5 dicembre 2009

Il Mei di Faenza con gli occhi di un turista

Mirko Dadich è uno dei ragazzi che si è aggiudicato due dei biglietti per il Mei di Faenza messi in palio dal nostro sito. Ci ha raccontato una sua impressione del grande carrozzone del Meeting delle etichette indipendenti


Mi ritrovo nel piazzale del MEI saturato da migliaia di note disparate. I gruppi si susseguono in finestre ben precise, scandite da cronometri esigenti: gli artisti sono tanti e il tempo ovviamente è tiranno. Gli stand espongono riviste, dischi, strumenti, ma io fatico a distinguere tra basso e chitarra. Di musica mi intendo ben poco e non ho la competenza per fare recensioni: mi sento fuori posto. Fisso la brochure con gli eventi come farebbe un turista smarrito.
Girovagando tra le tende, assisto per caso all’esibizione di una band di Formia, accompagnata da una pittrice che esegue un dipinto sul palco. Un tipo di esibizione che mi era già capitato di vedere altrove questa estate.
Mi sono domandato: come mai gruppi differenti, di provenienza e generi diversi, giungono alla stessa conclusione? Abbinare musica live e pittura. Perché?
Ho pensato ad un bisogno impellente, all’esigenza generale di rendere più ampia l’esperienza dal vivo abbinando due sfere sensoriali diverse. Creando una sinestesia. Fondere due linguaggi che non sono solamente contorno l’uno all’altro, non sono cornici ma partner nell’evocazione di immagini mentali.
Un modello in controtendenza a quello imposto dalla pubblicità che macina melodie come supporto alle immagini commerciali. Il brano è servo, utile per imprimere e richiamare alla memoria il prodotto. Il continuo bombardamento esaurisce la musica. La processione continua di news, jingle, mode, protagonisti gettati in faccia in un amalgama indistinto, dal quale è difficile districarsi. In un mondo in cui vogliamo essere intrattenuti ad una velocità eccessiva e a qualunque costo, il nostro problema si riduce ad una totale incapacità di concentrazione. I sensi sfiniti non reggono che una manciata di minuti poi hanno bisogno di un nuovo stimolo, un altro lampo sullo schermo, l’ennesimo idolo. Noi tutti, assuefatti da un surplus di dati che non hanno collegamento, che di fatto ci distolgono dal seguire una narrazione. Il flusso narrativo è negato. L’accostamento di pittura e musica sembra poterci avvicinare ad un’idea di trama, di svolgimento perché ci costringe ad essere selettivi, riabituandoci all’apprendimento. È un esempio di multimedialità positiva che strizza l’occhio alle performance degli anni ’60.


“È il sistema che produce il tipo di musica.” Manuel Agnelli MEI 2009

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