Buone idee nell’esordio autoprodotto dei romani Bosco, intitolato Era. Dieci brani di rock italiano che variano dal pop all’indie rispettando i più canonici spunti sul genere. Le canzoni sono bene articolate e variegate e non ce n'è una che richiami o si rifaccia direttamente ad un'altra: in effetti, questo aspetto non è da sottovalutare, parlando di un esordio.
Il quartetto romano canta di stagioni, di alcolici, di cieli, di apostrofi, e ci regala persino un’elegia per nulla scontata o sdolcinata sulla propria città di appartenenza. Gli aspetti della vita sono presi tutti con una leggerezza mai banale, tralasciando le finte crisi e le snervanti descrizioni che infestano al giorno d’oggi il panorama musicale “indipendente “ italiano. Gli stati d’animo cantati sono quelli che sono senza minuziose sfaccettature e il lavoro, in generale, trasmette una certa allegria. Non abbiamo né forzature né sregolatezze ed il tutto è suonato in maniera raffinatamente colta e perspicace. In alcuni tatti però Era stenta a decollare e a farci piacere in modo totale le canzoni, rendendole solo ahimè orecchiabili, come per esempio in Calo di tensione o Il susseguirsi degli eventi. Non si viene trascinati abbastanza e si fa fatica a raggiungere la fine dei brani, sono onesto. Buonissimo invece l’incipit con Il disertore (Me ne andrò a Berlino), che ci ragguaglia sul bagaglio musicale dei Bosco grazie ad arpeggi a metà tra i Marlene Kuntz e i Pavement di Slanted and Enchanted: grezzi ma onirici.
Ascoltarne, insomma, di esordi così. Andrea Vecchio
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