I Dagomago nascono come band a
fine 2012 nella provincia piemontese (Biella), ma si trasferiscono quasi subito
a Torino. Hanno dalla loro già numerosi consensi ed estimatori.
Lo scorso 22 aprile è uscito
il loro album Evviva la deriva, undici tracce della loro dagomagia (la
definiscono così...). Elettronica, a mio parere ben elaborata, sound di
ispirazione nettamente anglosassone e influenze pop nostrane.
I testi grondano impegno
sociale, protesta e riflessioni. Prova immediata di ciò il primo pezzo Le
cabine del telefono, in cui le cabine sono il pretesto e la metafora per
la vita che non ci appartiene e che ci travolge.
Cucinami se vuoi è una sorta di ribellione alle divoratrici, ma anche ai divoratori di sentimenti altrui. Apprendista a tempo indeterminato è un po' la bandiera da issare dai troppi che vivono quella situazione sulla propria pelle.
I famigerati morti viventi
prendono corpo in La fuga del cervello. Le azioni ripetitive, la
rassegnazione a ciò che altri hanno deciso per tutti. Solo il coraggio
potrebbe... ma quando??
Tenera è la notte, il vino, la notte, il suo foulard, la voce del
cantante, aspirante Tom Waits, ha tutte le sfumature adatte per questa
“serenata” (a lei o al vino?).
E poi il pezzo Non fa male,
ma sarà ironia o è ancora protesta?
L'album si chiude con Iocnr,
di cui mi piace il gioco
iniziale di voce e musica, ancora testi arrabbiati col faro puntato sulle
negatività che ci stritolano.
Questa secondo me è una band
con buone potenzialità, ma a volte mi piacerebbe che tutte queste parole di
protesta portassero finalmente a qualcosa di costruttivo. La mia sensazione
invece è che si stia tutti qua a cantarla e a suonarla, ma quelli che
dovrebbero ascoltare e soprattutto fare non ascoltano e non fanno.
Tornando al disco, sono come
sempre sincera e non credo che lo ascolterò due volte, ma la band ha dalla sua
la voglia di creare e le buone capacità musicali e vocali che li faranno evolvere
con facilità. Alessandra Terrone
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