Dente sforna il quinto disco della sua carriera e lo intitola Almanacco del giorno prima. Lo inizia con una parola, “Vorrei”, che prelude al totale sentimento di precarietà che pervaderà l’intero lavoro. Ma andiamo con ordine.Dopo una vita ad incidere per la varesotta Ghost Records, che ebbe il merito di lanciare Hot Gossip e One Dimensional Man, Giuseppe Peveri approda alla RCA, major cantautorale italiana d’eccellenza, perché vuole comporre un album di cantautorato. Un album che si rivela poco cattivo, poco sagace e soprattutto poco divertente, nelle sue forzature che rendono innocuo qualsiasi spunto divertente del disco, smorzandolo sul nascere. Una brusca sterzata da parte di Dente, che in occasione dei primi lavori qualcosa di interessante l’aveva sì prodotto. Scelte sue, insomma.
Le dodici canzoni che compongono Almanacco del giorno prima sono sicuramente orecchiabili, prodotte benissimo ed affettate al punto giusto. Sono ineccepibili nella loro composizione e sicuramente piaceranno. Solo che non mordono. Si sente che sono dedicate ad un pubblico diverso, ad un pubblico più “maturo” e dedito alle classifiche, che apprezza i fiati ed esalta una voce forzata e al limite della impostura. Una voce non più nasale e rovinata come fu quella di Non c’è due senza te, per esempio, album prodotto da Jestrai (e quindi dai Verdena) nel 2007, che lanciò Dente verso l’Olimpo dell’indie italiano.Forse solamente Fatti viva lascia il segno, con le sue atmosfere anni ’60 ed il suo modo civettuolo di raccontare un capriccio amoroso. Poi basta. Un fiore sulla luna non diverte, Coniugati passeggiare ci prova ma sbaglia dal dischetto al 90esimo, scadendo in citazioni che svarionano tra Gino Paoli e Tiromancino. In Invece tu, singolone abbastanza noioso utilizzato per il lancio del disco, si nota infine in modo troppo eclatante un’attitudine da veterano troppo forzata. Forse sarebbe stato meglio rimanere fedele agli inizi, no?Insomma, Almanacco del giorno prima è un album generazionale sino ad un certo punto, che millanta ma non diverte, che fa sperare che dal vivo, per lo meno, il Peveri faccia “quelle vecchie”. Dente sta cercando di svoltare definitivamente e non penso lo si possa biasimare.L’unico punto a suo favore rimane, comunque, il fatto di non esser scaduto nell’auto citazionismo svogliato ed irriverente che sta colpendo quella parte di “scena” alternativa italiana, sponsorizzato da gruppi che, grazie a due scarpette laccate ed un paio di baffi alla Dalì riescono a realizzare il sogno di suonare sul Palco Pertini al Miami: uno squallore che, citando i Verme, è più squallido del mangiare il tonno direttamente dalla scatoletta. Andrea Vecchio
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