E' ormai passato un anno dall'esordio solista di Eva Poles, ex voce dei Prozac+. Il suo album Duramadre, uscito per l'etichetta Halidon, era stato snobbato un po' da tutti, compresi noi di AsapFanzine. Recuperiamo ad un anno di distanza, perché abbiamo scoperto che Eva canterà dalle nostre parti, quest'estate, un modo per rivederla dopo l'esperienza con i Rezophonic. Il palco è quello della festa della birra di Bogogno, che da anni adotta una programmazione lungimirante, anche più di rinomati festival della zona.
Purtroppo, però, la cantante dei Prozac+ con questo disco ha compiuto una parabola discendente che l'ha portata, inevitabilmente, a confrontarsi anche con palchi "meno prestigiosi" a cui era abituata. Ed ecco che mentre gli ex colleghi Gian Maria Accusani e Elisabetta Imelio, ormai Sick tamburo, proseguivano dignitosamente la loro carriera con l'album A.I.U.T.O., Eva esordiva con questo Duramadre, curiosa accozzaglia di pop rock di stampo Prozac+ alleggerito e privato della componente punk, con un po' di elettronica e qualche accenno di darkwave all'acqua di rose sul finale. Per non destabilizzare gli ascoltatori storici, l'album si apre con Malenero, dalle classiche ritmiche in stile Accusani. La prima cosa che colpisce è che ormai, nel cantato, è Eva ad imitare Elisabetta (da cui è stata più o meno sostituita). Il brano è cupo, parla vagamente del malessere interiore, ostentando però una profondità che non c'è. Sullo stesso stile ma un po' meno cupo è il pezzo successivo, 6, che parla dell'esperienza di guardarsi dentro e provare a dialogare con un lato interiore migliore di quanto pensiamo. Cadono nuvole è il singolo promozionale dell'album, è ascoltabile ma non presenta niente che non fosse già stato sviscerato più di dieci anni fa dai Prozac+. L'atmosfera da discomusic italiana anni '80 di Il giocatore, col suo ritornello "mi piacciono le sfide e poi mi piaci tu", è inqualificabile. L'album cerca di riprendersi con Temporale, brano elettronico dai battiti accelerati, ma anch'esso senza particolare sostanza, e poi si cambia totalmente con Chainless, canzone in inglese scritta dal produttore ed arrangiatore dell'album, Max Zanotti. Un brano che non c'entra niente, nemmeno vagamente, col resto dell'album. Una scelta quantomeno insolita, per poi tornare all'italiano con La prima scelta. A questo punto Gian Maria ed Elisabetta, qualora si fossero presi la briga di ascoltare l'album dell'ex compagna, potrebbero anche giustamente incazzarsi. E tanto per non distaccarsi troppo dai Sick tamburo, anche Eva si tuffa nel mondo degli acronimi, con L.I.U.S.S., che di per sé non significa niente, se non "Lontano in una stanza stretta". Un brano sostenuto da un utilizzo leggero e armonioso di alcuni archi sintetizzati, per parlare della solitudine provata nell'intimità della propria stanza, per fare il punto su se stessi e riaprirsi alla vita. Con questo brano in stile Mùm (anche se il cantato verso la fine invece di essere armonioso e leggero è abbastanza fastidioso) il disco si sposta su orizzonti internazionali, e dal brano successivo si passa anche alle atmosfere dark. Il nemico è un brano oscuro che come il resto dell'album parla della difficoltà dell'accettazione, ma come per il resto dell'album l'oscurità è solo ostentata ed apparente. Più o meno sempre sullo stile degli islandesi Mùm, cioè con un cantato lieve o supposto tale e alcuni inserti leggeri di archi sintetizzati, è anche il brano finale, Regina veleno, risalente all'epoca dei Rezophonic. Purtroppo anche in questo brano Eva dimostra di non trovarsi propriamente a suo agio quando deve esprimersi in canzoni dai toni lievi. E purtroppo negando totalmente lo spirito punk la cantante friulana perde un po' la sua ragion d'essere.
Che altro dire? Seppur con la consapevolezza che questa recensione insiste particolarmente sui punti dolenti dell'album, vi invitiamo comunque ad andare al concerto di Eva, se non altro per vedere come se la cava quella che a livello di immagine è comunque una delle principali figure emerse negli anni recenti della scena indie italiana. La forma e la sostanza, però, le ha lasciate totalmente in eredità ai Sick tamburo. Marco Maresca
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