12 maggio 2014

La deriva cantata con ironia dai Dagomago

I Dagomago nascono come band a fine 2012 nella provincia piemontese (Biella), ma si trasferiscono quasi subito a Torino. Hanno dalla loro già numerosi consensi ed estimatori.
Lo scorso 22 aprile è uscito il loro album Evviva la deriva, undici tracce della loro dagomagia (la definiscono così...). Elettronica, a mio parere ben elaborata, sound di ispirazione nettamente anglosassone e influenze pop nostrane.
I testi grondano impegno sociale, protesta e riflessioni. Prova immediata di ciò il primo pezzo Le cabine del telefono, in cui le cabine sono il pretesto e la metafora per la vita che non ci appartiene e che ci travolge.

Cucinami se vuoi è una sorta di ribellione alle divoratrici, ma anche ai divoratori di sentimenti altrui. Apprendista a tempo indeterminato è un po' la bandiera da issare dai troppi che vivono quella situazione sulla propria pelle.
I famigerati morti viventi prendono corpo in La fuga del cervello. Le azioni ripetitive, la rassegnazione a ciò che altri hanno deciso per tutti. Solo il coraggio potrebbe... ma quando??
Tenera è la notte, il vino, la notte, il suo foulard, la voce del cantante, aspirante Tom Waits, ha tutte le sfumature adatte per questa “serenata” (a lei o al vino?).
E poi il pezzo Non fa male, ma sarà ironia o è ancora protesta?
L'album si chiude con Iocnr, di cui mi  piace il gioco iniziale di voce e musica, ancora testi arrabbiati col faro puntato sulle negatività che ci stritolano.
Questa secondo me è una band con buone potenzialità, ma a volte mi piacerebbe che tutte queste parole di protesta portassero finalmente a qualcosa di costruttivo. La mia sensazione invece è che si stia tutti qua a cantarla e a suonarla, ma quelli che dovrebbero ascoltare e soprattutto fare non ascoltano e non fanno.
Tornando al disco, sono come sempre sincera e non credo che lo ascolterò due volte, ma la band ha dalla sua la voglia di creare e le buone capacità musicali e vocali che li faranno evolvere con facilità. Alessandra Terrone

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