cristiano Godano prima dell’andropausa.


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