Sono gli arrangiamenti la forza di Endkadenz vol II, disco dei Verdena atteso successore del volume I da molti definito come un visionario capolavoro.
L'alternanza di un hard rock con ritmi serrati a squarci visionari e psichedelici rendono il dico diverso dal suo predecessore, più ruvido e immediato, pur mantendo il medesimo stile di fondo.
La voce di Alberto si fa strumento per eccellenza e dona mille sfumature ai testi, tradizionalmente vicini al nonsense. Il piano disegna marcette serrate e si dilata in tappeti sonori progressive, altre volte moltiplica il potere evocativo delle ballate: è uno dei punti di forza del disco. La sezione ritmica è corposa e sperimentale. La chitarra di Alberto scova come al solito effetti e arrangiamenti destinati a fare scuola.
Siamo di fronte a un lavoro cupo, ansiogeno (Nera visione, Colle immane), carico di ossessioni che la musica dei Verdena può sciogliere così come moltiplicare. E' questa la principale differenza con il volume I.
Ci sono, a mio avviso, alcune analogie con i dischi precedenti invece; alcuni dei "topoi" caratteristici della band bergamasca tornano e si ripetono: il colore blu, ad esempio, riproposto in Un blu sincero, brano più immediato e forse bello del disco insieme a Troppe scuse. L'apertura (Cannibale) rimanda un po' a Requiem, e un po' troppo ai Muse. C'è anche il brano strumentale (Natale con Ozzy), ormai un segno distintivo dei dischi di gran classe.
La canzone più debole è Caleido, ma quelli si sa sono gusti personali.
Endkadenz vol II è un disco di valore, parla molti linguaggi diversi ed è con queste "parole", quelle della loro musica, che i Verdena dimostrano ancora una volta di essere punte di diamante del rock nostrano. Roberto Conti
Leggi l'intervista realizzata ai Verdena in occasione dell'uscita di Endkadenz vol I
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