La prima cosa che penso quando il mio stereo spara a tutto volume Necroide è “sticazzi”. Ammetto con grande sincerità di non aver mai sentito nulla di questa band prima d’oggi, per cui sono felice di lasciarmi stupire nota dopo nota, urlo dopo urlo, rumore dopo rumore. Loro sono i Bachi Da Pietra, sono italiani e ti asfaltano sin dalla prima traccia con il loro sound duro, pesante e grosso. Sì, grosso, non trovo aggettivo migliore per definire il loro suono.
Aprono le danze con Black metal il mio folk, che ha ben poco di folk e molto di black metal. Sebbene il genere non sia per sua natura “easy listening”, questo brano s’insinua in testa dal primo ascolto e ci rimane a lungo.
Il miglior pezzo del disco è Slayer & the family stone, nel quale le contaminazioni decantate nel titolo della prima traccia sono ben evidenti: si parte con un giro blues, ad un tratto sembra che la batteria voglia lanciarsi in un ritmo drum & bass per poi invece sfociare nuovamente nel metal.
Sperimentazione e contaminazioni presenti in tanti altri brani, primo fra tutti Apocalinsect nel quale la voce elettronicamente modificata sorprende, creando un’aria “apocalittica” e spiazzando per l’ennesima volta l’ascoltatore.
I testi sono evocativi e mai banali, pur nella loro semplicità. E anche quando si fanno complessi e cantautorali (meravigliosa Virus del male) riescono a incastrarsi perfettamente con la musica. Le parole sono pesate e usate con intelligenza, dote rara in un’epoca in cui gli slogan paiono più importanti della poesia.
Se dovessi riassumere Necroide in una frase direi: “Lasciate ogni speranza voi che ascoltate”.
Sì, perché Succi e Dorella si divertono a cancellare ogni punto di riferimento e, canzone dopo canzone, ci trascinano in un mondo cupo e selvaggio nel quale il loro suono viaggia nell’aria.Sarà il frastuono alla fine a destarci. Solo allora, a mente lucida, ci renderemo conto di aver appena ascoltato un disco sorprendente e unico nel panorama indipendente italiano. Lunga vita ai Bachi Da Pietra. Giuseppe Musto
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