2 febbraio 2016

I Cani, il cambio di rotta è completo col terzo album Aurora

Nella scena musicale italiana, tra gli artisti che sono arrivati senza cedimenti al terzo album, è difficile ricordare qualcuno con un terzo disco così differente dai primi due. Aurora, fresco di uscita per l'etichetta 42 records, spiazza al primo, al secondo ed al terzo ascolto. Come, per altri motivi, i due precedenti dischi firmati I Cani. Però, nel frattempo, tra un ascolto vagamente disgustato e l'altro, qualcosa si insinua dentro e cresce. E finisce che Aurora non te lo togli più dalla testa. Come gli altri due dischi. Eppure è diverso, tanto diverso.

La nuova dimensione di Niccolò Contessa è cantautorale, sebbene l'uomo che sta dietro I Cani sia sempre affascinato dal songwriting da cameretta. Le canzoni sono nate al piano, un piano digitale fresco d'acquisto, e da quello si sono sviluppate. Hanno forma di canzoni, fatte e finite. Niente intermezzi noise o ambient. Niente allungamenti di brodo con solo tre o quattro canzoni vere. Qui i brani sono tutti brani, compreso Ultimo mondo, che è un pezzo strumentale ma strutturato. E' anche vero che Niccolò Contessa ha acquisito esperienza nelle sonorizzazioni lavorando recentemente alla colonna sonora del film La felicità è un sistema complesso. L'impressione è, comunque, che Niccolò sia per certi versi estraneo al carrozzone sul quale è finito suo malgrado, eppure sa che in qualche modo è ad esso che si deve aggrappare. Per esempio: ha recentemente lavorato sull'album di Calcutta. Anzi, ne è stato supervisore artistico. E di Calcutta (per quanto non si possa ancora dire se c'è sostanza dietro o se è solo la trovata mediatica dell'anno) se ne è parlato bene. Quindi, di riflesso, è stato bravo anche Niccolò. Ma I Cani, nel nuovo album, pescano anch'essi dal calderone in cui sono immersi, perché il songwriting romano odierno si chiama Thegiornalisti, e i Thegiornalisti propongono una versione modernizzata di Venditti (cosa che fuori Roma può schifare un po' ma i romani pare vadano in estasi). Quindi di conseguenza Aurora è un disco che sa un po' di Venditti nelle linee melodiche, come già si era capito in Baby soldato che qualche mese fa ha anticipato l'uscita dell'album. Gli stessi riferimenti li troviamo anche nell'iniziale Questo nostro grande amore. Ottimo, comunque, in Baby soldato, lo sviluppo della tematica della ragazza di provincia che si vede catapultata a Milano (costretta ad apostrofare gli altri come "zio", parola che però detta da un romano suona male) e poi in Europa, vivendo la sua esigenza di carriera come una missione soldatesca, tradita poi da un corredo psicologico che non regge il colpo. Per quanto riguarda invece la già citata Questo nostro grande amore, viene utilizzato il lessico della finanza ormai sdoganato dal film La grande scommessa, ma il parallelismo tra finanza e amore è un po' forzato. Poi c'è tutto il filone cosmologico che I Cani avevano inaugurato con San Lorenzo. Chissà se Niccolò pratica la meditazione o è interessato al buddismo. O se è semplicemente così disilluso da riuscire a staccarsi dalle miserie dell'umana specie. Intanto scrive una canzone che si intitola Protobodhisattva. Il bodhisattva è l'uomo che percorre la via del Buddha, una via di santità della quale Niccolò intuisce l'esistenza, eppure l'uomo (carnivoro o vegano?) è così ricco di contraddizioni da essere ancora molto indietro rispetto a tale via. Di qui il prefisso "proto". Contraddizioni come Non finirà, ad inizio album, in qualche modo anche allegra con la sua base funky, e verso fine album l'esatto opposto, cioè la cupa Finirà. E poi ancora cosmologia con Aurora, pezzo intimo e toccante. E poi l'esistenzialismo toccante di Calabi - Yau. Che, diciamolo, anche se lo diranno tutti: ha un testo pazzesco. Con un'analisi così dettagliata di se stessi i confini si perdono e si diventa una cosa sola con l'Universo. Sarà per questo che il cosmo piace così tanto a Niccolò. Come fa poi a non uscire di testa non è dato saperlo. Però, alla fine, vuole sparire. Questo è evidente. Pure la canzone finale si intitola così: Sparire. E poi ancora suoni minimali. Brani che sembrano pre-produzioni, come Il posto più freddo, e nonostante ciò funzionano benissimo come singoli. Come al solito arrangiamenti al limite del vergognoso, come l'introduzione di Questo nostro grande amore, ma Niccolò evidentemente vuole che la sua musica suoni così. Ed ora non c'è più nemmeno l'immenso e mai abbastanza compianto Enrico Fontanelli a far prendere al disco la piega che fu di Glamour. Una cosa stupida è l'unico brano che un po' ricorda I Cani di una volta. Un'ultima osservazione: la tracklist è messa giù con un senso difficilmente spiegabile. Forse davvero non si usa più fare album ma solo successioni di canzoni da dare in pasto a internet. Comunque complimenti, Niccolò Contessa, perché hai colpito nel segno per la terza volta di fila. Anche se, come si intuisce dalla copertina, hai smarrito i confini e ti sei perso nel cosmo. Speriamo che tu non debba spendere troppo dallo psicanalista, ora. Marco Maresca

3 commenti:

  1. In realtà l'ordine della tracklist ha un senso, eccome se lo ha! Se non hai avuto la sensibilità di interpretarla, dovresti veramente rivedere la tua posizione di critico musicale. La mia interpretazione è questa: nelle prime quattro tracce vi è un addensarsi di tematiche "terrestri", per così dire, quasi personali, di smarrimento sentimentale ("Il Posto Più Freddo" e "Questo Nostro Grande Amore") e sociale ("Non finirà" e "Baby Soldato"). Dalla quinta traccia in poi vi è una sorta di apertura, sia da un punto di vista musicale - synth più eterei, suoni più ariosi -, sia da un punto di vista di tematiche, come se lo smarrimento "terrestre" portasse al relazionarsi con un ordine cosmico che va al di là della dimensione personale ed individuale del cantante, come la necessità di affidarsi a qualcosa di più "ampio". Le ultime due tracce poi a mio avviso non sono necessariamente "cupe", come le hai definite. Certo, c'è una certa rassegnazione esistenziale alla fine del tutto, ma credo che anche questo atteggiamento faccia riferimento al discorso che facevo prima. In particolare, nel testo di "Non sparire", dice esplicitamente che egli non teme delle questioni "terrene" come il capitale o il sociale, ma per il ciclo della vita.
    Poi boh, è una mia interpretazione.

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  2. Grazie per il commento e l'ulteriore punto di vista. La mia posizione è di semplice appassionato come (penso) anche tu, non di "critico musicale". Saluti.

    Marco M.

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  3. P.S.: il mio livello di analisi può essere solo questo e probabilmente è un limite mio, ho visto solo ciò che era evidente. Di certo potenziare i segnali deboli potrebbe essere una competenza da ufficio stampa, se solo l'ufficio stampa si degnasse di rispondere alle domande o di emanare per lo meno un comunicato. Ma evidentemente quando un artista supera i confini della propria città non si usa più. Fa più figo non rispondere.

    Marco M.

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