Ho iniziato ad ascoltare e supportare (ma anche a schifare, perché no) gruppi italiani ormai più di quindici anni fa. Era tutto nuovo e lo era ogni volta, quando andavi ai concerti: i suoni, la gente, i posti, i dischi che compravi e i contatti che prendevi per la tua etichetta o per il gruppo nel quale suonavi, le birre calde e quelle ancora congelate. Era tutto nuovo anche quando, soprattutto, ascoltavi per la prima volta un disco, nel bene e nel male. Da tempo non mi capitava di ascoltare, però, un disco che mi facesse pensare che effettivamente stessi ascoltando qualcosa di inesplorato e intensamente nuovo. Ecco La Via degli Astronauti, quindi.
A cinque anni dalla pubblicazione del loro primo lavoro, fanno uscire un discone cantato in italiano, che ci fa capire realmente come stiano andando le cose riguardo alle nuove uscite a due passi da casa nostra. Dietro ogni memoria sconvolge davvero, è un album intenso e scorretto, è un lavoro punk per chi, come me, che pensava che dopo Indian Summer, Yaphet Kotto, Roid e Frammenti quelli scogli sonori sarebbero diventati una volta per tutte insormontabili. I quattro ragazzi di Napoli danno un tono nuovo alla rabbia, vestono le parti parlate di un’atmosfera di crisi imminente che personalmente non avevo mai palpato, si sgolano per assalire le pause come una bestia feroce sulla preda. E lo fanno dall’inizio alla fine perché sono bravi ragazzi. Dalla prima introduzione con Marinai alla velocità di scuola romagnola di Mickey occhi blu sino ad arrivare al brano più significativo dell’album, Dal Pozzo. “Queste sono le mie mani”, urla. Che dire poi degli intermezzi alla At the Drive-in di “El Gran Orgo” di Parole e denti e Spassionato? Fanno persino il vocione. Cartapesta è una dedica ai Nuvola Blu, gruppo eporediese (seconda volta nella mia vita che uso questo termine dopo un saggio breve al Liceo sulla Olivetti) che segnò le vite di molti durante gli anni ’90, forse più dell’uscita di Zenga sulla chioma bionda di Caniggia o il Teste Vuote Ossa Rotte festival. Le voci si riacciuffano dopo essersi perse, le chitarre si fermano ad aspettare che arrivi l’ondata. Comunque.Il disco esce per Cheap Talks, Controcanti, CBC ed altre realtà indipendenti italiane che, come La Via degli Astronauti, continuano a dimostrare che il punk, in fondo, sia semplicemente fatto di robusti apprendimenti e sonore sconfitte, più che di reali soddisfazioni. Andrea Vecchio
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