4 febbraio 2016

Luci, ombre e tanta poesia nell'esordio di Mosè Santamaria

E’ un disco multiforme l’esordio di Mosè Santamaria, capace di esplorare diversi generi all’interno di una formula che rimane comunque cantautorale, con la voce ben in evidenza davanti agli strumenti. E’ anche un disco altalenante, perché non tutte le suggestioni funzionano, ma su una cosa non si può obiettare all’interno di questo Risorse umane: che ha dei testi scritti davvero bene.

Bisogna ammettere che una certa tendenza alla magniloquenza verbale lascia all’inizio scettici, tanto che l’iniziale Mine vaganti restituisce l’impressione di uno che vuol dire qualcosa usando fin troppe parole. Basta fare un salto però alla terza traccia, Come gli dei, per trovarsi di fronte a frasi dal fascino coinvolgente come “per il porto antico alla ricerca di una terra santa/ con la speranza che un Giuda sincero/ da sotto Ripa ce la benedica”...e pazienza se viene evocato anche un “erotismo autarchico” che sa di voler usare paroloni a tutti i costi. Mosè dimostra insomma di sapere bene cosa vuole comunicare, anche se il tono con cui lo fa risulta spesso artefatto: canzoni come L’altra parte della città e la conclusiva Compromessi e chiacchiere, con una metrica bizzarra e dotata di ottima inventiva, danno l’impressione che possa fare meglio di quanto non dimostri per la maggior parte del disco, in cui si limita a svolgere bene il proprio compito senza però lasciare impressa la voce, comunque mantenuta a livello di mix sempre in primo piano, come elemento trainante del disco. Sta quindi agli strumenti cercare di imprimere all’album un carattere che riesca a dare maggiore efficacia ai testi, ma anche in questo caso non sempre si centra il bersaglio.
Le tastiere eighties che ammantano A Nizza (non era amore) lasciano l’impressione di trovarsi di fronte ad un pezzo debole dei Thegiornalisti, e va solo un po’ meglio con le atmosfere simili evocate in Mata Hari. Decisamente più interessante il connubio fra folk e vagheggiamenti elettronici che si palesa in I love you Marzano, ma i risultati migliori si hanno quando Mosè osa negli arrangiamenti (grazie anche ai fidi sodali Martino Cuman dei Non Voglio Che Clara e Marcello Batelli, dietro alla maggior parte degli strumenti suonati nel disco). Se L’altra parte della città funziona già nella sua parte lenta, trascinata dall’incedere della voce e di una morbida tastiera, quando si scatena la chitarra elettrica ed il ritmo cambia completamente si strabuzzano gli occhi per quanto il cambio risulta naturale e ben congegnato, e non si possono non fare  complimenti anche al modo in cui l’eterea Come gli dei viene resa sempre interessante da accelerazioni e rallentamenti, che non ne variano l’intenzione ma ne aumentano il pathos. Da menzionare poi anche la verve che il piano dona alla conclusiva e ritmatissima Compromessi e chiacchiere, ed il flauto traverso che ne I colori di Francoise dà quel tocco in più per esaltare la poesia delle parole.
Luci ed ombre insomma in questo Risorse umane, che non riesce a veicolare sempre i propri messaggi nella maniera migliore ma che, quando lo fa, lascia intravedere un potenziale ben maggiore del risultato globale. Sicuramente una prova meno impostata e più personale a livello vocale è l’elemento che potrebbe dare una marcia in più alla carriera di Mosè, ma per essere un esordio non posso che fargli comunque i complimenti. Stefano Ficagna

Tracklist:
1.       Mine vaganti
2.       A Nizza (non era amore)
3.       Come gli dei
4.       Mata Hari
5.       L’altra parte della città
6.       I love you Marzano
7.       I colori di Francoise
8.       Passato Prossimo

9.       Compromessi e chiacchiere

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